- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

L’irriducibile Rafael

A cura di Josephine Basile

Nella prima decade del 1800 in Messico, pochi capi Apaches furono così tanto famosi come l’Indio Rafael: indomito, crudele, sanguinario, che manifestò tutto il suo odio nei confronti dei bianchi, fino a che questi lo massacrarono unitamente al suo più fedele compagno di scorreria, José Antonio. Rafael e i vagabondi Apaches che lo seguivano, furono confinati sul finire del secolo XVIII nelle vicinanze del Presidio Militare di Santa Maria de las Caldas di Guajoquilla (oggi Ciudad Jimenez, nel Chihuahua), per ordine dell’Ecc.mo generale Jacobo de Ugarte y Loyola, Governatore e Comandante Generale delle cosiddette “Provincias Internas” della Nuova Spagna.
I suoi Apaches ruppero il patto di pace, abbandonando Guajoquilla e dando inizio ad una serie di scorrerie che abbracciarono gli attuali stati di Chihuahua, Durango, Coahuila e Zacatecas, lasciandosi dietro una lunga scia di sangue, morte e distruzione.
Senza lasciar traccia percorsero distanze davvero incredibili, rendendo vani gli sforzi dei loro inseguitori che cercavano di localizzarli; certamente, a causa del loro prolungato contatto con gli spagnoli, Rafael e i suoi parlavano fluidamente il castigliano e a volte utilizzavano le uniformi dei soldati uccisi, per meglio ingannare le loro vittime.
In alcuni archivi che conservano le campagne contro “los indios barbaros” compare la descrizione dei 3 pericolosi ricercati Apaches, unitamente ad una donna guerriero Apache dal nome sconosciuto, che accompagnò costantemente i 3 ribelli.


La zona d’azione di Rafael

La descrizione venne effettuata dal capo Morales, alcalde di Papasquiaro (Durango), in data 22 Febbraio 1805:
“Rafael, di corporatura normale, snello, bel volto, naso aquilino, occhi castani, “sambito del los pies” (probabilmente Rafael era sbilenco, a causa di una qualche malformazione alle ginocchia o ai piedi); l’altro si chiama Josè Antonio, snello, un po’ più alto, volto affilato, naso normale e occhi castani; tutti e due portavano camice molto lunghe. L’altro si chiama El Chinche (La Cimice), basso, grasso, scuro, volto rotondo e piatto, occhi neri, capelli grigi; portano con loro una donna indiana, la quale non è conosciuta”.
Da uno dei primi rapporti sull’Indio Rafael, si viene a conoscenza che il sergente Josè Baro riuscì ad intercettarlo, la notte del 22 ottobre 1804, ma riportò un soldato ucciso; il sergente Baro riferì che l’attacco si ebbe con “3 indios enemigos…di quelli che – prima – si trovavano in pace a Guajoquilla” ( Rafael, Jose Antonio e El Chinche ) e che alla fine dello scontro catturarono un “piccolo indiano di 3 o 4 anni di età, figlio dell’Indio Rafael”. Due giorni dopo, il 24 ottobre, presumibilmente accecato dall’odio per la perdita di suo figlio, Rafael attaccò gli abitanti del Rancho de los Ojuelos, uccidendo un uomo e catturando il giovane figlio di 10 anni di età, poco dopo trafitto crudelmente con un colpo di lancia; la madre del giovane, sposa dell’uomo ucciso, venne miracolosamente risparmiata insieme ad altri figli, e quando giunse sul posto il sergente Baro, questa testimoniò che gli Apaches gli parlarono in castigliano, dicendole: ”vattene a casa con le tue tre creature.”
In altri archivi si conservano i diari di campagna del suo più instancabile inseguitore, il tenente Don Lucas Valenzuela, della “Primera Compañía Volante” (soldati presidiali a cavallo: i più efficienti nelle lotte contro gli Apaches), che mai poté avvicinarlo nonostante la sua lunga e costante campagna di 5 anni.
A partire dal novembre 1804, i rapporti su Rafael e i suoi compagni riferiscono grandi crudeltà: non risparmiavano neanche la loro gente, forse colpevole di non aiutarli, o peggio ancora, di aiutare gli spagnoli. Il 23 dicembre 1804, Rafael, Josè Antonio e El Chinche attaccarono una rancheria di Apaches che si trovava in pace a Carrizal, catturando la donna del capo; questi sollecitò licenza per inseguirli, ma gli venne rifiutata. In seguito, la donna riuscì a fuggire, rivelando che detti Apaches avevano causato fino a 18 morti, nel breve periodo in cui si trovò nelle loro mani.
Lo stesso tenente Lucas Valenzuela, in data 26 febbraio 1805 e dalla Hacienda di Guatimape, riferisce di aver avuto notizia che nei dintorni di Durango, l’Indio Rafael, Josè Antonio e El Chinche avevano ucciso 9 persone, avvalendosi dell’artificio di parlare ai paesani in castigliano.
Don Nemesio Salcedo y Salcedo, Brigadiere del Reale Esercito, Governatore, Ispettore delle truppe Regolari e delle Milizie… e che ricopriva ancora una lunga serie di titoli, inviò una comunicazione alle “Justicias Mayores” in data 29 ottobre 1805:
“I tre Apaches fuggiti dallo stabilimento di Guajoquilla, chiamati Rafael, José Antonio e El Chinche, sono stati avvistati nel Presidio di Carrizal ed inseguiti (vanamente) dalle truppe, ho notizie che intendono penetrare in questa provincia, e siccome la conoscono bene, ciò facilita l’esecuzione di tutta la classe delle loro atrocità. Perché non si ripeta ciò che abbiamo sperimentato anteriormente, prevengo a V. S. di comunicare a tutti i “Jueces de Partido” affinché avvertano i vicinati e le Haciendas di restare con la dovuta vigilanza e che non permettano di separarsi dalla popolazione nessun individuo senza che abbia con sé le proprie armi di difesa, incaricando nel contempo a V.S. che nel caso si abbiano notizie nelle vicinanze dei tre menzionati nemici, si impegnino nella loro persecuzione fino ad ucciderli o catturarli…”


Un gruppo di Apache

Il 26 novembre 1805, l’alfiere Don M. Carrasco si incontrò nel Canyon de Tascate con Rafael e i suoi compagni, ma questi si erano posti su di un’imprendibile altura, dove era impossibile “castigarlos”. La conversazione, quindi, ebbe luogo a distanza. Rafael chiese all’alfiere Carrasco di poter rivedere suo figlio, entro 5 giorni, fissando un appuntamento alle Case Vecchie della Noria. Il suo scopo era probabilmente quello di liberarlo. Ma a quanto pare non se ne fece nulla e l’Indio Rafael non vide mai più suo figlio.
Don Lucas Valenzuela, in data 23 gennaio 1806, riferisce che il giorno 7 dello stesso mese, nel luogo chiamato La Zanja, l’Indio Rafael e i suoi compagni avevano ucciso un vaquero, portandosi via prigioniero un ragazzino.
Inevitabilmente, anche per qualcuno dei ribelli la vita volge al termine; il 25 gennaio 1806, nelle cosiddette Pianure delle Formiche (situate poco ad ovest di Coyame), Rafael e i suoi compagni videro passare alcuni Apaches con le loro famiglie (si trattava di Mescaleros che si trovavano in pace con gli spagnoli a Coyame); quindi decisero di attaccarli per prendergli le donne: ma nello scontro che ne seguì venne ucciso il famigerato El Chinche. Fu un loro ex prigioniero, presente allo scontro, a rivelare i dettagli del combattimento, quando venne interrogato.
Il 24 giugno 1806, il governatore di Durango pone una grossa taglia sulla testa di Rafael e i suoi compagni: “cinquecento pesos a chi li consegnerà vivi o morti”. Ma a quanto pare non era impresa facile riscuoterla. Ne sanno qualcosa i soldati Antonio Soto, Manuel Saenz e un altro, i quali attaccarono Rafael e i suoi compagni, il 9 luglio 1806 e nei pressi di Santa Barbara: il risultato fu che il soldato Antonio Soto venne ferito ad un braccio… e Rafael prese il largo.
Dal canto suo, anche la chiesa si adoperò, in qualche modo, per porre fine alle atrocità del crudele Indio Apache: Francisco Gabriel de Olivares, vescovo di Durango, riferiva in data 28 ottobre 1806:
“Il Comandante Generale di queste Provincias Internas (Jacobo de Ugarte y Loyola), ha comunicato che l’indio barbaro Rafael ha commesso diversi omicidi nel presidio di Guajoquilla. Motivo per il quale chiede di celebrare una messa…per far si che “Dios Nuestro Señor” ci liberi di lui.” Ci vorranno ancora 4 anni perché il Signore esaudisca questo desiderio.
Ciudad Chihuahua, 16 dicembre 1806: Don Alberto Maynez, in una comunicazione al Brigadiere Bernardo de Bonavía, nel dare a conoscere le notizie sulle campagne contro “los indios bárbaros”, commenta:
“Le vaghe notizie che corrono in questa città dell’Indio Rafael, dicono che sia tornato nell’interno della provincia, tra la Ciénega de los Olivos e Parral, e questo lo confermano i riconoscimenti che sono stati effettuati su mio ordine in differenti punti della frontiera. Il Tenente Don Lucas Valenzuela lo insegue con costanza, ma considero che solo una casualità potrebbe liberarci da questo nemico, che conosce il nostro idioma, che usa i nostri stessi vestiti, che ha una pratica conoscenza di tutte le terre di questa provincia, e che infine osserva la precauzione di non effettuare furti di bestiame che ne rallentino la fuga o che possa servire da traccia nel suo inseguimento”.
Presidio di Guajoquilla, 30 Aprile 1807: il capitano Mariano Varela apprende dal giudice del pueblo di San Miguel de las Bocas, Don Josè Diaz, che il 27 marzo si presentò nella sua Hacienda di Guadalupe il sergente Francisco Espinosa, ferito da un colpo di freccia unitamente a un soldato, e gli altri due soldati assai malridotti da colpi di pietra, come risultato dell’attacco che diedero all’Indio Rafael e i suoi compagni nella Sierra del Carmen o Camarones il giorno 26 marzo, lasciando in possesso dei nemici anche quattro animali sellati con tutto il loro equipaggiamento, carte e ordini.
Dopo innumerevoli razzie, uccisioni e rapimenti, in data 11 novembre (1807) Rafael ( che sembrava essere accecato dall’odio verso i suoi nemici, di qualsiasi razza ed età ) attaccò una rancheria di Tepehuanes nella giurisdizione di Batopilas (Durango), uccidendo il loro capo, due uomini, tre donne, tre ragazzi e bruciando 4 capanne: si era presentato in questa rancheria nelle vesti di mulattiere. Non soddisfatto, il 17 dello stesso mese ritornò nella stessa rancheria, dove uccise altre due donne.

Un guerriero con arco e freccia
Don Juan Josef Flores Alatorre, in data 1 Dicembre 1807 e da Sombrerete (Zacatecas), scrive ai suoi superiori:
“Per la terra interna o province interne viaggia un indio apache chiamato Rafael, che è oggigiorno materia delle conversazioni in questo luogo, e si dice che ha causato più di 200 uccisioni: che il comandante generale ha inviato truppe per diverse parti in sua persecuzione, ma che con mille travestimenti e stratagemmi riesce sempre a fuggire: che si offrono mille pesos a chi lo consegna vivo o morto.” La taglia posta sulla testa di Rafael sembra aumentata. Tuttavia, Alatorre non sapeva che Rafael, da lì a poco, sarebbe giunto anche nella giurisdizione di Sombrerete. Il 12 dicembre, infatti, un rapporto del subdelegato di Sombrerete, Don Manuel Iglesias, riferiva al governatore intendente di Durango: “che il giorno 9 si era visto nelle vicinanze della Hacienda di San Sebastian l’indio Rafael con altri due uomini, una donna e due ragazzi; che dalla Hacienda di Juan Perez si erano rubati 9 cavalli; che nella notte dello stesso giorno mandò uno dei giovani prigionieri (Salvador Bueno Laicano) a comprare sigari, dando così notizia di dove si trovavano..” Infine, venne riunito un gruppo di gente per perseguirlo, ma il giorno 10 dicembre all’alba, trovarono solo tale Francisco Chavez, ucciso a colpi di lancia.
Non è qui possibile elencare altre notizie, riguardanti le incursioni di Rafael e Josè Antonio, che a quanto pare commisero da soli questa lunga serie di assalti. Sembra incredibile, ma è questo ciò che traspare dai rapporti e dagli interrogatori degli ex prigionieri e prigioniere. Due Indios Apaches contro tutti! Da Ciudad Chihuhua, in data 21 gennaio 1811, scrive nel suo rapporto finale il “subdelegado real” Juan Josè Ruiz de Buztamante:
“Dalle dichiarazioni prese alle enunciate prigioniere, non risulta assolutamente il più minimo sospetto che i due citati indios (Rafael e Josè Antonio) avessero connessione, accordo, ausilio né comunicazione nelle loro atrocità con nessuna categoria di persone; anzi, al contrario, sembra che erano acerrimi nemici della loro stessa specie.”
Riferisce lo Storico Prof. Francisco R. Almada – nel suo libro “Resumen Histórico del Municipio di Jiménez” – che infine i tre Apaches furono “exterminados” dopo una tenace e lunga campagna. “El Chinche cayo muerto en 1806”: come sappiamo, venne ucciso dai Mescaleros; e il 26 luglio 1810 stessa sorte toccò agli irriducibili capitancillos Rafael e José Antonio, in cima alle colline di Acatita de Bajan (Coahuila), in un duro combattimento contro un gruppo armato comandato da Victoriano Waldo Rubio, mayordomo della Hacienda di San Antonio della Laguna.
Prima di raccomandare il suo spirito a Yastasitasitannè (Il gran Capitan del Cielo), l’irriducibile Rafael fece in tempo a causare la sua ultima uccisione, ferendo a morte “l’escoltero” Inocente Perales, il cui cavallo rimase impigliato in alcuni cespugli durante l’attacco: e fù in questo momento che Rafael (evidentemente appiedato in mezzo alla vegetazione) gli sferrò una lanciata, colpendolo sotto la gamba e trapassandogli il ginocchio, a causa della quale morì la notte stessa. Ma alla fine dell’impari battaglia, i due Apaches vennero uccisi e letteralmente squartati, posto che vennero ritrovati “senza le teste e qualche altra estremità dei loro corpi devastati”.
Tuttavia, Rafael e il suo sparuto gruppo di Apaches, nel tempo che durarono le loro terribili scorrerie, batterono un record di crimini. I documenti riportano 396 vittime: diedero la morte a 298 persone, ne ferirono 53, portandosi via 45 prigionieri.
I più grandi guerrieri Apaches aspiravano ad una onorevole morte in combattimento e – così come i più grandi – anche Rafael cadde glorioso nella lotta. Resta da chiedersi:
Cosa pretendeva Rafael, Indio Apache indomito e ribelle? Forse pretendeva che gli restituissero il suo innocente e piccolo figlio, oppure lottò in un movimento di indipendenza e libertà, senza nessuna speranza di trionfo?
Rafael nacque sulla Sierra del Cibolo, situata subito ad est del Rio Grande, in quello che all’epoca era ancora deserto orientale Chihuahuense: è quindi possibile che la sua rancheria Ndè appartenesse a coloro che gli spagnoli chiamavano con il generico nome di Mescaleros. Tuttavia, in seguito, si venne a conoscenza che Rafael non era un Apache purosangue, in quanto suo padre era un Indio Opata rapito e adottato in giovane età dagli Apaches. Nel 1856 suo padre era ancora vivo, ultracentenario e residente in Santa Cruz de Rosales (Chihuahua). Il piccolo figlio di Rafael, catturato dagli spagnoli nel 1804, per ironia del destino, diventò soldato presidiale spagnolo e nello stesso 1856 ricopriva ancora tale carica: si diceva che avesse ereditato da suo padre le stesse qualità guerriere… anche se non in grado così tanto eminente come quelle del suo famoso genitore.