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Intervista a Stefano Jacurti, scrittore e regista western

A cura di Domenico Rizzi

Stefano Jacurti
Stefano Jacurti, romano, è uno dei pilastri della cultura western in Italia, alla cui conservazione e diffusione ha contribuito sia come regista-attore dei film “Inferno bianco” e “Se il mondo intorno crepa” – autoprodotti e girati soprattutto in Italia – che come scrittore, con l’antologia di racconti “Il baule nella prateria”, il romanzo “Bastardi per stirpe” e la raccolta di pensieri “Avrei voluto essere ucciso da Clint Eastwood”. L’autore ha da poco ultimato la sua ultima fatica, di cui non ha ancora reso noto il titolo, che ha tutta l’aria di un nuovo, entusiasmante tuffo nel West della tradizione, ma anche in quello crepuscolare e moderno.
A Stefano Jacurti, nell’ambito delle nostre iniziative volte a dare risalto a chi si distingue nel nostro mondo di appassionati del west, abbiamo rivolto una fitta serie di domande in una intervista che vi proponiamo.

Domanda: Stefano, cosa ci puoi rivelare della tua nuova antologia? Puoi tratteggiare a grandi linee i suoi personaggi, l’epoca e il contesto in cui si sviluppa la loro azione?

Risposta: L’epoca è divisa in due. Si passa dal West di ieri a quello di oggi, ma i lettori non pensino che i racconti western ambientati nell’ottocento, visto che il libro prevede epoche diverse, siano solo un paio, perché non è affatto così. Sicuramente il western farà la parte del leone, su questo non ci sono dubbi. All’interno della raccolta, è come se ci fosse un baule nella prateria numero due, con sette racconti ambientati nel vecchio e amato West. Ma ci sono racconti ambientati nel rodeo, oppure “on the road”, ed altri dove il western si interseca con eventi che richiamano il “road movie” e lo “sci- fi”. Ci saranno racconti amari, sanguinolenti e persino “Sex in the West”, che però non sarà gratuito, anche in quel caso ci sarà un percorso da fare. Credo che sia nato un libro molto intenso.

Domanda: Esiste un filo conduttore che leghi fra loro, almeno idealmente, questi racconti, oppure si tratta di storie indipendenti?

Risposta: Sono storie indipendenti, forse il filo conduttore del libro c’è e risponde ad una domanda più generalista: che cosa è stato il sogno americano per molta gente. C’è chi ha sognato gli States in modi diversi, dalla Hollywood di Marylin Monroe, a Kennedy, da Kerouac a Martin Luther King, da Joe Di Maggio a Woody Guthrie e Bob Dylan. Io, come molti altri, ho avuto il mio “American Dream” applicato al western con John Ford, Leone, (un grande italiano che sognava un west tutto suo) Peckinpah e tanti altri. Il mio libro penso sia una concentrazione dei miei sogni all’Ovest. Sono stati sogni anche delusi però, non dimentichiamo le feroci contraddizioni che ancora oggi, in America sono molto evidenti.

Domanda: Vi è qualche racconto che ha come scenario la Guerra Civile Americana, materia di cui so che sei un esperto?

Risposta: Ce ne sono due. Uno è ambientato nel Kentucky, durante la battaglia di Perryville, a cui farà compagnia l’horror. Quest’ultimo genere si presta molto a intersecarsi con la Civil War, che fu davvero un inferno di dimensioni gigantesche.


Una scena di Inferno Bianco

C’è anche un altro racconto ambientato pochi anni dopo la guerra, sempre con l’horror nella scrittura. Il carnaio della guerra civile americana è stato un horror nella realtà, lo sanno tutti ormai e nonostante i nostri programmi scolastici, per anni, siano stati ingessati sulla quasi assenza della storia americana, oggi ci siamo arrivati.

Domanda: C’è un personaggio dei tuoi racconti, uomo o donna, a cui sei particolarmente legato?

Risposta: I personaggi sono tutti miei figli, è normale per ogni autore sentirsi legato ad essi, al di là di quale ruolo abbiano. Nel libro c’è uno scout alla fine dei suoi giorni, quindi un cacciatore di lupi (il western sulla neve, tornerà su carta dopo “Inferno bianco”) e c’è una squaw tra i Lakota Sioux. Scrivere di lei, davvero mi ha tolto il fiato. C’è anche un ragazzino a cui ho dedicato un attenzione speciale, perché prima d’ora, non avevo mai trattato la tematica dell’infanzia nei western. Comunque mi sono divertito un mondo a scrivere i dialoghi di un biker e della sua girl , entrambi “on the road” sulla moto, la Harley Davidson. Il background dei personaggi è importante perché non mi interessa scrivere solo sparatorie, ci vuole una storia, ma guai se non ci fossero scontri a fuoco, anche per capire come si arriva a situazioni così estreme fra i personaggi.

Domanda: Che ruolo hanno le donne nei tuoi racconti?

Risposta: Potrei rispondere che sono uno all’antica. In un certo senso per me il western resta roba da uomini, e questo penso di averlo raccontato nella scrittura, ma chi ha letto i mie libri sa che esiste anche “l’altro me”.
Infatti nei miei scritti alcune donne non sono state inserite solo per una comparsata, perché a loro ho sempre dedicato qualcosa di importante nei ruoli che hanno avuto.

Domanda: Vi è una continuità fra la nuova opera e quelle precedenti, considerando eventualmente anche le produzioni cinematografiche?

Risposta: La continuità c’è sempre, al western devo moltissimo. Prima mi ha fatto sognare nell’infanzia, poi ha salvato la mia difficile adolescenza, ed oggi, quando altri settori languono, (sono stato in scena a teatro recentemente proprio perché era da un po’ che mancavo) sta facendo sopravvivere la visibilità artistica di un uomo. Insomma, le vere luci, per ora restano da questa parte ed io le seguo. “Se il mondo intorno crepa” è stato il miglior western non americano al Festival internazionale del Cinema di Hudson in America. Un gioia immensa! Spero che si riaccendano altre gioie ovviamente, come quella che mi vedrà presto ad uno stage con Giancarlo Giannini, un mito assoluto. Visto che in questi ultimi anni, le più grandi soddisfazioni le ho avute nel western, ora, grazie agli amici di Roma Country Radio, sto vivendo una bellissima esperienza in radio legata al west e alla musica nei film.

Domanda: Tu, come me e pochi altri, insisti sull’argomento del West, nonostante che molti lo considerino superato. Perché lo ritieni invece ancora attuale?

Risposta: Premetto che come te considero il West la mia casa e sono d’accordo con Franco Ferrini, sceneggiatore di “C’era una volta in America” e quant’altro, quando dice: “Io da piccolo non giocavo a Piemontesi contro Austriaci, ma giocavo nel West”. Aggiungo: nemmeno io e nemmeno a Garibaldini contro Borbonici o Bersaglieri contro briganti.


Una scena di Se il mondo intorno crepa

Da bimbo non mi è mai fregato un tubo di tutto ciò, sono cresciuto così, non me ne voglia nessuno. Mi sono interessato al Risorgimento dopo, ma ero più grande. Il western è un grande contenitore, dove fin dal 1903 sono state depositate tante tematiche che possono essere riportate anche su carta e la sua attualità deriva dalle metafore universali.

Domanda: Se dovessi scegliere uno o due romanzi, fra i classici della letteratura western di Jack Schaefer, Alan LeMay, Louis L’Amour, Elmore Leonard, Cormac Mc Carthy o altri, quali indicheresti?

Risposta: I nomi citati sono tutti dei grandi, preferisco Elmore Leonard e Mc Carthy, ma non ho mai dimenticato Louis L’Amour.

Domanda: Quali ritieni, fra le migliaia di film western prodotti fino ad oggi, i più aderenti alla realtà storica dell’epoca?

Risposta: “Wyatt Earp” di Kasdan ha un’ottima ricostruzione storica, credo la migliore mai vista al cinema sulla vicenda dell’O.K. Corral, ma “Tombstone” ha funzionato meglio. Non sempre quindi, un’ottima ricostruzione storica, garantisce il sicuro successo. Ricordo “Soldato Blu” e “Piccolo Grande Uomo” ce ne sono altri ma per tornare ad oggi, “The Revenant” con Di Caprio, è stato girato con ottica molto vicina all’epoca. C’è da dire però che il cinema non è un libro di storia esatto, e in molti casi quel libro è meglio non usarlo troppo, ma nella giusta misura. Per chi gira un western, la storia del West, se consultata, può essere un grande alleato, ma può essere un problema nella sceneggiatura se nella storia compaiono luoghi, armi, personaggi che ancora non c’erano o non c’erano più da un pezzo. Meglio allora restare nella fantasia se il plot non è conciliabile con le vere date degli eventi o quant’altro. Oppure c’è un’altra strada, quella dove il cinema ( perché siamo a casa sua) ha sempre la precedenza, il che significa prendere qualche licenza. Credo che sarebbe un peccato rinunciare a una bella sequenza piena di pathos per motivi storici, finendo per tarpare le ali al film.


Stefano Jacurti, un vero volto western!

A quel punto, sceneggiatori e registi hanno il diritto (secondo me il dovere) di adattare, o modificare qualcosa, perché non c’è da sostenere un esame ad Harvard sulla storia americana, ma c’è da girare un film che emozioni. Penso che un punto d’incontro si possa trovare fra una buona ricostruzione storica (oggi per documentarsi basta un click, perché non sfruttare questo vantaggio?) e un adattamento mirato allo spettacolo del cinema. Quando si trova questo buon compromesso, è sicuramente positivo.

Domanda: E fra i western italiani?

Risposta: I western italiani di veramente storico non hanno quasi nulla, ma quelli validi, hanno fatto il giro del mondo. Ciò dimostra la genialità di alcuni western nostrani. Sembra un paradosso, ma proprio Sergio Leone che di certo, un regista di western storici non è mai stato, proprio perché era un grande sognatore, nella sua produzione è riuscito gradualmente a curare tanti particolari sul set come nessun altro. Nessuno in Italia parlando della cura che Leone metteva nei suoi film, è riuscito a stargli dietro, nemmeno quelli dei grandi cult degli spaghetti western. Voglio però ricordare che per certe tematiche, visto che è accaduto anche nel western americano, il nostro western è stato importante. Prendo come esempio il maestro Castellari che con il suo “Keoma” e la fortissima questione razziale presente nella pellicola sul figlio mezzosangue indiano rispetto ai fratelli, era molto avanti già da allora. Oggi, quel film è attualissimo, comprese le sequenze degli appestati rinchiusi in una miniera perché infetti. Questa volta ho voluto parlare di Castellari perché ha girato ottimi film, infatti Tarantino si è ispirato a lui.

Grazie per questo incontro Domenico, un saluto a tutti e a presto con il nuovo libro!