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Le Guerre Coloniali – 2

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.


Queen Anne’s War (Guerra della Regina Anna, 1702-1713)
La regina Anna Nel 1701 il re Carlo II di Spagna morì senza figli a cui lasciare in eredità il suo regno. Il diritto al trono venne reclamato da tre personaggi, il più importante dei quali fu Filippo, duca d’Anjou. Questi era il primo nipote di Luigi XIV di Francia e divenne re di Spagna con il nome di Filippo V. Questo significava che il nipote del re di Francia diventava il sovrano della Spagna e di tutti i territori spagnoli. Molte altre nazioni, tra cui l’Inghilterra, si preoccuparono: Spagna e Francia erano regni già molto potenti e se si fossero alleati sarebbero divenuti più forti di qualunque altro regno d’Europa.
La Guerra di Successione Spagnola cominciò nel 1701, quando Olanda, Inghilterra e altri paesi dichiararono guerra a Francia e Spagna.
Nelle colonie inglesi la guerra prese il nome di Queen Anne’s War, oppure di Seconda Guerra Coloniale (contro la Francia). Poiché coinvolse anche parecchie tribù native si chiamò anche Terza Guerra Indiana.
I Francesi la denominarono come Seconda Guerra Intercoloniale. Gli storici considerano questa guerra divisa su su tre fronti:
1) Quebec e Terranova;
2) Acadia e Nuova Inghilterra;
3) Carolina e Florida.
La Regina Anna
Indipendentemente dai fronti di guerra, qui si seguirà l’ordine cronologico degli avvenimenti, segnalando lo scenario di riferimento.
La King William’s War, terminata nel 1697, non aveva affatto estinto le frizioni che esistevano lungo le zone di frontiera che separavano le colonie inglesi e francesi. Questo disagio era sentito soprattutto lungo i confini settentrionali e e sud occidentali delle colonie inglesi, che allora si estendevano dalla Provincia della Carolina, nel sud, fino alla Provincia di Massachusetts Bay, nel nord, che aveva appendici di insediamenti coloniali o avamposti commerciali a Terranova e nella Baia di Hudson. La popolazione totale delle colonie inglesi all’epoca era stimata in 250.000 persone, la maggior parte stanziate in Virginia e New England. I centri più importanti erano concentrati lungo la costa, con piccoli insediamenti nell’interno, che qualche volta raggiungevano anche i monti Appalachi. Molti coloni europei conoscevano molto poco dell’interno del continente a occidente degli Appalachi e a sud dei Grandi Laghi. Tutta l’area era dominata dalle tribù native, sebbene già mercanti inglesi e francesi fossero penetrati nella zona. Missionari spagnoli in Florida avevano stabilito una rete di missioni per convertire gli indigeni al cattolicesimo romano. La popolazione spagnola era relativamente poco numerosa (circa 1.500 abitanti), mentre si è stimato che la popolazione nativa all’epoca fosse di 20.000 persone.
Gli esploratori francesi avevano individuato il delta del Mississippi; in prossimità, nel 1699 venne fondata una piccola colonia, Fort Maurepas (vicino all’odierna Biloxi). Da qui cominciarono a tracciare vie commerciali verso l’interno, stabilendo amichevoli relazioni con i Choctaw, una grande tribù che fra i suoi nemici comprendeva i Chickasaw, alleati degli Inglesi. Tutti questi popoli avevano sofferto per l’introduzione nei territori di malattie infettive di tipo eurasiatico, come il vaiolo, da parte dei primi esploratori e commercianti.


Indiani Choctaw

L’arrivo dei Francesi nel Sud mise in pericolo i contatti commerciali esistenti che i coloni della Carolina avevano stabilito verso l’interno e le rivendicazioni territoriali spagnole, creando tensioni fra le tre potenze. Francia e Spagna, ora alleate, si erano trovate in campi opposti nella Guerra dei Nove Anni (King William’s War) terminata di recente. Lungo la costa, le conflittuali rivendicazioni territoriali fra Carolina e Florida a sud del fiume Savannah si ricoprivano di animosità a causa delle divisioni religiose la Spagna cattolica e gli Inglesi protestanti.
A nord il conflitto assunse una forte componente economica, in aggiunta alle dispute territoriali. A Terranova vi era una colonia inglese con base a St. John’s, mentre i Francesi avevano una base coloniale a Plaisance (Placentia); entrambe le parti avevano un certo numero di insediamenti permenenti più piccoli, per un totale di meno di 2.000 Inglesi e di 1.000 Francesi. L’isola aveva anche molti insediamenti stagionali usati da pescatori provenienti dall’Europa. Tutti erano in competizione per le zone di pesca dei “Grandi Banchi”, che interessavano anche ai pescatori dell’Acadia (che allora comprendeva tutta l’attuale Nuova Scozia e il New Brunswick) e del Massachusetts. Il confine tra Acadia e New England era rimasto indefinito nonostante i combattimenti della King William’s War. La Nuova Francia considerava il confine dell’Acadia coincidente con il corso del fiume Kennebec, nel Maine meridionale. C’erano missioni cattoliche a Norridgewock e Penobscot, nonché un insediamento francese nella Baia di Penobscot, vicino all’attuale Castine, nel Maine, che erano state le basi per gli attacchi contro i coloni del New England durante la King William’s War. Le aree di frontiera tra il fiume San Lorenzo e gli importanti insediamenti costieri del Massachusetts e New York erano ancora dominate dai Nativi (soprattutto Abenaki e Irochesi), mentre il corridoio tra il fiume Hudson e il lago Champlain era stato usato per spedizioni di guerra in entrambe le direzioni.
Sebbene la minaccia rappresentata dai Nativi fosse diventata un po’ meno pressante a causa della riduzione della loro popolazione in seguito alle malattie e all’ultima guerra, tuttavia si pensava che rappresentassero pur sempre un pericolo per gli insediamenti esterni. Nella King William’s War non si era lottato in maniera significativa per i territori della Baia di Hudson (per gli Inglesi: “Prince Rupert’s Land”).

Benché fossero stati teatro di molte dispute tra le compagnie francesi ed inglesi, in competizione fin dal 1680, il Trattato di Ryswick del 1697 aveva lasciato alla Francia il controllo di tutti i posti commerciali della baia, tranne uno. La Hudson’s Bay Company, non soddisfatta dal mancato ritorno dei suoi territori col Trattato di Ryswick, complottò con successo per riacquisire i territori durante i negoziati al termine della guerra. La pace non durò a lungo: nel giro di cinque anni le colonie furono coinvolte nella fase successiva delle Guerre Coloniali, la Queen Anne’s War.
La tecnologia militare usata in Nord America non era così sviluppata come in Europa nello stesso periodo. All’inizio della guerra solo pochi insediamenti coloniali avevano fortificazioni in pietra (tra queste St. Augustine, Boston, Quebec e St. John), benchè subito dopo lo scoppio delle ostilità fossero completate anche le fortificazioni di Port Royal. Alcuni villaggi di frontiera erano protetti da palizzate di legno. Ma molti avevano poco più che case di legno rinforzate, con feritoie attraverso le quali i difensori potevano sparare e secondi piani dai quali si poteva fare fuoco sugli attaccanti che cercavano di irrompere dabbasso. Gli Europei generalmente erano armati di moschetti a canna liscia, con una portata di tiro massima di circa 90 metri, che però erano molto imprecisi oltre la metà di questa distanza. Alcuni coloni portavano picche o alabarde, mentre i guerrieri delle tribù di entrambe le parti erano forniti di armi europee, oltre ad essere armati con mezzi offensivi più primitivi, come tomahawks, archi e frecce. Un certo numero di coloni era stato addestrato alle operazioni con i cannoni ed altri pezzi d’artiglieria; questi erano gli unici mezzi militari per attaccare in modo significativo le difese in legno o pietra.
Generalmente i coloni inglesi erano organizzati in compagnie di milizia e le loro colonie non avevano una regolare presenza militare, eccetto un piccolo numero di armati nelle comunità del Newfoundland (Terranova). Anche i coloni francesi erano organizzati in milizie, ma essi avevano anche una forza stabile di difesa, le troupes de la marine. Questa forza consisteva di alcuni ufficiali esperti ed era dotata di reclute inviate direttamente dalla Francia. In numero da 500 a 1200, queste truppe erano sparse in tutti i territori della Nuova Francia, con concentrazioni nei centri maggiormente popolati. La Florida spagnola era difesa da poche centinaia di soldati regolari; la politica spagnola era di pacificare i Nativi nei loro territori e di non fornire loro le armi. Questa politica ebbe conseguenze devastanti: prima della guerra in Florida vi era una popolazione stimata di 8000 Nativi, ridotta a 200 dopo le incursioni che gli Inglesi effettuarono all’inizio della Qeen Anne’s War.

Spedizione di Newfoundland – scenario Quebec e Terranova

Le ostilità della Guerra di successione Spagnola erano cominciate nel 1701, ma l’Inghilterra non venne coinvolta fino all’anno successivo, poiché progettava una spedizione navale in grande stile contro obiettivi in territorio spagnolo. Ma il 9 giugno 1702 anche il Newfoundland divenne un obiettivo, quando George Churchill, capo consigliere dell’Alto Ammiraglio dei Lord, il principe George, informò il capitano John Leake: “Ho proposto al Principe di mandare a Newfoundland una squadra navale sotto il vostro comando; voi sarete il comandante in capo.” La missione di Leake, ufficializzata il 24 giugno, era di indagare sulle forze francesi in Newfoundland e di “infastidirle nei loro porti di pesca e in mare.” Egli avrebbe anche dovuto scortare le navi mercantili in entrambe le direzioni, riferire sulle condizioni degli insediamenti e dei porti di pesca e di operare come governatore del territorio finché fosse rimasto nell’area. Il 22 luglio 1702 Leake salpò da Plymouth al comando della Exeter, con una flotta di nove navi.
Il Newfoundland (Terranova) era stato teatro di molti combattimenti durante la King William’s War (1689-1697). La spedizione più ambiziosa era stata condotta nel 1696 da forze franco-indiane guidate da Pierre Le Moyne d’Iberville. Le sue incursioni erano state altamente distruttive, avendo devastato quasi tutti gli insediamenti inglesi dell’isola. Molti di questi erano stati poi ricostruiti in breve tempo e il principale porto inglese, St. John’s, era stato ben fortificato. Gli insediamenti francesi permanenti in Terranova erano relativamente pochi. La maggior parte, come quelli di Trepassey Bay e di St. Mary’s, erano usati solamente in estate da pescatori che tornavano in Europa alla fine della stagione. La città principale, Plaisance (Placentia) era abitata in modo permanente e le sue fortificazioni ospitavano una piccola guarnigione. Nel 1702 la città si trovava temporaneamente sotto il comando di Philippe Pastour de Costebelle, un capitano delle truppe coloniali della Marina, che attendeva l’arrivo del nuovo governatore, Daniel d’Auger de Subercase (che non sarebbe giunto sino al 1703). LA popolazione francese permanente di Terranova era scarsa, tant’è che furono solo 180 i coloni francesi che lasciarono l’isola quando nel 1713 la colonia fu abbandonata. I Francesi avevano anche un piccolo insediamento nell’isola di Saint Pierre, nel golfo di San Lorenzo, appena a sud di Terranova. Il suo governatore, Sébastien Le Gouès, Sieur de Sourdeval, era arrivato soltanto nel luglio del 1702 e aveva eretto un forte rozzamente difeso da palizzate in legno e armato di pochi cannoni.
La flotta di Leake si presentò nel tardo agosto davanti a Bay Bulls. Dagli abitanti del posto Leake apprese che due barche da pesca francesi stavano caricando a Trepassey Bay e che due navi da guerra francesi erano all’ancora nella capitale, Plaisance. Apprese anche che solitamente i Francesi appostavano delle spie per controllare le attività di Bay Bulls ed era probabile che la presenza della flotta inglese stesse per essere riferita a Plaisance, a tre giorni di cammino da lì.
Di conseguenza Leake si mosse velocemente, dirigendosi a sud e ovest verso gli insediamenti francesi. Il 28 agosto la flotta incontrò i suoi primi successi: catturò una nave francese giunta di recente dall’isola di Martinica, nelle Indie Occidentali; diede battaglia a quelle ancorate a Trepessey Bay e ad altre due, che la Lichfield colò a picco. Il giorno dopo Leake catturò un’altra nave francese nella baia di St. Mary’s, e venne raggiunto dalla Montagu. Leake ordinò alle navi Montagu, Lichfield e Charles Galley di dirigersi verso Colinet, mentre egli stesso condusse il resto della flotta a St. Mary’s, dove una delle sue navi si incagliò e dovette inviare delle imbarcazioni per risolvere il problema.
Fucilieri delle Compagnies Franches de la Marine di Canada e Nuova Francia – 1720
Vennero invite a terra delle truppe da sbarco, che distrussero magazzini di pesce, case, equipaggiamenti per la pesca e imbarcazioni in costruzione, nonché molti piccoli natanti. Dopo la distruzione di attrezzature a Colinet, il giorno 30 la flotta si radunò. Leake ordinò a qualcuna delle sue navi di scortare il bottino catturato a St. John’s e poi di doppiare il capo Race e cercare altro bottino per 14 giorni. Leake inviò la Montagu e la Lichfield a distruggere St. Lawrence, mentre egli faceva rotta per Saint Pierre. Il racconto di Leake pone il giorno del suo arrivo al largo di Saint Pierre al 1 settembre. Il cattivo tempo lo trattenne dall’entrare nel porto fino al giorno seguente. Quindi riuscì solamente a catturare due delle otto navi che si trovavano nel porto, mentre le altre riuscivano a fuggire attraverso un canale dai bassi fondali. Il giorno 3 si avvicinò ancora al porto, ma non sbarcò a lasciò Saint Pierre facendo vela verso St. John’s.
Il 7 settembre la flotta di Leake si radunò a St. John’s. Qui quasi metà della flotta venne distaccata, sotto la guida delle Medway e Charles Galley, perché tornasse a Saint Pierre per causarne la distruzione, mentre Leake prendeva l’altra metà dirigendosi a nord verso Bonavista. Qui sperava di acquisire piloti d’esperienza con conoscenza degli altri porti francesi. Il tentativo fallì (nessuno dei piloti che trovò aveva la necessaria esperienza ed inoltre quelli reperiti esprimevano preoccupazione per l’incombente stagione invernale), per cui egli ritornò a St. John’s.
La “Montagu” in mare aperto
Il 2 di ottobre a St. John’s Leake si riunì all’altra metà della flotta, che aveva completato la distruzione di Saint Pierre. Il governatore di Saint Pierre, Sourdeval, in una lettera datata 11 ottobre, riferiva che gli Inglesi avevano sbarcato uomini due volte, il 7 e l’8 di ottobre. Comunicava che il secondo sbarco consisteva di 400 uomini, che lo assediarono nella sua minuscola fortificazione. Egli si arrese dopo un bombardamento di parecchie ore, con il quale gli Inglesi distrussero la maggior parte delle attrezzature. Poi lasciarono sul posto 52 prigionieri francesi, catturati in precedenza, e salparono.
Prima di intraprendere il ritorno in Europa, Leake divise la flotta. La Montagu e la Looe furono incaricate di scortare mercanti e beni destinati al Portogallo, mentre le Reserve, Charles Galley, e Firebrand dovevano scortare quelli diretti in Inghilterra. Leake, con il resto della flotta, incrociò per diverse settimane al largo di Cape Race, sperando di intercettare il convoglio francese che sarebbe dovuto passare prima dell’arrivo dell’inverno. Le condizioni meteorologiche erano spesso pessime, ma Leake riuscì a catturare otto navi prima di salpare per l’Inghilterra a metà ottobre.
Leake riferì di aver catturato 51 navi. 16 furono inviate in Inghilterra, 6 in Portogallo, 5 vennero vendute a St. John’s. Altre due furono lasciate a St. John’s, inserite nel sistema difensivo. Le rimanenti navi, che non erano state caricate prima di essere prese, furono distrutte. Gli insediamenti francesi distrutti alla fine furono sei: Trepassey, St. Marie, Colinet, Grande e Piccola St. Lawrence e Saint Pierre.

Battaglia di Flint River – scenario Carolina e Florida

Al volgere del XVIII secolo, i coloni più eminenti sia inglesi che francesi avevano capito che il controllo del fiume Mississippi avrebbe rivestito un ruolo significativo nello sviluppo futuro del territorio e dei commerci e ciascuno di loro sviluppò dei progetti visionari per impedire le attività degli avversari. L’esploratore franco – canadese Pierre Le Moyne d’Iberville, all’indomani della King William’s War, aveva svluppato un “Progetto sulla Carolina” che prevedeva di stabilire relazioni con i Nativi del bacino del Mississippi e quindi far leva su queste alleanze per scacciare gli Inglesi dal continente o almeno costringerli alla sola area costiera. Nel perseguire questa strategia, egli riscoprì il Delta del Mississippi (che era stato trovato per primo da La Salle nel 1670) e nel 1699 eresse Fort Maurepas. Da questa base e da Fort Louis de la Mobile, fondato nel 1702, cominciò ad allacciare relazioni col le tribù locali dei Choctaw, Chickasaw, Natchez ed altre.
I commercianti ed esploratori inglesi della Carolina, fin dalla sua fondazione nel 1670, avevano già stabilito una effettiva rete di commerci che attraversava la parte sud orientale del continente dall’Atlantico al Mississippi. Costoro, che non avevano il minimo riguardo verso gli Spagnoli della Florida, avevano compreso l’ostacolo costituito dall’arrivo dei Francesi sulla costa. Sia Joseph Blake, governatore della Carolina fino alla sua morte, avvenuta nel 1700, che James Moore, succeduto a Blake nel 1702, sognavano un’espansione verso sud e verso ovest, a tutte spese degli interessi francesi e spagnoli.
Nel gennaio 1702, prima che la guerra scoppiasse in Europa, Iberville aveva incontrato gli Spagnoli, raccomandando che i guerrieri Apalachee fossero armati e mandati contro gli Inglesi e i loro alleati.


Mappa della Quenn Anne’s War

I tentativi di colonizzazione del Sud Est del continente nordamericano da parte di Inglesi e Spagnoli cominciarono a entrare in conflitto verso la metà del XVII secolo. Il fatto che nel 1663 gli Inglesi avessero fondato la provincia della Carolina e nel 1670 la città di Charles Town (oggi Charleston, in South Carolina), fece salire significativamente le tensioni con gli Spagnoli, che da lungo tempo si erano stabiliti in Florida. Mercanti e negrieri dalla nuova provincia penetrarono nella Florida spagnola, effettuando incursioni e spedizioni di rappresaglia in entrambe le coste della colonia. Nel 1700 il governatore della Carolina, Joseph Blake, avvisò gli Spagnoli che si sarebbe dato corso alle rivendicazioni inglesi su Pensacola, colonia stabilita dagli Spagnoli nel 1698. Commercianti della Carolina come Anthony Dodsworth e Thomas Nairne avevano stipulato alleanze con gli indiani Creek, nel bacino fluviale che portava le sue acque al Golfo del Messico, a cui essi fornivano armi e dai quali acquistavano schiavi e pelli di animali.
All’epoca la popolazione della Florida era del tutto trascurabile. Fin dalla sua fondazione, nel XVI secolo, gli Spagnoli avevano istituito una rete di missioni, il cui scopo primario era di pacificare la popolazione nativa locale e di convertirla al Cattolicesimo Romano. Nel territorio degli Apalachee (corrispondente oggigiorno alla Florida occidentale e alla Georgia del sud ovest, c’erano 14 missioni comunitarie che, all’anno 1680, contavano circa 8.000 persone. Molte di queste comunità (ma non tutte) erano popolate dagli Apalachee, mentre in altre vi erano persone provenienti da tribù diverse, che erano migrate in quella zona. La politica degli Spagnoli tendeva ad evitare che questi Indiani fossero armati con moschetti, per cui le missioni Apalachee dovettero patire molto per le incursioni condotte da Inglesi e Creek nel 1701. Nel gennaio 1702 Pierre Le Moyne d’Iberville, il fondatore di Mobile, avvisò il comandante spagnolo di Pensacola che avrebbe dovuto armare in modo appropriato gli Apalachee per spingerli ad una vigorosa difesa contro le incursioni inglesi in territorio spagnolo. Allo scopo D’Iberville offrì anche equipaggiamento e rifornimenti.


Le popolazioni originarie della Florida

Nel maggio 1702, in seguito alla distruzione, in un’incursione, della missione Timucuan di Santa Fé de Toloca, il governatore spagnolo della Florida, Joseph de Zúñiga y Zérda, autorizzò una spedizione nei territori dei Creek.
Zúñiga diede ordine al capitano Don Francisco Romo de Uriza di concentrare un esercito a San Louis de Apalachee. Da tutte le missioni comunitarie circostanti venne raccolta una forza di circa 800 uomini fra guerrieri Apalachee e soldati spagnoli. La notizia della preparazione di una forza d’incursione nemica raggiunse la comunità Apalachicola di Achita, dove un mercante della Carolina, Anthony Dodsworth (che i documenti spagnoli citano come “Don Antonio), stava incontrando le tribù locali. Secondo quanto riferito a Manuel Solano, governatore di Saint Louis, da una donna indiana, circa 400 guerrieri, principalmente Apalachicola (di ceppo Muskogee) e Chiscas, insieme a Dodsworth, due altri uomini bianchi e due neri, si misero in viaggio per contrastare l’armata di Uriza. Con la benedizione del capo Apalachicola Emperor Brim, essi lasciarono Achita il 7 ottobre 1702, lo stesso giorno in cui Uriza partiva da Apalachee. Lo scontro avvenne nei pressi del Flint River (nell’attuale stato della Georgia), quando gli Apalachee effettuarono un attacco contro l’accampamento Apalachicola prima dell’alba. Avendo previsto la possibilità di questo tipo di attacco, Dodsworth e gli Apalachicola avevano sistemato le coperte in modo da sembrare immersi nel sonno e si erano nascosti nelle vicinanze. Quando gli Apalachee attaccarono il falso accampamento, gli Apalachicola saltarono loro addosso. Con la superiorità delle loro armi, gli Indiani alleati degli Inglesi misero in rotta la forza spagnola. Non si conosce la data esatta della battaglia, nota anche come Battaglia delle coperte, si sa solo che il 18 ottobre Uriza, con gli uomini che gli erano restati, fece ritorno alla città Apalachee di Bacacua con solo 300 uomini.
La sconfitta pose immediatamente Zúñiga sulla difensiva. Egli fece completare il forte di Saint Louis e si fornì di adeguate provviste per il caso di un assedio. La battaglia suscitò reazioni a Charles Town, dove il governatore James Moore si era già assicurato l’approvazione per una spedizione contro St. Augustine, dopo aver appreso che la guerra tra Spagna e Inghilterra era stata dichiarata formalmente in Europa.

Assedio di St. Augustine – scenario Carolina e Florida

Il governatore Moore raccolse un’armata di coloni e Indiani, quest’ultima una coalizione di guerrieri Yamasee, Tallapoosa e Alabama, sotto la guida di un capo Yamasee chiamato Arratommakaw. L’esatta consistenza di queste forze varia a seconda della sorgente; secondo alcuni il numero era compreso fra 800 e 1200; la maggior parte delle fonti parla di 500 coloni e 300-400 Indiani. Alcuni di questi armati, soprattutto gli Indiani, giunsero via terra a Port Royal sotto il comando del vice governatore Robert Daniell, mentre Moore imbarcò il resto della forza in 14 natanti.
Il Castillo de San Marcos fu costruito a St. Augustine negli ultimi anni del 17° secolo, in parte perché le precedenti incursioni inglesi avevano dimostrato l’inadeguatezza delle fortificazioni in legno e in parte per contrastare la minaccia rappresentata dalla fondazione della città di Charles Town. La fortezza era un convenzionale forte con bastioni, del tipo che aveva fatto la sua comparsa per la prima volta in Italia, costruita su soffici sedimenti calcarei. Il governtore Joseph de Zúñiga y Zérda assunse il comando della postazione nel 1700. I Nativi alleati della Spagna vennero a sapere della mobilitazione e la notizia della spedizione giunse a Zúñiga il 27 ottobre. Egli ordinò che tutti gli abitanti della città venissero ospitati dentro il forte, requisì tutte le provviste di cibo in vista di un assedio prolungato e mandò messaggeri a Pensacola, Havana e ai Francesi di Mobile, con richiesta di aiuto. I rifugiati provocarono una crescita della popolazione a circa 1.500 persone, delle quali solo un piccolo numero era ritenuto capace di un’azione militare. Zúñiga riteneva che gli approvvigionamenti alimentari predisposti nel forte sarebbero stati sufficienti per un assedio della durata di tre mesi. Qualcuno fra gli uomini di Zúñiga avrebbe voluto attaccare battaglia con gli Inglesi; il governatore scelse fra la gente, in aggiunta ai 174 regolari e 14 artiglieri, 44 Europei che erano adatti all’azione, 123 Indiani (la maggior parte provvisti di armi inadatte, e 57 uomini neri (uomini liberi, mulatti e schiavi), dei quali solo 20 avevano esperienza di armi. Zúñiga riteneva che solo 70 fra gli uomini che aveva a disposizione fossero veramente preparati per una battaglia.

Zúñiga si stava preparando a subire un assedio. La sua preoccupazione principale era la preparazione degli artiglieri, dei quali egli scrisse: “Non hanno nessuna esperienza del servizio, sono carenti nella disciplina e hanno una conoscenza solo superficiale delle armi che qui sono montate…”
Alla mezzanotte del 3 novembre le forze di Daniell sbarcarono sull’isola di Amelia e ne attaccarono subito l’estremità settentrionale, uccidendo due soldati spagnoli e invadendo il villaggio di San Pedro de Tupiqui. Poi avanzarono verso sud, preceduti da una massa di sfollati e dalle poche truppe spagnole presenti nell’isola. Gli insediamenti principali, San Felipe e San Marcos, vennero invasi il giorno dopo, mentre gli Spagnoli li stavano evacuando. Zúñiga apprese dell’avanzata il 5 novembre e mandò a nord 20 uomini al comando del capitano Joseph de Horruytiner, con istruzioni di attestarsi a San Juan del Puerto, a circa 10 km da St. Augustine, che Zúñiga riteneva la chiave della provincia di Guale. La notizia spinse inoltre Zúñiga ad arruolare tutti gli uomini validi al di sopra dei 14 anni e fece portare dentro il forte tutto il cibo disponibile. Al di là del fiume St. Johns, il 6 novembre Horruytiner catturò tre soldati nemici (due Inglesi e un Indiano Chiluque) e due giorni dopo tornò con loro a St. Augustine. Zúñiga apprese da questi prigionieri che gli Inglesi avevano portato provviste per tre mesi e che avevano con sé solo cannoni di piccole dimensioni. Nel frattempo, Moore navigava verso sud con la flotta. Tre navi vennero mandate avanti per bloccare l’ingresso a Matanzas Bay, a sud di Augustine. Queste, il 7 novembre, vennero fatte oggetto a colpi d’artiglieria dal forte. Il giorno dopo il corpo principale della flotta giunse all’ingresso del golfo di St. Augustine. Questo spinse Zúñiga a ordinare che le sue due fregate, la Gloria e la Nuestra Señora de la Piedad y el Niño Jesús, si ancorassero sutto le batterie del forte. La seconda, che si trovava al di fuori dello stretto, non riuscì ad attraversarlo e venne subito incendiata per effetto del tiro inglese. Sedici dei suoi uomini si unirono alla guarnigione del forte e poterono fornire preziose conoscenze di artiglieria.
Il gruppo di Daniell, dopo lo sbarco, fece rapidi progressi. Il piccolo drappello spagnolo sull’isola Amelia non era in grado di contrastare l’avanzata inglese a San Juan del Puerto e venne dispersa; per alcuni dei suoi uomini occorsero giorni per tornare a St. Augustine. Daniell continuò ad avanzare e il 10 novembre entrò nella città di St. Augustine senza incontrare resistenza. Quel giorno otto delle navi inglesi attraversarono lo stretto e cominciarono a sbarcare uomini. Mentre gli Inglesi cominciavano a chiudere il cerchio attorno alla fortezza, una spedizione spagnola inviata in cerca di rifornimenti alimentari riuscì con successo a portare nel forte 163 capi di bestiame, attraversando le linee inglesi percorrendo il fossato difensivo (in secca).
Il 10 novembre cannoni spagnoli aprirono il fuoco sugli Inglesi mentre essi cominciavano a preparare l’assedio. Quel giorno esplose uno dei vecchi cannoni spagnoli, causando la morte di tre dei difensori e ferendone cinque. Pochi giorni dopo, Zúñiga ordinò una sortita per distruggere porzioni della città che si trovavano entro il raggio d’azione del fuoco del forte; secondo resoconti successivi, questa azione distrusse proprietà del valore di più di 15.000 pesos. Moore aveva portato quattro piccoli cannoni, ma questi avevano poco successo contro le mura di coquina (una roccia sedimentaria, tipica della Florida) della fortezza, mentre i cannoni spagnoli avevano un raggio più lungo e riuscivano a colpire la maggior parte delle forze nemiche nella baia. Il 22 novembre Moore distaccò il vice governatore Daniell in Jamaica, perché procurasse munizioni e cannoni più grandi.
Gli Inglesi continuarono a scavare trincee da assedio e, giunti a tiro di moschetto, cominciarono a sparare contro la fortezza il 24 novembre. Questo tipo di fuoco continuava a non avere efficacia e Moore ordinò che il giorno dopo si desse fuoco alla maggior parte della città, compreso il monastero francescano.


St. Augustine nel 1700

Poiché i suoi cannoni non erano efficaci contro le mura del forte, Moore tentò di accedere al forte mediante un sotterfugio. Il 14 dicembre una coppia di Indiani Yamasee riuscì ad entrare nella fortezza fingendosi profuga, a quanto sembra con lo scopo di far esplodere il deposito delle polveri.
In ogni caso Zúñiga si insospettì per il loro comportamento e, secondo il resoconto dell’assedio che fece in seguito, li fece torturare finché ammisero l’inganno.
Al 19 dicembre le trincee d’assedio degli Inglesi erano vicine al forte al punto di minacciare i vicini campi coltivati dai quali gli Spagnoli avevano raccolto i cereali.
Ragion per cui Zúñiga ordinò una sortita. Ci fu una schermaglia, in cui gli Spagnoli ebbero lievi perdite: un morto e diversi feriti. I dirigenti spagnoli di San Luis de Apalachee (l’odierna Tallahassee, in Florida), ricevuta notizia dell’assedio, cominciarono la mobilitazione. A corto di rifornimenti, si appellarono ai Francesi di Mobile, che li fornirono di armi da fuoco e polvere da sparo; la guarnigione di Pensacola inviò anche dieci uomini. I rinforzi lasciarono San Luis de Apalachee il 24 dicembre, ma tornarono indietro quando ricevetterro la notizia che l’assedio era stato respinto. Sempre il 24 dicembre, apparvero le vele di un paio di navi in avvicinamento a St. Augustine. I rapporti inglesi non indicano quali fossero queste due navi; i resoconti spagnoli parlano di vascelli inglesi, ma probabilmente non provenienti dalla Giamaica, e il ogni caso lo scenario dell’assedio non cambiò con il loro arrivo. La spedizione inviata in Giamaica, avendo fallito la sua missione, tornò direttamente a Charles Town. Messaggeri inviati da Pensacola avevano recato rapidamente a l’Avana notizia della spinosa situazione di St. Augustine. Il 2 dicembre governatore Pedro Nicolàs Benitez aveva tenuto un consiglio di guerra, nel quale venne deciso di organizzare una spedizione di soccorso. Un distaccamento di più di 200 uomini di fanteria sotto il comando del capitano Lopez de Solloso era stato imbarcato su una piccola flotta, comandata dal generale Estevan de Berroa a bordo della Aguila Negra.
La flotta di Berroa giunse davanti al porto di St. Augustine il 28 dicembre. Pensando evidentemente che l’assedio fosse già terminato, Berroa non fece sbarcare le truppe. Il giorno dopo il governatore Zúñiga fece sgattaiolare alcuni uomini fuori dal forte per prendere contatto con la flotta. Di conseguenza Berroa sbarcò Solloso con circa 70 reclute inesperte sull’isola di Anastasia, a circa 5 km dal forte. Questa azione spinse Moore ad abbandonare l’assedio e a preparare la ritirata. Berroa quindi inviò le navi più piccole a bloccare l’ingresso sud della Matanzas Bay, intrappolandovi dentro alcuni vascelli di Moore. Questi ordinò che fosse dato fuoco agli edifici della città, inclusa la chiesa. Alcuni dei suoi uomini si allontanarono verso nord, per via di terra, mentre gli altri attraversarono la Matanzas Bay con i navigli. Moore incendiò le otto navi intrappolate nella baia e si ritirò in direzione nord, ritornando rapidamente a Charles Town con disonore. Zúñiga, dopo il ritiro degli Inglesi, fece uscire degli uomini, che riuscirono a recuperare tre vascelli inglesi che non erano bruciati completamente. I rapporti sulle perdite fatti da entrambe le parti sono difformi; lo storico Charles Arnade annota che tutti i numeri riportati probabilmente non sono reali. La relazione di Moore enumera solo due uomini uccisi, mentre Zúñiga nel suo rapporto afferma che tra gli Inglesi vi furono più di 60 morti e che nel contingente spagnolo si registrarono solo tre o quattro morti con 20 feriti, nessuno dei quali causato dal fuoco dei cannoni inglesi.
A causa del fallimento dell’impresa, Moore fu costretto a lasciare il posto di governatore e i costi restati a carico della provincia (che includevano i rimborsi ai proprietari delle navi perse nell’impresa) causarono tumulti a Charles Town. Alcuni critici contemporanei di Moore lo accusarono di aver effettuato l’incursione allo scopo di procurarsi schiavi e bottino; gli Spagnoli lo stigmatizzarono dal punto di vista religioso, citando “l’odio provinciale inglese verso la Chiesa di Cristo”. Moore continuò comunque ad essere attivo in questa guerra, conducendo in seguito azioni contro le missioni spagnole della Florida.


La missione di San Luis de Apalachee nel XVII secolo

Il governatore Zúñiga venne ricompensato, per la sua vittoriosa difesa, con una speciale onorificenza del re e la promozione al più prestigioso e desiderabile governatorato di Cartagena. Egli elevò una serie di lamentele altamente critiche nei confronti del generale Berroa: il generale aveva fallito nel distruggere la flotta inglese; aveva fallito nella divisione del bottino raccolto dalle navi inglesi che gli stessi Britannici avevano incendiato; aveva rifiutato di lasciare almeno parte della sua flotta in assistenza nella difesa della città; e aveva fatto sbarcare in aiuto solo le truppe più deboli e meno operative per evitare il combattimento. Il generale era anche salpato per l’Avana l’8 gennaio, nemmeno una settimana dopo che l’assedio era stato respinto.

Il Massacro Apalachee – scenario Carolina e Florida

Si intende con Massacro Apalachee una serie di incursioni condotte a partire dal 1704 dai coloni inglesi provenienti dalla provincia della Carolina e Indiani loro alleati contro le popolazioni in maggioranza pacifiche degli Apalachee della Florida spagnola settentrionale.
A quel tempo la popolazione spagnola della Florida era chiaramente minoritaria se confrontata con quella delle vicine colonie inglesi. Fin dalla fondazione della colonia, nel 16° secolo, gli Spagnoli avevano costituito una rete di missioni il cui scopo primario era quello di pacificale le popolazioni locali indiane e convertirle al cattolicesimo romano. Nella provincia Apalachee (che approssimativamente corrispondeva alle odierne Florida occidentale e Georgia del sud ovest) c’erano 14 comunità missionarie, che nel 1680 avevano una popolazione totale di circa 8.000 persone. Molte, ma non tutte, di queste comunità, erano abitate dagli Apalachee; altre ospitavano genti di altre tribù che erano migrate in quell’area provenienti da nord. All’inizio del 18° secolo la provincia Apalachee era divenuta la principale fonte di rifornimenti alimentari per le importanti città di St. Augustine e Pensacola, che erano situate in zone non molto adatte per l’agricoltura. I popoli nativi della Florida non erano del tutto soddisfatti del dominio spagnolo: c’erano state diverse sollevazioni contro gli Spagnoli nel 17° secolo. Gli Indiani erano spesso costretti a fare lavori per le guarnigioni militari spagnole e per i possidenti delle piantagioni, compresa la fatica del trasporto dei beni a St. Augustine, distante circa 160 km. Questa politica e i maltrattamenti da parte dei prepotenti signorotti spagnoli, fecero sì che diversi Apalachee si rifugiassero presso gli Inglesi della Carolina. Inoltre la politica spagnola proibiva agli Indiani il possesso di moschetti, cosa che li rendeva dipendenti dagli Spagnoli nella difesa contro i Creek, armati dagli Inglesi.


Le tribù di Georgia del sud e Florida del nord

Nel settembre 1702 era arrivata in Carolina la notizia che la Guerra di Successione Spagnola (nota in Nord America Queen Anne’s War) si era allargata fino ad includere l’Inghilerra. Subito il governatore Moore aveva convinto l’Assemblea provinciale a finanziare una spedizione contro St. Augustine. La spedizione era fallita e vi erano stati disordini a Charles Town, città che aveva sostenuto le maggiori spese militari. Un risultato significativo dell’incursione contro St. Augustine fu la distruzione delle città missionarie costiere spagnole nella provincia Guale (oggigiorno la costa della Georgia). Dopo l’episodio dell’assedio, il governatore della Florida José de Zúñiga y la Cerda aveva ordinato che le missioni spagnole restanti nelle province Apalachee e Timucua si spostassero in modo da essere più vicine le une alle altre per scopi difensivi. Le missioni della provincia di Mocama furono attestate a sud del fiume St. Johns e quelle di Timucua a San Francisco de Potamo. All’inizio del 1703 i Creek attaccarono San Josè de Ocuya e San Francisco de Potano, assalendo anche Patali e Piritiba; è possibile che alla fine di queste incursioni fossero fatti schiavi un numero di circa 500 Indiani.

Ayubale

Nel 1703 l’ex governatore Moore presentò all’assemblea della Carolina e al suo sostituto, Nathaniel Johnson, un piano riguardante una spedizione contro le città spagnole nella provincia Apalachee. Aveva promesso che, contrariamente a quanto avvenuto con la spedizione contro St. Augustine, la colonia non avrebbe avuto nulla pagare, in quanto contava di coprire i costi con la cattura di prigionieri e bottino. Il 7 settembre 1703 l’assemblea della Carolina approvò il piano, chiedendo a Moore di partire “con l’assistenza dei Cowetaws e di altri Indiani alleati per attaccare gli Apalachee.” Dopo aver reclutato 50 coloni, seguì il corso superiore del fiume Ocmulgee, dove reclutò 1.000 guerrieri Creek, che si unirono alla spedizione per combattere i loro tradizionali nemici.


Interno di abitazione Apalachee

Il 25 gennaio 1704, la spedizione di Moore giunse ad Ayubale, una della più grandi missioni della provincia Apalachee. Mentre la maggior parte dei guerrieri Creek invadeva i villaggi circostanti, Moore, con la maggior parte dei coloni e 15 Creek entrò in Ayubale verso le 7 del mattino. L’unica resistenza fu organizzata da padre Angel Miranda, che si ritirò in un recinto della chiesa della città, circondato da un muro di fango. Con 26 uomini, egli tenne a bada gli Inglesi con successo per nove ore, e si arrese con i suoi uomini e 58 fra donne e bambini solo dopo che avevano scoccato tutte le loro frecce. Secondo un rapporto spagnolo, Miranda si consegnò con i suoi seguaci alla mercé di Moore e, sempre secondo questa fonte, venne poi massacrato a sangue freddo dagli alleati indiani di Moore, mentre alcuni dei suoi furono torturati e uccisi.
La notizia dell’attacco arrivò a San Luis de Apalachee, otto leghe (circa 39 km) a sud di Ayubale, dove il capitano Juan Ruíz de Mexía radunò 400 guerrieri Apalachee e 30 cavalieri spagnoli. Questa armata intercettò quella di Moore ancora ad Ayubale e venne seccamente sconfitta. Più di 200 Apalachee furono uccisi o catturati, gli Spagnoli ebbero tre morti e otto furono presi prigionieri; fra questi lo stesso Mexìa. Vi è la prova che in questo scontro almeno 50 Apalachee si erano uniti agli Inglesi contro le forze guidate dagli Spagnoli. Moore accarezzò l’idea di affettuare un attacco contro il forte di San Luis, ma le sue truppe avevano riportato un significativo numero di feriti, così optò invece per un tentativo di estorsione: qualcuno dei prigionieri spagnoli era riuscito a fuggire, così Moore rilasciò Miranda, Mexìa e altri perché si recassero a San Luis, con la speranza che il comandante della locale guarnigione avrebbe pagato per loro un riscatto. Ma questa proposta ottenne un netto rifiuto.

Ulteriori incursioni in Apalachee

A seguito della battaglia di Ayubale, Moore continuò la sua marcia attraverso la provincia Apalachee. Un villaggio, San Lorenzo de Ivitachuco, scampò alla distruzione quando il suo capo consegnò tutti gli ornamenti preziosi della chiesa e un carico di provviste. Moore si spostava lentamente, perché sembrava che molti degli Apalachee volessero passare dalla parte degli Inglesi. Ed infatti risulta che la maggior parte della popolazione di sette villaggi si unì volontariamente alla loro marcia.


Indiani Apalachee

Nel rapporto fatto da Moore sulla spedizione, egli dichiarò di aver ucciso più di 1.100 uomini, donne e bambini, di averne mandato in esilio 300 e di aver fatto schiave più di 4.300 persone, per lo più donne e bambini. Le sole missioni importanti che sopravvissero in Apalachee furono San Luis e San Lorenzo de Ivitachuco. Dapprima gli Spagnoli cercarono di fortificare queste posizioni, ma ben presto esse vennero giudicate indifendibili e abbandonate. Gli scampati vennero radunati ad Abosaya, ad est di San Francisco de Potano. James Moore non identificò i posti che i suoi armati avevano distrutto. Lo storico Mark Boyd ha analizzato fonti inglesi e spagnole documentando le missioni e gli effetti dell’incursione di Moore. Secondo la sua analisi, le missioni che più probabilmente furono distrutte sono solo le seguenti: La Concepción de Ayubale; San Francisco de Oconi; San Antonio de Bacqua; San Martín de Tomole; Santa Cruz y San Pedro de Alcántara de Ychuntafun.
Le autorità spagnole di St. Augustine e Pensacola mobilitarono le loro scarse forze, ma non ritornarono ad Ayubale finché le truppe di Moore non ebbero definitivamente abbandonato la zona. Quindi arsero i corpi dei cristiani uccisi, molti dei quali, come venne riferito, riportavano evidenti segni di torture.
Nonostante le perdite, le missioni non vennero subito né abbandonate né rinforzate, almeno finché non si verificarono ulteriori incursioni, dopo le quali i demoralizzati Apalachee sopravvissuti insistettero per ritirarsi a Pensacola o passare direttamente sotto gli Inglesi.
Nel prosieguo delle incursioni di Moore, ne fu interessata anche la Florida del nord, ad opera principalmente dei Creek. Nell’agosto 1704 i Creek distrussero la missione degli Yustagan, detta di San Pedro e San Mateo; un anno dopo attaccarono gli Apalachee di Abosaya. Ulteriori attacchi successivi spinsero i sopravvissuti a rifugiarsi a St. Augustine. Nella primavera del 1706 gli assalitori assediarono San Francisco de Potano e attaccarono la fattoria di La Chua, vicino ad Abosaya; entrambi questi siti furono abbandonati e la regione di Timucua rimase virtualmente spopolata dal maggio 1706. Secondo lo studioso Apalachee John Hann, tra le incursioni di Moore e queste ultime 2.000 Indiani furono esiliati e un numero imprecisato di loro venne avviato alla schiavitù. Il governatore francese di Mobile, Jean-Baptiste Le Moyne de Bienville, scrive che queste invasioni della regione della Florida causarono l’uccisione di 2.000 Apalachee e la cattura di 32 Spagnoli, 17 dei quali furono bruciati vivi. Alla fine del 1706 la presenza spagnola in Florida era ridotta alle sole St. Augustine e Pensacola.


Distruzione di una missione spagnola

Il rapporto di Moore riferisce: “Tutto questo io ho fatto con la perdita di 4 bianchi e 15 indiani e senza caricare un penny sul bilancio pubblico. Prima della spedizione, noi temevamo maggiormente che gli Spagnoli di Apalachee e i loro Indiani in congiunzione con i Francesi del Mississippi e i loro Indiani ci facessero guerra sulla terraferma, di ogni forza nemica sul mare. La nostra azione li ha completamente scoraggiati dall’effettuare qualunque tentativo contro di noi per via di terra.”
Molti sopravvissuti fuggirono a ovest e si stabilirono presso l’avamposto coloniale francese di Mobile (circa 600, scrive Bienville), mentre altri si rifugiarono a St. Augustine e Pensacola. Gli Apalachee catturati da Moore vennero insediati lungo il fiume Savannah o presso i Creek sul fiume Ocmulgee. I profughi Apalachee che si erano insediati in queste zone furono soggetti a frequenti incursioni degli schiavisti; in alcuni casi gli Indiani presi come schiavi vennero liberati dopo proteste effettuate presso le autorità della Carolina.

Prima Campagna del Nord Est – scenario Acadia e New England

All’inizio del XVIII secolo la zona di confine tra Acadia e New England era rimasta in contestazione, in quanto le battaglie tra Francesi e Inglesi (ed i loro rispettivi alleati Nativi) durante la King William’s War degli ultimi anni del ‘600 non erano riuscite a risolvere le dispute territoriali. La Nuova Francia considerava il confine occidentale dell’Acadia coincidente con il fiume Kennebec, in quello che è oggi il Maine meridionale, mentre la Provincia di Massachusetts Bay reclamava formalmente anche tutto il territorio compreso tra i fiumi Piscataqua e St. Croix, e cioè tutto l’attuale Maine. Dal 1670 in poi gli Inglesi avevano stabilito insediamenti tra il fiume Kennebec e la Penobscot Bay, in contrasto con le rivendicazioni dei Francesi e degli Abenaki sulla stessa area.
I Francesi avevano insediato missioni cattoliche a Norridgewock e Penobscot, in prossimità dell’odierna Castine (Maine). Tutti questi siti erano stati usati come basi oer attacchi contro i coloni inglesi nel corso della King William’s War. Le aree di frontiera comprese tra il fiume San Lorenzo e gli importanti insediamenti costieri del Massachusetts e di New York erano ancora dominate dagli Indiani (in primo luogo Abenaki e Irochesi) e anche il corridoio fiume Hudson – Lago Champlain era stato usato per spedizioni ed incursioni nei primi anni di quel conflitto. Sebbene la minaccia costituita dagli Indiani fosse alquanto diminuita a causa della diminuzione della popolazione per le malattie e per l’ultima guerra, essa era pur sempre temibile nei confronti degli insediamenti periferici. Benché la guerra tra Francia e Inghilerra fosse scoppiata nel 1702, le frontiere di Nuova Francia e New England rimasero in pace fino al mese di dicembre di quell’anno, quando il governatore generale Louis-Hector de Callière autorizzò gli Abenaki a riaprire la guerra di confine. In aggiunta a tutto il bottino raccolto nelle spedizioni contro le colonie inglesi, Callière promise ulteriori regali.
Callière morì nel maggio 1703 e venne rimpiazzato da Philippe de Rigaud Vaudreuil, che fu molto attivo nel promuovere incursioni come mezzo per mantenere l’influenza francese nei confronti degli Abenaki. Vaudreuil diede ad Alexandre Leneuf de La Vallière de Beaubassin, un ufficiale la cui seigneury di famiglia era stata devastata nel 1696 da un’incursione condotta da forze del New England, il comando di un piccolo contingente e istruzioni per organizzare incursioni contro gli insediamenti inglesi. Il governatore della Massachusetts Bay, Joseph Dudley, non pensava che gli Abenaki sarebbero scesi in guerra. Nel giugno 1703 i giornali di Boston riferivano che gli Abenaki erano “per due terzi per la pace e per un terzo per la guerra” e che Dudley non era riuscito a convincerli ad entrare nel conflitto dalla parte degli Inglesi. Il capo Abenaki Moxus tentò di mettere in guardia Dudley delle intenzioni aggressive di Vaudreuil, ma Dudley non tenne in nessun conto questi avvertimenti. Gli uomini sotto il comando di Beaubassin ammontavano a 500 circa ed includevano un piccolo contingente di forze francesi. Gli altri erano Mi’kmaq (provenienti dall’attuale Nuova Scozia e New Brunswick) e un gruppo di Kennebec di Norridgewock, sotto il comando di Padre Sebastian Rale. Rigaud de Vaudreuil disse più tardi che gli Abenaki furono aggiunti alla sprdizione dopo che Padre Rale gli aveva assicurato che gli Indiani sarebbero stati “pronti a prendere l’ascia contro gli Inglesi non appena lui (Vadureuil) avesse dato l’ordine.” Beaubassin divise le sue forze in sei gruppi. Il 10 agosto 1703 essi attaccarono simultaneamente gli insediamenti di Wells, Cape Porpoise, Saco, Scarborough, Spurwink – Purpooduck (oggi Cape Elizabeth) e Casco (oggi Portland).

Wells, Cape Porpoise e Saco

A Wells gli uomini di Beaubassin uccisero o catturarono 39 persone e ne ferirono molte altre. Un altro gruppo assalì Cape Porpoise, una comunità sperduta, abitata principalmente da indifesi pescatori.


Mappa fluviale del Maine, che evidenzia la grandezza del territorio rivendicato da Nuova Francia e New England

A Saco gli Abenaki uccisero 11 persone e presero 24 prigionieri (Saco venne devastata di nuovo nel 1704 e 1705). La guarnigione del forte di Winter Harbor venne sopraffatta e costretta a subire i termini della capitolazione (Winter Harbor fu colpita ancora due volte, nel 1707 e 1710).

Scarborough

La costruzione del nuovo insediamento di Scarborough era cominciata nel 1702, quando sette coloni erano arrivati da Lynn, Massachusetts; la cittadina aveva preso l’avvio da un forte precedente, situato sulla riva ovest di Prout’s Neck’s Garrison Cove. Il forte era comandato dal capitano John Larrabee.
Quando gli Abenaki giunsero in vista del forte di Scarborough, mandarono avanti un prigioniero con una bandiera bianca, chiedendo la resa. L’ufficiale comandante trattenne l’uomo e resistette vigorosamente all’assedio, finché lui e i suoi uomini, del tutto esausti e sul punto di essere catturati, furono rincuorati dall’arrivo di rinforzi del New England. Allora gli Abenaki cominciarono a scavare sotto il fossato per riuscire ad entrare nel forte dal di sotto. Se non fosse stato per un forte temporale durato due giorni che causò l’erosione dell’argine che nascondeva gli scavatori ai tiratori del forte, i Franco-Indiani avrebbero potuto avere successo nel loro tentativo di catturare il forte e i suoi otto difensori. A questo punto Beaubassin si ritirò in cerca di una più facile preda. Poco tempo dopo, il 10 ottobre, 200 Wabanaki assalirono Black Point, a nord di Falmouth, e uccisero o catturarono 19 coloni che erano nei campi. Subito dopo i Nativi attaccarono il forte, che aveva una guarnigione di otto uomini sotto il comando del tenente Wyatt. Dopo una tenace resistenza, gli Inglesi si rifugiarono su un battello e fuggirono attraverso il porto. I Wabanaki allora incendiarono il forte.

Casco (Falmouth), Spurwink e Purpooduck

I Wabanaki fecero i maggiori danni a Spurwink e Purpooduck (Cape Elizabeth). A Spurwink, abitata per lo più dalle famiglie dei Jordans, gli Indiani uccisero o catturarono 22 persone. A Purpooduck, dove c’erano nove famiglie insediate nella zona di Spring Point, ne uccisero 25, portando via otto prigionieri.
La guarnigione di 36 uomini di Casco (Falmouth) era comandata dal maggiore John March. Il forte era il più poderoso della costa del nord est. Il 10 agosto 1703, sotto la guida di Moxus, Wanongonet e Escumbuit, i Wabanaki comparvero alla vista, disarmati, e inviarono a March un messaggio, sotto la bandiera di tregua, asserendo di avere un’importante comunicazione da fare. Pensando di non correre alcun pericolo immediato, March si presentò scortato solo da due o tre uomini. I Wabanaki gli tesero un’imboscata e spararono a uno dei suoi attendenti. Una pattuglia di dieci uomini comandata dal sergente Hook si precipitò al salvataggio di Maech e degli altri; nello scontro gli Indiani uccisero due uomini, di nome Phippenny e Kent. I Wabanaki si ritirarono e si appostarono intorno alla penisola per una settimana, tenendo sotto tiro gli edifici. Il resto dell’armata dei Wabanaki arrivò a Casco con 200 canoe per continuare la distruzione del vlllaggio. Si impadronirono di un’imbarcazione e di due scialuppe, oltre a compiere un grande saccheggio. Incoraggiati dal successo, tentarono per due giorni e due notti di indebolire il forte dalla parte del mare, come era stato fatto ai tempi della King William’s War. Il 19 agosto giunse il capitano Cyprian Southack con la nave Province Galley, ponendo fine all’assedio. Gli Indiani continuarono ad aggirarsi nei dintorni di Casco, abbordando una nave di rifornimenti, uccidendo il capitano e tre uomini e ferendone altri due.
Incursioni su York e Berwick
Il 26 settembre il governatore Dudley fece marciare 360 uomini contro il villaggio di Pigwacket, uno dei più importanti dei Wabanaki, ubicato nell’odierna Fryeburg, nel Maine, mentre il maggiore March, al comando di una milizia di 300 uomini del New England, respinse i Wabanaki verso il loro villaggio. Sei Nativi vennero uccisi e sei fatti prigionieri.
Furono queste le prime rappresaglie della guerra da parte del New England.
Nello stesso tempo, sotto la guida del capo Sampson, due gruppi di Wabanaki si portarono a sud di Falmouth, per attaccare York e Berwick. A York uccisero sette componenti della famiglia di Arthur Bragdon, prendendo anche una vedova e sua figlia come prigioniere. Il gruppo che aveva attaccato Berwick tese un’imboscata a un gruppo di cinque coloni del New England, uccidendone uno, ferendone un altro e prendendo tre prigionieri. Quindi attaccò il forte, che era comandato dal capitano Brown. L’assalto venne respinto e i Wabanaki riportarono nove morti e nove feriti. Per vendetta, i Nativi presero un prigioniero, lo legarono al palo e lo bruciarono vivo.

Il massacro di Deerfield – scenario Acadia e New England

L’area del Massachusetts dove sorge Deerfield era in origine abitata dalla nazione Potomtuc, di lingua algonchina. A partire dal 1660, i Potomtuc furono distrutti alla fine del conflitto con l’aggressiva nazione Mohawk. Nel 1665 agli abitanti del villaggio di Dedham, nel Massachusetts occidentale, venne data una concessione in quella zona e costoro acquisirono titoli di proprietà di legalità incerta da alcuni individui Potomtuc. All’inizio degli anni ’70 venne fondato il villaggio di Potomtuc, in seguito chiamato Deerfield.
Situata in una posizione relativamente isolata sul confine della colonia inglese, Deerfield venne coinvolta nell’inevitabile conflitto di frontiera tra gruppi di coloni europei e Nativi americani. L’avamposto coloniale era una tradizionale comunità di economia agricola del New England e la maggior parte dei coloni di Deerfield era composta da giovani famiglie che si erano spostate ad ovest in cerca di terra e non era certo un avamposto di rudi individui di frontiera, e le donne della comunità erano in maggioranza. Anzi, il lavoro delle donne era essenziale per la sopravvivenza dell’insediamento e della sua popolazione maschile.
Nel corso della King William’s War (1688-1697), Deerfield non fu soggetta a grandi attacchi, ma fra i residenti ebbe 32 morti, uccisi in una serie di imboscate ed altri incidenti. Indiani apparentemente amici, riconosciuti come Pocumtuc, attraversavano l’area e qualcuno fra loro dichiarava di aver partecipato ad attacchi contro altre località della frontiera. Gli attacchi contro le comunità di frontiera in quello che è oggi il Maine meridionale, effettuati nel corso della Campagna del Nord Est del 1703, tornarono a mettere in allarme i residenti di Deerfield. E la cittadina fu attaccata in ritorsione delle perdite che Francesi e alleati indiani avevano subito in quella campagna.
La palizzata della cittadina, costruita durante la King William’s War, fu ripristinata e ingrandita. Nell’agosto del 1703 il comandante della locale milizia convocò i suoi uomini dopo aver ricevuto un rapporto su “una spedizione di Francesi e Indiani dal Canada che da un momento all’altro avrebbe effettuato attacchi contro gli abitati posti sulle sponde del fiume Connecticut.” In ogni caso, non successe nulla fino ad ottobre, quando due uomini furono catturati da un pascolo al di fuori della palizzata fortificata. La milizia allora venne mandata ad effettuare servizi di guardia ai confini della città, ma tornò a casa all’avvento dell’inverno, che non era la stagione in cui normalmente c’era uno stato di guerra. Piccole incursioni contro altre comunità convinsero nel febbraio 1704 il governatore Joseph Dudley a mandare 20 uomini come guarnigione a Deerfield.


Deerfield nel 1703

Questi uomini, a malapena addestrati presso comunità delle vicinanze, erano arrivati il giorno 24, accampandosi in una zona ristretta entro la palizzata della città nella notte del 28. In aggiunta a questi uomini, la popolazione della cittadina contava circa 70 uomini in età da poter combattere; il comando di queste forze fu affidato al capitano Jonathan Wells.
La valle del fiume Connecticut era stata identificata come potenziale obiettivo di eventuali incursioni da parte delle autorità della Nuova Francia fin dal 1702. La forze destinate all’attacco avevano cominciato a radunarsi nei pressi di Montreal fin da maggio 1703, come riferito con ragionevole approssimazione da fonti dello spionaggio inglese. Ma avvennero due incidenti che provocarono il ritardo dell’azione. Il primo fu che si era sparsa la voce che navi inglesi si trovavano sul fiume San Lorenzo trasportando un ingente numero di guerrieri indiani verso Quebec. Il secondo fu che il distaccamento di truppe, comprendenti Jean-Baptiste Hertel de Rouville, che avrebbe dovuto guidare l’incursione, era impegnato in operazioni di guerra nel Maine (compresa un’incursione contro Wells, quella che suscitò l’allarme in Deerfield). Hertel de Rouville non ritornò a Montreal fino all’autunno. L’armata radunata a Chambly, appena a sud di Montreal, era composta di 250 persone, dalle provenienze disparate. C’erano 48 Francesi, alcuni dei quali Canadesi e altri reclutati fra le Troupes de la Marine, inclusi quattro fratelli di Hertel de Rouville. Tra i Francesi si contavano diversi uomini con più di 20 anni di esperienza nelle guerre nelle Terre Boscose del Nord Est. Il contingente indiano era composto da 200 Abenaki, Irochesi, Wyandot e Pocumtuc, alcuni dei quali sognavano la vendetta per scontri avvenuti anni prima. Nel gennaio-febbraio 1704, appena la spedizione si mosse verso sud in direzione Deerfield, a questi si unirono anche altri 30-40 guerrieri Pennecook, guidati dal sachem Wattanummon, incrementando il numero degli assalitori fin quasi a 300 al momento in cui venne raggiunta l’area di Deerfield, a fine febbraio. A dir la verità la partenza della spedizione non fu un segreto ben conservato. Nel gennaio 1704 l’agente indiano di New York, Pieter Schuyler, venne allertato dagli Irochesi circa una possibile azione ostile, della qual cosa avvisò il governatore di New York Dudley e quello del Connecticut, Winthrop; ulteriori allarmi giunsero a metà febbraio, sebbene nessuno di questi specificasse l’obiettivo.
Gli attaccanti lasciarono la maggior parte dell’equipaggiamento e dei rifornimenti a 25-30 miglia a nord del villaggio, stabilendo un accampamento a circa due miglia da Deerfiel il 28 febbraio. Da questa posizione vantaggiosa, potevano osservare gli abitanti del villaggio mentre si preparavano per la notte. Poiché i cittadini di Deerfield erano stati avvisati circa la possibilità di un’incursione, si rifugiarono tutti all’interno della palizzata fortificata, con il posizionamento di sentinelle.


Illustrazione di Lele Vianello

Gli assalitori avevano notato che i cumuli di neve erano arrivati all’altezza della palizzata; questo semplificò grandemente la loro penetrazione nelle fortificazioni, poco prima dell’alba del 29 febbraio. Essi si avvicinarono cautamente al villaggio, fermandosi di quando in quando in modo che la sentinella potesse confondere il rumore che facevano con i suoni naturali. Pochi uomini scalarono la palizzata artrampicandosi sui cumuli di neve e aprirono poi la porta nord per fare entrare gli altri. I resoconti presentano difformità sul grado di allerta della sentinella del villaggio; un rapporto asserisce che si era addormentata, mentre un altro racconto sostiene che scaricò in aria il fucile per dare l’allarme quando l’attacco cominciò, ma che non fu udito da molti. Come raccontò più tardi il reverendo John Williams, “con orride grida gli invasori scatenarono l’attacco come un’inondazione contro di noi.”
L’attacco probabilmente non andò esattamente com’era nelle intenzioni degli assalitori. Negli attacchi dell’ultimo decennio del ‘600 contro Schenectady (New York) e Durham (New Hampshire) gli assalitori avevano simultaneamente assalito tutte le case; a Deerfield questo non avvenne. Gli storici Haefeli e Sweeney teorizzano che il fallimento nel lancio di un assalto coordinato fu causato dalla grande differenza nella composizione della forza attaccante.
Gli assalitori sciamarono nel villaggio cominciando ad assaltare abitazioni individuali. La casa del reverendo Williams fu tra le prime ad essere attaccata; la sua vita fu risparmiata quando il suo moschetto fece cilecca, ed egli fu preso rpigioniero. Due dei suoi figli ed una serva furono massacrati; il resto della famiglia ed un altro servitore vennero catturati. Scenari simili si verificarono in molte altre abitazioni. I residenti di casa Benoni Stebbin’s, che non era fra quelle assalite per prime, resistettero agli assalti, che si prolungarono ben oltre il tramonto. Una seconsa abitazione, vicino all’angolo di nord ovest della palizzata, venne pure difesa con successo. Gli invasori si muovevano attraverso il villaggio, trascinando i prigionieri in un’area sita a nord della cittadina, rovistando nelle case in cerca di oggetti di valore e dandone alcune alle fiamme.
Con il progredire del mattino, alcuni fra gli assalitori cominciarono a dirigersi verso nord con i loro prigionieri, ma si fermarono a circa un miglio dalla cittadina per aspettare quelli che ancora stavano razziando il villaggio. Gli uomini di casa Stebbins sostennero la battaglia per due ore; erano sul punto di arrendersi quando arrivarono rinforzi. Appena iniziata l’incursione, il giovane John Sheldon riuscì a fuggire oltre la palizzata e si diresse verso la vicina Hadley per dare l’allarme. Il fuoco e il fumo delle case in fiamme erano stati avvistati e trenta uomini da Hadley e Hatfield si affrettarono verso Deerfield. Il loro arrivo provocò la fuga degli assalitori rimasti in città; alcuni di loro, in preda al panico, abbandonarono le armi e altri beni.
L’improvvisa partenza degli aggressori e l’arrivo dei rinforzi sollevarono lo spirito degli assediati, per cui una ventina di uomini di Deerfield si unirono a quelli di Hadley nella caccia agli assalitori in fuga. Gli Inglesi e i Franco-Indiani ingaggiarono delle schermaglie nei campi a nord della città, di cui gli Inglesi riferirono di “aver ucciso e ferito molti di loro.” Comunque l’inseguimento venne condotto avventatamente e ben presto gli Inglesi caddero in un’imboscata preparata dai nemici che avevano lasciato il villaggio in precedenza. Dei circa 50 uomini partiti all’inseguimento, nove furono uccisi e molti vennero feriti. Dopo l’imboscata gli Inglesi si ritirarono nel villaggio, mentre gli assalitori si diressero a nord con i prigionieri.
Come l’allarme si propagò verso sud, nel villaggio continuarono ad arrivare rinforzi. Entro la mezzanotte erano arrivati 80 uomini da Northampton e Springfield e, prima della fine del giorno dopo, uomini provenienti dal Connecticut avevano portato il numero dei difensori a 250. Dopo aver discusso su quale azione intraprendere, essi decisero che le difficoltà dell’inseguimento non valevano il rischio da correre. Dopo aver lasciato una consistente guarnigione nel villaggio, la maggior parte degli uomini della milizia tornò a casa.
Gli assalitori avevano distrutto 19 delle 41 case del villaggio e saccheggiato quasi tutte le altre.

Dei 291 abitanti di Deerfield presenti la notte dell’attacco, solo 126 erano rimasti in città il giorno dopo. Erano stati uccisi 44 residenti di Deerfield: 10 uomini, 9 donne e 25 bambini; inoltre cinque soldati di guarnigione e sette uomini di Hadley. 15 persone, fra quelle rimaste uccise all’interno del villaggio, morirono per cause legate al fuoco; la maggior parte degli altri furono uccisi da armi da taglio o da punta.
Le vittime dell’incursione furono dovute all’intenzione degli assalitori di terrorizzare il villaggio e di prendere prigionieri di valore da portare nel Canada francese. Una gran parte degli uccisi erano bimbi piccoli che non sarebbero sopravvissuti facilmente nel susseguente viaggio verso il Canada. Furono presi 109 prigionieri, cioè il 40% della popolazione del villaggio. Tra di loro vi erano tre Francesi che si erano stabiliti nella cittadina. Anche gli incursori subirono perdite, sebbene le notizie sul loro ammontare divergano.
Il governatore generale della Nuova Francia, Philippe de Rigaud Vaudreuil, riferì che la spedizione perse solo 11 uomini, con 22 feriti, tra i quali Hertel de Rouville e uno dei suoi fratelli. Il reverendo John Williams, durante la sua prigionia, sentì dire che i franco-indiani avevano perso più di 40 uomini; gli studiosi Haefeli e Sweeney affermano che le cifre più basse fornite dai Francesi siano più credibili, specialmente se comparate con le perdite subite in altre incursioni. La maggior parte delle persone catturate erano donne e bambini che Francesi e Indiani pensavano sarebbero stati più adatti dei maschi adulti a integrarsi con successo nelle comunità native per una nuova vita in Canada.
Per i 109 prigionieri inglesi l’incursione era stata solo il l’inizio dei loro guai. Gli assalitori intendevano portarli nel Canada, con un viaggio di 300 miglia (480 km) nel mezzo dell’inverno. Molti dei prigionieri non erano adeguatamente calzati e vestiti e i loro catturatori erano a corto di provviste. Di conseguenza questi applicarono una pratica comune: uccidevano quei prigionieri quando era chiaro che non avrebbero potuto proseguire.
Williams commentò la selvaggia crudeltà degli Indiani; sebbene la maggioranza delle uccisioni non fosse stata effettuata casualmente o arbitrariamente, per nessuno degli uccisi era stata veramente necessaria la soppressione. Ma la maggior parte di loro erano lenti e deboli, e non avrebbero potuto seguire la spedizione, anzi, probabilmente sarebbero morti ben presto per strada.
Il viaggio di ritorno degli incursori con i prigionieri
Solo 89 prigionieri sopravvissero alla prova.
Le possibilità di sopravvivenza erano collegate con l’età e il genere: il bambini pagarono il prezzo più alto, i ragazzi (tutti e 21 sopravvissero) se la cavarono. Gli uomini adulti sopportarono meglio delle donne, specialmente quelle incinte e quelle con bambini piccoli. Nei primissimi giorni molti prigionieri riuscirono a fuggire.
Hertel de Rouville diede istruzioni al reverendo Williams di informare gli altri che i fuggitivi ripresi sarebbero stati torturati; non vi furono altre fughe, in quanto non si trattava di una minaccia a vuoto: era risaputo che durante altre incursioni ciò si era verificato.
Non erano solo i prigionieri a preoccupare il capo francese della spedizione. Gli Indiani ebbero alcuni dissapori tra loro circa il controllo dei prigionieri, che a volte sembravano sul punto di ribellarsi.
Un consiglio tenuto nel terzo giorno di cammino risolse i disaccordi quel tanto che bastava perché il viaggio potesse continuare.
Secondo il racconto fatto da John Williams sulla sua prigionia, il grosso della spedizione risalì il fiume Connecticut completamente ghiacciato, quindi il fiume Wells e poi il Winoosky fino al lago Champlain. Da qui presero la strada di Chambly, punto nel quale la maggior parte della forza di spedizione si disperse. I prigionieri accompagnarono gli Indiani ai rispettivi villaggi. Eunice, moglie di Williams, debole dopo aver partorito sei settimane prima, fu una dei primi ad essere uccisa durante il viaggio; il suo corpo venne ritrovato e tumulato nel cimitero di Deerfield.
I governatori delle colonie inglesi del nord fecero arruolamenti per condurre un’azione contro le colonie francesi. Il governatore Dudley scrisse che “la distruzione di Quebec e di Port Royal metterà tutte le strutture navali nelle mani di Sua Maestà e metterà fine per sempre alla guerra indiana.” La frontiera fra Deerfield e Wells fu fortificata con la presenza di 2000 uomini e la taglia per gli scalpi indiani venne più che raddoppiata, da 40 a 100 sterline. Dudley organizzò prontamente un’incursione di ritorsione contro l’Acadia. Nell’estate del 1704 le truppe del New England, sotto il comando di Benjamin Church attaccarono i villaggi di Pentagouet (oggi Castine, Maine), Passamaquoddy Bay (oggi St. Stephen, New Brunswick), Grand Pré, Pisiquid e Beubassin. Le istruzioni di Church comprendevano la cattura di prigionieri da scambiare con quelli presi a Deerfield e gli proibivano tassativamente di attaccare la capitale fortificata, Port Royal. Deerfield e altre comunità raccolsero fondi per riscattare i prigionieri. Anche le autorità francesi e i coloni lavorarono per separare i prigionieri dai loro carcerieri indiani. Nel giro di un anno, la maggioranza dei prigionieri era passata in mani francesi, risultato del commercio di esseri umani che a quel era prassi comune nella frontiera per entrambe le parti. I Francesi e gli Indiani convertiti tentarono, con modesti successi, di convertire i loro prigionieri al cattolicesimo romano. Mentre i prigionieri adulti si dimostrarono decisamente resistenti al proselitismo, i bambini erano più ricettivi o accettavano facilmente la conversione sotto costrizione.
Alcuni dei prigionieri più giovani, tuttavia, non vennero riscattati, perché erano stati adottati dalle tribù. Questo fu il caso di Eunice, la figlia del reverendo Williams, che aveva otto anni quando fu catturata. Essa venne completamente assimilata nella sua nuova famiglia Mohawk e sposò un uomo Mohawk all’età di 16 anni. Non rivide la sua famiglia d’origine se non molti anni dopo e sempre ritornò a Kahnawake (territorio degli Irochesi convertiti).
I negoziati per il rilascio e lo scambio dei prigionieri iniziarono alla fine del 1704 e continuarono fino alla fine del 1706, frammischiati ad affari non correlati con la cattura (come la cattura del combattente francese Pierre Maisonnnat, detto “Baptiste”) e addirittura di più alta importanza, inclusa la possibilità di un trattato di più vasto raggio di neutralità fra le colonie francesi e inglesi.
La cattura di Eunice Williams
Con in parte la mediazione dei residenti di Deerfield John Seldon e John Wells, alcuni prigionieri tornarono a Boston nell’agosto 1706. Il governatore Dudley, che aveva bisogno della restituzione dei prigionieri per motivi politici, a quel punto rilasciò i prigionieri francesi, incluso Baptiste; i rimanenti prigionieri inglesi che avevano chiesto di tornare fecero ritorno a Boston nel novembre 1706.
Trentasei prigionieri di Deerfield, che all’epoca dell’incursione erano per lo più bambini e ragazzi, rimasero per sempre con gli Indiani o con i Canadesi. Quelli che rimasero non erano stati costretti con la forza, ma piuttosto dalla nuova formazione religiosa e dai nuovi legami di famiglia. L’esperienza dei prigionieri fu largamente influenzata tanto dal sesso quanto dall’età. Le donne giovani erano assimilate più facilmente e prontamente nelle società native e canadesi. Queste scelte riflettono un modello esteso in tutta la frontiera, per quanto riguarda questo tipo di adozioni. Queste giovani erano rimaste non a causa di costrizioni, o perché affascinate da un’avventura fuori dal loro ambiente, o per la novità di una vita in una società sconosciuta, ma perché erano passate ad una vita consolidata nelle nuove comunità e avevano allacciato legami di famiglia, religione e lingua. Infatti più della metà delle giovani prigioniere che erano restate risiedevano a Montreal, dove la loro vita differiva ben poco da quella che vivevano a Deerfield. Sia nella Nuova Francia che a Deerfield esse facevano parte di comunitò agricole di frontiera, dove aspiravano a sposarsi appena compiuti i vent’anni e ad avere sei o sette figli. Altre donne catturate erano rimaste in comunità native come Kahnawake. Mentre gli uomini europei condannavano la “schiavitù” delle donne indiane, le donne prigioniere dell’epoca sceglievano comunemente di restare in una società nativa piuttosto che tornare agli insediamenti coloniali inglesi.
John Williams scrisse un diario di prigionia, The Redeemed Captive Returning to Zion, sulla sua esperienza, che venne pubblicato nel 1707. Questo diario uscì mentre erano in corso i negoziati per il riscatto e incentivò una maggiore attività nei tentativi di far tornare i prigionieri di Deerfield. Scritto con l’assistenza dell’eminente ministro puritano di Boston, reverendo Cotton Mather, il libro descriveva l’incursione, la prigionia e le relazioni di confine con i Francesi e gli Indiani in termini di intervento della Provvidenza nella storia e degli scopi divini nei confronti dei Puritani. L’opera ebbe vasta circolazione nel 18° e 19° secolo, e continua ad essere pubblicata anche oggi. La circolazione del libro di Williams è una delle ragioni per cui questo raid, al contrario di altri simili di quel tempo, fu ricordato per sempre e divenne un episodio importante nella storia della frontiera americana.
L’opera di Williams trasformò la narrazione della prigionia in una celebrazione dell’eroismo individuale e della superiorità dei valori protestanti contro i selvaggi e i nemici “papisti”.

Incursione contro Grand Pré – scenario Acadia e New England

La portata dell’attacco contro Deerfield spinse i coloni inglesi a cercare vendetta. Il veterano delle guerre indiane Benjamin Church offrì i suoi servizi per una spedizione contro la colonia francese dell’Acadia (approssimativemente le odierne regioni della Nuova Scozia, New Brunswick e Maine orientale). All’epoca l’Acadia era occupata da una serie di inediamenti che si affacciavano sulla Baia di Fundy e su quelle adiacenti. La principale cittadina e capitale, Port Royal, era la sola comunità abbastanza fortificata, difesa da un forte a forma stellare, con una modesta guarnigione. In cima alla baia, sulle rive dei bacini Del Minas e del Cumberland c’era uno dei maggiori siti di produzione alimentare della colonia. Grand Pré era una delle più grandi comunità sul bacino del Minas, con una popolazione di circa 500 persone nel 1701. I coloni francesi della zona, con le loro conoscenze di queste tecniche, avevano collaborato alla costruzione di terrapieni, che usavano per drenare gli acquitrini per l’agricoltura e proteggere quelle terre dalle infiltrazioni di maree di altezza eccezionale (fino a 17 metri dal livello minimo al massimo!), per le quali la Baia di Fundy è famosa. La comunità di Beubassin era la più grande tra i molti villaggi situati sull’Istmo di Chignecto e nei dintorni sulle rive del Bacini di Cumberland.
In precedenza, nel corso della King William’s War, Church aveva già condotto spedizioni contro l’Acadia; il governatore Dudley lo insignì del grado di colonnello per la missione, dandogli ordini specifici di procurare prigionieri acadiani che potessero essere scambiati con i prigionieri inglesi catturati nell’incursione su Deerfield. Inoltre la spedizione doveva avere anche carattere punitivo: “Usare tutti i mezzi possibili per incendiare e distruggere le abitazioni del nemico, rompendo gli argini sui terreni coltivati procurando ogni altro danno che si possa fare contro il nemico.” Tuttavia Dudley negò specificamente a Church il permesso di attaccare Port Royal, la capitale dell’Acadia, adducendo la necessità di ottenere il permesso da Londra prima di compiere un tale passo.

L’armata radunata da Church consisteva di circa 500 volontari provenienti dalle aree costiere del Massachusetts e gruppi di Indiani. Egli lasciò Boston alla fine di maggio del 1704, con 14 navi da trasporto e tre vascelli da guerra della Marina Reale, la HMS Adventure (HMS = Her/His Majesty’s Ship), la HMS Jersey e la HMS Gosport, accompagnate da una nave della provincia del Massachusetts, la Province Galley del capitano Cyprian Southack.
Un indiano Maliseet, catturato in precedenza, chiamato John Gyles, fugeva da interprete.
La spedizione salpò per Mount Desert Island, vicino all’ingresso nella Penobscot Bay. Venne distaccato un gruppo d’attacco per assalire Pentagoet (l’attuale Castine, nel Maine), dove il francese Barone Saint-Castin aveva un posto commerciale fortificato. Saint-Castin era assente in quel momento, ma Church riuscì a catturare sua sorella e i bambini di lei. Lì apprese che un nuovo insediamento francese era stato costruito a Passamaquoddy Bay, così la mossa successiva della spedizione fu di muoversi verso quella destinazione. Church fece sbarcare un piccolo gruppo nei pressi dell’attuale St. Stephen, nel New Brunswick, dove fu distrutta un’abitazione e attaccato un vicino accampamento Maliseet, dove venne ucciso un Indiano. Poi Church distaccò le navi da guerra a bloccare il Digby Gut (uno stretto canale appena sotto Port Royal), nella speranza di catturare una nave di rifornimenti francese, mentre il grosso della spedizione, con Church, salpò in direzione di Grand Pré. Il 24 giugno i capitani delle tre navi inglesi chiesero la resa della guarnigione di Port Royal, minacciando un assalto frontale con 1500 fra “New Englanders” e Indiani. Il governatore Jacques-François de Monbeton de Brouillan, nonostante le scarse difese e una guarnigione di soli 150 uomini abili, capì il “bluff” e rifiutò. Qualche storico ipotizza che il governatore Dudley avesse chiesto direttamente ai tre capitani di provare il “bluff”, senza coinvolgere Church nella cosa.
In un giorno imprecisato fra il 24 giugno e il 3 luglio Church giunse davanti a Grand Pré con la fregata Adventure. Sperando di approfittare dell’elemento sorpresa, Church approdò di nascosto dietro il villaggio, tra i fitti boschi di Boot Island.
Verso sera i suoi uomini calarono le scialuppe, presero terra e cominciarono a muoversi rapidamente verso l’abitato. Church mandò avanti il tenente Giles con la bandiera bianca ed unan nota scritta che richedeva la resa del villaggio senza condizioni. La nota, tra l’altro, diceva: “Noi dichiariamo anche che abbiamo cominciato ad uccidere e scalpare alcuni uomini canadesi, cosa che non avremmo voluto o permesso, e ora stiamo arrivando con un gran numero di Inglesi e di Indiani, tutti volontari, risoluti a sottomettervi e rendervi sensibili delle vostre crudeltà nei nostri confronti, trattandovi alla stessa maniera.” Church concesse agli Acadiani e ai Mi’kmaq un’ora per arrendersi. Benché avesse intenzione di aspettare che l’ora fosse passata prima di raggiungere il villaggio, gli uomini di Church ebbero un ritardo a causa della forte corrente ancora presente a causa della marea in ritiro. “L’acqua formava dei torrenti profondi venti o trenta piedi, che erano fangosi e sporchi, così l’armata non poté attraversarli e fu obbligata a tornare di nuovo sui battelli.” Poiché gli armati di Church erano bloccati nel fango lasciato dal ritrarsi della marea, avevano perso ogni possibilità di sorpresa e gli Acadiani colsero l’opportunità di evacuare Grand Pré con qualche capo di bestiame e i beni che potevano portare con sé. Gli uomini di Church aspettavano nei battelli il crescere della marea. Church si aspettava che i banchi di sabbia formati dalle forti correnti fornissero una qualche copertura, ma quando quella notte si alzò la marea, essa era talmente alta da esporre i battelli al fuoco della milizia francese, che si era radunata fra la vegetazione lungo i banchi. Secondo il rapporto di Church, Acadiani e Mi’kmaq “spararono efficacemente contro di noi”. Sulla sua imbarcazione Church aveva un piccolo cannone, che egli usò per sparare con delle rose di materiali metallici contro gli attaccanti sulla spiaggia. Questi si ritirarono, avendo un Mi’kmaq ucciso e diversi feriti. Le forze di Church si fermarono ad attendere che passasse la notte.
Il mattino dopo, i combattenti Acadiani e Mi’kmaq, che si erano ritirati dal villaggio, nascosti nei boschi aspettavano l’arrivo di Church e dei suoi uomini.
All’inizio del giorno, i “New Englanders” si diressero di nuovo verso il villaggio, con ordine di Church di abbattere ogni resistenza che si fosse opposta.
La maggior parte dei difensori fece fuoco contro il fianco destro degli invasori da dietro alberi e tronchi, ma il loro fuoco fu inefficace e furono respinti. Quindi gli assalitori entrarono nel villaggio e cominciarono il saccheggio. Alcuni degli uomini fecero irruzione negli spacci di liquori che avevano trovato e cominciarono a bere, ma il colonnello Church pose prontamente fine a questa attività. Il resto della giornata fu speso a distruggere la più parte del villaggio. Secondo uno dei rapporti di Church, furono distrutte 60 abitazioni, 6 mulini e molte piantagioni, insieme a circa 70 capi di bestiame.
Ad un certo momento alcuni degli uomini di Church si accorsero che nelle vicinanze c’erano degli Acadiani che spingevano via alcuni capi di bestiame. Church distaccò il tenente Barker con qualche uomo perché li inseguissero, sia pure con cautela. Ma a quanto pare Barker fu avventato nel condurre l’inseguimento, perché lui e uno dei suoi uomini rimasero uccisi prima di poter fare ritorno al villaggio. Quella sera gli assalitori costruirono una fortificazione di tronchi d’albero e diedero fuoco alla chiesa e al resto delle costruzioni. Church riferì che “l’intera città sembrò prendere fuoco contemporamente”. Tutte le abitazioni tranne una furono bruciate. Al mattino del terzo giorno Church diede l’ordine di distruggere le dighe con tutte le coltivazioni circostanti. Vennero distrutti sette argini, la maggior parte del raccolto e oltre 200 barili di grano già mietuto. Per far credere agli Acadiani e ai Mi’kmaq che si stava ritirando, Chuch fece incendiare dai soldati le fortificazioni che avevano costruito il giorno prima. Li fece anche imbarcare, assieme ai battelli da sbarco, sulle navi da trasporto che attendevano in rada. La sera alcuni Acadiani tornarono, e cominciarono immediatamente a rattoppare le dighe sbrecciate. Ma Church se lo aspettava e mandò nuovamente gli uomini in città per scacciare gli Acadiani.
Il giorno dopo Church lasciò Grand Pré per condurre un’icursione contro Pisiguit (l’odierna Windsor – Falmouth, Nuova Scozia, non lontano da Gran Pré), dove prese 45 prigionieri. Quindi salpò per Port Royal per raggiungere la flotta che aveva posto il blocco alla città. Secondo alcuni rapporti francesi, non suffragati da prove, gli assedianti avevano effettuato alcuni sbarchi nelle vicinanze di Port Royal, incendiando qualche casa isolata e prendendo alcuni prigionieri. Il governatore Brouillan organizzò difese che ebbero successo nel prevenire altri sbarchi.


L’incursione su Grand Pré in una stampa famosa

Dopo essersi ricongiunto con le navi da guerra, Church tenne una riunione per discutere se lanciare o no un attacco su larga scala contro Port Royal. L’assemblea decise che la loro forza era “inferiore alla potenza del nemico.” E che “avrebbero potuto abbandonare Port Royal e dirigersi verso altri obiettivi.” Quindi la spedizione navigò risalendo la Baia di Fundy verso Chignecto, dove fu attaccato il villaggio di Beaubassin. Gli abitanti di questa cittadina erano stati avvisati dei preparativi inglesi e, sotto la guida di Padre Claude Trouve, avevano spostato i loro averi e quanto più bestiame possibile da Beaubassin a Chedabucto (oggi Guysborough, Nuova Scozia). Church, dopo alcune schermaglie prive di effetto con i gli abitanti di Chignecto nascosti nei boschi, incendiò le abitazioni del villaggio e i granai, massacrando 100 capi di bestiame, prima di salpare per Boston. Church riferì che sei dei suoi uomini erano stati uccisi ne corso della spedizione. Il racconto dettagliato più importante di questi avvenimenti fu redatto dal colonnello Church nelle sue memorie, pubblicate per la prima volta nel 1716. Ufficiali militari francesi minimizzarono più tardi i danni causati dagli assalitori.
I prigionieri catturati da Church vennero portati a Boston, dove da subito furono liberi di avere libera circolazione per la città. Ma l’assessore competente della municipalità si lamentò e allora gli Acadiani furono confinati a Castle William. Negli anni 1705 e 1706 furono scambiati con prigionieri inglesi catturati nell’incursione su Deerfield, nonostante i negoziati fossero resi più difficili dall’iniziale rifiuto del governatore Dudley di rilasciare il noto combattente francese Pierre Maisonnat, detto Baptiste; alla fine questo personaggio venne scambiato, assieme a Noel Doiron e altri prigionieri, con il reverendo John Williams di Deerfield.
Gli effetti diretti dell’incursione su Grand Pré furono di breve durata. A causa della distruzione del raccolto e delle scorte di grano, nell’inverno la colonia soffrì per la mancanza di farina, sebbene tutto sommato non fu così severa da causare difficoltà eccessive. Grand Pré venne ricostruita, le dighe furono riparate e ci fu un successivo raccolto nel 1706. Tuttavia il ricordo dell’incursione restò vivo nella popolazione. Ancora negli anni ’40 del ‘700 (quando già l’Acadia era diventata inglese col nome di Nuova Scozia) gli abitanti di Grand Pré erano preoccupati per il possibile ritorno di invasori inglesi e si comportavano in maniera molto cauta con le autorità britanniche.


Attività coloniche in Nuova Francia

La decisione di Dudley di negare a Church il permesso di attaccare Port Royal ebbe ripercussioni politiche: i suoi oppositori in Massachusetts lo accusarono di proteggere Port Royal in quando era beneficiario di traffici illeciti con l’Acadia. Queste contestazioni continuarono per diversi anni, finché Dudley arrivò alla decisione di rispondere lanciando un attacco contro Port Royal nel 1707.

Assedio di St. John’s – scenario Acadia e New England

Già prima che scoppiasse la Queen Anne’s War, l’isola di Terranova era un territorio rivendicato sia dalla Francia che dall’Inghilterra. Durante la King William’s War le incursioni francesi, specialmente quella altamente devastante del 1676 condotta da Pierre Le Moyne d’Iberville, avevano completamente distrutto quasi tutti gli insediamenti inglesi, compreso il porto principale, St. John’s, ubicato sul lato orientale della penisola di Avalon. Tuttavia, truppe inglesi guidate da Sir John Gibson and Sir John Morris persuasero i pescatori dispersi a ritornare e a ricostruire i loro siti lungo la penisola. Il Trattato di Ryswick, firmato nel settembre 1697, aveva sancito l’appartenenza di Terranova all’Inghilterra e dell’Acadia alla Francia. I termini del trattato vennero invalidati quando i Francesi ristabilirono la loro capitale in Plaisance, nel lato occidentale della penisola di Avalon. Nel 1702 il capitano inglese John Leake aveva razziato un certo numero di insediamenti francesi a Terranova, ma aveva evitato Plaisance a causa della presenza di navi da guerra francesi nel porto. Nel 1703 Daniel d’Auger de Subercase giunse a Plaisance come nuovo governatore e prese il comando della guarnigione di 150 uomini e di tutte le attrezzature, che erano in cattive condizioni. Dopo aver attaccato Ferryland, egli apprese che gli Inglesi avevano programmato un attacco contro Plaisance e si preparò a resistere all’assalto. Ma questo non avvenne mai, poiché l’ammiraglio John Graydon, con un atteggiamento che in patria fu visto come dimostrazione di codardia, rinunciò all’attacco nonostante avesse dalla sua significativi vantaggi. Di conseguenza Graydon venne sottoposto a corte marziale e rimosso dal servizio a causa del suo comportamento nell’intera campagna, che includeva anche il fallito assedio di Guadeloupe, nelle Antille.
Verso la fine del 1704, Subercase cominciò a pianificare un attacco contro gli insediamenti inglesi. In aggiunta alle sue truppe, mobilitò Canadesi e Abenaki dalla terraferma e quanti coloni possibile per condurre l’offensiva. In tutto i suoi combattenti ammontavano a circa 450 uomini, quando si misero in marcia attraverso la penisola, l’8 gennaio 1705. Le truppe includevano una compagnia di oltre 100 uomini, condotti da Josué Dubois Berthelot de Beaucours e dal capo di guerra Abenaki Escumbuit; entrambi avevano partecipato all’incursione di d’Iberville del 1696 contro i villaggi inglesi. Mentre la maggior parte della compagnia si spostava via terra, un brigantino con alcuni cannoni pesanti venne mandato a circumnavigare la penisola.
St. John’s era sotto il comando del tenente John Moody, che aveva per secondo il tenente Robert Latham, ingegnere militare ed esperto in edilizia. Le principali difese di St. John’s erano Fort William, una fortificazione in pietra sul lato nord del porto, costruita dopo la spedizione francese del 1696, e il South Castle, anch’esso un forte in pietra a sud dello Stretto, all’entrata del porto. Moody aveva messo Latham al comando di South Castle, mentre comandava egli stesso Fort William. La forza difensiva totale ammontava a 50-60 uomini, dei quali una dozzina al comando di Latham.
L’avanzata francese era molto lenta, a causa delle condizioni invernali estreme, sia per il freddo che per la neve. I Francesi dapprima si impossessarono di Bay bulls e Ferryland (piccole comunità costiere a sud di St. John’s) senza trovare opposizione e quindi mossero verso St. John’s, in vista della quale arrivarono il 31 gennaio. Subercase aveva intenzione di sorprendere gli Inglesi, ma l’opportunità andò perduta quando la sua avanguardia venne avvistata dalle sentinelle inglesi (il grosso delle truppe era ritardato dalle avverse condizioni atmosferiche), e fu respinta dal fuoco dei cannoni. A quel punto la maggior parte degli abitanti del villaggio fuggì per rifugiarsi a Fort William e Subercase dovette accontentarsi di occupare la città mentre aspettava l’arrivo del brigantino armato di cannoni pesanti. Prendendo molti prigionieri, rilasciò le donne e i bambini perché raggiungessero il forte, in modo da pesare di più sulle riserve di provviste degli Inglesi. Le donne finirono per fornire un notevole aiuto nella difesa del forte. Dopo circa due settimane di assedio, Subercase tentò di approfittare delle divisioni fra Moody e Latham per abbassare il morale degli Inglesi e possibilmente stipulare una resa negoziata o assumere il controllo della postazione di Latham.


Il porto di St. John’s – sono evidenziati Fort William e il South Castle

Egli mandò lettere ad entrambi, una sua diretta a Moody e una seconda di un prigioniero diretta a Latham. La lettera per Latham asseriva che c’era una trattativa in corso con Moody e agenti di Subercase tentarono di convincere Latham a lasciare la sua postazione per incontrarsi con Moody. Latham rifiutò e quindi il tentativo di Subercase rimase senza effetto.
Dopo 33 giorni, durante i quali l’atteso brigantino, con le sue armi pesanti, non arrivò mai, Subercase, rimasto a corto di munizioni e di provviste, abbandonò l’assedio. Distrusse le abitazioni della città e gli stabilimenti per la pesca, quindi ritornò a Plaisance, portando con sé 200 civili prigionieri. Subercase lasciò nella penisola Montigny con 70 uomini, che continuarono a fare incursioni contro gli insediamenti inglesi per tutto il resto dell’inverno.
La spedizione francese aveva catturato in totale 1.200 prigionieri, la maggior parte dei quali venne rilasciata a causa della mancanza di provviste; aveva distrutto 40 cannoni, 2.000 battelli da pesca e 200 carri, ma aveva fallito nell’eliminazione della fortezza. John Moody tornò in Inghilterra alla fine del 1705 e venne ricompensato con la nomina a tenente nelle Coldstream Guards, un reggimento di prestigio dell’esercito britannico. Ebbe contrasti con Latham, accusandolo di irregolarità nell’amministrazione dei lavori di fortificazione di South Castle, oltre che di incapacità nel comando, e le sue lamentele portarono al richiamo di Latham in patria.
Subercase continuò lo sviluppo della colonia francese, che rifiorì nonostante la guerra. Per le sue azioni fu ricompensato con l’Ordine di Saint Louis e il governatorato dell’Acadia. Qui sovrintese alla fortificazione di Port Royal. Philippe Pastour de Costebelle, successore di Subercase a Plaisance, negoziò uno scambio di prigionieri provenienti da St. John’s.

La spedizione di Charles Town – scenario Carolina e Florida

Dopo i devastanti attacchi condotti dagli Anglosassoni e dai Creek contro i villaggi ispano-indiani del nord della Florida, le autorità francesi del piccolo centro di Mobile, sulla costa del Golfo del Messico, si posero in allarme poiché, vista l’alleanza franco-spagnola, anche il loro territorio poteva essere obiettivo di attacchi. L’idea di una spedizione congiunta franco-spagnola si manifestò dapprima nel 1704, quando il governatore della Florida, Josè de Zuñiga y la Cerda, discusse la cosa con un capitano navale francese, come un mezzo di rivincita per le incursioni dalla Carolina; in ogni caso, da questa discussione non sortì nessuna azione concreta. Pierre Le Moyne d’Iberville, fondatore di Mobile e militare d’esperienza che in precedenza aveva condotto attacchi contro gli insediamenti coloniali inglesi durante la Guerra dei Nove Anni (King William’s War), nel 1703 aveva sviluppato un piano grandioso per assaltare la Carolina. Usando al minimo le risorse militari francesi, d’Iberville pensava di congiungere una piccola flotta francese con una più grande flotta spagnola a l’Avana; questa armata si sarebbe diretta verso la capitale della Carolina, allora chiamata Charles Town. La spedizione sarebbe stata finanziata tenendo in ostaggio altre comunità coloniali inglesi, dopo aver distrutto Charles Town. Fu solo nel 1705 che d’Iberville si assicurò il permesso di re Luigi XIV per la spedizione. Il re fornì navi e truppe, ma richiese che d’Iberville sostenesse gli ulteriori costi dell’impresa.
Nel gennaio del 1706 due piccole flotte, una comandata da d’Iberville, comandante in capo della spedizione, lasciarono la Francia; consistevano di 12 navi e portavano 600 uomini di truppa. Esse dapprima navigarono verso le Indie Occidentali, dove nell’isola di Martinica furono reclutate altre truppe, poi saccheggiarono il villaggio di Nevis, che era in mano inglese. Qui d’Iberville lasciò un piccolo presidio di uomini, salpando poi per l’Avana.
A l’Avana d’Iberville cercò di coinvolgere le autorità spagnole nel sostegno alla spedizione, con successo limitato, in parte a causa di una furiosa epidemia di febbre gialla. Oltre alla decimazione delle truppe della spedizione, il 6 luglio il governatore spagnolo Pedro Alvarez de Villarin morì per la malattia e l’8 luglio soccombette lo stesso d’Iberville. Prima di morire, d’Iberville consegnò il comando al capitano Jacques Lefebvre.


Indiani Tequesta

Lefebvre salpò da l’Avana con cinque navi, 300 soldati francesi comandati dal generale Arbousset e 200 volontari spagnoli sotto il comando del generale Esteban de Berroa. La flotta approdò a St. Augustine, dove il governatore Francisco de Córcoles y Martínez fornì sei navi, 30 uomini di fanteria e circa 50 “Indiani cristiani” delle tribù Timucua, Apalachee e Tequassa (o Tequesta). Il 31 agosto la flotta francese salpò da St. Augustine. Durante la traversata venne intercettata una nave e la Brillant si pose all’inseguimento; di conseguenza rimase separata dal resto della flotta. L’imbarcazione era stata inviata dal governatore della Carolina, Nathaniel Johnson, per intercettare le navi spagnole da rifornimento; il suo capitano fece precipitosamente ritorno a Charles Town recandola notizia di movimenti della flotta franco-spagnola. La città e la campagna, anch’esse sotto la devastazione dell’epidemia di febbre gialla, mobilitarono la milizia in risposta alla chiamata del governatore Johnson. Non si conosce l’esatto numero degli uomini di truppa raccolti; su una popolazione di 4000 uomini non schiavi, si stima che 900 facessero parte della milizia coloniale. Prevedendo che un tentativo di sbarco sarebbe stato effettuato a James Island, che guardava l’approdo meridionale del porto, Johnson appostò là la milizia, sotto il comando del tenente colonnello William Rhett. La parte nord di James Island venne fortificata costruendo Fort Johnson, equipaggiato con pochi cannoni la cui portata era inadeguata per prevenire l’ingresso delle navi in porto. La milizia improvvisò anche una piccola flottiglia, che includeva anche una fire ship (piccola imbarcazione riempita di materiale combustibile che, incendiata, veniva spinta contro le navi nemiche).
La flotta arrivò fuori delle diga del porto il 4 settembre (questa data è ricordata nei documenti inglesi contemporanei come 24 agosto, a causa della differenza tra il calendario giuliano, allora in uso nelle colonie inglesi, e il moderno calendario gregoriano). Nonostante l’assenza della Brillant, che trasportava il grosso della forza francese, compresi (racconta un rapporto francese) “cannoni da campagna, pale, vanghe, proiettili e il comandante di terra (il generale Arbousset)”, il capitano Lefebvre entrò nel porto con la sua flotta il 7 settembre e il giorno dopo consegnò un ultimatum. Egli richiese un riscatto di 50.000 pesos spagnoli, minacciando di distruggere Charles Town in caso di mancato pagamento. Il governatore Johnson respinse in modo sprezzante la richiesta come spregevole, dichiarando che la città aveva un valore di 40 milioni di pesos e che “era costata molto sangue, per cui lasciateli venire”. Il 9 settembre gli invasori sbarcarono in due gruppi separati. Il più grande, circa 160 uomini, saccheggiò alcune piantagioni alla foce del Charleston, ma venne richiamato quando Johnson gli mandò contro la milizia sopra alcuni battelli. Un secondo gruppo, più piccolo, sbarcò a James Island, ma venne respinto dalla minaccia della reazione degli Inglesi. A tarda notte Johnson ricevette notizia che il gruppo alla foce era ancora attivo e mandò il tenente colonnello Rhett con 100 uomini in esplorazione. Allo spuntare del sole del giorno 10, questi sorpresero gli invasori. Dopo una breve schermaglia, gli assalitori si diedero alla fuga, ma circa 60 furono catturati e 12 uccisi, a quanto pare da uno solo dei difensori della città. L’11 settembre il tenente colonnello Rhett uscì con la flottiglia coloniale per cercare gli assalitori, solo per scoprire che essi si erano dileguati. Il giorno dopo apparve la Brillant, ignara di ciò che era accaduto. Il suo capitano aveva mal calcolato la distanza da St. Augustine e si era ritrovato molto a nord, prima di tornare indietro. Il generale Arbousset sbarcò le sue truppe ad est di Charles Town ma la Brillant fu catturata dalla flotta coloniale; Arbousset e i suoi uomini si arresero dopo aver perso dai 14 ai 30 uomini (a seconda delle versioni) dopo una breve battaglia con la milizia inglese. Fra i prigionieri vi erano dai 90 ai 100 Indiani, che in maggioranza vennero venduti come schiavi.
Le autorità della Carolina proclamarono il 17 ottobre “Giorno del Ringraziamento”, per ricordare il successo della loro difesa. Il gran numero di prigionieri, invece, causò loro qualche problema. Ne mandarono in Virginia circa un terzo, aspettando sinché sarebbero stati trasportati in Inghilterra. Tuttavia, quando i prigionieri arrivarono in Virginia, la flotta mercantile che annualmente salpava per la Gran Bretagna era già partita.


Una mappa dell’assedio di Charles Town

Le autorità della Virginia erano scontente di dovere ora mantenere i prigionieri, che invece sarebbero stati liberi di andarsene con la nave che li aveva trasportati in Virginia, se non fosse andata via subito.
In risposta alla spedizione franco-spagnola, la Carolina condusse spedizioni punitive, ad opera dei Nativi alleati, che assediarono Pensacola, uno dei pochi avamposti spagnoli rimasti in Florida. Gli Indiani venero anche mobilitati per attaccare Mobile. Ma tutti questi tentativi furono frustrati dall’attività diplomatica francese fra le comunità native ed anche da false voci di un’altra spedizione franco-spagnola.

1° assedio di Port Royal – scenario Acadia e New England

Port Royal fu la capitale della colonia francese di Acadia fin da quando i Francesi si stabilirono nella zona a partire dal 1604. Di conseguenza la città divenne un punto focale nel conflitto fra coloni inglesi e francesi nel secolo seguente. Nel 1613 fu distrutta da un’incursione inglese condotta da Samuel Argall, ma venne subito ricostruita. Nel 1690 cadde nelle mani delle forze d’invasione della Provincia di Massachusetts Bay, sebbene ppoi fosse restituita alla Francia col Trattato di Ryswick. Quando nel 1706 Daniel d’Auger de Subercase divenne governatore d’Acadia, egli andò all’offensiva, incoraggiando le incursioni indiane contro obiettivi inglesi nel New England. Incoraggiò anche attacchi dei coloni di Port Royal contro il naviglio delle colonie britanniche. Le milizie furono molto efficaci: la flotta da pesca inglese sui Grandi Banchi fu ridotta dell’80% tra il 1702 e il 1707 e alcune comunità costiere inglesi subirono incursioni.
I mercanti inglesi di Boston avevano sempre commerciato con Port Royal e alcune di queste attività erano continuate fino allo scoppio della guerra. Qualcuno di loro, come Samuel Vetch, era consociato strettamente con il governatore di Massachusetts Bay, Joseph Dudley, e nel 1706 nel consiglio coloniale era cresciuta la tensione per la questione francese. Vetch scelse di affrontare il problema di queste proteste recandosi a Londra per fare pressioni a favore di una spedizione militare contro la Nuova Francia, mentre Dudley, che in precedenza aveva rivolto analoga richiesta senza avere risposta, decise di dimostrare il suo sentimento anti francese organizzando una spedizione contro Port Royal, avvalendosi per lo più di risorse coloniali. Nel marzo 1707 ripropose un’idea, che aveva sviluppato fin dal 1702 e che coinvolgeva la milizia provinciale, per l’organizzazione di una spedizione supportata da truppe della Royal Navy, dove disponibili in loco. La sua proposta venne approvata nell’assemblea del 21 marzo. L’opinione popolare della colonia era divisa sulla necessità della spedizione: alcuni ministri religiosi si spesero in suo favore durante le funzioni, mentre Cotton Mather, famoso pastore puritano, affermava: “Prego Dio perché non porti il suo popolo a questo.”
Il Massachusetts raccolse due reggimenti, per un totale di circa 1000 uomini; il New Hampshire fornì 60 uomini, il Rhode Island 80 e venne anche reclutata una compagnia di Indiani da Cape Cod. In Massachusetts il reclutamento fu difficoltoso a causa della mancanza di entusiasmo per l’impresa e le autorità furono costrette agli arruolamenti per riempire i ranghi. Anche al Connecticut venne richiesto di contribuire alla spedizione, ma la richiesta fu respinta: era stata troppa l’insoddisfazione per la restituzione di Port Royal alla Nuova Francia dopo la sua conquista del 1690. Le truppe, che erano state poste sotto il comando del colonnello del Massachusetts John March, ammontavano a un totale di 1150 soldati e 450 marinai; vennero imbarcate su una flotta di 24 navi, compresi i 50 fucilieri del capitano Charles Stuckley e i 24 coloniali imbarcati sulla Province Galley di Cyprian Southack.
Il 6 giugno la flotta inglese arrivò all’imbocco del canale del porto di Port Royal e il giorno dopo sbarcarono le truppe. La forza difensiva del governatore francese Subercase consisteva al momento di 100 soldati delle Troupes de la Marine che erano stati fortunosamente incrementati dal recente arrivo di altri 60 uomini, che erano destinati all’imbarco su una fregata di recente costruzione. Qualche ora prima dell’arrivo degli Inglesi erano anche giunti circa 100 Indiani Abenaki, condotti dal giovane Bernard-Anselme d’Abbadie de Saint-Castin. Non appena il naviglio inglese venne avvistato, Subercase convocò anche la locale milizia, che consisteva di una sessantina di uomini. Il colonnello March sbarcò a nord del forte con circa 700 uomini, mentre da sud ne avanzavano altri 300 sotto il comando del colonnello Samuel Appleton, con l’obiettivo di stabilire una linea s’assedio tutto intorno al forte.
Entrambi i gruppi erano sbarcati troppo lontano dalla fortificazione e occorse tutto il resto della giornata per avvicinarsi. Il mattino del giorno 8, Subercase mandò verso sud un piccolo gruppo, che venne respinto verso il forte dagli uomini di Appleton. Lo stesso Subercase condusse un contingente più grande a nord, dove tese un’imboscata lungo un fiume che la forza di March doveva attraversare. Dopo un’aspra battaglia, nella quale il cavallo di Subercase venne colpito sotto di lui, i difensori furono respinti verso il forte.
Joseph Dudley
Gli Anglosassoni stabilirono un accampamento a circa 2,5 km dal forte. Subercase inviò fuori del forte gruppi armati per disturbare le pattuglie che dovevano approvigionare gli Inglesi, facendo spargere la voce che truppe di rinforzo della milizia erano in viaggio dal nord dell’Acadia. Gli Inglesi riuscirono a portare le loro linee più vicino al forte, ma il loro tecnico del genio militare, colonnello John Redknap, non credeva che i pesanti cannoni della spedizione sarebbero potuti sbarcare felicemente, perché “essi devono transitare sotto la zona controllata dal forte.” Ciò condusse a disaccordi tra March, Redknap e Stuckley, che determinarono la fine della spedizione.
Il 16 giugno, dopo un assalto finale che i rapporti francesi descrivono come un tentativo fallito di prendere il forte, mentre quelli inglesi dicono che fosse solamente un’azione per distruggere alcuni edifici fuori dal forte, la spedizione si reimbarcò sulle navi e salpò il 17. March fece dirigere la flotta in navigazione verso Casco Bay (oggi nei pressi di Portland, Maine).
Dalla Casco Bay il colonnello Church inviò a Boston una lettera, nella quale scaricava la responsabilità del fallimento della spedizione su Stuckley e Redknap. La notizia del fallimento aveva preceduto i suoi messaggeri, che al loro arrico furono accolti dalla derisione di una folla di donne e bambini. Il colonnello Redknap, che era uno dei messaggeri, riuscì a convincere il governatore Dudley di aver agito in conformità ai suoi ordini, tanto che la vergogna del fallimento dell’impresa venne poi generalmente attribuita a March. Dudley emanò ordini per March, secondo i quali la flotta doveva restare in attesa, con tutti gli uomini a bordo, con pena di morte per i disobbedienti, finché il consiglio non avesse stabilito il prossimo passo. Dudley inviò subito rinforzi ed istituì una commissione di tre uomini (composta da due colonnelli della milizia e da John Leverett, un avvocato senza esperienza militare) per sovraintendere la cosa, e poi ordinò che la spedizione effettuasse un secondo attacco. A dispetto degli ordini, la diserzione nella flotta raggiunse livelli elevati e, quando la flotta salpò per Port Royal nel tardo mese di agosto, la forza numerica era ridotta di circa 850 uomini. Il colonnello March rinunciò al comando e venne rimpiazzato dal colonnello Francis Wainwright.
Il governatore Subercase fu avvisato del secondo tentativo inglese ed eresse ulteriori difese per impedire l’approdo degli attaccanti. Ricevette anche rinforzi per l’inaspettato arrivo della Intrepide, una fregata francese comandata da Pierre Morpain. L’equipaggio venne aggiunto agli uomini della difesa e il bottino delle navi che aveva catturato e portato con sé costituì un prezioso rifornimento per il forte.
La flotta inglese giunse in vista di Port Royal il 21 agosto e il giorno dopo Wainwright fece sbarcare le truppe a circa tre chilometri a sud del forte e le spostò con una marcia fino a circa 1,5 km a nord del forte. Questa zona, la stessa dove in precedenza si era accampato March, era una delle aree nei pressi delle quali subercase aveva apprestato misure difensive trincerate addizionali.
Il 23 agosto Wainwright inviò un distaccamento di 300 uomini a tracciare un sentiero per il cannone pesante; questo tentativo fu respinto da armati fatti uscire da Subercase per contrastare l’avanzata nemica. Usando tattiche di guerriglia e con il fuoco dei cannoni del forte, i Francesi riuscirono a provocare la ritirata degli Inglesi verso il loro accampamento. Apparentemente la sconfitta ebbe un effetto significativo sul morale degli Inglesi; Wainwright scrisse che il suo accampamento era “circondato da nemici e giudicava fosse insicuro procedere a qualunque iniziativa senza una compagnia di almeno cento uomini.” In quello che fu probabilmente lo scontro più importante, un gruppo di Inglesi che stava bonificando una boscaglia subì un agguato da parte di una spedizione di Franco – Indiani e perse nove uomini. La situazione nel campo inglese divenne così critica che il giorno 27 le truppe si ritirarono fino ad una zona protetta dal raggio di tiro dei cannoni delle navi. Il campo non era adeguatamente protetto, tanto che gli Inglesi erano costantemente sotto tiro e sotto gli attacchi a folate di Francesi e Indiani. Quando il 31 agosto Wainwright effettuò un nuovo sbarco in un altro punto, Subercase stesso condusse 120 soldati fuori dal forte. Circa 70 uomini ingaggiarono con gli Anglosassoni un combattimento corpo a corpo: si combatté con assi di legno e coi calci dei fucili. Saint-Castin e circa 20 dei suoi uomini rimasero feriti, mentre altri cinque furono uccisi. Il giorno dopo, 1 settembre, gli Inglesi si reimbarcarono sulle loro navi e fecero vela verso Boston. Nei loro rapporti, i Francesi dichiararono di aver ucciso 200 uomini, ma fonti inglesi ammettono solo circa 16 caduti e 16 feriti nel corso dell’assedio.
Il ritorno della spedizione a Boston fu accolto con derisione. I componenti della commissione voluta da Dudley vennero sarcasticamente definiti “I tre benemeriti di Port Royal” e “I tre campioni”. I rapporti di Dudley sulla vicenda minimizzarono i suoi fallimenti, evidenziando che molte piantagioni attorno a Port Royal erano state distrutte nel corso dei due assedi.


Assedio di Port Royal – A=Port Royal; B=Boston; C=Casco Bay

Dudley rifiutò anche di fare inchieste sul fallimento della spedizione, temendo la vergogna che sarebbe potuta ricedere su di lui. Subercase, preoccupato che gli Inglesi potessero tornare l’anno seguente, lavorò al rinforzo delle fortificazioni di Port Royal. Costruì anche una piccola nave da guerra per dare assistenza alle difese della colonia e convinse Morpain ad assalire il naviglio inglese. Questi ebbe tanto successo che alla fine del 1708 Port Royal era sovraffollata di prigionieri provenienti dalle navi catturate.

Assedio di Pensacola – scenario Carolina e Florida

Nel 1700 il governatore della Carolina, Joseph Blacke, aveva preso a minacciare gli Spagnoli: in pratica aveva dichiarato che le rivendicazioni inglesi su Pensacola, che gli Spagnoli avevano fondato nel 1698, si sarebbero accentuate. Pierre Le Moyne d’Iberville, il francese fondatore di Mobile, nel gennaio 1702 aveva avvisato il comandante spagnolo di Pensacola che avrebbe appropriatamente armato gli Indiani Apalachee e li avrebbe assoldati per difendere vigorosamente il territorio spagnolo contro le incursioni degli Inglesi. Allo scopo d’Iberville aveva anche offerto equipaggiamenti e provviste. Dopo un fallito attacco inglese contro St. Augustine nel 1702, il numero delle città-missione spagnole fu drasticamente ridotto da numerose incursioni, avvenute tra il 1703 e il 1706, ad opera degli Indiani (soprattutto Creek) guidati dalla Carolina. Nel 1706 una spedizione organizzata dai Francesi contro Charles Town si risolse in un fallimento, ma diede alle autorità della Carolina il pretesto per attaccare ancora gli obiettivi spagnoli a Pensacola e francesi a Mobile. Dopo l’attacco a Charles Town, Nairne aveva proposto una grande spedizione, con il reclutamento di almeno 1500 Indiani per prendere Mobile, ma i dissapori politici in Carolina avevano precluso l’esecuzione del piano.


Possedimenti spagnoli dalla Florida al Texas

Nel 1707 Pensacola era sotto il comando di Don Sebastián de Moscoso. Non si conosce l’esatto ammontare della sua guarnigione. Ufficialmente la forza armata presente doveva essere di 220 uomini, ma raramente raggiungeva tale consistenza a causa delle difficoltà di reclutamento dei soldati, in quanto era considerata una postazione indesiderabile e quindi ad alto rischio di diserzioni.
Moscoso nel 1708 riferiva che nella guarnigione vi erano un centinaio di uomini. La guarnigione era ubicata nel forte San Carlo de Austria, una fortificazione di tronchi in legno edificata nel 1698.
I rapporti che sono noti non descrivono la composizione delle forze che attaccarono Pensacola nell’agosto 1707, oltre questa descrizione: “parecchie centinaia di Tallapoosas e pochi coloni della Carolina del Sud.” L’assedio cominciò il 12 agosto con l’arrivo di una banda di 20 o 30 Indiani, che presero a terrorizzare i Nativi che vivevano nel villaggio fuori dal forte. Essi presero dei prigionieri (compresi alcuni donne e bambini) e incendiarono alcune abitazioni. Il governatore Moscoso ordinò il fuoco ad uno dei cannoni del forte, disperdendo gli attaccanti; nella confusione alcuni prigionieri degli assalitori riuscirono a fuggire e a rifugiarsi nel forte. Due giorni dopo dieci uomini, mandati all’esterno del forte per il bucato, non fecero ritorno. Il 14 agosto una forza stimata in 300 Indiani apparve davanti al forte e ingaggiò una sparatoria che si prolungò per diverse ore. Il giorno dopo l’attacco riprese e si risolse nel saccheggio della città. La battaglia si acquietò il giorno 18, quando una bandiera inglese venne issata sopra una casa vicina al forte. Questo spinse Moscoso ad aprire il fuoco dagli spalti del forte, comnciando una battaglia che ebbe fine solo quando si fece scuro. Quel giorno gli attaccanti bruciarono il resto della città e gli uomini di Moscoso fecero molta fatica per impedire che le fiamme si avvicinassero al forte mandandolo a fuoco. Questo segnò la fine degli assalti al forte. Tuttavia l’area al di fuori del raggio di tiro dei fucili del forte restò non sicura per ancora almeno un altro mese; un certo numero di persone scomparvero dopo essersi avventurate troppo lontano dal forte.
Il secondo assedio di Pensacola cominciò il 27 novembre, con l’arrivo di un contingente di circa 20 commercianti della Carolina e 300 Creek, appartenenti principalmente alle bande Tallapoosa e Alabama. Quel giorno un Inglese (non identificato nei rapporti spagnoli, ma è possibile fosse Thomas Nairne) portò una richiesta di resa, scritta in inglese. Siccome nessuno tra gli Spagnoli era in grado di leggerla, il latore della lettera venne mandato via e la richiesta fu trasmessa oralmente da un Ugonotto francese.
Moscoso respinse la richiesta, benché la sua guarnigione fosse debilitata dalle malattie. Verso mezzanotte gli assedianti cominciarono contro il forte un attacco inefficace, che durò fino allo spuntar del giorno. A quel punto consegnarono un’ulteriore richiesta di resa. Moscoso rifiutò nuovamente. Per poter implementare le sue forze combattenti, Moscoso reclutò i carcerati che erano detenuti nella prigione del forte perché partecipassero alla difesa, offrendo, per il loro servizio, denaro e la libertà. In ciascuna delle due notti seguenti gli assedianti rinnovarono i loro attacchi contro il forte, senza effetti significativi. Nella notte fra il 29 e il 30 novembre uno dei capi di guerra Creek fu ucciso. Evidentemente questo abbatté il morale degli assalitori, perché il mattino successivo l’assedio venne tolto. Venne riportato che gli attaccanti subirono perdite significative. La notizia dell’attacco a Pensacola aveva raggiunto i Francesi a Mobile il 24 novembre. Il governatore Jean-Baptiste Le Moyne de Bienville radunò un’armata di 100 Francesi e 400 Indiani. Questi raggiunsero Pensacola l’8 dicembre, solo per apprendere che l’assedio era cessato una settimana prima.
Questi attacchi furono i più importanti subiti da Pensacola durante la Guerra, benché continuassero a verificarsi ulteriori schermaglie di minore importanza e rapimenti. La maggior parte degli Indiani che erano fuggiti durante l’assedio non tornarono mai più, cosicché Pensacola si trovò ridotta a poco più di una guarnigione. Il governatore Bienville apprese poi da uno Spagnolo, che era sfuggito agli Inglesi, che anche Mobile era stata individuata come obiettivo per un attacco inglese.

Incursione contro Haverhill – scenario Acadia e New England

A seguito del fallito assedio inglese del 1707 contro Port Royal, capitale dell’Acadia, il governatore generale della Nuova Francia, Philippe de Rigaud Vaudreuil, era stato criticato dal ministro della Marina, conte de Pontchartrain, per non aver esercitato una sufficiente pressione contro le colonia del New England. Vaudreuil era anche preoccupato della crescente tendenza degli Indiani sotto influenza francese a esercitare traffici illeciti con la Provincia di New York, danneggiando l’economia della Nuova Francia. Decise allora di affrontare questo problema organizzando un’incursione su vasta scala contro il New England, con l’intenzione di effettuare un’azione anche più importante di quella che era stata il raid su Deerfield. Il piano di Vaudreuil era di ammassare una forza di 400 uomini per attaccare gli abitati del New Hampshire lungo il fiume Piscataqua.
Uniformi militari spagnole in Nord America 1700-1793
Per poter mantenere il segreto sulla portata e gli obiettivi della spedizione, guerrieri provenienti da diversi punti ubicati lungo il fiume San Lorenzo sarebbero discesi fino al lago Winnipesaukee, dove si sarebbero incontrati con gruppi di guerra delle tribù Abenaki e Pennacook. Il gruppo principale francese partì da Trois-Riviéres e consisteva di un centinaio di uomini, raccolti tra la milizia canadese e le troupes de la marine, sotto il comando di Hertel de Rouville. Questo gruppo comprendeva un certo numero di veterani dell’incursione su Deerfield ed era accompagnato da bande di Abenaki e Nipissing. Una banda di 220 Irochesi di Kanehsatake e Kahnawake (“Irochesi del San Lorenzo”), comandata da René Boucher de La Perrière, doveva partire da Montreal, mentre altri Abenaki e Uroni dovevano provenire dalla zona di Quebec. Notizie di una grande spedizione che stava provenendo da nord giunsero, per mezzo di commercianti indiani, ad Albany e New York, e da qui a Boston. Ma poiché non si conoscevano gli obiettivi di questa minaccia, ben poco poté essere fatto per predisporre difese specifiche. Un gruppo di 40 uomini della milizia provinciali vennero inviati a Haverhill.
Un gruppo della spedizione francese partì a metà luglio 1708 dal fiume San Lorenzo. Mentre i guerrieri provenienti da Quebec stavano risalendo il fiume Saint-François, un Urone morì in un incidente. Questo fu visto come un cattivo presagio da parte di molti Indiani, tant’è che gli Uroni tornarono indietro. Tra gli Irochesi provenienti da Montreal, che attraversavano il lago Champlain, alcuni uomini si ammalarono e gli altri si rifiutarono di continuare, cosa nella quale il pensiero dei più (tra i quali Vaudreuil) non vide altro che una scusa per gli Irochesi di evitare il conflitto. Le notizie che raggiunsero gli Inglesi di Albany dicevano che gli Irochesi avevano scelto deliberatamente di abbandonare la spedizione “per non unirsi alla guerra contro il New England.” A dispetto di queste defezioni, Vaudreuil ordinò a Hertel de Rouville di continuare, anche se non aveva ricevuto ulteriori rinforzi. Quando la sua compagnia raggiunse il lago Winnipesaukee, si rese conto che non erano stati trovati Indiani dell’Est che partecipassero alla spedizione. Di conseguenza Hertel de Rouville venne lasciato con una banda di circa 160 uomini, il che limitò le sue opzioni all’attacco di obiettivi che fossero meno fortificati.
Haverhill fu scelto come obiettivo per diverse ragioni. La disposizione del villaggio era già ben conosciuta dalle incursioni del 1704 e da un’altra incursione precedente, durante la King William’s War. Non era particolarmente grande (da 25 a 30 abitazioni), la sua dislocazione non permetteva una buona difesa e solo poche case erano fortificate. Un gruppo d’attacco che si muovesse velocemente avrebbe potuto percorrere il villaggio avanti e indietro prima che potesse essere dato l’allarme. Il 29 agosto 1708 la spedizione giunse alle porte di Haverhill e si preparò ad effettuare l’incursione. Ad un certo punto del viaggio di avvicinameento era stata raggiunta dal capo di guerra esiliato Escumbuit, che viveva non lontano da Haverhill e aveva avuto sentore dell’avanzata della spedizione. A quel tempo la responsabilità della difesa di Haverhill era suddivisa. La milizia locale era sotto il comando di Simon Wainwright, dalla cui abitazione si aveva una vista di tutto lo villaggio. Inoltre vi era l’apporto di tre piccole guarnigioni (tre o quattro uomini ciascuna) di truppe coloniali, comandate dal maggiore Turner.
Militari francesi in Canada
Gli incursori evitarono le guarnigioni esterne della milizia provinciale strisciando furtivamente. Subito prima dell’alba furono intercettati da un abitante del villaggio. Sparando con il fucile per dare l’allarme, l’uomo corse verso il villaggio, mentre Francesi e Indiani lo inseguivano urlando. L’allarme divenne generale mentre gli attaccanti scendevano verso il villaggio. Una delle guarnigioni coloniali venne dislocata in casa del reverendo, Benjamin Rolfe, che barricò la porta nel tentativo di tenere fuori gli assalitori. Questi spararono attraverso la porta, ferendo Rolfe, e quindi la sfondarono. Poi massacrarono Rolfe, sua moglie, un bambino e gli uomini della milizia che, paralizzati dalla paura, chedevano pietà. In un’altra abitazione un bambino venne buttato giù da una finestra aperta da uno degli invasori, ma non riportò alcun danno. Alcuni abitanti riuscirono a scampare alla morte nascondendosi nelle cantine, le cui porte d’ingresso non erano state scoperte dagli attaccanti. Il capitano Wainwright era intento all’organizzazione della difesa quando un colpo di fucile sparato attraverso la porta della sua casa lo uccise all’istante. L’incursione ed i saccheggi continuarono finché il rumore delle compagnie di milizia in avvicinamento raggiunse gli assalitori, che subito diedero alle fiamme la sala comune della città e fuggirono con i prigionieri e il bottino accumulato. I rinforzi arrivavano dalle comunità vicine (qualcuno da località distanti come Salem) e appena sul posto si posero sotto il comando del maggiore Turner.
Un gruppo di coloniali di Haverhill scoprì il campo dov’erano radunati bagagli e bottino degli assalitori, a parecchie miglia dal villaggio, e portarono via i beni imballati. La compagnia del capitano Samuel Ayer, composta di circa 20 uomini, si pose all’inseguimento degli incursori in ritirata. Ben presto, con rinforzi di altre milizie, raggiunse i Franco-Indiani appesantiti dal bottino. Con una furiosa azione di retroguardia gli incursori posero in fuga gli uomini della milizia, ma ebbero nove morti, compreso il fratello di Hertel de Rouville, e 18 feriti. A causa del combattimento, i fuggitivi abbandonarono parte del bottino e alcuni prigionieri riuscirono a fuggire. Il villaggio ebbe 30 o 40 tra uccisi e catturati.
Il ritorno degli assalitori di Haverhill in Canada fu difficoltoso. Joseph Bartlett, uno dei prigionieri, descrisse le privazioni sofferte a causa della perdita delle vettovaglie. Un giorno venne catturato un falco, che fu diviso fra 15 uomini; la sua parte, la testa, fu “la più grande quantità di cibo che mi toccò in questi quattro giorni.”

Bartlett rimase in prigionia fra gli Indiani per quattro anni. Qualcuno dei Francesi, piuttosto che affrontare il viaggio privo di vettovaglie, si consegnò prigioniero alle autorità del Massachusetts.
I rapporti francesi sul raid esagerarono grandemente i numeri coinvolti, affermando che erano state uccise centinaia di persone e che le scaramucce avvenute dopo l’incursione avevano coinvolto almeno 200 coloni inglesi. L’incursione era costata ai Francesi molto più di quanto avessero fatto le analoghe azioni precedenti: per effetto della maggior prontezza di reazione da parte della milizia del Massachusetts, i Francesi soffrirono più perdite rispetto a quelle avute nell’incursione su Deerfield.
Questa incursione fu l’ultimo attacco su larga scala che i Francesi lanciarono in quella guerra contro il Massachusetts. Avvennero poi attacchi di minor importanza lungo la frontiera.

Battaglia di St. John’s – scenario Quebec e Terranova

Nel 1702 il capitano John Leake aveva fatto incursioni su un certo numero di insediamenti francesi di Terranova, ma avevva evitato Plaisance a causa della presenza di navi da guerra francesi nel porto. Nell’inverno 1704-1705 Daniel d’Auger de Subercase, governatore francese di Plaisance, aveva assediato St. John’s, distruggendo gran parte della città, ma non riuscendo ad espugnare Fort William. L’anno seguente gruppi di incursori Francesi e Mi’kmaq avevano continuato ad attaccare i coloni inglesi e di conseguenza gli Inglesi avevano inviato forze navali a distruggere i villaggi francesi, anche se Plaisance era sembrata sempre troppo forte per essere attaccata.
A Philippe Pastour de Costebelle, che era successo a Subercase nella carica di governatore francese, si presentò l’opportunità di assalire direttamente ancora una volta St. John’s quando un certo numero di navi francesi si fermarono a Plaisance verso la fine del 1708; tra queste vi era la fregata Vénus e altre navi provenienti dalle Indie Occidentali. Per sfruttare l’opportunità, egli mandò il suo luogotenente, Joseph de Monbeton de Brouillan de Saint-Ovide, a reclutare una compagnia militare per un assalto via terra contro St. John’s, che sarebbe stato supportato via mare dal capitano della Vénus, Louis Denys de La Ronde. Saint-Ovide raccolse un totale di 164 uomini dalle varie navi, fra i coloni locali e fra i Mi’kmaq e marciò su St. John’s il 14 dicembre 1708.
Il maggiore Thomas Lloyd era tornato al comando di St. John’s nell’inverno 1705-1706, rilevando il posto di John Moody, che aveva difeso il forte durante l’assedio del 1705. Lloyd aveva precedentemente fatto servizio in quella postazione nel 1696 e aveva acquisito una reputazione tra i coloni a causa del carattere umorale e violento che aveva contribuito al suo allontanamento nel 1704. Al suo ritorno a Londra riuscì a stornare le varie accuse che gli erano state rivolte e venne rimesso al suo posto, nonostante la felice difesa di Moody. Dal 1705 al 1708 Lloyd condusse la colonia senza incidenti significativi e nel 1707 partecipò ad una spedizione contro centri di pesca francesi. Organizzò compagnie di milizia e costruì nuove fortificazioni, grandi quanto basta per contenere la maggior parte della popolazione. Inoltre convinse la maggioranza della gente a rimanere dentro la zona fortificata per tutto l’inverno 1708, per evitare le perduranti incursioni francesi.
Al mattino presto del 1 gennaio 1709 Saint-Ovide lanciò l’attacco contro l’impreparata guarnigione britannica. A Fort William il maggiore Lloyd era supportato dai tenenti Timothy Gullye e Thomas Phillips, nonché da un chirurgo, William Chalmers. La forza attaccante fu avvistata e l’allarme fu dato quando, verso le 4 o le 5 del mattino, venne lanciato l’attacco contro le due fortificazioni più vecchie per mezzo di scale. Lloyd venne buttato giù dal letto dal primo allarme, ma il forte venne rapidamente sopraffatto. I 160 tra Francesi, Canadesi e Indiani avevano sbaragliato i circa 85 uomini di guarnigione e avevano occupato il forte. La porta di fuga che collegava le vecchie fortificazioni alle nuove era stata sbarrata per cui i 440 difensori del forte nuovo erano impossibilitati ad intervenire in difesa degli altri.
Philippe Pastour de Costebelle
Dopo una breve resistenza, George Vane, al comando della forza del forte nuovo, si arrese. Il fuciliere William Lanson, di Fort Williams, riferì in seguito delle numerose mancanze nella difesa inglese, tra cui la poca accessibilità alle polveri per i moschetti, i numerosi casi di codardia e indifferenza e, cosa decisiva a suo parere, un malinteso riguardante l’allarme: “Il grido delle sentinelle “fuoco! fuoco!” io credo che divertisse i soldati nei loro letti, perché pensavano che avesse preso fuoco qualche costruzione nel nuovo forte, come era spesso accaduto. Se avessero preso le armi, avrebbero avuto una reazione efficace contro i nemici, avendo fama di individui risoluti e coraggiosi. Ma una delle nostre sfortune fu che dei 19, al momento di guardia a Fort William, solo pochissimi incontrarono il nemico sulle mura; se fosse stato il contrario, avrebbero dato il tempo a tutti gli altri di opporre una efficace difesa.” Secondo questo racconto, l’intera battaglia durò circa tre minuti. La stessa fonte riferisce che il Castello sud venne preso due giorni dopo.
I Francesi tennero St. John’s fino all’aprile successivo. Costebelle aveva ordinato che il posto fosse abbandonato e le fortificazioni distrutte.

Battaglia di Fort Albany – scenario Quebec e Terranova

A seguito della creazione della Hudson Bay Company, per opera di investitori inglesi nel 1670, sulle rive della Baia di Hudson la Compagnia aveva stabilito un lucrativo commercio di pellicce. Fin dai primi anni ’80 la Compagnia aveva installato parecchi posti commerciali vicino alle foci dei fiumi che si gettavano nella Baia; gli Indiani che vivevano in quei bacini fluviali consegnavano le loro pellicce a questi magazzini in cambio di provviste e della fornitura di beni di origine europea, compresi armi, munizioni e altri strumenti. Il successo di questa attività attirò l’attenzione delle autorità della Nuova Francia, che contestavano l’intromissione inglese nei territori da loro rivendicati e il cui commercio (con i concomitanti benefici economici) era una ferita per le attività della Compagnia. Nel corso della Guerra dei Nove Anni (o King Wiliam’s War), incursioni dalla Nuova Francia avevano ripetutamente attaccato gli avamposti della Compagnia, catturando e occupando le strutture e talvolta saccheggiando i depositi di pellicce che attendevano di essere trasportate in Europa. Alla fine della guerra solo una delle postazioni della Compagnia, Fort Albany (così chiamata per il fatto che era ubicata vicino alla foce del fiume Albany, dove oggi c’è il nord dell’Ontario), era rimasta in mani inglesi.
Nel 1702, quando scoppiò la Queen Anne’s War (Guerra di Successione Spagnola), in Nuova Francia prese corpo l’idea di attaccare questo ultimo caposaldo dell’autorità inglese. Nel 1709 un gruppo di coloni francesi decise di lanciare un’incursione via terra contro Fort Albany. Il governatore della Nuova Francia, Philippe de Rigaud Vaudreuil, diede il suo assenso all’operazione, ed anzi procurò fondi alla spedizione dale sue risorse private. I finanziatori dell’incursione si aspettavano di recuperare i costi dalle pellicce che sarebbero state prese.
Il comando della spedizione fu affidato a Nicolas d’Ailleboust de Manthet, un esperto uomo di frontiera che, dalle poche notizie che si hanno sulla sua vita, pare non fosse mai stato prima nella Baia di Hudson.
Manthet reclutò da 60 a 70 uomini tra i Francesi e 30 Mohawk Caughnawaga, poi partì, discendendo con le canoe il fiume Moose nell’Ontario, costeggiando la riva della James Bay e arrivando nelle vicinanze di Fort Albany alla fine del giugno 1709.
Fort Albany era abitata da impiegati della Compagnia, sotto la direzione di John Fullartine, un dipendente da vecchia data, che era stato per qualche tempo prigioniero dei Francesi ai tempi delle prime incursioni. Fullartine era stato avvisato della spedizione francese da mercanti Cree, e così aveva avuto tempo di preparare la difesa; il numero dei difensori e l’esatta data dell’avvenimento non sono noti, dati i frammentari rapporti che ci sono pervenuti sull’evento. Tutto quello che si sa dell’attacco francese è che esso venne respinto con successo e che sia Manthet che il suo secondo trovarono la morte. I Francesi riportarono un totale di 18 morti (compresi i due capi), mentre la Compagnia perse solo due uomini che non sitrovavano nel forte al momento dell’attacco e avevano subito un’imboscata dei Francesi mentre vi si stavano dirigendo.
Poiché la Compagnia non aveva mandato una sola nave a Fort albany per tutto il 1709, i dirigenti di Londra appresero dell’avvenimento in una maniera inaspettata. Francis Nicholson, che aveva guidato un tentativo di spedizione (abortito) da New York contro la Nuova Francia nel 1709, portava un capo Mahican e tre Mohawk a Londra per una trattativa volta ad ottenere supporto per una nuova spedizione da effettuare nel 1710.


Baia di Hudson – Albany si trova in basso, nella James Bay

I Mohawk informarono gli ufficiali della Compagnia di aver appreso dell’attacco ad Albany, in quanto si trovavano a Montreal al momento del ritorno della spedizione. Tornato in Inghilterra nel 1711, Fullartine stese un rapporto sul fatto, ma a quanto pare è andato perduto. Il governatore Vaudreuil subì le critiche dei ministri del governo di Parigi per il suo ruolo nel supportare e finanziare la spedizione.

2° assedio di Port Royal – scenario Acadia e New England

Verso il 1710, mantre la Francia trascurava di fornire supporti signiificativi alla colonia della Nuova Francia, gli Inglesi mobilitavano forze più vaste e meglio organizzate per il conflitto nel Nord America. Samuel Vetch, un uomo d’affari scozzese con interessi nelle colonie, nel 1708 si era recato a Londra a sollecitare la Regina Anna perché fornisse supporti militari per conquistare tutta la Nuova Francia. Nel 1709 la regina autorizzò la “grande impresa”, volta a conquistare tutta l’Acadia e il Canada, ma il tentativo fallì perché non si riuscì a preparare il promesso supporto militare necessario. Vetch e Francis Nicholson, che in precedenza era stato governatore coloniale del Maryland e della Virginia, in seguito tornarono in Inghilterra, e si recarono di nuovo dalla regina per ottenere il supporto militare. Erano accompagnati da quattro capi indiani, che suscitarono grande scalpore a Londra. Nicholson e Vetch argomentarono con successo in favore dell’ interesse dei coloniali per un aiuto militare inglese contro Port Royal. Nicholson giunse a Boston il 15 luglio 1710, forte della nomina reale a “Generale e Comandante in capo di tutte le Forze da impiegarsi nella spedizione organizzata per l’attacco a Port Royal in Nuova Scozia.” In aggiunta ai 400 fanti di marina provenienti dall’Inghilterra, quattro province del New England radunarono reggimenti della milizia. Massachusetts Bay ne procurò 900, il Rhode Island 180, il Connecticut 300 e il New Hampshire 100. Alcune truppe provinciali furono addestrate nell’arte dell’assedio da Paul Mascarene, un ufficiale ugonotto che serviva nell’esercito inglese. Venne anche reclutata una banda irochese come reparto di esploratori nella spedizione. Quando il 29 settembre la flotta salpò, consisteva di 36 navi da trasporto, due vascelli da bombardamento e cinque navi da guerra. Due navi, la HMS Falmouth e la HMS Dragon, erano state mandate dall’Inghilterra, mentre la HMS Feversham e la HMS Lowestoft da New York per congiungersi con la HMS Chester, che era già ormeggiata a Boston. Nicholson mandò la Chester in avanscoperta davanti alla flotta per bloccare il “budello di Digby”, che controllava l’accesso a Port Royal.
Il “Digby Gut”
Port Royal era difesa da circa 300 uomini di truppa, molti dei quali poco addestrati, reclutati in Francia. Subercase aveva preso provvedimenti per implementare le difese fin dagli assedi del 1707, costruendo una nuova polveriera e casamatte nel 1708 e tagliando i boschi che coprivano le rive del fiume, allo scopo di privare di copertura gli eventuali attaccanti. Completò anche la costruzione di un altro vascello in assistenza della difesa navale e reclutò con gran successo molti coloni per incursioni contro il naviglio mercantile e peschereccio inglese. Dai prigionieri catturati dai coloni aveva appreso che i piani per nuovo attacchi contro Port Royal avevano continuato a svilupparsi fra il 1708 e il 1709.
Mentre la flotta saliva verso nord, fu raggiunta da un dispaccio mandato da Thomas Matthews, capitano della Chester, che già si trovava a Digby. Il rapporto parlava di disertori della guarnigione francese che riferivano che il morale a Port Royal era estremamente basso. Nicholson mandò avanti la nave con uno dei vascelli da trasporto; quando questi entrarono nel Digby Gut furono accolti da scariche di fucileria provenienti da gruppi di Mi’kmaq che stavano sulla riva. Le navi risposero al fuoco con i cannoni, ma non ci furono perdite da nessuna delle due parti. Il 5 ottobre il corpo principale della flotta inglese arrivò a Goat Island, a circa 10 km da Port Royal. Nel pomeriggio il trasporto Cæsar si arenò mentre tentava di imboccare il fiume Annapolis e si frantumò quasi subito contro le rocce. Il capitano, alcuni membri dell’equipaggio e 23 soldati morirono, mentre un comandante di compagnia con circa 25 altri raggiunsero faticosamente la riva.
Il giorno seguente, 6 ottobre, i fanti di marina inglesi cominciarono a sbarcare a nord e a sud della fortezza e della città. Il gruppo settentrionale venne raggiunto da quattro reggimenti del New England, comandati dal colonnello Vetch, mentre Nicholson guidò le restanti truppe nella zona sud.
Gli sbarchi avvennero senza incidenti, con il fuoco proveniente dagli spalti del forte che trovava risposta da una delle navi della flotta con cannoni a lunga gittata. Sebbene più tardi alcuni rapporti sull’assedio riferissero che il distaccamento di Vetch era parte di un piano strategico per circondare il forte, i racconti dei contemporanei riportavano che Vetch voleva avere un comando delle truppe che fosse indipendente da Nicholson. Queste stesse fonti riferiscono che Vetch non si avvicinò mai entro il raggio di tiro dei fucili del forte, almeno fin quando l’assedio ebbe fine; i suoi tentativi di posizionare una batteria di mortai in una zona fangosa sull’Allain’s Creek vennero respinti dal fuoco dei cannoni. La forza proveniente da sud si scontrò con una resistenza in stile guerriglia al di fuori del forte, con difensori Acadiani e Indiani che sparavano con piccole armi da fuoco da edifici e zone boscose, in aggiunta al fuoco che proveniva dal forte. Queste azioni produssero tre morti fra gli Inglesi, ma i Franco-Indiani non riuscirono a impedire agli Inglesi provenienti da sud di allestire un accampamento a meno di 400 metri dal forte. Nei quattro giorni successivi gli Inglesi sbarcarono i loro cannoni e li posizionarono attorno all’accampamento. Il fuoco proveniente dal forte e dai combattenti al di fuori di esso persistevano, mentre ogni notte le cannonate delle navi inglesi provocavano scompiglio dentro il forte. Il 10 ottobre, mentre era in corso l’installazione di nuove batterie inglesi, Subercase inviò un ufficiale con la bandiera di tregua. I negoziati partirono con il piede sbagliato, in quanto l’ufficiale non venne annunciato in maniera corretta da un tamburino, e continuarono a deteriorarsi. Ciascuna delle due parti finiva per preferire un ufficiale all’altro, più che altro per ragioni di etichetta militare, e gli Inglesi proseguirono il loro martellante assedio.
Il 12 ottobre le trincee degli assedianti erano avanzate fino a meno di 100 metri dal forte e i cannoni che vi erano stati posizionati aprirono il fuoco. Nicholson inviò a Subercase una richiesta di resa e i negoziati ripresero ancora una volta. Alla fine della giornata le parti avevano raggiunto un accordo sui termini di resa; il relativo documento venne firmato il giorno dopo. Alla guarnigione venne permesso di abbandonare il forte con tutti gli onori di guerra, “con le armi e le provviste, il rullo dei tamburi e i colori al vento.” Gli Inglesi avrebbero trasportato la guarnigione in Francia e nelle clausole si prevedeva una salvaguardia per la protezione dei residenti locali. Questi termini stabilivano “per gli abitanti entro la distanza di un colpo di cannone dal forte” il permesso di rimanere nelle loro proprietà per un periodo di due anni, se così avessero scelto, a condizione che facessero giuramento di fedeltà alla corona inglese.


Uniformi del Royal Marines fra il 1664 e il 1748

Gli Inglesi presero formale possesso di Fort Royal con una cerimonia tenuta il 16 ottobre, con la quale rinominarono il posto Annapolis Royal, in onore della loro regina. Samuel Vetch venne nominato primo governatore della Nuova Scozia. Le province di Massachusetts e New Hampshire proclamarono un giorno di pubblico ringraziamento.
Il primo tentativo di riprendere Annapolis Royal avvenne l’anno successivo. Dopo una schermaglia nella quale un gruppo di soldati inglesi subì un’imboscata, Bernard-Anselme d’Abbadie de Saint-Castin condusse 200 acadiani e guerrieri indiani ad un assedio del forte che non ebbe successo.
I Francesi abbandonano Fort Royal
La cattura di Port Royal segnò la fine del dominio francese nell’Acadia peninsulare e inaugurò una serie di conflitti per il controllo del territorio.
La conquista pose la popolazione dell’Acadia in una posizione difficoltosa. Gli Inglesi in numerose occasioni richiesero di prestare giuramento di fedeltà alla corona britannica, ma la maggior parte dei coloni francesi rifiutò, perché ciò implicava l’impugnare le armi contro la Francia, e preferirono proclamare la loro neutralità. Per questi ed altri motivi, centinaia di Acadiani nella decade successiva lasciarono la Nuova Scozia. La maggior parte di loro evitò i principali insediamenti coloniali francesi, preferendo stabilirsi nell’isola di Saint-Jean, occupata dalla Francia.

Battaglia di Bloody Creek – scenario Acadia e New England

La guarnigione lasciata ad Annapolis Royal dagli Inglesi consisteva di circa 450 uomini, una combinazione di fanti di marina inglesi e milizia provinciale del New England. Nei mesi successivi questo gruppo venne rinforzato con truppe regolari, tuttavia gli Inglesi avevano il solo controllo del forte e della città vicina. I termini della capitolazione avevano incluso una clausola che prevedeva la protezione dei residenti francesi entro un raggio di meno di 5 km dal forte, dietro giuramento di fedeltà alla corona inglese. Questa clausola riguardava un numero teorico di 481 Acadiani, tuttavia a metà gennaio del 1711 solo 57 di loro aveva effettivamente prestato giuramento.
Quando la notizia della caduta di Port Royal raggiunse la Francia, il ministro della marina Pontchartrain ordinò ad Antoine Gaulin, il sacerdote missionario cattolico presso le tribù indiane alleate in tutta la regione che comprende gli attuali stati del Maine e New Brunswick, di condurre azioni di guerra contro gli Inglesi di Annapolis Royal, in modo che gli stessi non potessero consolidare un solido controllo del territorio. A Bernard-Anselme d’Abbadie de Saint-Castin, meticcio acadiano (di padre francese e madre Penobscot), venne dato il comando militare dell’Acadia e ricevette gli stessi ordini.
Il primo inverno fu particolarmente difficoltoso per la guarnigione inglese, che all’inizio del 1711 si era ridotta a circa 240 uomini “inclusi gli effettivi e gli ufficiali”, a causa di decessi, malattie e diserzioni. Vi erano perduranti difficoltà a procurarsi provviste e materiali necessari alle riparazioni del forte per la riluttanza degli Acadiani a prestare aiuto. Questa riluttanza fu alimentata in parte dalle attività di Saint-Castin e Gaulin (tra l’altro gli Acadiani di Annapolis Royal si rifiutavano di effettuare i necessari tagli boschivi, adducendo il pretesto degli attacchi indiani). Gli Inglesi allora presero a inviare pattuglie armate per proteggere i boscaioli, specie nelle zone boscose lungo il fiume Annapolis; i tronchi tagliati venivano affidati alla corrente del fiume, che li portava verso la città.
Nel Maggio 1711 il governatore Vetch ricevette notizia che i boscaioli e altri lavoranti che supportavano le attività inglesi erano stati attaccati da Mi’kmaq e Abenaki che si opponevano al dominio inglese. In questi rapporti si asseriva che il forte “era ogni giorno di più circondato da Indiani appostati” e che gli abitanti della banlieu (l’area protetta di tre miglia) erano stati assaliti. Disperato per la mancanza del materiale per le riparazioni del forte, Vetch organizzò una forza di 70 uomini della milizia del New England, al comando del capitano David Pigeon, per accompagnare il tecnico del forte in una spedizione lungo il fiume. Le istruzioni di Pigeon erano di assicurare i boscaioli che sarebbero stati pagati e protetti se avessero trasportato i tronchi fino al forte, ma che avrebbero subito “severità” se non lo avessero fatto. Nello stesso momento della partenza di questa spedizione, un gruppo armato indiano, organizzato da Gaulin e Saint-Castin, giunse nella zona a nord di Annapolis Royal, con istruzioni di assalire e tendere imboscate agli Inglesi ogni volta che se ne presentasse l’opportunità. L’esatta consistenza e composizione di questo gruppo di guerra non sono note con precisione. Vetch riferì un numero di 150, ma altre fonti riportano si trattasse di meno di 50 uomini. Molti storici riferiscono che si trattasse di Abenaki, sebbene altri riportano anche la presenza di Mi’kmaq. Il tenente Paul Mascarene per un certo tempo pensò che fossero coinvolti anche degli Acadiani locali. Anche l’identità del comandante è incerta; il governatore francese Vaudreuil riferì che a capo degli incursori vi era qualcuno chiamato l’Aymalle.
Il gruppo inglese partì da Annapolis Royal fra il 10 e l’11 giugno, con una baleniera e due chiatte, risalendo il fiume Annapolis. Il fatto che la partenza della spedizione fosse ritardata dalla marea, diede il tempo che si spargesse la voce della sua effettuazione, dando agli Indiani il tempo di preparare un’imboscata nei pressi della foce del torrente che sarebbe poi divenuto noto come Bloody Creek.
La baleniera era molto veloce sull’acqua e venne a trovarsi a più di un chilometro e mezzo davanti alle chiatte quando arrivò al luogo dell’imboscata. La sorpresa fu completa: gli uomini della baleniera furono uccisi tutti meno uno. Sentendo la sparatoria, le chiatte si affrettarono verso il luogo dell’imboscata, dirigendosi incautamente verso la baleniera. Questo le espose al fuoco degli Indiani sulla riva e gli occupanti patirono ulteriori significative perdite, prima di essere completamente circondati; i sopravvissuti si arresero. Sedici furono uccisi, nove feriti e i rimanenti catturati.
La vittoria di Bloody Creek aumentò la resistenza dei coloni francesi e spinse molti degli Acadiani, che nominalmente erano sotto la protezione inglese, a ritirarsi verso nord. Poco dopo un gruppo di circa 600 armati, guerrieri Abenaki e Mikmaq, più coloni Acadiani, si riunirono e posero un blocco su Fort Anne, sotto la guida di Gaulin e Saint-Castin. La guarnigione posta a difesa del luogo era piccola, ma gli attaccanti non avevano artiglieria e così non erano in grado di esercitare una pressione sufficiente contro il forte, che rimaneva ancora accessibile dal mare. Gaulin si recò a Plaisance, in Terranova, a cercare rifornimenti ed equipaggiamento per proseguire l’assedio; il governatore Philippe Pastour de Costebelle fornì quanto richiesto, ma la nave da lui inviata ebbe la sfortuna di incontrare una flotta inglese e venne catturata.


Un esploratore

Quella stessa flotta stava andando ad attaccare Quebec, ma abbandonò l’impresa quando otto delle sue navi andarono perdute sulle sponde del fiume San Lorenzo; il governatore Vetch, che aveva accompagnato la spedizione in qualità di comandante della milizia provinciale, ritornò ad Annapolis Royal con 200 uomini, dopo di che gli assedianti si ritirarono.

La spedizione di Quebec – scenario Quebec e Terranova

Dpo la presa di Fort Royal e la sua ridenominazione in Annapolis Royal, Francis Nicholson tornò a Londra per portare la notizia della vittoria. Là, assieme a Jeremiah Dummer, che a Londra rappresentava la provincia di Massachusetts Bay, brigò perché venisse allestita una spedizione contro Quebec, cuore della Nuova Francia. Nel governo inglese c’era un certo trambusto: nell’agosto 1710 la Regina Anna aveva rimpiazzato Lord Godolphin, capo del governo, con Robert Harley, oppositore politico di Lord Marlborough, anch’esso caduto in disgrazia. Harley voleva cambiare la strategia militare della Gran Bretagna, implementando un controllo dei mari che aumentasse la potenza marittima inglese, riducendo nel contempo l’esercito terrestre. Egli cercava anche di diminuire l’influenza di Marlborough con una vittoria sul suo stesso terreno. Harley da quel momento autorizzò spedizioni per terra e per mare allo scopo di prendere Quebec, ma si ammalò, per cui la maggior parte del lavoro organizzativo venna fatta dal suo Segretario di Stato, Henry St. John (il futuro Lord Bolingbroke).
Il piano seguiva essenzialmente quello già proposto da Samuel Vetch per la campagna del 1709, il cui nucleo principale era costituito da una spedizione navale che trasportava un’armata mista di soldati regolari e milizia provinciale. Al Contrammiraglio Sir Hovenden Walker fu affidato il comando supremo della spedizione, con il brigadiere John Hill al comando delle forze di terra. Walker, che era stato promosso al suo grado in marzo, aveva condotto uno squadrone in una spedizione nelle Indie Occidentali all’inizio della guerra, che non aveva prodotto risultati soddisfacenti. E quindi potrebbe essere stato scelto solo per la sua amicizia con St. John e la sua simpatia per i Tories (partito conservatore). St. John probabilmente scelse Hill per ingraziarsi il favore della corte, in quanto Hill era fratello di Abigail Masham, confidente della regina Anna. Per costituire una forza di circa 5.000 uomini della truppa di terra, ai due reggimenti britannici vennero aggiunti cinque reggimenti delle forze di Marlborough nelle Fiandre. Queste forze salparono dai porti dell’Inghilterra del sud in aprile e maggio 1711. La loro destinazione era un segreto fortemente riservato: neanche Walker fu subito informato della destinazione, e nemmeno i Lord dell’Ammiragliato. Vennero solo fornite provviste sufficienti per un tipico viaggio in acque europee, nel tentativo di ingannare le spie nemiche.
Henry St. John (Lord Bolingbroke)
Nei primi giorni del giugno 1711 Francis Nicholson arrivò a Boston portando notizie e dettagli dei piani della spedizione; venne rapidamente convocata una riunione dei governatori provinciali a New London, nel Connecticut. La spedizione navale doveva includere la milizia provinciale raccolta nelle colonie del New England, mentre Nicholson comandava un’armata proveniente dalle province dal Connecticut alla Pennsylvania lungo il fiume Hudson e dal lago Champlain a Montreal. Le truppe destinate a far parte della spedizione di Walker erano condotte da Samuel Vetch, diventato governatore della Nuova Scozia nel 1710 e consistevano di 1.500 uomini, la maggior parte del Massachusetts, con piccoli contingenti del New Hampshire e del Rhode Island.
La flotta giunse a Boston il 24 giugno. La sua consistenza era, secondo lo storico Samuel Adams Drake, “la più formidabile che avesse mai attraversato l’Atlantico sotto la bandiera inglese.” Poiché la flotta era stata lasciata con rifornimenti insufficienti, gli organizzatori si aspettavano di essere pienamente approvvigionati a Boston. Ma il numero dei soldati e dei marinai era addirittura superiore a quello della popolazione di Boston, e l’impresa si rivelò scoraggiante. Si dovettero approvare leggi per impedire ai commercianti di gonfiare i prezzi e vennero rapidamente acquisite provviste sufficienti. Vennero stabilite nuove leggi per punire i residenti che nascondessero disertori della flotta; a quanto pare l’attrazione della vita coloniale era sufficiente perché questo diventasse un problema significativo nelle cinque settimane in cui la spedizione si fermò a Boston. Durante il soggiorno a Boston, Walker tentò di arruolare piloti con esperienza di navigazione sul fiume San Lorenzo. Con suo grande sconcerto, non ne trovò nessuno; perfino il capitano Cyprian Southack, ritenuto uno dei migliori navigatori della colonia, dichiarò di non essere mai stato oltre l’imboccatura del fiume. Wlaker intendeva soprattutto fare affidamento su un francese che aveva contattato a Plymouth prima della partenza della flotta. Samuel Vetch, invece, diffidava profondamente del francese, e scrisse che era “non soltanto un individuo ignorante, falso, pigro e ubriacone, ma uno che vuole accompagnarci con dei piani cattivi.”
Fidandosi del rapport di Vetch, Walker allora costrinse il capitano Jean Paradis, comandante di un natante francese catturato, a servire come navigator. Le carte che Walker aveva raccolto erano notevolmente stringate nei dettagli dell’area circostante la foce del San Lorenzo, così come lo era il giornale tenuto da Sir William Phips nella sua spedizione del 1690 contro Quebec, anche questo acquisito da Walker. Walker aveva interrogato alcuni dei partecipanti all’impresa di Phips, ma le loro vaghe risposte non avevano dissipato le sue preoccupazioni circa ciò che si poteva aspettare dalla navigazione sul fiume. Queste preoccupazioni lo spinsero a staccare le sue navi più grandi e pesanti dalla flotta che avrebbe risalito il fiume e a trasferire la sua bandiera sulla Edgar, un vascello da 70 cannoni. Il 30 luglio la flotta salpò da Boston. Era composta da un misto di navi inglesi e coloniali e comprendeva nove navi da guerra, due vascelli da bombardamento e 60 navi di supporto. Trasportavano 7.500 uomini di truppa e circa 6.000 marinai. Il 3 agosto la flotta raggiunse la costa della Nuova Scozia; Samuel Vetch la pilotò circumnavigando i capi Breton e Nord e poi dentro il Golfo di San Lorenzo. Il mattino del 18 agosto, proprio mentre la spedizione stava per entrare nel fiume San Lorenzo, si levò un vento impetuoso da nord ovest e Walker fu costretto a cercare rifugio nella Baia di Gaspé. Il mattino del 20 il vento si girò da sud est così la flotta riuscì ad avanzare lentamente passando l’estremità occidentale dell’isola di Anticosti prima che una fitta nebbia ricoprisse sia la riva che la flotta. Il giorno 22 si ravvivò il vento da sud est e vi furono nella nebbia spiragli intermittenti, ma non abbastanza da permettere di scorgere la riva. A questo punto la flotta si trovava ad ovest di Anticosti, in un punto in cui la Baia di San Lorenzo è larga più di 100 km, ma si restringe notevolmente dove la riva nord fa un angolo quasi acuto. Dopo aver consultato i suoi piloti, alle ore 20 circa Walker diede l’ordine di condurre la flotta verso sud ovest.
Quando diede l’ordine, Walker aveva pensato di essere a metà strada. In realtà si trovava a circa 32 km a nord della giusta rotta, in balia di forti correnti che stavano trascinando le sue navi verso nord ovest. Spinta dal vento da est, la flotta si stava gradualmente avvicinando alla costa conformata da nord a sud vicino a Île-aux-Oeufs. Quando verso le 22,30 il capitano Paddon riferì a Walker che era stata avvistata la terra diritto davanti a loro, Wlaker pensò che la flotta si stesse avvicinando alla costa sud, quindi ordinò di virare e dirigersi verso l’altro approdo, prima di andare a letto. Questa manovra portò le navi su una rotta ancora più a nord. Qualche minuto dopo un capitan d’armi di nome Goddard svegliò Walker, asserendo di vedere marosi a prua. Walker non diede importanza all’avvertimento, ma Goddard ritornò, insistendo che l’ammiraglio doveva seguirlo, altrimenti sarebbero stati tutti perduti. Walker si recò sul ponte in vestaglia e vide che la nave era spinta verso la riva ovest dal vento dell’est. Quando il navigatore francese giunse sul ponte, spiegò a Walker dove si trovavano; Walker ordinò immediatamente di tagliare i cavi delle ancore e di dirigersi contro vento, per sfuggire al pericolo. Due navi da guerra, la Montague e la Windsor, erano in difficoltà e finirono per ancorarsi per la notte in una situazione precaria, circondate dai marosi.
Per tutta la notte si udirono grida di allarme e, quando la nebbia si diradò, in distanza si vedevano navi incagliate contro le rocce. Verso le due del mattino il vento si attenuò e la maggior aprte delle navi riuscì a tenersi lontano dalla riva.
Nei tre giorni durante i quali la flotta andò alla ricerca dei sopravvissuti, ci si rese conto dell’entità del disastro. Sette navi da trsporto e una da rifornimenti erano andate perdute. Inizialmente il rapporto di Walker parlava di 884 soldati periti; più tardi questo numero fu ridimensionato a 740, comprese alcune donne imbarcate su qualche unità. Si stima che perirono anche 150 marinai. Il 25 agosto, dopo aver posto in salvo tutto ciò che era possibile, Walker e Hill tennero un consiglio di guerra. Dopo aver interrogato alcuni dei piloti, incluso lo stesso Samuel Vetch, il consiglio decise che la spedizione doveva essere interrotta “a causa dell’ignoranza dei piloti a bordo delle navi da guerra.”


Il punto del disastro (in rosso) in una mappa del 1733

Vetch biasimò apertamente Walker per il disastro: “Il disastro non può, nella mia modesta opinione, essere in alcun modo attribuito alle difficoltà della navigazione, ma alla rotta errata da noi intrapresa, che ci ha inevitabilmente portato sulla riva nord.”
La flotta discese il Golfo di San Lorenzo e il 4 settembre andò a buttare l’ancora a Spanish River (oggi è il porto di Sydney, in Nuova Scozia), dove venne tenuto un consiglio per discutere se attaccare o no la città francese di Plaisance. Data la stagione ormai inoltrata, i rifornimenti insufficienti per svernare nella zona e le notizie che parlavano di una forte struttura difensiva a Plaisance, il consiglio decise di non effettuare l’attacco e la flotta salpò per l’Inghilterra.
La spedizione via terra di Nicholson apprese del disastro navale mentre era accampata vicino al lago George; Nicholson interruppe la marcia. Si dice che fosse così arrabbiato da strapparsi la parrucca dalla testa e gettarla per terra. Né la spedizione ebbe miglior fortuna nel viaggio di ritorno. Walker aveva scritto a New York richiedendo che si unissero a lui la nave HMS Feversham e ogni possibile vascello di rifornimenti; a sua insaputa, la Feversham e tre navi da trasporto (Joseph, Mary, e Neptune) il 7 ottobre avevano naufragato sulla costa di Cape Breton, perdendo più di 100 uomini. Il 10 ottobre la flotta fece ritorno a Portsmouth; l’ammiraglia di Walker, la Edgar, esplose qualche giorno dopo, probabilmente per un improprio trattamento della polvere da sparo. Come conseguenza, Walker perse un certo numero di documenti e dichiarò che il giornale di bordo di William Phps andò perso nell’esplosione. Nonostante il clamoroso fallimento della spedizione, le conseguenze politiche furono relativamente leggere. Il fallimento rappresentò una precoce battuta d’arresto per la politica di Robert Harley, che favoriva un uso aggressivo della marina per tenere a bada i nemici dell’Inghilterra. Ma nonostante questo, Harley continuò a implementare questa politica, ritirando ulteriori risorse dal terreno delle campagne militari europee. Poiché il progetto era stato ratificato dal governo in carica, non si ritenne di approfondire le cause del fallimento. Walker venne ricevuto dalla regina e sia a lui che a Hill vennero affidato nuovi comandi.
Tempo dopo Walker scrisse un racconto franco e dettagliato sulla spedizione, basato sulla sua memoria e su documenti e giornali di bordo, che venne dato alle stampe. Egli venne privato del suo grado nel 1715, nel contesto di grandi cambiamenti nelle gerarchie dovuti all’incoronazione di Giorgio I; morì nel 1728. Il sentimento popolare in Inghilterra tendeva a criticare le colonie perché non avevano adeguatamente supportato la spedizione, adducendo come ragioni l’avarizia e la testardaggine. Questo atteggiamento venne respinto dalle colonie, dove Nicholson e il governatore Dudley biasimavano invece Walker. Le relazioni fra il comando militare e le popolazioni delle colonie non erano stati sempre cordiali quando l’esercito era accampato fuori Boston e facevano presagire difficili relazioni tra civili e occupanti militari nel conflitto politico che precedette la Guerra di Rivoluzione Americana. Uno degli ufficiali di Hill scrisse sulla “natura e le convinzioni pericolose di questi popoli, i cui governo, dottrina e costumi, le cui ipocrisie e inclinazioni, sono insopportabili” e commentò ulteriormente che se non fossero stati tenuti sotto un più fermo controllo, i coloni “sarebbero diventati di giorno in giorno sempre più riottosi e disobbedienti.” I coloni notarono con disgusto che sia Walker che Hill riuscirono ad evitare censure per il fallimento della spedizione.


Un’immagine che enfatizza il “Disastro di Quebec”

Fin dal marzo 1711 in Francia le autorità erano state avvisate che Nicholson stava organizzando una spedizione contro Quebec. Erano anche a conoscenza della composizione delle forze di Hill, ma pare che fino al mese di luglio non fossero al corrente della sua destinazione. Il governatore generale della Nuova Francia, marchese di Vaudreuil, inviò a Boston Louis Denys de La Ronde, verosimilmente per sovrintendere a uno scambio di prigionieri all’inizio di giugno. La Ronde aveva anche istruzioni segrete per cercare di convincere le autorità a negare supporti alle spedizioni provenienti dalla Gran Bretagna. La Ronde, che per combinazione arrivò a Boston l’8 giugno, lo stesso giorno di Nicholson, evidentemente non riuscì nel suo intento di influenzare l’opinione dei coloniali inglesi. Nicholson, divenuto sospettoso per il suo comportamento, alla fine lo fece arrestare. Quando a bordo di un vascello francese catturato vennero rinvenute copie delle sue istruzioni segrete, portate poi a Boston, La Ronde venne arrestato e trattenuto a Boston fino a novembre. Il governatore Vaudreuil venne di nuovo avvertito in agosto che si stavano organizzando spedizioni contro Quebec e Montreal. Egli convocò la milizia, arruolò Indiani del posto e preparò la difesa meglio che poté, mettendo l’intera colonia in stato di guerra. A metà ottobre giunse a Quebec la notizia che grandi navi si stavano avvicinando, aumentando ulteriormente la tensione. Risultò poi che erano francesi; a bordo c’era anche un esploratore che il 19 settembre Vaudreuil aveva mandato lungo il fiume per osservare i movimenti della flotta inglese. Questi riferì del naufragio di sette navi e di un conteggio di cadaveri stimato in 1.500. Sebbene i coloni locali stessero già procedendo al saccheggio delle navi naufragate, la colonia organizzò una formale operazione di salvataggio che recuperò materiali come ancore, catene, tende e cannoni. Tutto venne venduto all’asta.

Seconda Campagna del Nord Est – scenario Acadia e New England

Prende il nome di Seconda Campagna del Nord Est una serie di incursioni condotte, fra la primavera e l’estate del 1712, da Indiani della Confederazione Abenaki contro villaggi inglesi confinanti con l’Acadia, nell’odierna Maine. Furono attaccati i villaggi di Kittery, Wells, Berwick, York, Spruce Creek e Portsmouth. Gli assalti raggiunsero anche il New Hampshire e il Massachusetts con incursioni su Exeter, Oyster River e Dover.

La pace

Nel 1712 Inghilterra e Francia dichiararono un armistizio e l’anno dopo venne siglato l’accordo di pace finale. Con le clausole del Trattato di Utrecht del 1713 la Gran Bretagna acquisiva l’Acadia (che venne ribattezzata Nuova Scozia), la sovranità su Terranova, la regione di Hudson Bay e l’isola caraibica di St. Kitts. La Francia riconosceva l’influenza inglese sugli Irochesi e assentiva a che il commercio con i Nativi americani dell’entroterra sarebbe stato aperto a tutte le nazioni. Restavano alla Francia tutte le isole del Golfo di San Lorenzo, inclusa Cape Breton, e tutti i diritti di pesca nell’area, compresa la pesca al merluzzo nella parte settentrionale di Terranova. Negli ultimi anni della guerra molti Abenaki si erano stancati del conflitto, nonostante le pressioni francesi per continuare le incursioni contro obiettivi del New England. Inoltre la pace di Utrecht aveva ignorato gli interessi dei Nativi americani, e qualcuno fra gli Abenaki esprimeva la volontà di negoziare col New England. Il governatore Dudley organizzò una grande conferenza di pace a Portsmouth, città del New Hampshire, la Provincia di cui era anche governatore, e a Casco Bay. Nel corso dei negoziati, gli Abenaki contrastarono le asserzioni inglesi, cioè che i Francesi avevano ceduto all’Inghilterra i loro territori degli odierni Maine orientale e New Brunswick e pretesero una conferma dei confini sul fiume Kennebec e la creazione di postazioni governative nel loro territorio. Il Trattato di Portsmouth, ratificato il 13 luglio 1713 alla presenza di otto rappresentanti di tribù della confederazione Wabanaki, includeva l’affermazione che la sovranità britannica si estendeva sul loro territorio. Entro l’anno successivo, il trattato venne siglato anche da altri capi delle tribù Abenaki, ma non dai Mi’kmaq, che non fecero nessun trattato fin al 1726.

Conseguenze della guerra

Per effetto della guerra la Florida spagnola non recuperò mai veramente né la sua economia né la sua popolazione. I Nativi che erano stati trasferiti lungo la costa atlantica erano scontenti dell’autorità britannica, così come quelli che nella guerra erano stati alleati degli Inglesi. Lo scontento deflagrò nel 1715 con la Guerra Yamasee, che costituì una grande minaccia per le possibilità di sopravvivenza della South Carolina. La diminuzione di popolazione nei territori spagnoli contribuì, nel 1732, alla fondazione della Provincia della Georgia, che era compresa, come la Carolina, nelle terre che in origine erano rivendicate dalla Spagna. A seguito dell’azione militare di James Moore contro i Tuscarora della Carolina (guerra cominciata nel 1711), la maggior parte di questa tribù fuggì verso nord per unirsi ai propri cugini, gli Irochesi. I costi economici della guerra furono alti in alcune delle colonie inglesi meridionali, comprese quelle che, tutto sommato, videro poche azioni militari sul proprio territorio. Virginia, Maryland e Pennsylvania (in misura minore), ne furono colpite a causa degli alti costi di trasporto marittimo dei loro prodotti di esportazione (principalmente tabacco) sui mercati europei e soffrirono anche per diverse annate di cattivo raccolto. La South Carolina accumulò un pesante onere debitorio a causa del finanziamento alle operazioni militari.
Sebbene Massachusetts e New Hampshire si fossero trovate nella linea frontale della guerra, le colonie del New England soffrirono un danno economico minore rispetto alle altre aree. L’importanza di Boston come centro di cantieristica navale e di commercio, combinata con i guadagni inaspettati derivati dalla spesa militare a carico della corona per la spedizione di Quebec del 1711, ammortizzarono molti dei costi di finanziamento della guerra.
La perdita di Terranova e Acadia restrinse la presenza francese nell’Atlantico fino all’isola di Cape Breton. I coloni francesi di Terranova vennero trasferiti nell’isola, con la creazione della colonia di Île-Royale; inoltre negli anni seguenti la Francia edificò la fortezza di Louisbourg.
Le firme delle controparti sul Trattato di Portsmouth del 1713
Questa presenza, assieme ai contrasti sui diritti di sfruttamento della costa di Terranova, provocò continue frizioni per i contrastanti interessi nella pesca tra Francesi e Inglesi, che furono risolti solo verso la fine del XVIII secolo.
A Terranova gli effetti economici della Guerra furono pesanti, con le flotte pescherecce che solcavano le acque in numero ridotto in modo significativo. Quella inglese cominciò a ricostituirsi subito dopo che la pace venne siglata. Gli Inglesi cercavano di prevenire l’intromissione di imbarcazioni spagnole nella pesca in acque di Terranova, come avevano già fatto in precedenza. Tuttavia molte navi spagnole si pavesarono semplicemente con la bandiera inglese per evitare i controlli britannici.
La conquista inglese dell’Acadia ebbe conseguenze di lungo termine per gli Acadiani e i Mi’kmaq che vivevano lì. Il possesso inglese della Nuova Scozia inizialmente fu inizialmente non gravoso, una situazione che i capi della resistenza francese e indiana capitalizzarono subito. Dopo la guerra le relazioni fra Inglesi e Mi’kmaq si svilupparono in un contesto di espansione britannica non in Nuova Scozia, bensì lungo la costa del Maine, dove gli abitanti del New England presero a spostarsi verso le terre degli Abenaki, spesso in violazione dei trattati stipulati. Poiché né gli Abenaki né i Mi’kmaq erano citati nel Trattato di Utrecht e il Trattato di Portsmouth fu interpretato in modo differente dagli Indiani rispetto ai firmatari inglesi, le due tribù opposero resistenza a queste incursioni nei loro territori. Questo conflitto sfociò in una nuova guerra coloniale, quella detta “di Padre Rale”.
Anche le relazioni fra Inglesi e i nominalmente conquistati Acadiani si rivelarono difficoltose. Le ripetute sollecitazioni inglesi affinché gli Acadiani prestassero giuramento di fedeltà alla corona inglese trovarono molta resistenza e sortirono subito un esodo della popolazione francese verso Île-Royale e Île-Saint-Jean (attualmente Isola Prince Edward). Anche questa situazione sfocerà in un’altra guerra coloniale, quella detta “di Padre Le Loutre”. Anche sui confini dell’Acadia persistevano attriti tra Francesi e Inglesi. I confini stabiliti dal trattato non erano chiari e gli stessi Francesi non li avevano mai indicati formalmente. Essi ritenevano che fosse passata di mano la sola penisola acadiana (odierna Nuova Scozia, eccetto Cape Breton), mentre mantenevano i diritti sull’attuale New Brunswick. Questo porterà allo scontro durante la King George’s War (negli anni ’40 del 1700), ma la soluzione definitiva ci sarà solo dopo la Guerra di Sette Anni.


Territori controllati dagli Europei dopo la Queen Anne’s War

I Francesi non ottemperarono completamente alle disposizioni del Trattato di Utrecht sul commercio. Cercarono invece di impedire il commercio degli Inglesi con le tribù native più remote ed eressero Fort Niagara in territorio irochese. Gli insediamenti francesi sulle coste del Golfo del Messico continuarono ad espandersi, con la fondazione di Nouvelle Orleans nel 1718 e altri tentativi, alla fine infruttuosi, di espandersi nei territori del Texas e della Florida, controllati dalla Spagna. La rete commerciale francese penetrò nel continente lungo le vie d’acqua che sfociavano nel Golfo del Messico, riaccendendo conflitti sia con gli Inglesi che con gli Spagnoli. Anche le reti commerciali stabilite nel bacino idrografico del Mississippi, compresa la valle del fiume Ohio, portarono i Francesi ad un maggior contatto con i commerci inglesi e gli insediamenti coloniali sparsi tra i monti Appalachi. Le rivendicazioni di questi territori portarono infine alla guerra franco-indiana, inserita nel più vasto conflitto noto come Guerra dei Sette Anni.
Lo status dell’Acadia fu uno degli argomenti più contestati nei negoziati che portarono, nel 1713, al Trattato di Utrecht e si andò vicini a far scoppiare subito un’altra guerra. Il confine della regione non era stato demarcato formalmente dal Trattato e sia Francesi che Inglesi si affrettarono a fortificare l’istmo di Chignecto. I negoziatori francesi non riuscirono a recuperare l’Acadia, benché riuscissero a trattenere l’isola Saint-Jean (oggi isola Principe Edoardo) e l’ Île Royale (oggi Cape Breton Island), che consentivano l’accesso a importanti zone pescose dell’Atlantico, e questo fu un aiuto per Abenaki, Malecites e Mi’kmaq per mantenere la sovranità sui loro antichi territori di caccia.