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“Mi son fatto fare dei mocassini.” Guerra ed etica del guerriero tra i Crow

A cura di Anna Maria Paoluzzi

Bell Rock
Come per tutte le tribù delle pianure, la guerra era un banco di prova fondamentale per l’uomo Crow: lo status sociale di ogni singolo individuo, per quanto grande fosse il valore attribuito ad altre qualità (generosità, abilità oratoria, poteri sciamanici), dipendeva dal suo valore in guerra. Il coraggio in battaglia era infatti ciò che assicurava il benessere materiale, visto che oggetti e merce di valore, come cavalli, coperte e armi, provenivano dal bottino che si riusciva a razziare durante le spedizioni di guerra. Anche la religione era strettamente legata alla guerra: l’antica Danza del Sole Crow, che era essenzialmente una preghiera di vendetta, aveva perciò forti connessioni con i successi e gli insuccessi militari.
Anche durante la Cerimonia del Sacro Tabacco si pregava per ottenere onori e gloria in battaglia. Le spedizioni di guerra dovevano poi essere ispirate da una visione o da un sogno in cui il futuro comandante, o “portatore di pipa” riceveva indicazioni precise su nemico da attaccare e le modalità dell’impresa.
La vita dell’intera tribù, donne comprese, sin dalla prima infanzia ruotava intorno alla guerra: i nomi delle bambine, come quelli dei maschietti, erano ispirati alle gesta di famosi guerrieri. Le “danze degli scalpi” venivano eseguite da donne, erano le donne a celebrare in pubblico le imprese dei mariti, esibendo i loro scudi e le loro armi e una delle cause scatenanti principali delle spedizioni di guerra erano i lamenti delle madri per i figli morti e la loro richiesta di vendetta.
Vari resoconti e testimonianze parlano di guerriere Crow: una delle informatrici dell’antropologo Robert Lowie, che visse presso i Crow dal 1908 al 1915, Muskrat (Ratto Muschiato) aveva una volta partecipato a una spedizione contro i Piegan, contando “coup” su un nemico e scalpandolo.


Pretty Shield, celebre sciamana Crow

Pretty Shield (Bello Scudo), la celebre sciamana Crow, raccontò nelle sue memorie, raccolte da Frank Linderman, di una donna di nome The Other Magpie (L’Altra Gazza), che nel 1876 combattè contro i Lakota nella battaglia del Rosebud. Famose guerriere furono Comes Toward The Near Bank (Viene Verso la Riva Vicina), di cui è celebre l’evasione dal campo di un capo Piegan da cui era stata fatta prigioniera e Among The Willows (Tra i Salici), che fu “portatrice di pipa” nella battaglia di Rainy Buttes contro i Lakota Hunkpapa in cui fu ucciso il padre di Toro Seduto. I Crow furono anche una delle poche tribù che contò una donna tra i pochi capi: Woman Chief (Donna Capo, conosciuta dal trapper James Beckwourth con il nome di “Pine Leaf”, “Foglia di Pino”), di origine Atsina, ma cresciuta tra i Mountain Crow, che partecipò a diverse battaglie, raggiungendo infine lo status di capo e mantenendo un vasto clan familiare, tra cui spiccavano diverse mogli. Anche i bate’, gli uomini che nella vita di tutti i giorni sceglievano di vestire e comportarsi come donne spesso si univano a spedizioni di guerra: nella già ricordata battaglia del Rosebud combattè anche uno di questi “travestiti”, Finds Them and Kills Them (Li Trova e Uccide), che si guadagnò grande onore contando “coup” su un Lakota e salvando la vita a Bull Snake, un guerriero Crow rimasto ferito.


Un gruppo di guerrieri Crow

Ci si cominciava ad addestrare per la guerra sin da ragazzi. I bambini Crow, sin dalla più tenera età, ingaggiavano battaglie simulate e contavano “coup” su piccoli animali; c’era anche una società militare, gli Hammer (“Martelli” o “Mazze”, in Crow bu’ptsake) pensata proprio per gli adolescenti che iniziavano a imitare le attività belliche degli adulti. I ragazzi Crow erano comunque sempre in cerca di occasioni per mettersi alla prova, esponendosi al pericolo in vere spedizioni di guerra. Questo desiderio era sicuramente stimolato da un certo atteggiamento pedagogico degli adulti, che può essere sintetizzato nel vecchio detto Crow “Brutta è la vecchiaia; per un giovane è bene morire in battaglia”. I giovani venivano continuamente incoraggiati a farsi onore in azioni di guerra: una storia popolare narra di un giovane che, invece di unirsi ai suoi compagni di battaglia, resta ad oziare a casa finché il suo vecchio padre, disperato, non si butta nel fuoco, ferendosi e costringendo moralmente il ragazzo ad andare finalmente in guerra. Un giovane di ritorno da una spedizione contro il nemico di solito poi sbeffeggiava gli amici rimasti in casa con insulti come “Non sei un uomo!”, “Hai una vulva blu!” e via dicendo. La ricerca di gloria e onore, insieme alla competizione con in guerrieri adulti poteva poi sfociare in atti di temerarietà: significativo in questo senso è un canto di guerra intonato da giovani guerrieri Crow:

“batse’tsiri’katuac
Gli uomini (adulti) hanno paura ba’wiky
andrò io (incontro al nemico).”

La prima spedizione di guerra di un giovane non si risolveva tuttavia soltanto con gloria e onori; il ragazzo di solito diventava l’oggetto degli scherzi e delle beffe dei compagni più anziani, che potevano mandarlo a prendere acqua (senza naturalmente dirgli dove trovarla) per poi nascondersi prima del suo ritorno, facendolo girare a vuoto con i contenitori colmi, oppure stuzzicarlo all’ora di cena mandandolo a farsi dare del cibo da un membro della spedizione che puntualmente lo mandava da un altro ancora e via dicendo. Queste burle potevano però avere anche effetti negativi: dal momento che erano i più giovani ad accollarsi il peso delle provviste, questi di solito incoraggiavano i compagni a ingozzarsi senza calcolare il rischio di ritrovarsi all’improvviso senza cibo. Tutti gli incidenti venivano però dimenticati una volta fatto ritorno all’accampamento, come ricordava il grande capo Crow Plenty Coups (Molti Trofei): “Tutto ciò che accade in una spedizione militare rimane tra chi ha partecipato.”


Medicine Crow (Corvo Medicina), famoso capo di guerra, 1879

La massima aspirazione di ogni guerriero Crow era essere un capo o batse’tse (lett. “uomo valoroso” o “uomo buono”). Tale riconoscimento era dato a tutti coloro che avessero compiuto uno dei seguenti atti di valore (araxtsi’wice) in guerra:
1) Contare “coup” sull’avversario (da’kce), ossia toccare un nemico vivo, non importa se ferendolo oppure no. Su uno stesso nemico si potevano contare fino a quattro “coup”, anche da parte di diversi guerrieri, ma veniva attribuito maggiore valore al primo; seguivano poi il secondo, il terzo e il quarto “coup” . Per primo “coup” si intendeva poi il primo “coup” contato in assoluto durante una battaglia; agli altri, anche su nemici diversi, si dava minore importanza.
2) Strappare un arco o un’arma da fuoco al nemico durante un combattimento corpo a corpo.
3) Impadronirsi di un cavallo legato in un campo nemico (bapa’ckyua, letteralmente “tagliare qualcosa”). L’atto che determinava il “coup” era infatti tagliare la corda che assicurava il cavallo.
4) Entrare per primi in un accampamento nemico.
5) “Portare la pipa” (i’ptse-ake’) ossia guidare una spedizione di guerra o progettare un assalto contro il nemico (akdu’xigyutsgye).

Erano quindi “capi”, o meglio “possessori di onori militari” coloro che avevano compiuto almeno uno di questi atti di valore. Attualmente, l’unico batse’tse tra i Crow è lo storico ufficiale della tribù, Joe Medicine Crow (oggi novantaquattrenne), che si è guadagnato lo status di capo durante la Seconda Guerra Mondiale, contando “coup” su un soldato tedesco e strappandogli di mano il fucile in una postazione nemica conquistata e guidando degli uomini in una ricognizione. All’epoca delle interviste di Lowie, nella riserva Crow c’erano “possessori di onori militari” nella zona di Lodge Grass: Medicine Crow (Corvo Magico, o Corvo Sacro) e Gray Bull (Toro/Bisonte Grigio); a Pryor ce n’erano molti di più, e i più celebri erano Plenty Coups (Molti Trofei) e Bell Rock (Roccia Sonora).


Mamma Crow (Singing Beauty, Bellezza che-Canta) che allatta il suo bambino

In quello stesso periodo era in corso una disputa curiosa su quale di questi ultimi due capi fosse il kambasa’kace (il più valoroso tra i vivi). Gray Bull riteneva fosse Bell Rock, anche se il “conteggio” dava le seguenti cifre: 1° Bell Rock con 6 “coup”, 5 armi strappate al nemico, 2 cavalli rubati e 11 spedizioni di guerra comandate = 24 2° Plenty Coups con 7 “coup”, 5 armi strappate al nemico, 4 cavalli rubati, 9 spedizioni di guerra comandate = 25.
La maggior parte dei Crow tuttavia riconosceva in Plenty Coups il possessore supremo di onori militari; questa rivalità era poi più simbolica che fattuale, vista la grande amicizia che legava Plenty Coups a Bell Rock e il fatto che fossero imparentati per via matrimoniale.
Ogni “atto di valore” veniva simbolicamente rappresentato con una particolarità nell’abbigliamento del guerriero. Chi aveva contato “coup” portava dei mocassini con delle code di lupo attaccate al tallone; chi aveva strappato un arma al nemico decorava la propria camicia con delle pelli d’ermellino; chi aveva comandato una spedizione di guerra in cui era stato riportato del bottino, decorava i gambali con scalpi o pellicce d’ermellino. Talvolta sorgevano delle dispute su chi avesse contato il primo “coup” in battaglia. In questo caso, i due contendenti venivano sottoposti a un’ordalia (ackya’p-bats’-a-pasu’a, “disputarsi gli onori di guerra”); a ciascuno veniva dato un coltello da mettere in bocca con la punta rivolta verso il sole, ed entrambi dovevano mormorare la seguente formula: “Sono stato io a colpire il nemico per primo.”


Una famigliola di Crow

“Sole, quando hai guardato giù, mi hai visto mentre colpivo il nemico. In futuro, quando andrò in guerra, possa io di nuovo sopraffare il mio avversario con facilità” (o, in alternativa, “Possa chi mente morire prima dell’inverno”).
Se entrambi accettavano di sottoporsi alla prova, diventava arduo stabilire chi avesse ragione; se però, successivamente all’ordalia, uno dei due veniva colpito da una sciagura, lo si giudicava immediatamente come spergiuro e l’onore del “coup” veniva assegnato al suo avversario.
Altri modi per celebrare gli onori ottenuti in battaglia erano il raffigurare gli atti di valore di un uomo sulle sue vesti o, più raramente, sulla sua tenda (le tende dipinte erano considerate magiche). Durante i raduni delle varie bande, venivano poi cantate le gesta dei guerrieri, enumerandole una per una, al ritmo di un tamburo che veniva battuto a ogni singola frase. Gli scalpi venivano presi come prova dell’uccisione di un nemico, ma scalpare un nemico non era considerato un atto di valore particolare. A Lowie fu ripetuto varie volte che “Non sentirai mai un Crow vantarsi degli scalpi presi”. Gli scalpi venivano distesi su una struttura circolare, anneriti con carbone e fatti seccare e poi posti su un lungo palo, usato dalle donne durante le danze di vittoria.
Potevano capitare occasioni in cui un intero accampamento doveva far fronte a un imponente assalto nemico, ma la forma più comune di guerra era la “spedizione” (du’xia), organizzata da un leader detto “portatore di pipa”. Queste spedizioni venivano intraprese per iniziativa personale, senza bisogno di consultare i capi o il consiglio; nei casi estremi in cui un capo considerava controproducente una spedizione, poteva ordinare ai guerrieri incaricati di stabilire l’ordine nell’accampamento (a’ki’sate) di impedirne la partenza. L’unica autorità indiscussa sulle spedizioni di guerra era di tipo sovrannaturale: chi “portava la pipa” riceveva sempre indicazioni tramite visioni, in cui venivano forniti particolari come il posto dove recarsi, la tribù da attaccare, persino dettagli sul bottino (colore dei cavalli da rubare) o la tipologia del nemico da uccidere (ad es. un Cheyenne privo di un pollice).


Plenty Coups (Molti Trofei) , leader Crow, 1879

In mancanza di un’ispirazione sovrannaturale diretta, un aspirante portatore di pipa poteva recarsi da un notabile dell’accampamento e “prenderne in prestito la medicina”, seguendone le indicazioni ed eventuali visioni. Se si era alla prima esperienza come leader di una spedizione, era difficile trovare un vasto seguito, perché la credibilità delle visioni del “portatore di pipa” non era ancora stata messa alla prova. La “medicina” di un capo, per quanto forte, era poi soggetta a tabù tassativi di vario genere ( come non passare a destra del cavallo del “portatore di pipa”, non uccidere un determinato animale, non toccare certi oggetti e via dicendo); se si infrangevano, anche involontariamente, tali tabù, la spedizione era inevitabilmente destinata a fallire. Le motivazioni di una spedizione di guerra potevano essere desiderio di gloria, desiderio di bottino (cavalli) e sete di vendetta. Un informatore di Lowie, Flat Back (Schiena Piatta) formulò una specie di suddivisione in base alla tipologia di spedizione:
1) razzia di cavalli;
2) spedizioni per contar “coup”;
3) massacri.

Le prime due, sempre secondo Flat Back, erano in genere fatte a danno dei Piegan, l’ultima a danno dei Lakota.
Chi partecipava a una spedizione militare, generalmente partiva dal campo a piedi. C’era quindi la necessità di portarsi diverse paia di mocassini di ricambio e la frase “Mi son fatto fare dei mocassini” era quindi sinonimo di “Sto per unirmi a una spedizione di guerra” . Ci si poteva portare un cane che portasse le paia di mocassini di riserva, e un cestino e una corda per assicurare i cavalli rubati completavano il bagaglio del guerriero. Ogni spedizione aveva un certo numero di scout (ak’tsi’te) che, a eccezione del portatore di pipa, erano forse i membri più importanti della spedizione. Ciascuno di essi portava una pelle di lupo (una sorta di emblema) e imitava l’ululato dell’animale; “lupo” in effetti è il nome in cui tra i Crow ci si riferiva agli scout.


Curly, un famoso scout Crow

Le spedizioni di guerra si avviavano in genere al tramonto o di notte. Ci si manteneva contro vento, dissimulando il proprio odore con una copertura (acta’tse) fatta di bastoni, corteccia e foglie. Arrivati nelle vicinanze di un accampamento, il capo della spedizione inviava gli scout a osservare il nemico; gli scout, ritornando dalla loro missione, lanciavano l’ululato del lupo e brandivano le loro armi, per segnalare la presenza del nemico, in un rituale definito batsi’kya-raku’a. Seguiva un’altra cerimonia: gli altri membri della spedizione preparavano un cumulo di frammenti d’osso di bisonte, intorno al quale si disponevano a semicerchio. Il portatore di pipa si faceva quindi avanti, calciando la pila d’ossa e domandando agli scout di far rapporto. Gli scout rispondevano “Il nemico è laggiù” e solo allora avevano il permesso di rompere il digiuno che avevano iniziato dal momento in cui erano andati in avanscoperta. Arrivato il momento dell’attacco vero e proprio, ognuno si assicurava la propria medicina a diretto contatto con il corpo e si dipingeva il volto secondo l’uso associato ad essa. Il portatore di pipa quindi stendeva una coperta per appoggiarvi la sua medicina personale e, rivolto verso l’accampamento nemico, lanciava un fischio e intonava un canto propiziatorio (ad es. “Un così gran numero di cavalli mi è stato dato”).
Quindi si sceglieva chi sarebbe entrato per primo nel campo nemico e il portatore di pipa innalzava una preghiera al sole, promettendo di erigere una capanna sudatoria in segno di ringraziamento se la spedizione avesse ottenuto successo e se non ci fossero state perdite umane. Gli uomini quindi si avviavano verso il campo nemico e razziavano quanti più cavalli possibile, fino a quando il portatore di pipa non intimava ai suoi uomini di fermarsi e di tornare indietro. Il primo giorno e la seconda notte dopo la razzia si galoppava a gran velocità senza sosta; il secondo giorno si rallentava, per cacciare, mangiare e rifocillarsi. Quando poi ci si avvicinava al campo, i guerrieri trionfanti sparavano in aria e attraversavano tutto l’accampamento con i cavalli rubati.


Plenty Coups (Molti Trofei) e Big Shoulder Blade (Grande Scapola)

Teoricamente, tutto il bottino spettava al portatore di pipa; questi provvedeva comunque a dividerlo in parti uguali tra i suoi uomini (in caso contrario, sarebbe stato accusato di spilorceria). Dopo il leader della spedizione, la maggiore gloria spettava agli scout: questi indossavano le loro pelli di lupo e intonavano dei canti. La sera, tutti i membri della spedizione si radunavano nella tenda del “portatore di pipa”; dietro i guerrieri si sedevano le donne più giovani che, dopo che gli uomini avevano terminato di mangiare e intonare i loro canti, prendevano parte del cibo preparato per l’occasione e lo portavano a casa.
Le spedizioni di guerra in ogni caso non erano certo gite di piacere.
Oltre a “consumarsi le natiche” nella precipitosa fuga a cavallo che seguiva la razzia, c’era sempre il rischio di razziare un numero di cavalli inferiore a quello dei membri della spedizione e lasciare a piedi qualcuno, che sarebbe stato quindi più esposto al rischio di essere raggiunto dai nemici e ucciso. C’erano anche le avversità metereologiche: una volta, quasi un’intera spedizione perì in una tempesta di neve dopo una riuscita razzia in un campo Piegan.
Oltre alle razzie, venivano organizzate anche spedizioni mirate all’uccisione di uno o più nemici per vendetta. Gray Bull (Bisonte Grigio), la cui curiosa “medicina” era un dente estratto dal cadavere di un esperto razziatore di cavalli, cosa che a suo dire gli aveva permesso di mettere insieme una novantina di cavalli rubati, raccontò a Lowie un episodio di questo genere. Era seduto assieme allo sciamano da cui aveva ottenuto la propria “medicina”, quando una donna, il cui figlio era stato ucciso di recente, gli si avvicinò porgendogli una pipa. Lo sciamano gli ingiunse di accenderla e fumarla e Gray Bull obbedì. La pipa fu passata agli altri presenti e solo allora ci si accorse che la donna aveva portato con sé un cavallo carico di regali, che distribuì a Gray Bull e al suo protettore.


Delegazione Crow a Washington, 1880

Gray Bull si era quindi implicitamente accollato l’incarico di vendicare il giovane ucciso e, sotto consiglio del suo mentore, si rivolse alla donna dicendo: “Nonna, domani mi recherò nella capanna sudatoria e il giorno successivo mi metterò in marcia (contro il nemico).” Il giorno successivo Gray Bull si recò effettivamente nella capanna sudatoria, raccomandando alla donna di continuare a ridurre in polvere del legno carbonizzato per otto giorni a partire dalla sua partenza, e di aspettarlo. Sei giorni dopo la sua partenza, Gray Bull e il suo gruppo furono avvistati da alcuni Piegan, che rubarono loro i cavalli. I Crow partirono all’inseguimento e riuscirono a recuperare quasi tutti i cavalli e a uccidere quattro dei nemici. Si diressero quindi verso l’ accampamento, galoppando al massimo della velocità. L’ottava notte, Gray Bull si staccò dal gruppo in modo da poter raggiungere il campo entro il termine di tempo annunciato alla donna. Incontratola, le disse di continuare a preparare il carbone e di smettere di piangere. Nell’accampamento, la gente si era intanto disposta in cerchio, pronta a iniziare la cosiddetta Lunga Danza (baaha’tsgye disu’a). Alla fine, ognuno dei guerrieri invitò gli astanti nella propria tenda, per narrare la spedizione nei dettagli. A ciascuno di questi conviti era immancabilmente presente un parente del ramo paterno del proprietario della tenda, che aveva a suo tempo contato “coup” (a’sa’ke) e che era incaricato di cantar le lodi del guerriero che aveva appena fatto ritorno. Nei giorni successivi si teneva una grande tsuu’ra o celebrazione. I cantanti migliori si riunivano per intonare i canti al suono dei quali le mogli dei migliori “contatori di coup” sollevavano la “medicina” del proprio marito, collocata su un lungo bastone. La danza continuava fino a tarda notte, ma chi era ancora in lutto o aspettava vendetta per un parente seguitava con i propri lamenti fino all’alba. La mattina successiva, diverse persone si introducevano furtivamente nelle tende dei guerrieri appena tornati, scaraventando via le coperte con cui dormivano (e magari scoprendoli mentre giacevano con le mogli). Veniva quindi preparato del cibo e i guerrieri si recavano a danzare con chi era in lutto; venivano cantate di nuovo le lodi dei prodi che avevano ucciso i nemici e chi piangeva un parente iniziava a danzare fino a quando il sole raggiungeva il suo punto massimo.


Una danza notturna in un campo Crow

I guerrieri si annerivano la faccia per simboleggiare l’uccisione di un nemico (da qui l’invito di Gray Bull alla donna di preparare polvere di carbone a sufficienza); “una faccia annerita” era quindi per i Crow sinonimo di ritorno da una spedizione di guerra fruttuosa. Un’altra usanza era quella di utilizzare il sangue di un bisonte ucciso per decorare gli indumenti. A tale scopo, il sangue veniva mischiato con acqua e due diversi tipi di carbone. Quindi gli uomini strofinavano le loro vesti con dell’argilla bianca e poi diversi notabili, dopo aver proclamato le proprie gesta, decoravano le vesti con i simboli corrispondenti ai “coup” contati. La simbologia di queste decorazioni era la seguente:
1) chi aveva contato il primo “coup” e strappato un’arma al nemico, copriva tutta la propria veste o la coperta indossata con la mistura di sangue e carbone;
2) chi aveva contato “coup” sul nemico per secondo o terzo, decorava solo metà dalla propria veste con la mistura;
3) chi aveva contato “coup” per quarto, tingeva con il sangue solo le maniche della propria camicia.

C’erano poi altri tipi di decorazione, quali orme di cavallo, strisce parallele e figure antropomorfe che simboleggiavano i nemici uccisi. Dopo la decorazione, il gruppo si avvicinava all’accampamento e passava la notte all’esterno del cerchio. Il giorno successivo, i guerrieri facevano fuoco con le loro armi, ed emettevano un suono particolare. Poi mandavano chi aveva contato “coup” a prendere un tamburo per ciascuno dei propri compagni. Nel frattempo al campo le donne, udendo gli spari, si erano già abbigliate e avevano tirato fuori i bastoni con gli scalpi, pronte a danzare di fronte ai guerrieri al loro arrivo. Era considerato un ritorno vittorioso (ara’tsiwe) quello di una spedizione di guerra in cui uno dei partecipanti aveva contato “coup”, oppure quando il gruppo riportava dei cavalli razziati. Questo però non era sufficiente perché le donne del villaggio eseguissero la loro danza di vittoria. Quando i guerrieri avevano ucciso un nemico, essi si dipingevano il viso una o due notti dopo il ritorno e iniziavano a marciare per tutto l’accampamento; il loro comandante chiudeva il corteo e un araldo lo seguiva gridando ” Donne, indossate gli abiti e gli ornamenti più belli e recatevi alla tenda del portatore di pipa; faremo una grande festa stasera!” Tutto l’accampamento seguiva il corteo; giunti alla tenda, le donne si sedevano ciascuna dietro il loro guerriero favorito.


Racconti davanti al fuoco da campo

Si intonavano quindi i canti di lode per gli scout e per ogni scalpo preso (ossia per ogni nemico ucciso). Ogni donna prendeva la veste e il tomahawk del proprio guerriero favorito e, recatasi in un posto ben in evidenza nei pressi dell’ingresso della tenda, iniziava a danzare. L’araldo, seduto presso l’ingresso, faceva il nome di chi per primo aveva contato “coup”; questi rispondeva e quindi gli si faceva riempire un piatto con i dolci di bacche portati dalle donne presenti e gli si diceva di darlo a sua moglie. Lo scout che per primo aveva avvistato il nemico poteva scegliere il cibo che preferiva e offrirlo prima a sua moglie e poi alle altre donne presenti. Insieme all’altro scout consumava quindi il proprio pasto e poi serviva gli altri uomini. Dopo il banchetto, gli anziani presenti ordinavano alle donne di portare gli avanzi a casa e di affrettarsi poi a tornare per la cerimonia del “colpo sulla tenda” (ac-ditu’a). Per questa cerimonia, i ragazzi venivano incaricati di tagliare pali di salice e appoggiarli sulla tenda, e poi di aspettare tutti in fila il ritorno delle donne. L’araldo gridava: “Sciogliete i cavalli e portateli lontano; questi giovani stanno per colpire la tenda!”. I cantanti del gruppo iniziavano a battere sui loro tamburi e tutti gli altri (in genere coppie, ogni uomo portava con sé una giovane donna) prendevano dei bastoni di salice.
Al suono dei tamburi e cantando canti di vittoria, tutti iniziavano a correre verso la tenda del comandante della spedizione vittoriosa, e iniziavano a colpirla, mentre alcuni uomini facevano esplodere colpi di fucile (alcune volte spaventando i cavalli che fuggivano via). Dopo aver colpito la tenda, gli uomini iniziavano a cantare:
“Poco tempo fa andai via. Ora son tornato, baciami.”
Uomini e donne quindi si dirigevano verso il punto centrale dell’accampamento dove iniziavano una danza simile alla Danza del Gufo, ballando in cerchio, con ogni uomo che abbracciava la sua compagna avvolgendola nella propria coperta. Seguivano poi altri “colpi sulla tenda” (in genere cinque o sei). Cerimonie di questo tipo duravano al massimo un paio di giorni. Le canzoni in lode dei vincitori (maa’tsikaruu’a) erano una parte fondamentale di questo tipo di cerimonia.
Ragazze Crow
A cantare il panegirico degli eroi ritornati erano in genere gli uomini e le donne del clan paterno (a’sa’kua e isbaaxi’u “zii e zie del clan”); simili canti avevano sempre origini oniriche e non erano necessariamente ispirate ad azioni belliche. Un esempio (fornito da Medicine Crow) è questo: “dii’wasa’ kaa’m baa’wiky (Ti adotterò come nonna)”. Per ogni nuova canzone si riceveva un dono e tali canti venivano intonati anche dagli stessi guerrieri in successive spedizioni di guerra. Nel 1910, diversi anziani Crow ricordavano ancora numerosi canti del genere. Non tutte le spedizioni di guerra erano “a lieto fine” e coronate dal trionfo nel campo. Secondo la tradizione Crow, i migliori condottieri sono “quelli che non riportavano mai perdite” (ak-tsicee’rete), superiori a “coloro che riportavano regolarmente cavalli” e a quelli “che di regola uccidevano un nemico”. Se un guerriero Crow veniva ucciso durante una spedizione di guerra, i suoi compagni non rientravano immediatamente al campo, ma mandavano un messaggero che faceva esplodere un colpo d’arma da fuoco a una certa distanza dall’accampamento. Quando la tribù si radunava a vedere cosa fosse successo, il messaggero agitava la propria coperta nella direzione da cui era venuto. Era così chiaro a tutti che durante la spedizione di guerra qualcuno era rimasto ucciso: per ogni perdita, il messaggero abbassava la coperta o la gettava di lato, senza avvicinarsi al campo, ma rimanendo seduto al suo posto. Erano gli altri che si avvicinavano a chiedergli i dettagli di quanto era avvenuto e per i dieci giorni successivi i compagni di guerra dell’ucciso (o degli uccisi) rimanevano nelle colline vicine al campo, in lutto come del resto l’intero accampamento. In questo periodo i compagni dell’ucciso non potevano né bere né mangiare con oggetti che venissero dall’interno del cerchio delle tende. Trascorsi i dieci giorni, il gruppo ripartiva: se in questa seconda spedizione riuscivano a catturare dei cavalli, era finalmente concesso loro di rientrare al campo e smettere il lutto; ma la famiglia dell’ucciso teneva il lutto fino a quando un nemico veniva ucciso.


Guerrieri Crow guadano un fiume

Come tutte le tribù delle pianure, i Crow cercavano di evitare a ogni costo perdite umane. Anche se la morte in battaglia era teoricamente l’aspirazione di ogni guerriero, nella realtà dei fatti si stava bene attenti a non sacrificare una o più vite per disegni strategici o per sciocca spavalderia (anche se in questi casi si “copriva” tale atteggiamento con la fiducia nelle virtù sovrannaturali dei più temerari). Una preghiera Crow è altamente significativa in questo senso: i’tsikyaata (“Possa io ritornare sano e salvo dopo aver ucciso il mio nemico”).
I Crow non combattevano per particolare bellicosità: le risse all’interno della tribù erano rarissime e altamente disapprovate, come nel periodo delle riserve furono successivamente disapprovate le zuffe tra i rancheri bianchi nei dintorni della riserva Crow. Secondo le testimonianze raccolte da Lowie, non furono mai progettate imprese militari distruttive o volte a cacciare intere tribù dai territori (forse anche a causa del numero della popolazione, altamente ridotto dopo la grande epidemia di vaiolo del 1837). Le ragioni principali di una spedizione di guerra erano essenzialmente il desiderio di distinguersi il battaglia o il desiderio di vendetta, oltre a quello più squisitamente “economico”, legato all’acquisizione di un maggior numero di cavalli (anche se non legato alla sussistenza, poiché i Crow non mangiavano carne di cavallo). I cavalli erano usati come doni o merce di scambio per acquisire uno status maggiore all’interno della tribù (o dell’accampamento).
Uccidere un nemico era considerato un atto di valore, ma il “coup” era un’azione ancora più meritoria, come meritorio (anche se non considerato strettamente un “atto di valore”) era fermarsi o tornare indietro per salvare un compagno ferito. L’istinto di autoconservazione era comunque fortissimo: anche i guerrieri votati alla morte delle diverse associazioni militari, i cosiddetti “Crazy Dogs” (Cani Pazzi mi’cgye wara’axe), cui tutto ciò che desideravano, donne comprese, era concesso a compenso del loro voto suicida, erano legati al loro impegno solo per una stagione (potevano comunque rinnovarlo). Catturare un cavallo equivaleva a un “coup”: se il cavallo fuggiva o veniva recuperato, il “coup” veniva annullato, come guidare una spedizione di guerra non era più contato come “coup”, se uno dei partecipanti veniva ucciso. C’erano poi degli atti di guerra difficilmente considerabili atti di valore nell’ottica occidentale: Flat Back (Schiena Piatta) si vantò con Lowie di aver ucciso quattro donne di una tribù ostile (contando così “coup”) che lo avevano sorpreso mentre rubava un cavallo. Flat Back affermava scherzosamente “Mio cognato Medicine Crow è un capo, ma non ha fatto mai nulla di simile”.


Medicine Crow (Corvo di Medicina o Corvo Magico), celebre capo Crow

Anche se lo status di Medicine Crow era nettamente superiore a quello di Flat Back, non c’è dubbio che quest’ultimo considerasse la sua azione una vera e propria prodezza. Il trattamento dei prigionieri era in genere umano: le donne venivano formalmente adottate dal loro catturatore e fatte sposare a membri della tribù, diventando “donne Crow” a tutti gli effetti, con gli stessi diritti e doveri. Anche i bambini, maschi e femmine, venivano adottati: la loro origine straniera veniva ricordata solo durante certe cerimonie, in cui non potevano assumere determinati ruoli (come per esempio il taglio dei pali usati nella Danza del Sole). Il trapper e mercante Edwin Thompson Denig intorno al 1850 ricordava nelle proprie memorie: “I Crow non mostrano particolare sete di sangue nei confronti dei loro nemici… una tratto eccellente del loro carattere sta nel fatto che in battaglia prendono prigionieri le donne e i bambini, invece di spaccar loro la testa come fanno generalmente le altre tribù. Essi, e i loro amici e fratelli Hidatsa sono le uniche tribù che io conosca a dimostrare una simile umanità… I prigionieri non vengono maltrattati e le donne non vengono violentate, ma fatte lavorare come le donne della tribù, né più né meno. I bambini vengono adottati e considerati dai loro nuovi genitori come figli del loro sangue… E’ degno di nota anche il fatto che le prigioniere, dopo aver vissuto con i Crow per un solo anno e aver imparato un po’ la loro lingua, non desiderino più far ritorno alla propria tribù. Questo, ossia il fatto che queste donne si trovino meglio con degli estranei che con i propri amici e parenti, è cosa che fa grande onore ai Crow…”


Guerrieri Crow

In casi particolari (desiderio acuto di vendetta) le uccisioni in guerra erano tuttavia particolarmente crudeli, fino a diventare vere e proprie sedute di tortura: un vecchio trapper vissuto con i Crow, tale Leonard, raccontò di un gruppo di Blackfeet che, intrappolati su una collina, resistettero eroicamente ai loro assalitori, uccidendone diversi. Alla fine i Crow inferociti ebbero la meglio e si vendicarono sui superstiti, percuotendoli quasi a morte prima di ucciderli e mutilandone i corpi per due giorni di seguito. Sempre Leonard raccontò di un Blackfeet che, penetrato in un accampamento Crow, aveva ucciso gli occupanti di una tenda per impadronirsi dei loro cavalli e che, catturato, fu impiccato a un albero e usato come bersaglio per le frecce degli uomini e i bastoni dell donne. Casi del genere erano però tutt’altro che frequenti; il trapper James Beckwourth, che visse tra i Crow per quasi dieci anni, disse di aver assistito solo una volta alla tortura e al rogo di un nemico vivo. Come tra le altre tribù delle pianure, era però frequente la mutilazione e l’esibizione dei cadaveri (o parte dei cadaveri) dei nemici; in generale però “il popolo bello” si distingueva dai suoi fratelli Siouan delle pianure nel rifiutare la guerra come strage e distruzione.