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La battaglia e il massacro di Fort Pillow


Harper’s Week del 30-4-1864, dedicato al massacro – clicca per INGRANDIRE
Il massacro di Fort Pillow è la tragica conclusione della battaglia di Fort Pillow. Si svolse il 12 aprile 1864 a Fort Pillow sul fiume Mississippi nei pressi di Henning, nel Tennessee, durante la guerra civile americana. Dopo intensi combattimenti e altre vicende che vedremo in dettaglio, la battaglia si concluse con un massacro di soldati di colore dell’esercito dell’Unione, nonostante essi si fossero arresi alle truppe confederate che in quel caso erano comandate dal famosissimo generale Nathan Bedford Forrest.
A parere dello storico David J. Eicher il Massacro di Fort Pillow fu uno dei peggiori e tristi eventi dell’intera storia militare americana. In molti hanno tentato di avvalorare la pista razziale, per via dell’alto numero di soldati di colore rimasti uccisi, ma altrettanti fanno notare che quell’alto numero è collegato alla forte presenza numerica di soldati di colore tra i 600 componenti della forza che si contrappose all’esercito confederato.
Fort Pillow, costruito a nord di Memphis dal generale Gideon Johnson Pillow nel 1862, era un insediamento militare utilizzato alternativamente da entrambi gli schieramenti in guerra durante il conflitto. Con la battaglia di New Madrid volta a favore delle forze dell’Unione, i confederati evacuarono Fort Pillow il 4 giugno, per non rimanere tagliati fuori dal resto dell’esercito sudista. Le forze dell’Unione occuparono il forte il 6 giugno, utilizzando lo stanziamento per difendere i varchi del fiume dalla parte di Memphis.


Uno scorcio di Fort Pillow

Fort Pillow era situato su un’alta e imponente scogliera, era protetto da ben 3 linee di trincea disposte a semicerchio, con un parapetto spesso 1,2 metri e alto 2,5 metri, era circondato da un ampio e profondo fossato, ma durante la battaglia il sistema difensivo si rivelò svantaggioso per le truppe dell’Unione, poiché era impossibile sparare verso le truppe d’attacco se non arrampicandosi sul parapetto, ottenendo di esporsi al fuoco nemico. A supporto dei soldati, sul fiume era disponibile anche una cannoniera che in caso di necessità sarebbe giunta prontamente in soccorso.
Nathan Bedford Forrest, dell’esercito confederato, il 16 marzo 1864 iniziò una campagna al comando di una compagnia di cavalleria con 7000 unità nell’ovest del Tennessee e nel Kentucky. Il corpo di cavalleria al suo comando era composto da due divisioni, una guidata dal Generale di Brigata James R. Chalmers e una dal Generale di Brigata Abraham Buford. La campagna puntava a catturare prigionieri e rifornimenti dell’Unione e distruggere le fortificazioni unioniste da Paducah a Memphis.
La spedizione ebbe due scontri importanti e il primo fu la battaglia di Paducah il 25 marzo, con gli uomini di Forrest che inflissero considerevoli danni alla città e alle forniture militari dell’Unione. Successivamente, di fronte alla necessità di reperire altri rifornimenti, Forrest decise di avanzare verso Fort Pillow con circa 1.500 uomini (alcune fonti sostengono che fossero 2.500). Parte della compagnia fu lasciata al comando di Buford, con l’intenzione di colpire nuovamente Paducah.
A quanto risulta, in quel momento vi erano tra i 500 e i 600 uomini a Fort Pillow, dotati di cavalli e rifornimenti a cui Forrest mirava.


Un momento concitato della battaglia

Tra le forze dell’unione vi erano sia soldati afroamericani che americani bianchi.
Il generale Forrest arrivò a Fort Pillow alle 10:00 del 12 aprile. In quel momento Chalmers aveva già circondato il forte. Una pallottola vagante colpì il cavallo di Forrest, abbattendolo e ferendo il generale nella caduta; fu il primo dei tre cavalli che perderà quel giorno. Il generale dispose una serie di tiratori scelti sui punti più alti che si affacciavano sul forte, esponendo gli occupanti al fuoco. Il Maggiore Lionel F. Booth, comandante in carica, morì sotto il tiro di uno dei cecchini, e il comando passò a William F. Bradford. Entro un’ora i confederati avevano già conquistato due file di baracche a circa 130 metri a sud del forte, con i soldati dell’Unione che fallirono nel tentativo di distruggere le postazioni prima che questi riuscissero a occuparle, morendo sotto il fuoco nemico.
Fucilieri e artiglieria continuarono le ostilità finché Forrest non fece recapitare una nota agli occupanti del forte, in cui veniva richiesta «una resa incondizionata delle vostre forze, e allo stesso tempo vi assicuro che sarete trattati come prigionieri di guerra»; a questo aggiunse che aveva ricevuto nuovi rifornimenti di munizioni, e che avrebbe tranquillamente potuto prendere il forte con la forza, con tutte le conseguenze del caso.


La mappa della battaglia – clicca per INGRANDIRE

Arrivò subito la replica di Bradford che nascose la sua identità, per non far pervenire ai confederati la notizia che Booth era morto, chiedendo un’ora di tempo per prendere una decisione in merito. Forrest, temendo che dal fiume potessero arrivare rinforzi dell’Unione, rispose concedendo solo 20 minuti, scaduti i quali avrebbe assaltato il forte. La risposta finale di Bradford fu che non si sarebbe arreso, e Forrest dunque ordinò al suo trombettiere di suonare la carica.
I confederati assaltarono Fort Pillow furiosamente, mentre i cecchini mantenevano la propria posizione di tiro. Una prima ondata di soldati entrò nel fossato, aiutando quelli successivi a superare la trincea, passando sulle loro schiene. Poi, chi era già passato aiutò chi si trovava ancora nel fossato a salire, mentre i cecchini proteggevano l’avanzata. Con i tiratori intenti a mantenere il loro fuoco di copertura, le truppe confederate avanzarono sul terrapieno, sparando sugli unionisti ammassati, che opposero una debole resistenza prima di ritirarsi ai piedi della scogliera, dove la cannoniera avrebbe dovuto coprirli sparando raffiche sugli invasori.


L’attacco e la difesa nella battaglia – clicca per INGRANDIRE

Dalla cannoniera, però, non sparò alcun colpo, poiché aveva le armi sigillate, anche se molto probabilmente il fuoco avrebbe creato molte più perdite agli unionisti piuttosto che ai confederati. I soldati unionisti in fuga furono circondati dal fuoco nemico e molti perirono, altri si gettarono nel fiume annegando o finendo uccisi dai colpi dei tiratori sulla scogliera.
Su ciò che accadde dalle 16 fino al tramonto ci sono interpretazioni contrastanti e controverse. Fonti unioniste ma anche confederate convergono sul fatto che le truppe dell’Unione si arresero e gli uomini di Forrest si diedero al massacro “a sangue freddo”. I sopravvissuti del presidio di Fort Pillow dissero che molti gettarono a terra le armi arrendendosi, ma furono fucilati o trafitti con la baionetta dai soldati confederati. La commissione di indagine sulla condotta della guerra investigò sull’incidente, arrivando alla conclusione che molti soldati dell’Unione furono uccisi dopo la resa.


Nathan Bedford Forrest

Nel 2002 ci fu uno studio che concluse che le forze unioniste vennero indiscriminatamente massacrate dopo che queste avevano cessato di resistere o erano incapaci di opporre resistenza. Lo storico Andrew Ward nel 2005 giunge alla conclusione che oltre ai soldati uccisi dopo la resa vi furono molti civili neri che furono massacrati mentre tentavano la fuga, ma nessuno di questi comportamenti fu ufficialmente sanzionato dai comandanti confederati.
Un rapporto ufficiale del Tenente Daniel Van Horn, delle truppe di colore dell’Unione, sostiene invece che al forte non vi fu nessuno che si arrese o chiese pietà, mentre in una testimonianza dell’altra unità presente al forte, dell’unico ufficiale sopravvissuto, si afferma che i soldati venivano sistematicamente uccisi nel momento in cui si arrendevano deponendo le armi. In una lettera di un sergente dei confederati scritta poco dopo la battaglia vi era riportato che «i poveri, delusi negri correvano verso i nostri uomini, si gettavano in ginocchio e con le mani alzate urlavano chiedendo pietà, ma gli veniva ordinato di alzarsi in piedi e successivamente venivano fucilati». Questa ricostruzione sarebbe compatibile con la versione secondo cui le perdite dell’Unione sarebbero state maggiori tra i soldati di colore.


Soldati di colore in servizio a Fort Pillow

I soldati di Forrest affermarono invece che, benché in fuga, i soldati dell’Unione continuavano a tenere le armi in pugno, voltandosi più volte per sparare, costringendo i confederati a rispondere al fuoco per autodifesa. A supporto di questa affermazione c’è il ritrovamento di numerosi fucili sulla scogliera che costeggia il fiume. Inoltre sembra che la bandiera dell’Unione continuasse a sventolare sul forte, indicando che la resa non era stata messa in atto ufficialmente. Fonti giornalistiche dell’epoca riportano che il Generale Forrest pregò le truppe dell’Unione di arrendersi, ma queste non diedero alcun segno di resa. Simili notizie apparvero unitamente su giornali nordisti e sudisti del tempo.
Il generale Grant, che però non era presente alla battaglia, scrisse nelle sue memorie: «Forrest, comunque, ripiegò rapidamente, e attaccò Fort Pillow, una postazione per la protezione della navigazione del fiume Mississippi. Il presidio consisteva in un reggimento di truppe di colore, fanteria, e un distaccamento della cavalleria del Tennessee. Queste truppe combatterono coraggiosamente, ma furono sopraffatte. Lascio al dispaccio di Forrest raccontare ciò che fece di loro. “Il fiume era morto” disse (Forrest), “con il sangue del massacro sparso su 200 yarde. Le perdite approssimative erano più di 500 morti, ma pochi ufficiali sono scappati. Le mie perdite sono state di 20 morti. Spero che questo dimostri ai nordisti che i soldati negri non possono competere con i sudisti.” Successivamente Forrest fa un rapporto in cui omette la parte che ha scioccato l’umanità».


Una stampa, contestata, relativa al massacro

Le ricostruzioni ufficiali ci dicono che le perdite non furono ingenti come stimate da Forrest. Le perdite per i confederati furono molto basse, con 14 morti e 86 feriti, mentre le perdite tra le truppe dell’Unione furono molto superiori. Dei 585-605 soldati presenti al forte si stima che siano morti tra i 277 e i 297 unionisti. Si sostiene che le perdite dell’Unione furono discriminate da selezione razziale in quanto di tutti i soldati neri presenti solo 58 (il 20%) furono fatti prigionieri, mentre i soldati bianchi catturati vivi furono 168 (il 60%). Ma non vi sono prove a supporto di questo ragionamento.
Non tutti i soldati fucilati dopo la resa erano neri, apparentemente anche il Maggiore Bradford subì la stessa sorte. La rabbia dei confederati nel trovarsi di fronte soldati neri e la loro iniziale riluttanza ad arrendersi, convinti che se lo avessero fatto sarebbero stati uccisi comunque, produsse la tragedia.
L’esercito confederato evacuò Fort Pillow la sera stessa della battaglia, guadagnando comunque poco nell’interruzione delle operazioni dell’Unione. Il massacro fu bandiera dell’Unione per sollevare la popolazione contro i sudisti fino alla fine della guerra.
Il 17 aprile del 1864 Ulysses Grant ordinò al generale Benjamin Franklin Butler, che si occupava di negoziare il rilascio dei prigionieri con i confederati, di chiedere a questi che lo scambio e il trattamento fosse identico sia per i prigionieri bianchi che per quelli neri. Un diniego in questo senso avrebbe rappresentato un rifiuto ad intraprendere accordi, e i prigionieri nelle loro mani sarebbero stati trattati di conseguenza. A questa richiesta il segretario di guerra confederato rispose negativamente, con le parole «dubito, comunque, che lo scambio di negri con i nostri prigionieri sarebbe tollerato.»