- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

La ballata di sangue dei fratelli Harpe

A cura di Gian Mario Mollar


I fratelli Harpe
“Mentre ti trovavi al Sud, durante la tua recente visita, hai sentito qualche leggenda sulla banda di Cave in the Rock? Quello è uno scenario che avrei sempre voluto visitare. Un mio amico [Clyde Smith]l’ha visto un anno fa o giù di lì e ha detto che è davvero impressionante. Di sicuro è stato il porto per un’orda disperata. Tra questi c’erano gli Harp, che nella mia opinione sono stati i più terribili fuorilegge che abbiano mai maledetto questo continente, senza comunque dimenticare Boone Helm, dal quale Zane Grey sembra aver ricavato il suo infernale Gulden della Legione del Confine […]”.

Questa lettera porta la data del 22 settembre 1932 ed è un piccolo frammento di un immenso epistolario scritto da due giganti della letteratura weird. Il mittente è Robert E. Howard, il padre di Conan, di Solomon Kane e autore di migliaia di pagine pervase da una possente e oscura epicità, il destinatario è Howard P. Lovecraft, il nero demiurgo che ha plasmato un intero universo fatto di orrori arcani, tentacoli e divinità raccapriccianti.
Howard, nato e cresciuto in Texas, era un grande appassionato dell’epopea western e vi si dedicò profusamente, scrivendo una serie di racconti ambientati nella frontiera. Come vedremo tra poco, non è un caso che i fratelli Harpe e Boone Helm siano finiti nello scambio epistolare tra due scrittori horror, in quanto le loro storie sono intrise di terrore e sangue.


I cugini Harpe, scambiati da tutti per fratelli

Di Boone Helm si è già parlato in un Levi Boone Helm, il “Cannibale del Kentucky”, quindi oggi preparatevi ad ascoltare l’agghiacciante ballata dei Fratelli Harpe, i primi serial killer d’America.
In realtà, Micajah “Big” Harpe e Wiley “Little” Harpe non erano fratelli, ma soltanto cugini. A essere fratelli per davvero erano i loro padri, rispettivamente John e William, migranti scozzesi insediatisi nel Nord Carolina nei primi del 1700. Una volta arrivati sul suolo americano, il cognome della famiglia si trasformò da Harper in Harp e Harpe e, successivamente, forse proprio per nascondere la vergogna della loro memoria, cambierà nuovamente, diventando Earp.
Pare – ma non ci sono fonti sicure ad attestarlo – che il celebre Wyatt Earp, il protagonista della Sfida all’OK Corral, fosse un discendente di questi terribili banditi.
I due Harpe crebbero insieme e divennero inseparabili. Si racconta che Micajah, il “Grande” Harpe, fosse una montagna di muscoli alta quasi due metri, con i capelli bruni e una passione per il tomahawk, che portava sempre con sé. Wiley, il “Piccolo” Harpe, il cui vero nome era Joshua, era invece di dimensioni più minute, con i capelli rossi e una maggiore acutezza intellettuale lo rendeva la “mente” del gruppo. Entrambi si vestivano con pelli di daino e si dice che dalla loro cintura pendesse sempre qualche scalpo.
Nel 1770 la loro famiglia si spostò dal North Carolina in Virginia e intorno al 1780 i due si arruolarono nell’esercito lealista, fedele alla Corona Inglese, per combattere contro i coloni americani, nella Guerra di Indipendenza. Agli ordini del Maggiore inglese Patrick Ferguson, i due Harpe combatterono nella Battaglia di King’s Mountain, il 7 ottobre 1780. Sotto la guida del Tenente Colonnello Banastre Tarleton, invece, presero parte alla Battaglia di Blackstocks, del 20 novembre 1780, e a quella di Cowpens, il 17 gennaio 1781. I tre scontri citati furono delle grandi vittorie per gli Inglesi ai danni dei coloni americani che aspiravano all’indipendenza.
Pur combattendo gli “Uomini del Re”, gli Harpe non erano molto interessati agli ideali e alla politica: quello che li attraeva maggiormente della vita militare era la possibilità di uccidere, saccheggiare e stuprare impunemente. Nella scelta del campo, probabilmente, giocarono due fattori: in primis il fatto che già i loro genitori fossero dei Kingsmen, rimasti fedeli alla madrepatria anche dopo essere emigrati e, in secondo luogo, il fatto che gli insediamenti dei ricchi coloni americani costituivano una preda decisamente appetibile.


I due Harpe

Le loro inclinazioni “poco ortodosse” furono chiare fin da subito: nel corso di un attacco a una fattoria furono fermati dal Capitano James Wood, mentre stavano per violentare e uccidere tre ragazze appena adolescenti. Come vedremo tra poco, questo salvataggio costò molto caro al Capitano Wood. I fratelli Harpe non erano tipi da dimenticare un affronto del genere.
Nel 1781, la Battaglia di Yorktown segnò la disfatta dei Inglesi e la vittoria degli Americani. Gli Harpe si dispersero, unendosi a un gruppo di alleati degli Inglesi, gli indiani Chickamauga Cherokee, rifugiandosi nel Tennessee, a ovest dei monti Appalacchi. Unirsi a questa tribù gli permise di proseguire nella loro attività preferita, lo sterminio e la razzia, come se la guerra non fosse mai terminata: già nel 2 aprile 1781, infatti, li vediamo impegnati nell’attacco di Fort Nashborough (ora Nashville), nel Tennessee, un avamposto di frontiera dei patrioti americani . Nel corso di questo scontro rimase ucciso un certo Capitano James Leiper, il cui figlio, John, ricomparirà in seguito nella nostra storia con esiti fatali.
La convivenza dei due “fratelli” con gli indiani Cherokee si protrasse per lungo tempo, dodici anni. La tribù contava circa quattrocento uomini e compì diverse scorrerie, fra le quali va ricordata la Battaglia di Blue Licks del 1872, in cui un gruppo misto di lealisti e di alleati nativi inflisse una dura sconfitta alle milizie del Kentucky.
Non ci sono informazioni documentali precise in merito a questo lungo periodo della vita dei fratelli Harpe , tranne una. Fu durante questo lasso di tempo, infatti, che gli Harpe riuscirono ad avere l’agognata vendetta nei confronti del Capitano Wood, rapendo sua figlia Susan.


Il nascondiglio dei “fratelli” serial killer

Questa, insieme a un’altra giovane donna, Maria Davidson, detta Betsy, anch’ella rapita, ebbe il dubbio privilegio di diventare la consorte dei due fratelli. Le fonti, tuttavia, non concordano su questa informazione, perché in altri resoconti si parla delle mogli degli Harpe come di due sorelle di cognome Roberts, ma Roberts era anche uno dei nomi falsi adottati dagli Harpe per confondere le tracce nel corso delle loro scorribande.
Quello è che certo, è che le “mogli” non ebbero una vita facile: venivano picchiate e brutalizzate in continuazione. Per due volte ciascuna, diedero alla luce dei figli, che venivano poi uccisi dai due fratelli poco dopo la nascita. Si tratta di uccisioni raccapriccianti e atroci. In punto di morte, Big Harpe si pentirà soltanto di uno dei molti omicidi da lui compiuti, quello di uno dei suoi stessi figli. Il bambino continuava a piangere e così Micajah, infastidito dal rumore che non gli consentiva di dormire, lo afferrò per i piedi e gli fracassò la testa contro un albero. Pare che, comunque, tre bambini riuscirono a sopravvivere alla bestiale abiezione dei loro padri.
Si può supporre, forse, che la lunga convivenza con i carnefici abbia reso le due donne succubi dei loro mariti/rapitori: per un verso, infatti, esse furono vittime della loro violenza, ma, d’altro canto, furono anche complici, non sempre passive, dei molti crimini compiuti dai fratelli Harpe.


Uno dei primi omicidi degli Harpe

La lunga convivenza con i Cherokee ebbe termine nel settembre del 1794, quando gli Americani attaccarono in massa i nativi alleati agli Inglesi a Nickajack. Il villaggio fu raso al suolo, ma, in qualche modo, l’inquietante quartetto riuscì a salvarsi. Si trasferirono a Powell’s Valley, nel Tennessee, e successivamente, nel 1797, costruirono una capanna di tronchi sulle rive del torrente Beaver, nei pressi della città di Knoxville. La guerra era ormai finita e i due combattenti si trasformarono in coloni, che coltivavano la terra per vivere. In questo stesso anno, Little Harpe sposò ufficialmente la figlia di un pastore locale, Sarah Rice, che entrò così a far parte dell’harem.
Ma la “conversione” non era destinata a durare a lungo. Nel 1798, un loro vicino, un certo Moses Doss, ebbe la malaugurata idea di interessarsi troppo alle misere condizioni in cui vivevano le tre donne: gli Harpe lo uccisero brutalmente. Al contempo, nei dintorni della loro fattoria si constatò un vertiginoso incremento dei furti di maiali e cavalli: le fiamme dei fienili incendiati dagli Harpe rischiaravano le notti e turbavano il sonno degli onesti cittadini di Knoxville.
Edward Tiel, uno dei vicini esasperato dai continui furti, creò una posse, ovvero un gruppo di volontari, che si mise sulle tracce dei ladri e riuscì a catturare gli Harpe sui monti Cumberland, ma i due scapparono prima che il drappello facesse ritorno a Knoxville.
La maschera di onesti e rispettabili coltivatori era caduta una volta per tutte e così, nel 1798, iniziò la loro carriera criminale vera e propria. Spostandosi continuamente tra la Virginia e il Kentucky, i fratelli Harpe iniziarono a sgranare il loro lungo rosario di sangue: due uomini in Tennessee, poi due viaggiatori provenienti dal Maryland, poi un uomo di nome John Langford, poi ancora due uomini di nome Edmonton e Stump e tre che erano accampati vicino al Saline River.


Le notizie dei crimini degli Harpe viaggiavano veloci

Gli omicidi erano accomunati da un “marchio di fabbrica”: le vittime venivano eviscerate e le loro cavità addominali riempite di sassi e ricucite, per poi abbandonare i cadaveri così zavorrati lungo corsi d’acqua o laghi. Questo modus operandi ricorrente, unito alla gratuità delle violenze compiute, non sempre motivate da secondi fini di natura economica, permettono di classificare gli Harpe come i primi serial killer d’America.
I due riuscirono a scappare per lungo tempo soprattutto grazie alla mancanza di un sistema di polizia organizzato. A quei tempi, infatti, al di fuori dei primi centri cittadini, si estendevano terre selvagge e “senza legge”, in cui non era troppo difficile farla franca, magari cambiando nome. Gli Harpe vennero in più occasioni inseguiti da posse, ma in genere queste squadre erano composte da volontari che, esaurita la rabbia del primo momento, non vedevano l’ora di fare ritorno alle loro attività e alle loro famiglie.
Nel 1798, i fratelli Harpe vennero arrestati a Danville (Kentucky), ma riuscirono a evadere, probabilmente corrompendo il loro carceriere, che di lì a poco, per una strana coincidenza, fu abbastanza ricco da acquistare una fattoria e un appezzamento di terreno. In quel momento, tutte e tre le loro mogli erano gravide e furono abbandonate in carcere, dove partorirono.
Nella primavera del 1798, i due pluriomicidi erano di nuovo a piede libero e le loro donne erano state scarcerate in quanto giudicate complici involontarie. A quel punto, le tre donne avrebbero potuto scappare in cerca di un destino migliore, ma scelsero di ricongiungersi ai loro mariti sanguinari, che aggiunsero altre vittime alla loro collezione, uccidendo un contadino di nome Bradbury, un uomo chiamato Hardin e un ragazzo di colore di nome Coffey, in un luogo denominato Mammoth Cave. Anche la testa di quest’ultimo fu sfracellata contro un tronco dalla furia omicida di Micahja Harpe.


L’incontro con gli Harpe era fatale

Quando il Governatore del Kentucky arrivò a mettere una taglia di 300 dollari sulla loro testa, venne il momento di cambiare aria e i due si spostarono nel sud dell’Illinois, dove si unirono a una banda di pirati di fiume capitanata da Samuel Mason (o Meason, a seconda delle fonti).
Il covo di questa banda era una caverna situata sulle rive del fiume Ohio, detta Cave in the Rock, che fungeva non soltanto da rifugio per i criminali, ma anche da saloon, sala da gioco e bordello. Probabilmente attratti dalla scritta all’ingresso, “Liquor Vault and House of Entertainment” (Cantina di liquori e casa di intrattenimento), i fratelli Harpe si mescolarono all’umanità varia e poco raccomandabile che frequentava l’antro e vennero ben presto arruolati nella gang di pirati.
L’attività dei predoni era agevolata dalla conformazione del territorio, in quanto, in quel punto, il fiume Ohio era irto di massi, secche e rapide, che ne rendevano particolarmente difficoltosa la navigazione. Da sempre, i mercanti che dovevano trasportare il loro carico di pellicce lungo il fiume erano spesso costretti ad affidare il timone a qualche barcaiolo locale, che evitasse loro di incagliarsi e di perdere il carico.
I pirati di Mason si spacciavano per barcaioli affidabili, ma, anziché condurre le imbarcazioni in salvo, a valle di Cave in the Rock, le portava dritte nel covo dei pirati. A quel punto, c’erano molte possibilità: i pirati potevano uccidere l’equipaggio delle barche e rimpiazzarlo, per vendere il carico più a valle, oppure imprigionarlo per chiedere un riscatto. Se il trucco dell’infiltrato a bordo non funzionava, i pirati potevano fare ricorso ad attacchi più diretti e brutali all’altezza di Hurricane Island, un punto in cui il fiume si biforcava e restringeva. Un’altra valida alternativa era quella di appostare una complice sulla vicina Diamond Island: la donna, fingendosi bisognosa di soccorso, avrebbe cercato di farsi caricare a bordo e avrebbe poi chiesto di essere depositata proprio nel covo dei pirati.
Per qualche tempo, i fratelli Harpe riuscirono a farsi accettare dalla banda ma la loro crudeltà e l’eccessivo sadismo finirono con lo scandalizzare lo stesso Mason, che li cacciò da Cave in the Rock. Pare che l’episodio scatenante avvenne una notte in cui i due fratelli si accanirono su dei prigionieri, buttandogli nudi giù da un dirupo per vederli sfracellare sulle rocce sottostanti.
Fu così che gli Harpe ripresero a peregrinare, sempre lasciando dietro di sé una traccia di cadaveri e orrore. Nel Kentucky centrale, John Graves e suo figlio, appena adolescente, vennero ritrovati con le teste aperte d a colpi di ascia. Non furono i soli: in seguito, i due fratelli uccisero una ragazza e anche un’intera famiglia, sorpresa nel sonno mentre era accampata, e un uomo chiamato Trowbridge fu trovato sbudellato nei pressi di Highland Creek.
Nell’estate del 1899, i due fratelli bussarono alla porta di Moses Stegall. Alla moglie che li accolse, dal momento che il marito non era in casa, si presentarono come pastori metodisti in cerca di un posto dove pernottare. Mentre la donna cucinava, i due tagliarono la gola al suo bambino neonato per non farlo strillare e uccisero anche un altro ospite, chiamato Major William Love. La donna subì di lì a poco la medesima sorte.
Ancora una volta, venne formata una posse per dare la caccia agli assassini. Alla testa dei giustizieri c’erano Moses Stegall e John Leiper, il cui padre era stato ucciso dagli Harpe ai tempi della Guerra di Indipendenza. Il 24 agosto 1799 la squadra riuscì dove molti avevano fallito in precedenza: raggiunsero i fratelli Harpe e Leiper sparò a Micajah, ferendolo a una gamba e tirandolo giù dal cavallo.


Il ritratto di Samuel Mason

Interrogato, Big Harpe confessò venti omicidi, ma è molto probabile che la lista fosse ben più lunga. Tra questi, l’unico di cui si disse pentito era quello di un suo figlio neonato, di cui si è già parlato. Il movente per le uccisioni, disse, era uno solo: lui e suo fratello odiavano l’umanità e avevano concordato, da molto tempo, di “distruggere quante più persone possibile”. Cercando di scamparla, arrivò a promettere di rivelare l’ubicazione dei molti tesori che lui e il fratello avevano nascosto durante le loro scorrerie. L’informazione non bastò a salvargli la vita, ma solleticò la fantasia di molti cercatori di tesori, che di lì a poco si misero a ripercorrere le tracce degli Harpe alla ricerca di bottini favolosi.
Moses Stegall non rinunciò alla propria vendetta nei confronti dell’uomo aveva distrutto la sua famiglia: mentre era ancora cosciente, lo decapitò lentamente con un coltello da macellaio e la testa dell’assassino fu piantata su un palo ed esposta nella cittadina di Henderson, Kentucky, a un incrocio che, per anni, portò il nome di Harpe’s Head.
Il giorno in cui morì Big Harpe furono catturate anche le sue mogli e quella di suo fratello, ciascuna con un figlio nato da poco. Le donne furono arrestate e incriminate per complicità nell’omicidio della famiglia Stegall. Il processo si svolse a Russelville, dove una giuria clemente le scagionò. Tutte e tre, Sally Rice, Susan Wood e Maria Davidson, ricominciarono altrove una nuova vita, risposandosi e creando famiglie numerose e rispettabili. In questa vicenda di sangue e tenebre, il mistero più grande riguarda proprio loro: furono vittime o complici? E se furono vittime, perché non fuggirono, quando ebbero l’occasione di farlo? La storia, purtroppo, non ci fornisce risposte certe, se non una manciata di date e nomi.
Per Little Harpe, invece, non ci fu redenzione. Una volta riuscito a far perdere le tracce alla posse, cambiò nome, diventando John Setton, ma mantenne intatta la sua sete di morte. Tornato a Cave in the Rock, si riunì alla banda dei pirati e continuò a commettere rapine e omicidi sia sul il fiume che lungo la Natchez Trace, la strada che congiunge il Mississippi con il Tennessee. Nel 1803, il piccolo Harpe fu catturato insieme al resto della banda, ma riuscì a fuggire di galera in compagnia di Samuel Mason.
Nel corso di qualche anno, rapina dopo rapina, la fama sinistra del pirata di fiume Mason si accrebbe e così anche la taglia che pendeva sulla sua testa, che raggiunse la cifra considerevole di 2000 dollari. Allettato dalla cifra, Wiley Harpe, in combutta con Jason May, un altro membro della banda, decise di uccidere Sam Mason per intascare la ricompensa. L’occasione si presentò una notte in cui Mason era particolarmente ubriaco: i due si avventarono sul loro capo e lo decapitarono, fuggendo poi in città con la testa per riscuotere la taglia.


Micajah Harpe fu ucciso e decapitato

Qualcosa nel piano andò storto, in quanto Wiley Harpe venne riconosciuto e impiccato nel gennaio del 1804, insieme al suo complice. Prima di morire, confessò a sua volta una ventina di omicidi, ma è probabile che una stima più esatta delle vittime di questa coppia di assassini sia almeno sessanta.
Anche la sua testa, come quella del fratello, finì infilzata su un bastone e venne esposta sulla Natchez road, a monito dei passanti.
Finisce così la storia dei fratelli Harpe e, ora che l’avete letta, non c’è da meravigliarsi che sia finita nel carteggio di due scrittori dell’orrore di alta caratura, come Howard e Lovecraft.
Una leggenda narra che una volta Micajah, il Grande Harpe, si sia imbattuto in un luogo chiamato Witch Dance, Ballo delle Streghe, nello stato del Mississippi. In quel bosco, in un’area circolare, non crescevano né alberi né erba e la guida indiana gli spiegò che il terreno era brullo a causa delle danze notturne delle streghe, che bruciavano l’erba calpestandola nelle loro ridde forsennate. Si dice che Big Harpe, una volta appresa la notizia, derise il suo compagno e sfidò a gran voce le streghe, chiamandole a presentarsi e ad affrontarlo. Gli rispose soltanto il silenzio del bosco.
La leggenda ha due interpretazioni possibili: forse le streghe non esistono o forse, in quel frangente, ebbero paura a mostrarsi e fronteggiare un uomo così abominevole.