Tra gli indiani della Baja California

Il Venegas, e più tardi il Clavigero, menzionavano i feroci “Uchities” che “tagliavano le comunicazioni terrestri tra La Paz e Loreto”, indiscutibilmente si riferivano proprio a questi gruppi Huchitian. Parecchi storiografi ricordano che gli indiani Callejúes, Aripes e Uchití parlavano una sola lingua, anche se “alcune parole sono diverse”, e “si capiscono l’un l’altro”. I Guaycuras di Los Dolores parlavano la stessa lingua dei Callejues e si comprendevano fra loro, mentre anche i Periúes potevano comprendere il dialetto di Los Dolores.


Ancora una mappa della zona

Gli indiani Periúes erano probabilmente quelli che il capitano Rodriguez chiamava “Pirus” o “Piruchas”. Un dato interessante ci viene dal Guillén a proposito degli Uchití. Quando questi si ritirò a Loreto per “imparare una nuova lingua nativa ed aiutare una donna anziana che non poteva tornare a casa”, il missionario voleva apprendere la lingua degli Uchití, il che significava che i gruppi Uchitíes erano stati quasi completamente spazzati via da questo territorio ormai in mano ad altre genti. Questo spiegherebbe perché l’anziana non poteva “ritornare a casa”, era ormai isolata a Loreto, in una terra dove erano presenti indiani Cochimi e, probabilmente, anche qualche famiglia di Monquis. Per concludere questo passo, sembra che nel territorio vi fossero tre distinte famiglie linguistiche: lo Yuman dei Cochimies, il Guaycuras e il Pericues. Gli Uchití erano probabilmente strettamente legati ai “Cubí” del Guillén e, probabilmente, anche agli “Ikas” del Baegert. Ma anche altre popolazioni vivevano nella Baja California, fra queste vi era la piccola tribù Monquis, che venne incontrata per la prima volta nel XVI secolo; ma fu nel corso del tardo XVII secolo che i gesuiti concentrarono i loro sforzi per cristianizzarli. Nel 1697 il Juan Maria de Salvatierra istituiva, a Loreto una missione per i Monquis, che erano indiscutibilmente dei cacciattori-raccoglitori stanziati lungo le coste del Pacifico, ma che solevano cacciare nelle vallate della Sierra Giganta. Non sappiamo quando la tribù si estinse, ma è probabile che scomparvero nel corso del XVIII secolo. Della loro lingua conosciamo ben poco, ma sembra che parlassero un dialetto simile a quello dei loro vicini settentrionali, i Cochimi. E’ probabile che questi indiani fossero imparentati con i Pericu e i Guaycura, ma non con i Cochimi e tutte le altre tribù del nord. Lo Swanton li riteneva dei Guaycuran stanziati sulla costa orientale della penisola tra Dolores e Loreto.


Puerto San Carlos, nel Sonora

A differenza dei Pericu, dei Guaycura e dei Monqui, stanziati più a sud, i gruppi tribali Cochimi (“Ko-chi-mi’” o “Cochimies”) – conosciuti anche come “Laymones” – parlavano una lingua – o meglio, un gruppo di dialetti di una stessa lingua – indiscutibilmente collegata a quella degli Yuman del nord. Il Troike (1970) riteneva che i Cochimi avessero due distinti dialetti. Questo gruppo fu sicuramente il più popoloso fra tutti gli indiani della Baja California, anche se risulta molto difficile definire i loro limiti territoriali. Essi occupavano una parte considerevole della Baja centrale, dalle terre a nord di Rosario fino alle zone di Loreto, nella Baja centro-orientale. Le missioni per questi indiani furono istituite (1768) nelle terre dei Monqui, quindi più a sud del loro territorio natio; soltanto quando i gesuiti vennero sostituiti dai francescani, gli spagnoli avrebbero costruito missioni anche nelle loro terre. Linguisticamente e culturalmente i Cochimi furono ben più vicini ai gruppi Amerindi stanziati più a nord. Quando i primi bianchi entrarono nelle loro terre notarono subito che erano dediti alla caccia e alla raccolta di semi e frutti del deserto, e che non conoscevano alcun tipo di agricoltura; per quanto riguarda la ceramica è probabile che sia giunta nelle loro terre dal nord, quindi tramite scambi con le popolazioni della California e della Sonora. Come molte altre tribù della Baja, i Cochimí vivevano anche di pesca nelle zone costiere. La tribù venne fortemente ridimensionata a causa delle devastanti epidemie che colpirono la Baja California e si estinse agli inizi del XX secolo, anche se qualche discendente lo si poteva trovare nel secolo successivo.


Relazioni con le genti di origine spagnola

Il 3 marzo 1719 il gesuita Clemente Guillén fu a capo di una spedizione verso le terre dei Guaycuras; il missionario, partendo dal Presidio Reale di Loreto, si spinse a sud, nelle terre di Ciudad Constitución. Il gesuita era ben conscio dei pericoli cui sarebbe andato incontro, il territorio era “… un paese spezzato e praticamente impraticabile, il peggiore della bassa California”, con una popolazione registrata come “primitiva e intrattabile”, infatti, le missioni di queste terre furono le prime a scomparire e la storia di queste zone cadde nuovamente nell’oblio. Quando il Guillén si mosse per la sua prima spedizione (marzo 1719), il cuore del territorio dei Guaycuras non era mai stato esplorato, ma ciò non significava che gli indigeni non conoscessero gli uomini bianchi. All’inizio del XVI secolo avevano visto sporadiche attività di esploratori, raccoglitori di perle e pirati che si affacciavano sulle coste. La spedizione del Sebastian Vizcaino (1602) aveva navigato al largo della Bahía de Santa Magdalena, lo spagnolo aveva notato numerose rancherias lungo le coste del Pacifico. Il Vizcaino descrisse il suo incontro con i nativi della Bahía de Santa Magdalena: “Apparve un gran numero di indiani provenienti da diversi luoghi, avevano archi e frecce e dardi induriti col fuoco. Venivano in pace e dettero le loro braccia in segno di pace. Erano ben formati e con un buon fisico, nonostante vivessero nudi nelle rancherias; il loro cibo principale era il pesce, ma anche la radice aloe. Pescano costruendo dighe, ma raccolgono in gran quantità anche le vongole e le cozze”. La spedizione si sarebbe fermata anche nelle vicinanze di Santa Marina, “… gli indiani vennero verso di noi e come segno di pace ci consegnarono le loro armi, che sono le frecce e delle freccette di rami che usano anche per pescare”. Gli indiani Guaycuras avevano comunque sentito parlare della strage operata, nella baia di La Paz, dall’ammiraglio Antillón Isidro de y Atondo (1681) e come risultato di queste voci, padre Guillén scriveva che, “… alcuni nativi divennero più ostili e ribelli, e avversarono gli spagnoli a causa della crudele attività dell’ammiraglio.


L’avanzare dei missionari

Ritirandosi sulla sua nave dopo aver lasciato a terra una grande quantità di mais, quando gli indiani si affrettarono a raccogliere il mais, fece sparare fitte cariche di pallini causando un gran numero di morti fra gli indigeni. L’orribile massacro sarebbe stato ereditato di padre in figlio”. Da allora i nativi, continuava il gesuita, sono “… del tutto incontrollati, sono più feroci e irritati a causa della crudeltà dell’Atondo”. Nel luglio 1704, per esempio, quando i gesuiti Juan Maria Salvatierra e Pedro de Ugarte, accompagnati da un soldato di nome Francisco Javier Valenzuela e da due interpreti indiani, esplorarono le coste a sud del golfo di Loreto, caddero in una imboscata degli indiani Monquis, e solo “una eroica carica del Valenzuela riuscì a terrorizzare gli indiani che si prostrarono a terra”. Nel 1706 le coste furono esplorate da Jaime Bravo, dal capitano Esteban Rodriguez Lorenzo e da sette soldati con alcuni indiani; la spedizione sarebbe terminata disastrosamente. Alcuni soldati si avvicinarono ad un accampamento dei Guaycuras, impegnati a cucinare alla griglia alcuni pesci, gli indiani avevano lasciato sulla griglia del fegato di pesce; nonostante gli avvertimenti dei nativi, due affamati soldati mangiarono il fegato di un pesce chiamato “botete”, estremamente velenoso. I due soldati sarebbero morti poche ore dopo. Nel 1713 il Guillén, con due confratelli – Benito Ghisi e Jacobo Doye -, si mosse verso la Baja California su un’imbarcazione poco adatta alla navigazione di alto mare. Seguendo la costa, l’imbarcazione andò alla deriva e il Ghisi annegò, mentre gli altri riuscirono a raggiungere la terraferma. Il Guillén giunse a Loreto nel 1714, sarebbe rimasto nel territorio parecchio tempo tra gli anni 1714-21. In quel periodo la missione fu sottoposta a varie incursioni dei Pericu provenienti dalla Isla de San José, i quali sarebbero anche riusciti a saccheggiare la chiesa, ma “… finalmente vennero puniti da una spedizione militare”.


Un campo indiano

Ripetute epidemie avrebbero decimato gli indiani neofiti della missione, pertanto si decise di abbandonarla. Nel 1716 il Salvatierra, affiancato dalle truppe del capitano Rodriguez, e da un contingente di indiani delle missioni, si spinse verso La Paz per “trovare una porta per i galeoni di Manila”. Con loro vi erano tre Guaycuras catturati, “che stavano per liberare al fine di mostrare le loro buone intenzioni”. Ma gli indiani alleati si spinsero in avanscoperta e “incontrarono alcuni Guaycuras, questi fuggirono e allora intrappolarono e uccisero alcune donne catturate”. Questo episodio avrebbe bloccato l’avanzata spagnola verso sud e tutta l’attività missionaria avrebbe vissuto da allora ai margini della nazione Guaycuras. Per la prima volta questi indiani “… si trovarono faccia a faccia con gli spagnoli e con le loro armi, con i loro cavalli e i loro muli, e con il loro cibo molto desiderabile e con i regali”. La terra nella quale il Guillén stava entrando aveva montagne a est che si estendevano fino al Golfo della California, e le pianure a ovest fino alle coste del Pacifico; l’acqua non era abbondante e la si poteva trovare con più facilità nelle terre dell’est. Il territorio era tagliato da una serie di fiumi in secca (gli arroyos) che, “… a volte contenevano sorgenti, ma che si riempivano di acque ruggenti con le improvvise inondazioni”. Fortunatamente, padre Guillén ci ha lasciato dettagliate descrizioni delle sue due spedizioni nel territorio. Le informazioni geografiche trovate nei diari delle spedizioni del Guillén, insieme ad altre fonti missionarie, ci portano a vedere abbastanza chiaro nella “geografia Guaycuras”. I nomi delle “rancherias” sono giunti fino a noi soltanto con nomi spagnoli; ma possiamo notare che i viaggi dei missionari non avrebbero interessato le zone prossime alle coste del Pacifico, eppure il territorio dei Guaycuras si estendeva sulla costa occidentale della penisola in direzione La Paz e, verso nord, in direzione San Javier. Le rancherias era sempre localizzate in zone dove non mancava l’acqua, almeno in determinate stagioni. La prima spedizione del Guillén, datata 1719, portava alla scoperta della Santa Maria Magdalena Bay, posta sull’oceano Pacifico.


Un dipinto di A. Tzapoff

La spedizione era guidata dal capitano Don Esteban Rodríguez Lorenzo, al cui fianco vi era un contingente di 12 soldati spagnoli del Presidio Reale della “Nuestra Señora de Loreto”, due interpreti e 15 indiani alleati. La grande spedizione sarebbe iniziata il 3 marzo 1719. E soltanto il 13 aprile, dopo aver disceso la Sierra di Loreto, furono accolti e “salutati con gioia”. Sostanzialmente, la spedizione aveva fallito, trovare un porto naturale per i galeoni di Manila era praticamente impossibile, si poteva però tentare di stabilire nel territorio una missione. Il primo contatto era avvenuto con diverse rancherias della nazione Guaycuras, ed ora il paese di questi indiani era aperto all’evangelizzazione. Il Juan de Ugarte aveva da poco costruito “El Triunfo de la Cruz”, la prima imbarcazione costruita nella Baja California, dove trasportare il legname proveniente dalla Sierra de Guadalupe. Uno dei suoi primi compiti fu comunque quello di portare l’Ugarte e padre Jaime Bravo alla baia di La Paz per stabilirvi una missione, mentre il Guillén doveva seguire il percorso via terra. La seconda spedizione del Guillén (1720) avrebbe esplorato le terre che dalla missione di “San Juan Malibat” raggiungevano il golfo di La Paz, nel grande golfo della California. La spedizione era composta di tre soldati spagnoli, quattro “servi” e 13 indiani di San Juan e Loreto. Il manoscritto allo studio è ricco di correzioni e ciò potrebbe non rappresentare il manoscritto originale del Guillén, infatti, pur menzionando il soldato Ignacio de Rojas, degli altri due nulla conosciamo. La spedizione si sarebbe mossa lunedì 11 novembre, per tornare il 23 gennaio dopo 8-9 leghe di duro viaggio, il Guillén e i suoi avevano concluso le loro esplorazioni. I diari del Guillén contengono comunque parecchie notizie ricche di dettagli topografici importanti ma, probabilmente, il gesuita non poteva sapere che la sua visita al territorio indiano avrebbe provocato l’apparizione di nuove malattie che porteranno ad un forte ridimensionamento demografico dell’intera popolazione nativa.
Un altro dipinto di A. Tzapoff
I dati archeologici della Baja California suggeriscono una notevole eterogeneità culturale esistente tra i gruppi dell’interno. Da nord a sud, i gruppi in discussione erano quelli dei Cochimí, dei Guaycura e dei Pericu. Fino ad oggi gli scavi ci dicono semplicemente che erano gruppi di piccole dimensioni, raccoglitori nomadi che vivevano all’interno di ecosistemi che andavano da costa a costa, dal Golfo della California alle coste del Pacifico. Al momento del primo contatto, il territorio compreso fra quello dei Pericu, sulla punta meridionale della penisola, e sulle quattro isole di Espiritu Santo, La Partida, San José, e Cerralvo, e le zone poste più a nord del promontorio tropicale, vivevano i Guaycuras, stanziati a sud della Sierra de la Giganta Magdalena fino alle pianure costiere. A nord di questa popolazione vi erano gruppi riconducibili alle etnie Cochimian. Inoltre, è estremamente importante non dimenticare i vari gruppi tribali dei Seri, stanziati al di là della penisola, sulla costa occidentale del continente messicano, i quali preferivano denominarsi “Comcáac”. Le tradizioni orali e le ricerche archeologiche suggeriscono che i Seri/Comcáac ebbero contatti culturali con le genti della Baja durante il periodo storico. I documenti forniscono informazioni di carattere storico e demografico, linguistico e culturale, sugli indiani del territorio. Il Massey affermava che vi erano due famiglie linguistiche, la “Yuman” e la “Guaicurian”, suddivise in quattro gruppi: il “gruppo Peninsulare” avrebbe compreso il “Cochimí, Guaicura, Huchiti e Pericu”. Il Gursky e lo Swadesh suggerivano che i Guaycuras erano da immettere nel ceppo delle lingue Hokan, con il Fernandez de Miranda e il Campbell che erano d’accordo su questa tesi; il Kroeber considerava i Cochimí in relazione agli Yuman, mentre il Mixco suggeriva che i Cochimí e gli Yuman erano geneticamente correlati, ma dovevano essere considerati due famiglie diverse; inoltre, dichiarava che le lingue dei Guaycuras e dei Cochimí erano probabilmente correlate fra loro. Il Massey suggeriva che i Pericu e i Cochimí erano culturalmente dissimili, mentre i Guaycuras condividevano entrambe le caratteristiche culturali. Il Kroeber avrebbe riassunto meglio la distribuzione dei vari tratti culturali tra i Guaycura, i Cochimí e, in misura minore, i Pericu, utilizzando prevalentemente i Rapporti del gesuita Johann Jacob Baegert, e gli studi del Francisco Xavier Clavijero e del Miguel Venegas, al fine di determinare i loro rapporti con i Seri del continente. Stando al Kroeber, i Guaycuras avevano una maggiore affinità culturale con i Seri e, in minor misura, anche con i Cochimí, ma non con i gruppi meridionali della penisola. Sulla base delle più moderne analisi sembra che i Cochimí meridionali storici e i Guaycuras erano culturalmente molto simili, mentre i Seri avevano tratti culturali simili ai due gruppi, mentre i Pericu erano distinti. Secondo molti studiosi, i tratti simili fra gli indiani della Baja e i Seri sono individuabili nelle terre di questi ultimi, sulla Isla Tiburon, sulla Isla San Esteban e sulle coste della Sonora. E’ comunque probabile che meccanismi convergenti nell’ambiente desertico avrebbero dato vita ad una economia simile e comune tra i vari gruppi. I Pericu e Seri invece avevano invece una economia mista, sia terrestre che marina, e con habitat costieri simili. E’ interessante notare che i Guaycuras e i Cochimí meridionali sono simili anche nelle tradizioni religiose e nell’abbigliamento femminile, ed erano gruppi esogamici. Le tradizioni dei Seri sono ricche di contatti con la penisola e, soprattutto, con le genti della parte centrale. Per quanto riguarda i Pericu, invece, sembrano essere lontanissimi parenti degli altri gruppi, rappresenterebbero un residuo di popolazioni separatisi in epoche antichissime dai primi gruppi migranti nel Nuovo Mondo, per poi restare isolato nei tempi storici. I dati a nostra disposizione suggeriscono che i Pericu erano culturalmente distinti dai Guaycuras e dai Cochimí meridionali durante il periodo storico, tuttavia ben pochi dati abbiamo a disposizione sulle loro epoche antiche.

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