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Il massacro nella neve, Marias River 23 gennaio 1870

A cura di Renato Ruggeri

La Confederazione Blackfoot (Nitsitapi) comprendeva i Siksikas, i veri Blackfeet, i Piedi Neri, termine che si riferiva ai loro mocassini che erano o colorati di nero o sporcati dalla cenere dei fuochi che bruciavano, frequentemente, le pianure, i Bloods o Kainahs, “the many chiefs, i molti capi”, e i Piegans o Pikunis, the scabby robes, le vesti stracciate”. I tre gruppi parlavano la medesima lingua, avevano costumi comuni e combattevano gli stessi nemici.
I Piedi Neri controllavano una vasta regione che si estendeva dalle Montagne Rocciose, a ovest, fino alle Bears Paw Mountains, a est, e dal fiume Saskatchewan a nord al Teton Range, a sud, in quello che è, oggi, il Wyoming nord-occidentale.
All’inizio dell’Ottocento i Siksikas e i Bloods vivevano negli odierni stati dell’Alberta e del Saskatchewan, in Canada, mentre i Piegans occupavano un’ampia area che comprendeva il Montana centro-settentrionale.
I Piegans, che si dividevano, a loro volta, in northern e southern, abitavano nella parte meridionale del territorio Blackfoot e erano i più esposti agli attacchi dei loro nemici, in particolare gli Shoshones a sudovest e i Crows a sudest.
La regione era più temperata dei gelidi territori a nord occupati dai Bloods e dai Siksikas e conteneva il santuario invernale del fiume Marias. I Piegans erano i più numerosi e i più ricchi in cavalli.
Mentre i Blackfeet intrattennero rapporti amichevoli con i mercanti Inglesi della Hudson Bay Company, con cui commerciavano pelli in cambio di armi, munizioni e liquore, il loro atteggiamento verso i Big Knives, i Lunghi Coltelli, fu tutt’altro che amichevole.
Nel luglio 1806 il Capitano Lewis e un piccolo gruppo del Corps of Discovery incontrarono i Blackfeet.Quando alcuni guerrieri cercarono di rubare le armi e i cavalli degli uomini bianchi, Lewis e un membro del Corps di nome Reuben Field uccisero due Indiani in quello che fu, probabilmente, il primo scontro tra i Piedi Neri e rappresentanti del Governo Americano.In seguito i mountain men furono trattati in maniera ostile quando li incontrarono.
A partire dal 1830 i mercanti bianchi incominciarono a sviluppare rapporti amichevoli con i Blackfeet.Nell’estate 1832 l’American Fur Company iniziò a costruire Fort McKenzie sul Missouri, vicino alla foce del Marias River che divenne, in breve, il centro del commercio delle pelli di bisonte che stavano soppiantando le pelli di castoro non più di moda in Europa e negli Stati Uniti orientali.
Intorno al 1850 gli Americani iniziarono a muoversi all’interno del Montana nord-occidentale in modo significativo. I territori sembravano potenzialmente promettenti per l’allevamento di bovini e cavalli.
Nel 1855 ci fu il primo storico accordo tra i Piedi Neri e gli Stati Uniti.
Il trattato, chiamato Lame Bull Treaty, fu discusso con altri popoli della regione, tra cui i Flatheads, i Nez Perces, i Kootenay e i Salish e stabiliva un territorio comune di caccia, un “native hunting ground”, a est delle Montagne Rocciose, che riduceva sensibilmente il territorio Blackfoot.
Inoltre, ai Piedi Neri furono promessi 20000 $ in annualità per 20 anni in cambio del permesso di transito degli Americani attraverso il loro territorio, a scuole per i bambini e allo sviluppo di tecniche agricole.
Sempre nello stesso hanno fu stabilita la prima Agenzia per i Blackfeet a Fort Benton.
Nel 1862 fu scoperto l’oro nel Grasshopper Creek e molti avventurieri e minatori si riversarono nella regione in cerca di fortuna, e una boomtown come Bannack ebbe, in breve, più di 3000 abitanti.
Tra il 1862 e il 1869 ci furono, nel Territorio del Montana, una serie violenze tra i Blackfeet e i bianchi.Lo stile di vita degli Indiani iniziava a disintegrarsi per effetto dell’invasione dei coloni , del vaiolo e dell’alcol e i capi Blackfeet persero il controllo dei giovani guerrieri.Questi giovani attaccavano i coloni e i minatori e rubavano i loro cavalli e muli per poi rivenderli in Canada in cambio di armi, munizioni e liquore.Allo stesso modo I bianchi, sullo stile dei vigilantes del Montana, uccidevano e impiccavano Indiani solitari che non c’entravano con le aggressioni.La situazione, presto, degenerò.


La confluenza del Marias River

La genesi dell’attacco sul fiume Marias fu l’uccisione di un colono e mercante bianco di nome Malcolm Clarke e il ferimento del figlio Horace.
Nato in Indiana nel 1817, Malcolm Clarke era cresciuto in Minnesota e Ohio.La sua era una famiglia di militari.Il nonno, il Maggiore Thomas Seymour aveva partecipato alla Rivoluzione Americana e combattuto a Saratoga, il padre, il Lt Nathan, aveva preso parte alla Guerra del 1812.Venne ammesso all’Accademia Militare di West Point a 17 anni, ma dopo due anni fu espulso per indisciplina e se ne andò a ovest.Trascorse un paio d’anni nell’esercito della Repubblica del Texas e nelle Houston Volunteer Guards. Sebbene il servizio militare gli consentisse di ottenere una “land grant”, una concessione di terra gratuita nella nuova Repubblica, alla fine del 1838 Malcolm tornò negli Stati Uniti e il padre lo raccomandò a Alexander Culbertson, uno dei capi dell’American Fur Company. Così, nel 1841, partì per quello che sarebbe diventato il Territorio del Montana e fu assunto a Fort McKenzie in qualità di impiegato. Come impiegato, Malcolm ricopriva un posto di privilegio nella catena di comando della AFC, sopra gli interpreti, gli scuoiatori, i battellieri e i cacciatori di pelli.
Il suo compito era negoziare con i nativi, tenere l’inventario e tornare una volta all’anno a Fort Union e, qualche volta, a St Louis. La sua paga annua era 375$, tre volte il salario di un cacciatore.
Negli anni a seguire Malcolm sviluppò buoni rapporti con i Piegans, e sposò “Cutting Head Woman”, la figlia di un capo, da cui ebbe quattro figli, Helen, Horace, Nathan e Isabel.
I Piegans lo soprannominarono Four Bears per aver ucciso, in un solo giorno, quattro grizzly.
Quando lasciò l’American Fur Co., si stabilì in un ranch nella Prickly Pear Valley, 25 miglia a nord di Helena, futura capitale dello stato del Montana, e iniziò a allevare cavalli e bestiame.


Helena’s Sieben Ranch

Nella primavera del 1867 un cugino Piegan della moglie di nome Ne-tus-che-o, conosciuto dai bianchi come Pete Owl Child, arrivò al ranch dei Clarke con la moglie, la madre, la sorella e il fratello più giovane per una visita di cortesia.
Durante il soggiorno, alcuni ladri rubarono i cavalli dei Clarke e di Owl Child.
Malcolm, il figlio Horace e Owl Child si misero sulle tracce dei razziatori e scoprirono che le impronte appartenevano a bianchi, cosa che imbarazzò Malcolm e fece infuriare l’Indiano. Alcuni cavalli dei Clarke furono ritrovati, ma quelli del Piegan svanirono.
Alcuni giorni dopo, Owl Child lasciò il ranch senza salutare, portando con se i cavalli dei Clarke e un piccolo telescopio di Malcolm, come risarcimento per la perdita subita.
Malcolm e il figlio Horace si misero sulle tracce dei ladri e, arrivati in un villaggio Piegan, videro Owl Child che montava il cavallo preferito di Horace. Il giovane colpì l’Indiano con la frusta e gli gridò “cane”, mentre Malcolm lo apostrofò chiamandolo “vecchia donnicciola” e gli disse che avrebbe potuto perdonarlo per il furto dei cavalli, ma non per quello del telescopio.
Questa è la versione dei Clarke dell’episodio.
I Piegans, in seguito, affermarono che il furto compiuto da Owl Child era stato un atto di ritorsione nei confronti di Malcolm Clarke che aveva approfittato di una sua assenza dal ranch per violentare la moglie.
Sempre secondo questa storia, la moglie di Owl Child diede alla luce un bimbo con occhi azzurri e pelle e capelli chiari.Il bimbo nacque morto o fu ucciso dai parenti.
Quale sia, delle due, la versione più veritiera (quella del furto di cavalli mi sembra la spiegazione più quotata), la questione sembrò concludersi qui.
Il 17 agosto 1869 Malcolm e Helen Clarke stavano giocando a backgammon, quando, verso le 9 di sera, udirono abbaiare i cani. Una banda di Piegans, una quarantina in tutto, arrivò al ranch dei Clarke.La maggior parte dei guerrieri si nascose nei dintorni, mentre Owl Child e altri quattro, Bear Chief, Eagle’s Rib, Black Bear e Black Weasel, figlio del capo Mountain Chief, ritenuto dai bianchi il leader più bellicoso dei Piegans, si avvicinarono alla casa. Malcom li invitò a entrare.
Owl Child salutò calorosamente Horace e gli altri figli e disse di aver riportato alcuni cavalli dei Clarke che erano stati rubati dai Bloods tempo prima, e un messaggio di Mountain Chief che invitava Malcolm a venire a commerciare nel suo villaggio.
I Clarke prepararono, velocemente, una zuppa e tutti si sedettero a tavola. I Piegans sembravano tranquilli, ad eccezione del figlio di Mountain Chief che si muoveva incessantemente per la stanza, parlando con voce concitata.
Gli Indiani si lamentarono per l’uccisione del fratello di Mountain Chief avvenuta, per mano di assassini bianchi, a Fort Benton, poco tempo prima.
Verso mezzanotte Owl Child invitò Horace ad andare a prendere i cavalli che si trovavano in un vicino pascolo e disse a Bear Chief di accompagnarlo.
Il giovane non si sentiva tranquillo e cercò il revolver, ma il padre lo tranquillizzò.
I due avevano percorso circa un miglio quando, improvvisamente, il Piegan iniziò a intonare un canto di morte Crow. Horace, sorpreso, si voltò verso di lui e Bear Chief gli sparò a bruciapelo, al volto, con una pistola. La pallottola entrò vicino al lato destro del naso e uscì sotto l’orecchio sinistro. Il bianco crollò a terra e due Piegans, nascosti lì vicino, gli svuotarono le tasche e lo abbandonarono, credendolo morto.
Malcolm, ignaro della sorte del figlio stava, nel frattempo, parlando con Owl Child sulla porta del ranch quando Eagle’s Rib, che si trovava accanto a lui, gli sparò, colpendolo al petto. Owl Child lo finì con un colpo d’ascia alla testa.
All’interno della casa i famigliari iniziarono a urlare per il terrore.
Horace, gravemente ferito, riuscì a tornare al ranch e le donne fermarono l’emorragia inserendo foglie di tabacco nella ferita.Poi si barricarono nella camera da letto, mentre i Piegans rubavano zucchero, caffè e altre provviste, oltre al bestiame e ai cavalli e spaccavano sedie, tavoli e specchi.
Horace, miracolosamente, guarì (rimase, però, sfigurato), e visse per altri 61 anni.
L’uccisione di Malcolm Clarke suscitò grande scalpore in Montana e anche oltre i confini del territorio.
Nathaniel Langford, un suo caro amico che divenne, in seguito, il primo Sovrintendente del Parco di Yellowstone, scrisse “…gli Indiani lo ammiravano, tra i cittadini di Helena si diceva che fosse più amico degli Indiani che dei bianchi e, quando la notizia della sua morte ci raggiunse, pensammo che una rivolta Indiana fosse imminente”.
Nel mese di ottobre Helen e Horace Clarke testimoniarono davanti al Grand Jury a Helena e fu spiccato un mandato di cattura per i 5 Piegans colpevoli dell’omicidio.
Il Marshal federale William Wheeler notificò l’accusa al Lt Colonnello Alfred Sully, Sovrintendente degli Affari Indiani per il Montana, che si mise subito al lavoro per delimitare l’incendio.
Sully era un veterano delle guerre Indiane. Aveva comandato la spedizione punitiva contro i Sioux nel Territorio del Dakota nel 1863, e aveva partecipato alla campagna contro i Cheyennes e le tribù meridionali nell‘autunno 1868, culminata nella battaglia del Washita. Durante le operazioni militari, Sully aveva litigato aspramente con Custer e il generale Sheridan, suo superiore, l’aveva “esiliato” in Montana.
Il Primo gennaio 1870 Sully arrivò all’Agenzia Blackfeet sul fiume Teton, 35 miglia a nordovest di Fort Shaw, una postazione militare costruita sul fiume Sun nel 1867 per controllare e proteggere quella parte della Mullan Road che da Fort Benton arrivava a Helena.
L’intento del Lt Colonnello era incontrare i capi Blackfeet per parlare delle violenze contro i bianchi commesse dai giovani della tribù, “the young rabble”, come li chiamò Alexander Culbertson.Tra le richieste di Sully vi era la consegna dei colpevoli dell’assassinio di Malcolm Clarke, la gang di Owl Child, e la restituzione dei cavalli e muli rubati ai bianchi nell’estate e autunno precedenti.
Quando arrivò all’Agenzia trovò, solo, 4 capi a attenderlo, un Blood di nome Gray Eyes e tre Piegans tra cui Heavy Runner, noto ai militari per essere un buon amico dei bianchi.
Nelle conversazioni che seguirono Sully disse ai capi che il governo americano era arrabbiato coi Blackfeet e che le aggressioni dovevano finire. In caso contrario l’esercito li avrebbe colpiti anche oltre la Medicine Line, il confine con il Canada.
Sully diede loro un ultimatum di due settimane. Heavy Runner fu così spaventato dalle richieste che chiese e ottenne un documento che attestava la sua indole pacifica e la sua amicizia verso i bianchi.
Il Comandante militare del Distretto del Montana era il Colonnello Philippe Regis de Trobriand, un eccentrico aristocratico Francese, avvocato, poeta e romanziere, che si era distinto durante la Guerra Civile guadagnandosi il grado di Maggior-Generale.
De Trobriand si trovava a Fort Shaw e durante l’autunno aveva tenuto una posizione di attesa.Non condivideva l’isteria dei bianchi e aveva così risposto, nel mese di ottobre, a una petizione di alcuni cittadini di Helena che sollecitavano l’intervento dell’esercito “Non c’è, attualmente, una guerra Indiana nel Territorio”. Per precauzione aveva comunque allertato il Maggiore Eugene Baker e 4 compagnie del Second US Cavalry che si trovavano a Fort Ellis, vicino a Bozeman.


Baker è il settimo da sinistra

Le notizie e i rapporti provenienti dal Montana arrivarono, nel frattempo, anche a Chicago, al quartier generale del Lt-Generale Philip Sheridan, Comandante militare del Distretto del Missouri, che comprendeva il Territorio del Montana.Sheridan era sempre stato fautore di una politica aggressiva verso gli Indiani ma, in questo caso, decise di temporeggiare. Il 21 ottobre chiese al Generale d’Armata William T. Sherman, suo superiore, il permesso per una possibile campagna militare.Voleva, però, vederci più chiaro e così inviò un suo collaboratore, il Colonnello James Hardie, a investigare.
Hardie arrivò a Fort Shaw il 7 gennaio 1870 e si accorse subito che la situazione era mutata.
De Trobriand aveva cambiato opinione e era ora favorevole a un’azione militare contro i Piegans e aveva ordinato al Maggiore Baker di raggiungere Fort Shaw con il 2nd Cavalry.
Durante il mese di dicembre una banda composta da una ventina di guerrieri aveva compiuto alcune razzie lungo la Fort Benton-Helena Road (un gruppo di cacciatori era stato attaccato vicino a Fort Shaw e uno di loro era stato ucciso, trenta muli governativi erano stati rubati e un ranch saccheggiato) e, cosa più importante, la banda di Mountain Chief, il capo più bellicoso, a cui si erano uniti, probabilmente, gli assassini di Malcolm Clarke era tornata negli Stati Uniti dal Canada.
Per confermare la cosa Hardie inviò sul fiume Marias Joe Kipp, uno scout e interprete mezzosangue che si era aggregato al 13th Infantry a Fort Shaw qualche tempo prima.Kipp conosceva bene il territorio e sapeva distinguere i diversi villaggi Blackfeet dai disegni che decoravano i tipi. Nell’attesa del suo ritorno Hardie telegrafò a Sully che si trovava a Helena. Sully lo ragguagliò sul suo recente incontro con i capi e lo invitò a evitare un bagno di sangue. Con un’azione militare fulminea, suggerì Sully, l’esercito avrebbe potuto prendere in ostaggio Mountain Chief e una dozzina dei suoi guerrieri per poi scambiarli con i colpevoli dell’assassinio di Malcolm Clarke e del furto di cavalli e muli.
Il 12 gennaio Kipp ritornò e disse di aver trovato alcuni villaggi Blackfeet sparsi lungo il fiume Marias, tra cui quello di Mountain Chief, accampato presso il Big Bend, la Grande Curva del fiume.Disse anche che Owl Child, il principale bersaglio dell’azione militare, si trovava in un campo Blood oltre il confine.Il giorno seguente Hardie telegrafò a Sheridan. La sua opinione sposava il punto di vista di De Trobriand. Consigliò a Sheridan di inviare il Maggiore Baker e il 2nd Cavalry contro i Piegans di Mountain Chief. Sheridan rispose due giorni dopo. Se le vite e le proprietà dei cittadini del Montana possono essere meglio protette colpendo la banda Piegan di Mountain Chief, voglio che vengano colpiti. “Dite a Baker di colpirli duramente”. “Tell Baker to strike them hard”.
Philiph Sheridan

Il Maggiore Eugene Mortimer Baker, “Piegan Baker”, come fu, poi, soprannominato, era un ufficiale di 32 anni nativo dello stato di New York.
Baker era un graduato di West Point. Durante la Guerra Civile si era particolarmente distinto guidando un reggimento di cavalleria nella campagna della Shenandoah Valley, sotto Phil Sheridan, che ne aveva apprezzato le capacità, e aveva perso parte a altre battaglie, compresa Gettysburg comportandosi, sempre, con valore.
Aveva, inoltre, presenziato alla resa di Lee a Appomattox.
Alla fine della guerra era andato a ovest e aveva combattuto nella Snake War del 1867-68 contro gli Shoshones e i Bannocks in Oregon e Idaho. Era stato, poi, destinato a Fort Ellis, in Montana, al comando del 2nd Cavalry.
Un soldato, Daniel Starr, lo descrisse come un uomo alto, forte, robusto, dalla mente brillante.Starr diede, anche, una spiegazione per le numerose assenze per malattia. “Era un forte bevitore e tollerava il consumo di alcol tra i suoi soldati. Quando beveva si comportava in maniera eccessivamente autoritaria e brutale con i suoi uomini”.
Un altro soldato, Peter Koch, scrisse che il principale impegno giornaliero degli ufficiali del 2nd Cavalry era contare il numero di bottiglie di champagne e di sigari.
Eugene Baker e il 2nd Cavalry partirono da Fort Ellis il 6 gennaio e arrivarono a Fort Shaw il 14.
La spedizione contro i Piegans fu composta da 10 ufficiali, 207 soldati del 2nd Cavalry, le 4 compagnie di Baker, e 130 uomini (55 soldati a cavallo e 75 a piedi) del 13th Infantry di stanza a Fort Shaw.Le guide erano Joe Kipp, il ventenne mezzosangue che era stato inviato, qualche giorno prima, sul fiume Marias e che conosceva bene il territorio, e Joe Cobell, un italiano nativo di Bardonecchia che aveva lavorato come cacciatore per l’American Fur Company, un eccellente tiratore che aveva sposato la sorella di Mountain Chief, il capo contro cui era diretta la rappresaglia (la cosa aveva suscitato non poche perplessità).Alla spedizione si erano aggiunti anche Horace e Nathan Clarke, ansiosi di vendicare la morte del padre.
La mattina di mercoledì 19 gennaio, approfittando di una pausa nel maltempo, i soldati lasciarono Fort Shaw in direzione dei campi invernali Blackfeet, 75 miglia più a nord.
Il gelo era terribile, la temperatura sfiorava i 30 gradi sotto zero.Gli uomini indossavano pelli di bisonte e coperte sopra le uniformi di lana.
“Sembravamo più un gruppo di Eschimesi che soldati dell’esercito”, scrisse un partecipante alla campagna.
De Trobriand diede a Baker solo due ordini: marciare nelle ore notturne, per evitare che i Piegans venissero a conoscenza della spedizione, anche attraverso i trafficanti di whiskey, e non molestare i villaggi di Heavy Runner e dei capi che avevano incontrato Sully il primo gennaio.
L’unico obiettivo era l’accampamento di Mountain Chief.
A dispetto delle temperature gelide l’inverno, nelle pianure settentrionali, era una stagione di relativa tranquillità.Le bande, che si erano disperse durante l’estate, si riunivano. I famigliari, i parenti, gli amici si ritrovavano, gli anziani raccontavano le loro storie davanti al fuoco.I bambini si divertivano scivolando sul ghiaccio e la neve su slitte ricavate dal costato dei bisonti. I giovani andavano a caccia, periodicamente, per due o tre giorni. L’inverno era, infatti, un periodo particolarmente favorevole per questa attività. La pelliccia dei bisonti era più lunga e folta. Da essa si potevano ricavare coperte e vestiti caldi e di buona fattura e il prezzo strappato ai mercanti era più vantaggioso.
Il Marias River era il santuario invernale preferito dei Blackfeet. Il fiume zigzagava per miglia attraverso colline e badlands che lo riparavano dai venti gelidi provenienti dal Canada. Sulle sue rive crescevano pioppi e salici che fornivano legna da ardere, l’acqua potabile veniva estratta attraverso buchi tagliati nel ghiaccio.
Bear Head, uno dei sopravvissuti che fu, in seguito, il principale testimone Indiano del massacro, raccontò che la banda di Heavy Runner si era unita alle bande di Red Horn
e Big Horn con lo scopo di uccidere più bisonti per avere carne fresca con cui nutrire i malati di vaiolo. Il numero dei tipi che formavano il villaggio non è certo. Ho trovato cifre differenti: 32, 37, 42, 44.
Una settimana prima dell’attacco i Piegans si erano accampati presso il Big Bend, la grande curva del fiume Marias, nello stesso punto in cui aveva piantato le tende, in precedenza, Mountain Chief (e qui era stato visto da Joe Kipp).
Secondo la tradizione orale Blackfoot, Mountain Chief, mentre era accampato presso il Big Bend, ebbe una visione. Si vide sdraiato a terra mentre alcuni uomini gli sparavano contro. Decise, così, di spostare i suoi tipi.
Bear Head disse, anche, che al momento dell’attacco la maggior parte dei guerrieri era a caccia.
Mentre i Piegans riposavano, ignari, nelle loro tende, la spedizione militare si stava muovendo verso di loro.


Mountain Chief

In un freddo brutale la colonna guadò il fiume Sun ghiacciato e costeggiò la riva meridionale del fiume Teton in direzione nordest.Baker voleva sorprendere gli Indiani, per impedire la loro fuga verso il Canada, oltre la Medicine Line, e così fece riposare i soldati durante il giorno e li costrinse a marciare di notte. A causa della temperatura polare alcuni ufficiali e soldati, per riscaldarsi, trovarono conforto nella bottiglia. “Cercavamo di tenere su lo spirito mandando giù lo spirito”, scrisse un partecipante alla spedizione.
Dopo aver attraversato il fiume Teton, la colonna viaggiò verso nord attraverso la pianura innevata.
All’alba del 22 i soldati raggiunsero il Dry Fork del fiume Marias e si accamparono.Baker proibì l’accensione di fuochi. Riteneva, infatti, che i Piegans ostili fossero ormai vicini. Gli uomini furono, così, costretti a patire ancora di più il gelo e a nutrirsi con cibo freddo. Al tramonto del sole, la colonna riprese il cammino. Aveva percorso circa 11 miglia quando le guide localizzarono un tipi solitario. La tenda apparteneva a un Piegan di nome Gray Wolf. Dai suoi occupanti terrorizzati, il Maggiore apprese che i villaggi di Mountain Chief, di Big Horn e di Red Horn, altri due capi considerati ostili, si trovavano circa 10 miglia più a valle presso il Big Bend, la grande curva del Marias River.Ordinò di partire subito. La spedizione si mosse rapidamente lungo il fiume, seguendo una pista che correva parallela al corso d’acqua e, prima dell’alba, giunse in vista di un villaggio Piegan.
Baker salì su una collina e vide i tipi sparsi su entrambi i lati del fiume.Il campo sembrava silenzioso, il fumo e l’abbaiare dei cani erano gli unici segnali di vita. Ordinò di circondarlo. Quando si fece più chiaro e il sole cominciò a salire, Joe Kipp si accorse, con orrore, che i disegni sulle tende appartenevano alla banda di Heavy Runner.Corse da Baker gridando. “E’ il campo sbagliato, fermate l’attacco!”, ma Baker lo zittì e lo fece mettere sotto sorveglianza, minacciandolo di morte.
Kipp, in seguito, disse che il Maggiore era ubriaco e non aveva idea di quello che stava facendo, e Horace Clarke aggiunse “Quando Kipp cercò di convincere Baker, quell’ufficiale era stato troppo a lungo in conversazione con John Barleycorn per ascoltare l’avvertimento”.
Le grida di Kipp e il trambusto avevano, però, svegliato i Piegans.
Heavy Runner uscì dalla sua tenda e si avviò verso i soldati tenendo sopra la testa il salvacondotto di Sully.
Improvvisamente partì uno sparo e il capo si accasciò al suolo.
Anni dopo Joe Cobell, la guida Italiana, confessò alla moglie Piegan “Ebbene sì, sono stato io a sparare”. Disse di averlo fatto per vendicare il furto di alcuni cavalli compiuto da membri della banda di Heavy Runner. Vi è il fondato sospetto, però, che il vero motivo fosse un altro.Cobell aveva sposato la sorella di Mountain Chief.Dando inizio all’attacco, gli diede il tempo necessario per fuggire in Canada.
Lo sparo di Cobell.in assenza di ordini chiari da parte di Baker, fu preso come un segnale.
Per circa un’ora i soldati scaricarono i loro Springfield e Sharp sulle tende, crivellandole di colpi, senza che ci fosse fuoco di ritorno. Alcune pallottole colpirono i legacci che tenevano uniti i pali delle tende e numerosi tipi crollarono sui focolari accesi all’interno e presero fuoco, asfissiando e bruciando i malati di vaiolo e coloro che rimasero intrappolati sotto le pelli.
Poi Baker inviò i cavalleggeri nell’accampamento. I soldati caricarono brandendo le sciabole e sparando con i revolver.
Quando l’attacco, finalmente, finì, Baker apprese, dai prigionieri, che il villaggio di Mountain Chief, il vero obiettivo della spedizione, si trovava ancora più a valle.Decise di lasciare il Lt Doane, il suo ufficiale preferito, al campo, per sorvegliare i prigionieri e la mandria di cavalli indiani (300 secondo l’esercito, 5000 per i Blackfeet), e con 300 uomini iniziò a seguire il corso del fiume.Dopo circa 10 miglia, i soldati raggiunsero il villaggio di Mountain Chief, ma quello che trovarono furono 7 tende vuote.I Piegans erano fuggiti verso il confine canadese. Baker ordinò di bruciare i tipi ma, dal momento che era, ormai, pomeriggio inoltrato, decise di passare lì la notte.
Quando la mattina seguente ritornò al campo di Heavy Runner ebbe un’altra sorpresa. Doane lo informò che nel villaggio c’era il vaiolo. I soldati erano vaccinati, ma Baker non voleva portare il contagio a altri bianchi non immuni o, forse, non voleva che i suoi superiori, o il pubblico, venissero a conoscenza della cosa. Ordinò, quindi, che i circa 140 prigionieri fossero abbandonati nella neve e nel gelo liberi, per così dire, di raggiungere altri villaggi indiani lungo il fiume o Fort Benton, distante 80 miglia.
Dal momento che i soldati avevano bruciato tutte le provviste, lasciò loro alcune casse di bacon e di gallette.
Un numero imprecisato di Piegans senza indumenti, coperte e cavalli, morì congelato.
Poi la colonna iniziò il viaggio di ritorno e il 29 gennaio Baker e i suoi uomini entrarono a Fort Shaw accolti da un trionfante De Trobriand, già informato del successo dell’impresa.Baker era l’eroe del momento e De Trobriand, tre giorni dopo, lo propose per una promozione.
Nel suo rapporto a De Trobriand, Baker scrisse che 173 Piegans erano stati uccisi durante l’azione, 120 guerrieri e 53 donne e bambini.
Joe Kipp affermò di aver contato 217 corpi e De Trobriand, in una lettera, scrisse che i morti erano 220, senza citare la fonte.
Il Lt Doane lo definì “Il più grande massacro di indiani mai compiuto da truppe degli Stati Uniti”.
Il 6 febbraio 1870 il Lt William Pease, l’Agente Indiano per i Blackfeet, scrisse a Sully per informarlo di una sua recente visita a un campo indiano dove vi erano alcuni sopravvissuti al massacro.
La versione di questi Piegans, testimoni oculari terrorizzati, era diversa dal rapporto di Baker.
Gli avevano spiegato che nel villaggio, al momento dell’attacco, c’era il vaiolo e che tra i morti gli uomini erano solo 33.Di questi 15 si potevano considerare validi combattenti, di età compresa tra i 12 e i 37 anni.Gli altri 18 erano tra i 37 e i 70 anni.Le donne uccise erano 90, i bambini 50, tra cui alcuni neonati.
A questi conteggi si devono aggiungere i morti congelati, un numero imprecisato.
La notte dopo l’attacco otto Piegans prigionieri tentarono la fuga, ma furono ripresi.Il Lt Doane ordinò che fossero giustiziati. Quando alcuni soldati si avvicinarono con i fucili, Doane disse loro ”Non usate le armi, prendete le asce e uccideteli uno alla volta”.
Bear Head, in seguito, affermò “Sentii un suono come quando si taglia la carne con un’ascia e poi un grugnito. Guardai intorno e vidi, vicino al fuoco, uno degli Indiani che giaceva al suolo con il cranio aperto”.
Mountain Chief, il capo Piegan contro cui era stata inviata la spedizione punitiva e che riuscì a fuggire, morì due anni dopo, nel marzo 1872. Fu colpito da una fucilata allo stomaco mentre cercava di interrompere una lite tra due Piegans ubriachi.
Pete Owl Child, colui che aveva dato inizio, con l’uccisione di Malcom Clarke, ai tragici eventi morì, probabilmente, un paio di settimane dopo l’attacco di vaiolo. ”Portarlo vivo era pericoloso” scrisse De Trobriand nelle sue memorie. ”Dal momento che ci metteva troppo a morire, abbreviarono la sua fine. Gli tagliarono la testa e la portarono in un sacco per dimostrare il loro desiderio di pace”.
Il conto dei morti tra gli uomini di Baker è molto più semplice.
Ci fu una sola vittima: il soldato Walton McKay, un Canadese di 24 anni. Fu colpito da un proiettile in testa mentre stava entrando in una tenda.
Un altro soldato si ruppe una gamba cadendo da cavallo e un interprete civile, Tom Leforge, un bianco che aveva vissuto, a lungo, con i Crows, affermò di essere stato ferito a una mano da una freccia. E questo è tutto.
Il Maggiore Eugene Baker, dopo la gloria e gli elogi iniziali, continuò nella sua discesa irrefrenabile nell’alcolismo.Nell’estate del 1872, mentre stava scortando, col 2nd Cavalry, un gruppo di ingegneri civili e topografi della Northern Pacific Railroad, il suo accampamento fu assalito dai Sioux a Pryor Creek, in Montana.Baker era così ubriaco, ”stupefied with whisky”, come scrisse un suo ufficiale, che non si accorse del combattimento in corso.


Il villaggio prima dell’attacco

Fu, poi, trasferito in guarnigioni più piccole, o meno visibili e impegnative, in Wyoming, Nebraska e Montana.
Il suo servizio fu intervallato da numerose assenze per malattia, ”disordini del fegato, della milza, dolori splenici e ittero” e, in un caso, fu sottoposto al giudizio della corte marziale per aver fatto arrestare, in stato di ebbrezza, un ufficiale. Sheridan riuscì a salvarlo un’altra volta facendo commutare l’espulsione dall’esercito in 6 mesi di sospensione a metà paga.
La sua personale discesa agli inferi si concluse il 19 dicembre 1884 a Fort Walla Walla. Morì a 47 anni per “gastrite cronica”, probabilmente cirrosi epatica.
L’esercito pagò 150 $ per la sua bara, ma si rifiutò di contribuire alle spese per il trasporto della salma dal Territorio di Washington allo stato di New York, dove era nato.
La notizia del successo della spedizione suscitò grande entusiasmo in tutto il Montana.
Il 2 febbraio l’Helena Daily Herald scrisse “L’uccisione di Malcolm Clarke è stata vendicata, gli Indiani colpevoli sono stati puniti e un terribile avvertimento è stato dato ai nostri fratelli rossi, a tutti quelli che sono inclini a vivere uccidendo e depredando l’uomo bianco”.
Espressioni di gratitudine verso Sherman, Sheridan, De Trobriand “la mente della operazione” e Baker “il suo braccio armato”, si levarono da tutti gli angoli del Montana.
Il 10 febbraio arrivò a Washington, inviato da Sully, il rapporto di Pease, l’Agente Indiano per i Blackfeet, che raccontava una versione dei fatti diversa da quella di Baker.Il 25 febbraio fu letta, davanti alla Camera dei Rappresentanti, una lettera di Vincent Colyer, il segretario del Board of Indian Commissioners.Nella missiva Colyer citava il dispaccio del Lt Pease, che conteneva “ i tristi dettagli dell’attacco del Maggiore Baker”.
Subito si scatenarono discussioni, polemiche e accuse che si propagarono oltre le stanze del governo.
Il New York Times scrisse che non si poteva difendere una simile macelleria e chiese un’inchiesta ufficiale, mentre gli editori dell’Harper’s Weekly suggerirono ai loro 100000 lettori che il massacro del Marias era solo l’ultimo episodio “ della nostra politica di sterminio contro gli Indiani”.
Sheridan si infuriò con Colyer e rispose affermando, in maniera generica, che almeno 800 persone, uomini, donne e bambini, erano stati uccisi, dal 1862 al 1869, nei dipartimenti sotto il suo comando nei modi più efferati: gli uomini scalpati e mutilati, i loro genitali tagliati e infilati in bocca, le donne violentate anche 50-60 volte in successione, e poi uccise e scalpate, con pezzi di legno introdotti nei loro corpi prima e dopo la morte.
Sheridan non disse che queste atrocità erano state compiute dai Piegans del Montana, si riferiva, probabilmente, alle tribù meridionali, Cheyennes, Comanches e Kiowas.
Sherman agì in maniera più pragmatica. Si fece inviare il rapporto di Baker, che non aveva ancora ricevuto dopo quasi due mesi.
Il 23 marzo il documento, finalmente, arrivò a Sheridan.Baker confermava il numero dei caduti, 173, di cui 120 erano guerrieri, e bollava come ”interamente e maliziosamente falso” il resoconto Pease-Sully.
Dopo aver letto il rapporto Sherman affermò “Preferisco credere che la maggior parte dei caduti nel villaggio di Mountain Chief fossero guerrieri”, scegliendo di ignorare che l’accampamento era quello di Heavy Runner. Inoltre, per giustificare l’abbandono di donne e bambini in pieno inverno, senza indumenti, cavalli e poco cibo, scrisse che erano stati lasciati liberi di raggiungere alcune bande di Indiani che erano accampate lì vicino.
In questo modo Sherman chiuse, definitivamente, la questione. Non ci furono inchieste e Baker rimase al suo posto.
Ci furono, però, un paio di conseguenze spiacevoli per l’esercito.
Vi era, da tempo, un forte movimento, all’interno del Congresso, che spingeva per spostare il Bureau of Indian Affairs, l’Ufficio degli Affari Indiani, dal Dipartimento dell’Interno al Dipartimento della Guerra. L’azione di Baker pose fine alla questione.
Il 15 luglio 1870 fu, poi, approvata, una legge che proibiva agli ufficiali dell’esercito di occupare incarichi nei servizi civili, legge che pose fine alla consuetudine di mettere dei soldati nel ruolo di Agenti Indiani. Da questo momento in poi questa posizione fu occupata da civili, quaccheri, per esempio, come preferiva il Presidente Grant, o missionari cristiani.
Per effetto della legge il Lt Pease, colui che con il suo rapporto aveva provocato scandalo e indignazione a est, perse il suo incarico, rientrò nei ranghi della fanteria e fu promosso Capitano solo dopo 13 anni, prima di ritirarsi dall’esercito nel 1887.
Lo stesso Sully, che aveva trasmesso a Washington il rapporto, fu trasferito negli anni seguenti da una guarnigione all’altra, prima di morire nel Territorio di Washington nell’aprile 1879 all’età di 57 anni.
Nel 1920 Horace Clarke testimoniò davanti alla Indian Claims Commission in relazione alla richiesta di un risarcimento di 75000$ fatta da due figli di Heavy Runner per la morte del padre e il furto dei suoi cavalli.
Davanti alla commissione Horace disse “ Conoscevo personalmente Heavy Runner, un buon Indiano e un amico dei bianchi.L’attacco al suo villaggio fu un tragico errore. È un fatto innegabile che Baker fosse ubriaco e non sapeva cosa stava facendo. Il campo degli ostili era quello di Mountain Chief, ma a causa di troppo entusiasmo, confusione e informazioni sbagliate il villaggio di Heavy Runner fu la vittima delle circostanze”.
Nel 2006 un gruppo di studenti del Blackfeet Community College ha eretto un cerchio di pietre sul sito del massacro in memoria di coloro che persero la vita in un gelido mattino di tanto tempo fa.


In ricordo del massacro

Il massacro del Maria River rimane, ancora oggi, un episodio poco conosciuto.
Il libro a cui si fa più riferimento è “Strike them hard” di Robert Ege, un testo del 1970 interamente dedicato agli eventi, da tempo fuori catalogo e abbastanza costoso.
Nel 2013 è stato pubblicato “The Red and White” di Andrew Graybill, che narra la storia della famiglia Clarke e dei suoi discendenti.
Il miglior racconto dei fatti che ho letto si trova in “Empire of Shadows” di George Black, altre descrizioni si possono leggere in capitoli all’interno di libri di argomento più vasto come “Montana Battlefields 1806-1877” di Barbara Fifer, ”Montana Campfire Tales” di Dave Walter, ”Massacres in the Mountains” di J.P.Dunn, ”Phil Sheridan and his Army” di Paul Hutton, ”Theatres of violence:massacre, mass killing and atrocity” di Philip Dwyer.
Nel dicembre 2014 la rivista Wild West ha pubblicato un articolo a firma Jerry Keenan dal titolo “Montana Territory Massacre: Blood on the Snow”.
Una versione storico romanzata del massacro si trova nella novella “La luna delle foglie cadenti” di James Welch, pubblicata da Rizzoli.