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Le ceneri di Wyatt Earp

A cura di Omar Vicari

Le grandi collezioni, qualsiasi oggetto contengano, esprimono quasi sempre un qualcosa di misterioso. Probabilmente perché gli oggetti in questione sono appartenuti a uomini famosi la cui vita e le cui gesta sconfinano nella dimensione della leggenda.
Questa è la storia di una di queste collezioni.
John D. Gilchriese iniziò la propria raccolta che era appena un ragazzo, senza che disponesse di una pur minima somma di denaro.
La sua famiglia si stabilì a Los Angeles al tempo dei ruggenti anni venti, integrandosi nella comunità di “Mount Washington”.
Il padre trovò presto lavoro presso la “Santa Fè Railroad”.
Socievole di natura, invitava spesso in casa colleghi più anziani per piacevoli conversazioni. Quegli uomini avevano tracciato la ferrovia ancora ai tempi della frontiera e coi loro racconti deliziavano il piccolo John che ascoltava affascinato specialmente quelle persone che avevano lavorato in Arizona quando il Territorio (l’Arizona diventerà Stato solo nel 1912) pullulava di avventurieri in cerca di oro e argento.
Il padre lo incoraggiò nelle sue inclinazioni che spaziavano dallo studio delle scienze naturali sino a quello delle lingue antiche e moderne.
Oltre a ciò, la sua fantasia, solleticata dalle storie di quei vecchi ascoltate attorno al fuoco di un camino, spaziava libera attorno alla vita selvaggia della frontiera, alle gesta di fuorilegge e sceriffi come Wyatt Earp che avevano fatto di quel tempo un’epoca unica e irripetibile.
Nell’annuale raduno dell’Arizona Day Picnic, che si teneva al Sycamore Grove Park, il giovane Gilchriese ascoltava i vecchi in silenzio per poi fare domande non solo sulla ferrovia, ma anche sui cercatori d’oro dei vecchi tempi, sulla vita dei cowboys e sulle diligenze che un tempo percorrevano le piste polverose del west. Il ragazzo scoprì che la maggior parte delle persone parlava volentieri delle proprie esperienze se qualcuno, come nel suo caso, mostrava un particolare interesse.


La casa in cui nacque Wyatt Earp

Mentre imparava tutte quelle nuove cose, John presto comprese la necessità di annotare tutto quello che stava apprendendo, un lavoro non certo facile per un ragazzo della sua età.
Ammalatosi in quegli anni di morbillo, John cercò di impiegare il tempo nella lettura dei libri che il padre gli aveva procurato. Uno in particolare stuzzicò la sua fantasia, quello fresco di stampa di Stuart N. Lake : “Wyatt Earp, Frontier Marshal”.
Sebbene il personaggio del libro gli dicesse poco o niente, nella mente di John scattò qualcosa perché quel nome ricordava di averlo già sentito.
Al raduno dell’Arizona Day Picnic del 1927, quel giorno aveva notato un nutrito numero di persone che prestava una particolare attenzione verso un distinto signore dall’età avanzata. Quel uomo gli avevano detto era Wyatt Earp, il marshal della vecchia Dodge City e, ancora, il protagonista dello scontro all’OK Corral di Tombstone.
La lettura di quel libro suscitò in John un interesse che sarebbe durato tutta la vita, la scintilla dalla quale sarebbe nato l’interesse per la raccolta degli oggetti della sua collezione.
La narrativa di Lake quindi, accese la fantasia del giovane per quello che era stato uno dei protagonisti della vecchia frontiera. La storia sciorinata nel libro era cosi eccitante e drammatica al punto che John volle saperne di più. Egli non fece domande sulla veridicità del racconto di Lake, semplicemente volle avere maggiori dettagli sulla vita dei fratelli Earp, sul loro amico Doc Holliday e sulla città di Tombstone.
La prima cosa da fare, pensò Gilchriese, era trovare qualcosa di valido presso la locale libreria.
Egli fu sorpreso di trovare poco al di là del libro “Tombstone” di Walter Noble Burns, un testo dato alle stampe prima di quello di Stuart Lake. Il resto non erano che frammenti di notizie trovate in altri libri come quello di Frederick Bechdolt : “When the west was young” o quello di William Mc Leod Raine : “Famous sheriff & western outlaw”.
A un ragazzo come lui, infatuato dell’immagine di Wyatt Earp, quella scarsità di notizie doveva pesare molto. La sua confusione oltretutto si accresceva dopo la scoperta di una copia di “Heldorado” di William M. Breakenridge, un vice sceriffo dei tempi della vecchia Tombstone.
La lettura di quel libro infatti, al li là di fornire risposte adeguate alla propria curiosità, aumentava invece i suoi dubbi. In breve, Breakenridge non mostrava in ciò che scriveva di avere grande stima nei confronti dei fratelli Earp, una posizione inconciliabile per uno come Gilchriese affascinato invece dal personaggio di Wyatt Earp.


Una foto di Tonopah appartenuta agli Earp

John cominciò allora una ricerca sistematica sull’argomento e la fortuna lo aiutò perché quando alcuni suoi vicini di casa seppero del suo forte interesse per quel vecchio sceriffo, essi lo stupirono con la notizia che il suo eroe era stato un ospite frequente della comunità di Mount Washington che Earp raggiungeva con la funivia da Marmion Way sino al Washington Hotel.
Proprietà di Robert Mash & Co., il residence era a quei tempi un albergo alla moda per i nuovi ricchi di Hollywood. Dall’albergo, in quei giorni si poteva vedere in lontananza l’isola di Catalina nell’Oceano Pacifico a circa cinquanta miglia dalla costa. Il vecchio Wyatt era comunque più interessato al gioco delle carte piuttosto che agli sguardi sull’oceano. Egli si intratteneva volentieri con molti frequentatori del residence e Gilchriese fu particolarmente compiaciuto di apprendere che il vecchio sceriffo aveva stretto amicizia col precedente proprietario della casa del padre.
I vicini ricordavano che Earp e l’uomo spesso sedevano sotto il portico fumando sigari e parlando del più e del meno sino sul far della sera. Qualche volta Wyatt aveva passato anche la notte nella casa che ora era la sua e John era naturalmente eccitato nell’udire quelle cose.
Il ragazzo col tempo scoprì un altro vantaggio nel dover vivere a Mount Washington. Dalla montagna egli poteva, seguendo il sentiero, arrivare sino al “Southwest Museum”, un posto che divenne per lui un punto di incontro abituale per le sue continue ricerche sui fatti della frontiera.
Il “South Museum” fu un’idea di Charles Fletcher Lummis, lo scrittore ed editore che aveva vagato a lungo nel sud-ovest durante gli ultimi anni delle guerre contro gli Apache.
La famiglia di Lummis ebbe molta influenza su John Gilchriese tanto che il giovane divenne un buon amico del loro figlio Keith. Fu proprio al “South Museum” che per John si aprirono nuovi orizzonti e tutto iniziò, chi lo avrebbe detto, nel disaccordo su una piuma di un uccello.
A quel tempo la collezione del museo era improntata su reperti riguardanti la vita e i costumi degli Indiani d’America. Studiando gli oggetti raccolti, il giovane Gilchriese fece osservare che l’etichetta apposta su un vaso identificava in maniera errata un uccello le cui piume erano state usate per la decorazione dello stesso vaso. John poteva dirlo con certezza perché conosceva assai ben le abitudini migratorie degli uccelli. I funzionari del museo, impressionati dal sapere del ragazzo, decisero di riesaminare il caso e quando alla fine i risultati gli diedero ragione, il direttore Frederick W. Hodge gli permise di esaminare molti dei reperti mai esposti al pubblico.
Josephin Sarah Marcus Earp
Conoscendo il suo interesse per la storia delle prime popolazioni stanziate in Arizona, il Dr. Hodge decise di permettere al ragazzo l’accesso alla collezione di Joseph A. Munk, un fisico giunto in Arizona nel 1884. Edward Munk, il fratello più giovane, era stato per molti anni un giudice di Contea con sede a Tombstone. Il Dr. Joseph Munk, soggiogato dalla bellezza del deserto dell’Arizona, cominciò a collezionare qualsiasi cosa potesse trovare di interessante. I suoi oggetti comprendevano libri, oggetti, fotografie, manoscritti e documenti di ogni tipo. Quando il Dr. Hodge permise a Gilchriese di accedere a quella voluminosa quantità di dati, il giovane si accorse che l’intera collezione mancava di una certa organizzazione. E’ certo che, a parte il Dr. Munk, John Gilchriese è stato l’unica persona ad aver letto e visionato l’intera collezione. Ci sono voluti degli anni naturalmente, ma alla fine John sarebbe stato l’unico uomo in grado di penetrare la barriera del mito e della leggenda di Wyatt Earp.
Nel 1940 lo staff del “South Museum” fornì a Gilchriese, sempre alla ricerca di documenti da scoprire, il nome di un uomo che aveva passato la sua giovinezza a Tombstone e che era stato anche proprietario di un giornale negli anni a cavallo tra la fine ottocento e l’inizio novecento.
Quell’uomo era William H. Hattich. Nato nel Kansas nel 1871 arrivò a Tombstone con la sua famiglia quando era appena un ragazzo. Ora, ormai sulla settantina, riceveva una telefonata da uno zelante diciassettenne affascinato dai luoghi dove egli aveva passato la sua giovinezza.
Compiaciuto dell’impegno del giovane per la storia dei vecchi campi minerari, Hattich invitò Gilchriese a casa sua per un incontro, il primo di una lunga serie che sarebbe durata sino al novembre del 1964, anno della morte di Hattich.
Al giovane ricercatore, Billy Hattich non solo svelò i propri ricordi, ma lo mise anche in contatto con una dozzina di altre persone che avevano conosciuto in quel tempo i fratelli Earp. Hattich descrisse tra l’altro anche i suoi incontri con Wyatt a Los Angeles, durante i quali i due spesso parlavano dei vecchi tempi.
Billy Hattich svelò a Gilchriese le proprie opinioni anche su Doc Holliday. Il padre di Hattich era proprietario di un negozio di sartoria in Allen Street, vicino all’angolo con la sesta strada, un esercizio frequentato da molte delle figure leggendarie di Tombstone. “Old man Clanton”, per esempio, frequentava la sartoria, ma anche Johnny Behan, i fratelli Earp e naturalmente Doc Holliday.


Biglietti del trenino di San Francisco

Hattich conservava ancora il libro del padre in cui erano segnate le misure di quegli uomini che un giorno sarebbero divenuti famosi. Holliday mostrava uno speciale interesse per Billy Hattich al quale affidava spesso piccole commissioni. Il ragazzo dal canto suo trovava Holliday socievole e generoso a dispetto di quanto asseriva Bat Masterson che descriveva Doc come persona collerica e difficile.
Egli disse a Gilchriese che Doc era una delle persone più benvolute tra i ragazzi di Tombstone poiché era solito portare dolciumi nella tasca della sua giacca. Billy Hattich, negli anni, parlò sempre bene di Doc Holliday anche se questa cosa non sempre era condivisa dai suoi genitori. Hattich in quegli incontri disse anche quello che pensava sul clan degli Earp. Dopo lo scontro all’OK Corral, Wyatt e Doc furono citati dal giudice Wells Spicer per rispondere della morte dei fratelli Mc Lowery e di Billy Clanton. Il padre di Hattich, consapevole che l’udienza avrebbe avuto luogo presso il tribunale vicino all’edificio dell’Epitaph, consigliò al figlio Billy di tenersi lontano dagli imputati e cercare di evitare eventuali sparatorie. Billy, ignaro delle raccomandazioni del padre e spinto dalla curiosità, si avvicinò al tribunale dove poteva vedere tutti i protagonisti del famoso scontro.
John Gilchriese era affascinato da quelle storie, compresa quella del duello tra “Buckskin” Frank Lesile e Billy Claiborne nel 1882 conclusosi con la morte di Billy.
Egli provava una gioia indescrivibile nell’esaminare centinaia di fotografie e documenti originali, molti dei quali Hattich li regalò al suo giovane amico.
Un’altra persona alla quale Gilchriese si rivolse attorno agli anni quaranta, fu il giudice Jesse W. Curtis di San Bernardino. Nato nel 1865, il giudice era figlio di William Curtis, un avvocato che aveva attraversato le pianure del west assieme ad una carovana di pionieri che comprendeva anche la famiglia degli Earp. Willaim Curtis divenne un buon amico di Nicholas Earp, il padre di Wyatt e per anni ebbe cura anche degli affari della famiglia.
Sempre più incuriosito, JohnGilchriese contattò per telefono il giudice, il quale, impressionato dalla persistenza del ragazzo, lo incoraggiò a continuare le sue ricerche anche se non condivideva il suo stesso parere. Il giudice Curtis conosceva troppo bene il clan degli Earp per considerarli come degli eroi. Comunque, il giudice presentò a John molte persone ancora in vita che in quegli anni avevano conosciuto i famosi fratelli e le loro famiglie. Disgraziatamente il rapporto tra John e il vecchio giudice si incrinò in uno degli ultimi incontri. Dopo aver visionato un certo numero di nuovi documenti che Gilchriese gli aveva portato inerenti alle attività degli Earp nella contea di San Bernardino, il giudice rifletté un momento prima di chiedere perché un ricercatore di quel talento avrebbe dovuto interessarsi tanto ai fatti di quelle persone. Perché non interessarsi, disse il giudice, a personaggi di spessore storico più consistente piuttosto che correre dietro a uomini che sarebbero stati ricordati solo per un combattimento avvenuto per le strade di una sperduta cittadina dell’Arizona?
Guidando verso casa la sua vecchia Plymouth coupé, Gilchriese sentiva di non aver digerito le osservazioni del vecchio giudice. Quella sera John ne parlò con la moglie, la quale, in barba ai consigli del giudice, lo incoraggiò a seguire il proprio istinto. Fu allora che John capì una verità a proposito del suo lavoro di ricerca. In altre parole egli comprese che l’importanza del soggetto non necessariamente determinava l’importanza della ricerca. La corsa all’oro della California, per esempio, era certamente più significativa che qualsiasi altra cosa riguardante la vita di Wyatt Earp, ma l’atto della ricerca del primo caso non è in se stesso più significativo della ricerca del secondo.


Wyatt Earp e sua madre

Quello che alla fine Gilchriese arrivò a capire era che, solo l’interesse personale poteva essere la forza trainante in una ricerca storica. Il vecchio giudice comprendendo lo stato d’animo del giovane, gli augurò buona fortuna nel suo lavoro.
Finalmente le sue ricerche lo portarono a contattare Stuart N. Lake, l’uomo che più di altri col suo libro aveva contribuito a creare la leggenda di Wyatt Earp. Lo scrittore aveva conosciuto negli ultimi anni il vecchio sceriffo e John non poteva perdere quella opportunità. Gilchriese prese il treno parecchie volte da Los Angeles per intervistare Lake nella sua casa di San Diego. In quegli incontri John prese meticolosamente parecchi appunti dai discorsi di Lake, ma allo stesso tempo gli fece notare che aveva scoperto vari articoli, alcuni dei quali in aperto contrasto con quanto egli aveva scritto nel suo libro “Frontier Marshal”. Lake dal canto suo si mostrò assai sorpreso da quelle discordanze e John, resosi conto che non avrebbe ottenuto molto da ulteriori incontri, nel suo intimo cominciò a pensare allo scrittore come ad una persona non del tutto attendibile. Tuttavia Gilchriese comprese in pieno l’importanza del contributo di Stuart Lake alla creazione del mito di Wyatt Earp.
Senza il suo libro o quello di Walter N. Burn “Tombstone”, Wyatt Earp non sarebbe diventato mai così famoso.
Un altro importante contatto per Gilchriese, sebbene di tutt’altra sostanza, fu l’incontro con lo scrittore Frank Waters. Costui, nel suo libro “Colorado” pubblicato nel 1946, non solo cercò di ridimensionare l’alone di leggenda attorno alla figura di Wyatt, ma allo stesso tempo informò anche i più scettici che Wyatt aveva una moglie a Tombstone e che “ancora oggi, presso il tribunale, esiste il documento di una azione legale nei confronti di Wyatt e sua moglie Mattie a proposito di una somma di denaro avuta in prestito per l’acquisto della loro casa”.
Quello che John trovava più interessante era che Waters aveva raccolto molte delle sue informazioni anni prima di aver intervistato l’anziana vedova di Virgil Earp. Gilchriese incontrò lo scrittore nel 1955, nel momento in cui Waters stava facendo una lezione sui pellerossa all’Occidental College.
Più o meno nell’estate del 1959, i due si spostarono per gran parte dell’Arizona e tra le altre cose riuscirono a scoprire anche la località presso Pinal dove era stata sepolta Mattie Earp.
Dopo la pubblicazione del suo libro “The Earp brother of Tombstone”, Frank Waters dette a John tutti gli appunti originali delle sue interviste con la vedova di Virgil, contribuendo in tal modo ad accrescere la sua già cospicua collezione. John Gilchriese in quegli anni si rivolse anche ad alcune persone imparentate con gli Earp, ma quei contatti non diedero risultati certi. Alcuni parlarono per esteso a proposito di Wyatt, ma non fornirono la fonte delle loro informazioni.
Un teste particolarmente attendibile fu invece Alice Earp Wells, la figlia di Newton Earp e nipote di Wyatt. Gilchriese le fece visita nella sua casa di Vallejo in California molte volte passando ore a sentire i racconti dei suoi ricordi. Alice raccontò in dettaglio una quantità di storie riguardanti suo zio e l’enigmatico Doc Holliday. Newton Earp visse per molti anni a Garden City nel Kansas, cinquanta miglia a ovest di Dodge City lungo l’Arkansas River.
L’anno era il 1884 e Alice era appena una bambina di nove anni. Un pomeriggio, disse, due uomini a cavallo arrivarono presso la casa di suo padre. Alice vide che uno di essi era suo zio. Come i due scesero da cavallo, la ragazzina si avvicinò per un formale saluto. Lo zio (Wyatt) ricambiò il saluto ed entrò in casa di suo padre. L’uomo che lo aveva accompagnato e che Alice non conosceva, le chiese se poteva sedere accanto a lei. Alice e l’uomo parlarono del più e del meno di quelle cose che si possono discutere con una bambina di nove anni. Passati alcuni attimi, l’uomo si alzò, quindi le chiese di aspettare alcuni istanti. Poco dopo tornò con una colorata bambola di pezza che regalò alla bambina.
Più tardi, nel vedere i due uomini che lasciavano la casa, suo padre le disse che l’uomo che era stato cosi gentile nel regalarle quella bambola, altri non era che il famoso Doc Holliday.
L’aggettivo famoso non voleva dire molto per la piccola Alice. Guardando la cosa dalla prospettiva di una bambina, ella pensò a quel personaggio così temuto, solo come ad un gentile signore,mentre suo zio Wyatt gli sembrò freddo e impersonale. Ella tenne il regalo di Holliday, del quale serbò sempre un ottimo ricordo, sino alla fine dei suoi giorni. John Gilchriese registrò scrupolosamente le osservazioni di Alice Earp con dozzine di altre note continuando in tal modo le sue ricerche.
Alcuni anni dopo la seconda guerra mondiale, presso il “Southern Museum”, John Gilchriese, leggendo alcuni documenti aggiunti alla collezione di Joseph Munk, scoprì tra di essi un ritaglio di giornale del “New York Times” che avrebbe contribuito a fargli conoscere più cose su Wyatt Earp di quanto non aveva scoperto sino ad allora.
Si trattava di una lettera di una persona, John H. Flood era il suo nome, che ricusava una storia falsa pubblicata dal giornale su un improbabile contrasto tra Wyatt Earp e Bill Tilghman.


Wyatt Earp (seduto) e Bat Masterson

Quello che catturò l’attenzione di Gilchriese furono le osservazioni del tipo: “Dovete sapere che negli ultimi venticinque anni della sua vita mi sono assunto il compito di fare da segretario a Mr. Earp e dal momento della sua morte ho svolto quel compito per la vedova Josephine Sarah Marcus. Io possiedo gli appunti della storia di Wyatt Earp che lui stesso mi ha dedicato alcuni anni fa. Mr. Earp mi ha riferito parecchi fatti che non sono mai stati pubblicati”.
La lettura di quelle parole eccitò Gilchriese. Fatti riservati? appunti stenografati?, sembrava incredibile. Chi era questo John H. Flood e dove si trovava? Gilchriese controllò il “Los Angeles Directory” del 1931sino a quello del 1942 e finalmente poté arrivare all’indirizzo dell’uomo:
“2933 4th Avenue”. Gilchriese si apprestava a far visita a John Flood in preda all’eccitazione, quasi fosse un novello Henry Stanley alla ricerca del Dott. Livingstone.
Dopo aver bussato alla porta di casa, Gilchriese si trovò di fronte ad un uomo di circa 75 anni, vestito con pantaloni marroni e camicia bianca.
“E’ lei Mr. Flood?” chiese timidamente. Alla risposta affermativa, Gilchriese cominciò a spiegare il perché della sua venuta. Egli disse, aveva letto la lettera che era stata inviata al “New York Times” e aggiunse che era interessato a qualsiasi cosa riguardasse la vita di Wyatt Earp.
Gilchriese inoltre spiegò che aveva portato parecchi documenti per i quali sperava di avere un suo parere. L’uomo esitò per un istante, quindi invitò il giovane a entrare in casa.
Iniziò in tal modo una amicizia che sarebbe durata per più di sette anni nel corso dei quali John Flood avrebbe fatto partecipe il giovane Gilchriese di tutto quello che Wyatt Earp gli aveva lasciato.
John Flood non aveva mai speculato sull’amicizia con Wyatt. A distanza di tanti anni teneva ancora per se la maggior parte di quello che sapeva su Wyatt Earp, ma ora sentiva di potersi fidare di quel giovane. Flood pensò infatti che tutto sarebbe andato perso senza che potesse trasmettere a qualcuno quello che sapeva sul vecchio marshal. E John Flood sapeva tutto, avendo di Wyatt Earp una conoscenza migliore di qualsiasi altra persona vivente. Ci vollero anni di paziente lavoro da parte di Gilchriese per arrivare a strappare a John Flood tutti i segreti che aveva accumulato nel corso degli anni vissuti assieme a Wyatt. Sarebbe stato impossibile infatti, arrivare alla parola fine solo con un singolo incontro con quel vecchio signore.
“La prima volta che incontrai Wyatt Earp, disse Flood a Gilchriese, fu nel 1906 presso The Hampden Arms, un residence di proprietà di Mrs.Nellie C. Blair al 516 W. 5th Street nel centro di Los Angeles”.
Nato in Pennsylvania, Flood era arrivato in California dove aveva incontrato Mrs. Blair proprietaria a quel tempo del Berlin Hotel. Egli fungeva da impiegato e da contabile per conto della signora in cambio di vitto e alloggio. Sebbene nuova di Los Angeles, Mrs. Blair aveva già conosciuto sia Wyatt che la moglie Josephine. Ella sapeva anche dell’interesse degli Earp per le miniere nel deserto del Mohave e sperava di investire ella stessa in qualcosa del genere.
Wyatt Earp a 21 anni
John Flood, molto scettico, dubitava dell’attendibilità di quel individuo, svelto di mano, che ora vedeva giocare a poker nel salotto privato di Mrs. Blair e neppure era rimasto particolarmente impressionato dall’aspetto della moglie Josephine. Che genere di lavoro faceva quel uomo, si chiedeva John Flood e poteva essere la persona giusta alla quale affidare del denaro? Sicuro di non essere sentito, Flood chiese a Mrs. Blair se avesse chiesto al suo ospite le credenziali bancarie.
La signora non dette peso alle preoccupazioni di Flood e anzi lo presentò a Wyatt Earp pregandolo di accompagnarlo in sua vece nel deserto. Mrs.Blair concedeva a Wyatt e Josephine, in cambio del loro aiuto, l’alloggio presso il residence “Hampden Arms” quando essi fossero stati in città.
Wyatt Earp considerò positivamente l’accordo e alcuni giorni dopo disse a Flood di prepararsi per il giro che aveva in mente. Prima della partenza i due si fermarono presso l’emporio di Hoegee a Los Angeles per comperare armi e munizioni. Wyatt scelse per se un winchester modello1887, quindi sconsigliò Flood sull’acquisto di una piccola pistola placcata in nichel. Indicando il winchester col dito, Wyatt gli raccomandò di scegliere un qualcosa di più affidabile.
Di rimando Flood disse: “Mr. Earp, pare sappiate cosa fare”. Egli non sapeva nulla del suo passato in Arizona e per lui quel uomo era soltanto un giocatore come tanti altri.
Più tardi, dopo aver appreso qualcosa sulle vicende di Wyatt dei tempi della frontiera, in special modo a Tombstone, Flood ammise che il suo consiglio sul tipo di arma da comperare era più che giusto.
In quel momento però si rifiutò di prendere un fucile e comperò invece la piccola pistola che aveva in mente. Comunque, tanto per dare l’impressione di avere una certa esperienza nell’uso delle armi, Flood scelse anche un altro revolver dal calibro più grande. Egli conservò quelle pistole per anni, come pure tenne come una reliquia, dopo la morte di Wyatt, il winchester comperato presso l’emporio di Hoegee. Come più tardi disse a Gilchriese, Mr. Earp si affezionò tanto a quel fucile che a John Flood fini per sembrare speciale.
Per i successivi ventitre anni John Flood e Wyatt Earp si scambiarono confidenze mano a mano che l’amicizia si approfondiva. Flood col tempo si guadagnò la completa fiducia di Wyatt amministrando allo stesso tempo i suoi affari personali. Egli fu presente in quasi tutti i momenti della vita del vecchio marshal, inclusi quelli meno piacevoli. Negli anni subito dopo la prima guerra mondiale, Wyatt chiese l’aiuto di Flood per scrivere la sua autobiografia. Sin dai primi giorni, Flood apprese e annotò ogni cosa sulla vita di Wyatt Earp. A quei fogli non seguì nessuna pubblicazione, ma Flood conservò comunque tutte le pagine scritte. Egli fece di più, tenne con se tutta la corrispondenza con Wyatt e la moglie Josephine, gli atti legali, oggetti personali comprese le matrici di biglietti di eventi sportivi o cinematografici. John Flood conservava ancora tutte quelle cose quando Gilchriese bussò alla sua porta la prima volta. Flood avrebbe voluto mostrare al giovane ogni cosa e raccontare di ognuna le circostanze anche se, quando lo faceva, la commozione gli riempiva il viso di lacrime.
Gilchriese e John Flood cominciarono a fare piccole uscite di un solo giorno durante le quali Flood si sforzava di tornare con la mente ai giorni passati assieme aWyatt. Essi iniziarono con i posti attorno a Los Angeles, le case affittate, i ristoranti e le case da gioco frequentate.
Poi essi fecero delle escursioni nei campi minerari del deserto che tanta importanza avevano avuto nella vita di Wyatt. Essi andarono anche a Tombstone, la cittadina che Flood aveva visto per la prima volta assieme a Wyatt nel 1920 durante una breve gita.
Flood raccontò che con Wyatt arrivarono in treno sino a Benson, quindi con una macchina presa in prestito da un amico che promise di non divulgare l’arrivo del vecchio marshal, i due arrivarono a Tombstone attraverso la vecchia pista delle diligenze.
Wyatt mostrò a Flood tutti i posti più significativi della città, di modo che il giovane amico potesse descrivere più realisticamente quello che era accaduto molti anni prima.
Nessuno riconobbe Wyatt e questo era plausibile dato il tempo intercorso e visto che nessuno lo aspettava. Passeggiando per le strade deserte e soffermandosi presso il luogo del famoso scontro, Wyatt additò l’argine basso che conduceva all’appezzamento di terreno dove cominciò la sparatoria.
Wyatt spiegò anche a Flood come il fratello Morgan inciampasse su un tubo della “Sycamore Springs Water Company”, cosa che probabilmente quel giorno gli salvò la vita. Wyatt si fece triste di fronte al posto dove una volta c’era la sala da biliardo “Campbell and Hatch”.
“E’ stato là, disse, la sera del 18 marzo 1882 che Morgan venne assassinato”.
Urilla Sutherland
Con la voce rotta dall’emozione, Wyatt confidò a Flood: “Questo è uno dei posti che non potrò mai dimenticare”. Nel tardo pomeriggio essi tornarono a Benson attraverso la strada sterrata, quindi presero la corriera per Tucson.
Più tardi Wyatt compilò una lista di tutti gli scontri affrontati durante i suoi giorni in Arizona, descrivendo a John Flood una sequenza dettagliata per ognuno di essi.
Durante quelle passeggiate col vecchio amico di Wyatt, Gilchriese apprese tutti i particolari della relazione con la terza moglie Josephine Sarah Marcus.
I due davano l’impressione di passare molto del loro tempo a discutere animosamente e spesso in presenza di altre persone. Non sempre Flood riusciva a riportare la pace tra i due poiché Josephine non era certo una donna malleabile. Spesso non mancava di ricordare al marito i suoi rovesci finanziari e talvolta si spingeva ad esaltare le prodezze amatoriali di qualche suo amante dei tempi andati, come ad esempio lo sceriffo Behan di Tombstone malgrado i suoi attacchi di sifilide.
Non di rado faceva notare a Wyatt che Albert Bilicke, proprietario dell’Hollenbeck Hotel, un amico degli Earp ai tempi della vecchia Tombstone, viaggiava ora in macchina mentre loro ancora dovevano servirsi del tram. Un’altra persona che Josephine paragonava spesso con Wyatt era il petroliere Edward L. Doheny che da giovane aveva lavorato per Wyatt a Tombstone al tavolo di faraone per otto dollari al giorno. Ora egli era ricco e possedeva un’automobile tutta sua.
Josephine continuamente rimproverava Wyatt dicendogli : “Guarda, ha lavorato per te ed ora possiede un’automobile, noi invece non abbiamo nulla. Quale è il tuo problema ?” Wyatt spesso rispondeva col silenzio. Il continuo bisogno di denaro, una volta, spinse la donna a chiedere in prestito un centinaio di dollari a Doheny con la scusa che erano per il marito. Wyatt non seppe nulla di quel fatto e quando Doheny chiese conto della somma di denaro,Wyatt cadde letteralmente dalle nuvole.
Il milionario capì la situazione, ma in futuro si impose di negare qualsiasi altra somma alla signora Earp. Il comportamento di Josephine, al di la dell’imbarazzo per Wyatt, era quello di una persona del tutto priva di responsabilità. Un’altra volta Wyatt affidò del denaro alla moglie affinché lo impiegasse per lo sfruttamento di una concessione petrolifera in Ken County. Josephine non fece nulla di ciò che le aveva raccomandato Wyatt poiché irresponsabilmente perse quella somma al gioco delle carte.
Wyatt scoprì la cosa solo dopo aver appreso che le concessioni erano state acquistate dalla famiglia del famoso petroliere Paul Getty.
Gilchriese prendeva nota di tutto quello che Flood gli raccontava e molti altri particolari li apprese nel corso di altre interviste. Dopo la prima guerra mondiale alla quale aveva partecipato, John Flood poté riabbracciare il suo vecchio amico. Superato il primo momento di commozione, Wyatt riferì a Flood di aver trovato un filone aurifero localizzato presso il fiume Colorado nella riserva indiana.
A causa delle lungaggini burocratiche inerenti alla richiesta di concessione, Wyatt non aveva rivelato a nessuno il posto. Flood calcolò che in sua assenza il suo vecchio amico aveva estratto oro per almeno 16.000 dollari. Per ovvie ragioni anche Josephine conosceva i particolari di tutta quella operazione.
Evidentemente il lupo perde il pelo ma non il vizio. Infatti la donna, non nuova a fatti del genere, perse gran parte di quella somma al gioco del poker.
Flood mostrò a Gilchriese il posto dove molti anni prima aveva lavorato assieme a Wyatt e il giovane ne approfittò per scattare numerose fotografie.
Un giorno, raccontò Flood, egli era appena tornato da Needles dopo aver messo sul treno per Los Angeles Josephine stizzosa come al solito. Di solito la lontananza della donna bastava per mettere di buon umore Wyatt, ma quel giorno egli pareva più preoccupato del solito. Dopo aver lasciato Wyatt da solo presso la tenda, Flood partì per effettuare il controllo della recinzione della loro concessione.
Al ritorno Flood si lamentò nervosamente con l’amico dicendo che qualcuno aveva picchettato sopra i loro stessi contrassegni. Fumando un sigaro fuori dalla tenda, Wyatt replicò dicendo : “Bene Flood, vuoi quelle concessioni oppure no ? Se si, vai là e prendi a calci i loro paletti”.
Flood eseguì con piacere l’ordine di Wyatt. Più tardi tre uomini si presentarono presso la loro tenda chiedendo spiegazioni sul perché Flood aveva divelto i loro paletti. Senza levare gli occhi su quello che sembrava essere il capo, Wyatt spiegò che la concessione apparteneva al suo amico e che essi avrebbero dovuto abbandonare il campo. L’uomo che non immaginava minimamente chi avesse di fronte, si avvicinò a Wyatt sbattendo i pugni sul tavolo all’interno della tenda. John Flood non aveva idea di cosa fare, ma fu sorpreso dalla repentina reazione di Wyatt. Recuperato il grosso revolver, Wyatt tenne con mano ferma i tre uomini davanti alla linea di fuoco della pistola.
Sorpreso dalla reazione di quell’uomo ormai vecchio, il capo dei tre esclamò : “Che cosa fai e chi diavolo sei?” La risposta, tagliente come la lama di un coltello arrivò attraverso la voce ferma del vecchio : “Il mio nome è Wyatt Earp” John Flood poteva anche non aver capito cosa significasse sentire quelle parole, ma per i tre uomini non furono necessarie spiegazioni.
Quel nome, anche se molta acqua era passata sotto i ponti, nel west valeva ancora qualcosa e forse nella mente dei tre riemergevano le immagini dei morti di Tombstone.
I tre guardarono Wyatt per un attimo, quindi si scusarono e nelle settimane successive si tennero a debita distanza dal campo di Wyatt.


I titoli di The Call il giorno dopo un arbitraggio di Wyatt Earp

Gilchriese ascoltò incantato tutte quelle storie. Egli si fidò della credibilità di John Flood e ammirò molto la sua fedeltà al vecchio Wyatt, un tributo esteso più tardi anche a Josephine malgrado le sue assurde richieste e gli atteggiamenti sempre più sgradevoli.
Poco prima della sua morte avvenuta il 29 marzo 1958, John Flood volle premiare l’interesse di Gilchriese per Wyatt donandogli tutte quelle cose che ora erano sue e che un tempo erano state proprietà del famoso marshal della frontiera. Con la morte di Flood, Gilchriese rifletté su alcune circostanze riguardanti la morte di Wyatt Earp avvenuta quasi trenta anni prima.
In quella circostanza Josephine rifiutò di presenziare al funerale del marito non per il dolore come qualcuno ha suggerito, ma perché non voleva essere vista in pubblico senza un nuovo vestito che non poteva permettersi. Flood la supplicò di riconsiderare la cosa, ma la donna ignorò le sue preghiere.
Per fortuna, al funerale di Wyatt c’erano, tra quelli che portavano a spalla la bara, Tom Mix e William S. Hart, i due più famosi attori di film western del cinema muto.
Il futuro non sarebbe stato comunque roseo per Josephine. Quando morì, nel 1944, l’intero patrimonio della donna consisteva in un baule, una radio e cinque piccole scatole di effetti personali per un valore totale di 175 dollari.
Il corpo di Wyatt Earp fu cremato. Prima della sistemazione finale presso l’Eternity Cemetery di Colma a sud di San Francisco, le sue ceneri tornarono un’ultima volta presso la sua abitazione al 400 W. 17th Street. Dopo il funerale Josephine si lasciò andare in una deprecabile scenata imprecando contro il marito appena morto per averla lasciata in precarie condizioni economiche.
Al colmo della rabbia, Josephine tirò il contenitore delle ceneri contro il muro della casa. La violenza dell’impatto causò l’apertura del coperchio per cui parte delle ceneri di Wyatt caddero sul pavimento.
Come se nulla fosse accaduto, sotto lo sguardo inorridito di John Flood, Josephine rimise il coperchio sul contenitore e senza una parola spazzò le ceneri sul tappeto fuori nella veranda.
Gilchriese non poteva accettare l’idea che le ceneri dell’eroe della sua fanciullezza fossero state sparse fuori dalla porta di casa. Per John era come se quei resti sulla strada mettessero la parola fine al proprio viaggio intrapreso molti anni prima.
Certo, egli avrebbe ancora voluto acquisire molte altre cose sulla figura di Wyatt Earp e sulle vicende di Tombstone, ma a molte importanti questioni erano state date comunque delle risposte.
Risposte avute con l’aiuto e l’incoraggiamento di un ristretto numero di amici come John Flood, Billy Hattich, il giudice Curtis, Frank Waters e il Dr. Frederick W. Hodge.