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Guerrieri Lakota

A cura di Isabella Squillari e Giuseppe santini

“Quando i guerrieri scoprirono un grande villaggio di tepee nei pressi di una piccola insenatura nella zona delle Grandi Pianure…” Inizia così il racconto, frutto di lontani ricordi, di uno degli uomini che partecipò all’azione guerresca che segue “…era in corso una grande danza e al centro dello spazio dove si svolgeva la cerimonia, si ergeva un piccolo palo sul quale sventolava una bandiera indiana”. All’uomo balenò nella mente un piano. Lui insieme ad alcuni compagni ben addestrati si sarebbero staccati dal gruppo principale e avrebbero attaccato di sorpresa gli abitanti del villaggio. Essi avrebbero caricato a cavallo, attraversando “quella porzione di villaggio che era la più lontana dal raduno dei danzatori” e avrebbero fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria per aggiudicarsi l’onore di conquistare il vessillo nemico.
La carica iniziò. Come diversivo, il piccolo gruppo di combattenti dette alle fiamme la prima tenda che incontrò sul suo percorso per poi precipitarsi verso la bandiera. Benché sorpresi dalla improvvisa apparizione dei loro eterni nemici, i guerrieri del villaggio risposero prontamente all’assalto. Secondo il resoconto del loro leader, i combattenti affrontarono immediatamente “frecce volanti e pallottole infuocate”. Il capo della spedizione stava per abbattere l’asta che sosteneva la bandiera quando uno dei suoi uomini venne colpito da un proiettile proveniente da un fucile. Il valoroso combattente, ormai ferito, stava per cadere da cavallo quando il capo ed un altro uomo lo afferrarono e lo trattennero in sella. I tre tornarono verso il gruppo principale dei loro compagni, i quali si stavano ritirando verso una scarpata ad ovest del villaggio.


Un guerriero all’attacco

I guerrieri dell’accampamento balzarono sui loro cavalli incuneandosi immediatamente nella zona posta tra le abitazioni e gli assalitori. Per nulla scoraggiati, i combattenti tornarono all’assalto, fedeli al compito che dovevano svolgere. Più tardi il loro capo ricordò che quello che fecero a quel punto fu “manovrare per un attacco simulato verso il lato sud del villaggio; quindi cambiare rapidamente direzione sferrando l’attacco verso il lato nord con tutta la rapidità che la velocità dei cavalli poteva consentire”. Gli abitanti del luogo, comunque, erano in guardia anche per una simile mossa e risposero a loro volta con una manovra altrettanto rapida, fiancheggiando gli assalitori. Questi, come riferì il loro capo, vennero dirottati “sul ponte, lontano dal loro obiettivo, verso la zona nord del villaggio”.
Secondo il racconto dell’unico guerriero ancora vivente quando venne acquisita questa testimonianza, durante i due giorni successivi si combatté a tratti. Nessuno venne ucciso ma molti furono feriti. Nel pomeriggio dell’ultimo giorno di battaglia, le opposte fazioni ebbero una conversazione a distanza. I guerrieri del villaggio assalito, tuttavia, ad un certo punto interruppero il dialogo. Essi sventolavano una coperta, che nel linguaggio dei segni significa “Venite e combattete con noi”. Gli uomini che nei due giorni precedenti avevano così coraggiosamente attaccato il villaggio declinarono l’invito. Subito dopo, seguendo gli ordini del loro capo, erano “di nuovo in marcia”.
La “battaglia”, combattuta nel diciannovesimo secolo, descritta qui sopra non ha nome. Non se ne conosce nemmeno la data esatta. Il luogo in cui si svolse è individuabile all’incirca nei pressi di Prairie Creek, non molto distante da Platte River, l’attuale contea di Hall, in Nebraska. I nomi dei combattenti coinvolti non sono noti, ad eccezione di uno, quello di chi l’ha ricordata e descritta. La mancanza di dettagli può risultare deludente o irritante, ma non c’è nulla che si possa aggiungere. A nessuno degli uomini impegnati nella battaglia venne richiesto di stilare un rapporto ufficiale. Sotto certi aspetti questa battaglia può somigliare a uno degli scontri che si erano verificati quando le pattuglie o le colonne dell’esercito degli Stati Uniti erano incappate in un accampamento indiano “ostile” nelle Grandi Pianure.


Un accampamento al tramonto

Ma non è esattamente così, le similitudini terminano presto. Certo è che c’era un capo con un piano; certo la forza combattente principale si divise invece di attaccare unita; indubbiamente ci fu un attacco a sorpresa ad un villaggio ignaro e, di sicuro, venne incendiata una abitazione. La scarsezza di particolari e sopratutto la diversità nel modo di portare avanti il combattimento, seguito da un finale relativamente incruento, è ascrivibile al fatto che la battaglia si è svolta fra contendenti non inquadrati in truppe disciplinate, bensì a combattenti “istintivi”, con regole di ingaggio, comportamento durante lo scontro e successivo disimpegno ben diverse da militari integrati in un esercito regolare. Quasi certamente, se fossero state milizie di un esercito addestrato non si sarebbero accontentati di cercare onore in guerra sottraendo una bandiera al nemico ma ne avrebbero desiderato l’annientamento.
Il villaggio assalito era abitato da una banda di Omaha, indiani che abitualmente vivevano in abitazioni di terra nell’est del Nebraska, vicino al fiume Missouri, ma usavano tepee costruiti con le pelli quando si avventuravano verso ovest per la caccia al bisonte. Gli aggressori, che si erano opposti a questi “abitanti dell’est” calpestando i loro terreni di caccia, erano combattenti tra i più temuti nelle Grandi Pianure. Erano Oglala, una suddivisione dei Teton Sioux dell’ovest, meglio conosciuti come Lakota. In questa occasione i Lakota e gli Omaha si equivalsero, e benché il combattimento fosse durato molto più a lungo rispetto alla maggior parte degli scontri tra indiani, non si rivelò una battaglia mortale. Attualmente vi è memoria di questo episodio soltanto perchè il capo Lakota che cercò di catturare la bandiera Omaha si avviava a riscuotere grandi successi in battaglia, precisamente nel 1860 contro l’esercito degli Stati Uniti. In seguito, nel 1893, durante una visita ad un vecchio amico nella riserva di Pine Ridge in Sud Dakota, si abbandonò ai ricordi degli anni della sua gioventù. Quei ricordi si possono trovare nell’autobiografia di Nuvola Rossa “War leader of the Oglalas”, pubblicata nel 1997 a cura di R. Eli Paul.
“Ottenendo in gioventù un grande successo come guerriero Lakota, Nuvola Rossa divenne senza dubbio il più grande leader del suo popolo fino all’ascesa di Cavallo Pazzo” scrisse Paul nella sua introduzione. Perfino chi ha soltanto un interesse passeggero per la storia di frontiera riconosce il caratteristico nome di questi due famosi Oglala.
Finora, Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo erano rimasti in una posizione marginale nella nazione Teton rispetto a Toro Seduto, il leader spirituale Hunkpapa. Ma insieme, questi tre Lakota, sarebbero diventati il terzetto indiano più noto del West del diciannovesimo secolo, uguagliati in popolarità forse soltanto dalla triade Apache composta da Geronimo, Cochise e Mangas Coloradas, fino a far discutere se l’aggettivo “bellicoso” sia stato adoperato più frequentemente per i Sioux o per gli Apache.


Jack Red Cloud, un guerriero Lakota

Certi combattimenti mortali come l’Insurrezione del Minnesota, il Massacro di Grattan, il Massacro di Fetterman, il Massacro di Wounded Knee, il Combattimento di Wagon Box, la Battaglia di Rosebud, la Battaglia di Slim Buttes, la Battaglia di Blue Water e la Battaglia di Wolf Mountain sono rimasti impressi nella nostra mente, anche se quelle etichette (“massacri”, “combattimenti”, “battaglie”, “insurrezioni”) si sono perse nella nebbia della semantica. Come l’indimenticabile Battaglia di Little Bighorn, che non lascia mai i nostri pensieri, rimane lì in un cantuccio come un proiettile esploso dal Settimo Cavalleria o una punta di freccia Lakota.
Quello che a volte sfugge è quanto i Sioux fossero un popolo bellicoso già prima di opporsi seriamente all’espansione euro-americana nei territori dell’ovest Minnesota e delle Grandi Pianure del nord, a metà del diciannovesimo secolo. I cacciatori Omaha, attaccati da un giovane Nuvola Rossa, furono soltanto una delle tante popolazioni native che, per molte lune, non videro le cose allo stesso modo dei Sioux. Infatti, il nome “Sioux” deriva da un termine Ojibwa (Chippewa), “nadowe-is-iw”, che significa “vipera” o “nemico”, che venne trasformata dai viaggiatori francesi in qualcosa che somiglia a “nadoussioux”. Molto spesso i membri della tribù chiamavano sé stessi Dakota (i gruppi dell’est), Nakota (i gruppi centrali) o Lakota (i gruppi dell’ovest). Ognuno di questo termini significa “alleanza di amici” nei tre dialetti Sioux che portano lo stesso nome. Essi si riconoscevano anche con il termine “Oceti Sakowin” (I fuochi dei sette consigli), per via dei sette maggiori sottogruppi alleati: Sisseton, Wahpeton, Wahpukute e Mdewakanton (i gruppi dell’est, comunemente conosciuti dai bianchi come Santee Sioux, di lingua Dakota), Yankton e Yanktonai (gruppi centrali, noti come Yankton Sioux, di lingua Dakota e Nakota), e Teton (gruppo dell’ovest, i Teton Sioux, di lingua Lakota).
Attualmente, le lingue Dakota-Nakota-Lakota vengono spesso chiamate Sioux, sebbene molta gente mostri di preferire i termini “Dakota” o “Lakota” alla parola che li identifica.
All’inizio del diciassettesimo secolo, i Sioux occupavano principalmente il territorio che sarebbe diventato lo stato di Minnesota e parte del Wisconsin, ma alcune bande di Lakota iniziarono a emigrare dalla valle dell’alto Mississippi verso le Grandi Pianure a causa dell’altro prezzo che la guerra contro gli indiani Cree li obbligava a sostenere. I Cree erano armati con fucili francesi e iniziavano a fare pressione partendo dai territori occupati dagli Ojibwa andando verso est. Anche il richiamo delle mandrie dei grandi bisonti incoraggiò l’espansione verso est e, dopo l’arrivo dei cavalli intorno al 1750, la migrazione divenne molto più semplice… così come anche il combattimento.
I Lakota entrarono in guerra contro popolazioni stanziali di agricoltori come i Pawnee e gli Arikara e anche contro popoli nomadi quali gli Cheyenne, i Kiowa, gli Arapaho e i Crow. “Scoprendo” intorno al 1776 i pendii boscosi e i terreni rigogliosi delle Black Hills (Paha Sapa), i Lakota, ora ben riforniti anche di armi da fuoco, iniziarono ad allontanare da quella regione gli Cheyenne e i Kiowa, i quali avevano goduto fino ad allora dell’abbondate cacciagione, legname e acqua di quei territori.


Scontro tra indiani di diverse tribù

La sconfitta degli Arikara nel 1792 consentì ai Lakota di espandersi nella valle centrale del Missouri e nella parte occidentale del territorio che in seguito sarebbe diventato il Sud Dakota. Nel 1814 i Lakota trattarono la pace con i Kiowa verso i quali cessarono ogni ostilità, questi riconobbero formalmente il controllo delle Black Hills da parte del loro ex-nemico. All’inizio del 1820, i Lakota unirono le loro forze con un altro precedente nemico, gli Cheyenne, per scacciare i Crow dai loro insediamenti situati nella zona est di quello che sarebbe diventato il Wyoming.
Lo storico Elliott West descrive questa “vampata espansionistica” nel suo libro “The Contested Plains”, premiato nel 1998. “Fin dal 1830”, scrive West, “i Lakota detennero il potere preminente nelle pianure del nord. Con le Black Hills come loro centro spirituale e geopolitico, essi giunsero in breve a spaziare verso ovest fino allo spartiacque delle Montagne Rocciose, verso est fino al bacino del Missouri, verso sud fino ai fiumi South Platte e Smoky Hill e verso nord fino alle terre occupate da due potenti rivali, i Crow e i Blackfeet”.
Dal 1840 i Lakota fecero pace con gli Cheyenne e gli Arapaho, ma non fu altrettanto nei confronti di quelle tribù dell’est che si spostavano all’ovest per la caccia al bisonte (Pawnee, Osage, Omaha, Potawatomi ecc.) oppure con le popolazioni del nord, Crow e Blackfeet. Gli incontri con popolazioni non-indiane che in passato erano stati poco frequenti, aumentarono quando i coloni di Oregon e California impegnati nella ricerca dell’oro iniziarono ad attraversare le Grandi Pianure. Vennero disturbate le mandrie di bisonti, e gli indiani delle Grandi Pianure, a loro volta, tentarono di interrompere le carovane di carri. “Era solo una questione di tempo,” scrive R. Eli Paul, “prima che l’espansionismo dei Lakota entrasse in conflitto con l’altro grande potere, gli Stati Uniti d’America.”
Alla metà del secolo, circa 15.000 Lakota erano stanziati lungo la “via del progresso”. Questo gruppo dell’ovest era suddiviso in sette gruppi: Hunkpapa, Oglala, Minneconjou, Two-Kettle, Sans-Arc, Blackfoot e Brulé.
Nuvola Rossa, all’epoca, aveva circa 30 anni, Toro Seduto non ne aveva ancora 20, Cavallo Pazzo era un ragazzo di circa 10 ancora conosciuto come Curly o Curly Hair. Probabilmente perfino il giovane Cavallo Pazzo poteva aver già mostrato a quel tempo coraggio, generosità, saggezza e forza d’animo, le quattro grandi virtù dell’uomo Lakota ma certamente Nuvola Rossa si era ormai creato la fama di cui godeva tra i Lakota. Sicuramente in quei giorni il trio era ancora sconosciuto alla maggioranza del mondo “civile” che in nessun caso aveva mostrato alcun interesse per loro. Questa condizione era destinata a cambiare non appena i tre divennero una minaccia per quella piccola parte di bianchi che attraversarono il territorio Teton.
Nuvola Rossa
Nel 1851, nel tentativo di scongiurare ulteriori problemi fra i Sioux e chiunque attraversasse il loro territorio, alcuni rappresentanti del governo degli Stati Uniti negoziarono il Trattato di Fort Laramie (conosciuto anche come il Trattato di Horse Creek), che venne firmato da rappresentanti dei Lakota e di altre tribù. Il trattato era concepito per coinvolgere ed impegnare i nativi in un patto di non aggressione lungo la via degli emigranti (gli indiani non avrebbero dovuto attaccare i bianchi che la percorrevano) e nelle Grandi Pianure (gli indiani non avrebbero dovuto aggredire o molestare chiunque avessero trovato in quella zona). Si trattava di una chimera. Prima di tutto, gli indiani che firmarono quel trattato non rappresentavano tutte le tribù. In secondo luogo, abitudini e cultura di un guerriero non potevano essere convertite da un giorno all’altro. Molti indiani delle Grandi Pianure erano guerrieri nel corpo e nello spirito e lo sarebbero stati fino alla morte. Non da ultimo va considerato che i bianchi in arrivo erano davvero troppi perché la condizione fosse accettabile.
Tre anni più tardi, vicino a Fort Laramie (nel territorio che sarebbe diventato il Wyoming), i Lakota ebbero il loro primo importante scontro con l’esercito degli Stati Uniti. Nel 1854, verso la metà di agosto, una mucca ribelle sfuggita ad una carovana di emigranti Mormoni, venne uccisa da un indiano Minneconjou ospitato temporaneamente nell’accampamento Lakota. Il tenente John L. Grattan, fermamente convinto di guadagnarsi facili onori punendo l’autore del fatto, guidò una spedizione di 30 uomini verso le tende Lakota. I negoziati con il capo dell’accampamento, il Brulè Conquering Bear (Orso che conquista), fallirono in brevissimo tempo a causa dell’inesperienza abbinata all’arroganza del giovane tenente. Non sapeva che per i Lakota l’ospite era sacro e non gli sarebbe mai stato consegnato, di contro egli si ostinava a respingere la proposta di indennizzo avanzatagli dal capo. Tutto precipitò quando l’impaziente militare tentò di forzare l’esito nonostante gli indiani fossero in schiacciante superiorità numerica. Non si ha notizia su chi sparò per primo, ma quello che è fuori di ogni dubbio è che Grattan non invecchiò mai e non si spense serenamente nel suo letto, morì quasi subito con indosso i suoi stivali cosa che accadde anche a Conquering Bear con i suoi mocassini. Tutti gli uomini di Grattan vennero uccisi, mentre l’uccisore della mucca se la cavò senza nemmeno un graffio. Lo scontro venne etichettato come un “massacro”, il Massacro di Grattan.
Conquering Bear
Nuvola Rossa fu un testimone di quelle uccisioni, ma egli e molti altri Lakota non diedero molto peso a quello scontro. Le loro vite proseguirono; le schermaglie, dopo tutto, facevano parte del loro quotidiano, conoscevano solo quel modo di vita. Il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti, non riuscendo ad addebitare quel particolare avvenimento al comportamento di Grattan, invitò infine il generale William S. Harney a vendicare i compagni. “Perdio! Io sono per la battaglia, non per la pace” annunciò Harney, e ai primi di settembre del 1855 attaccò il villaggio del capo Brulè Little Thunder (Piccolo Tuono), a Blue Water Creek, nei pressi di Ash Hollow, in territorio Nebraska. Le truppe di Harney, composte da oltre 600 uomini, distrussero il villaggio subendo un numero di perdite relativamente basso (quattro morti e quattro feriti gravi) mentre furono uccisi circa 85 abitanti del villaggio. Molti libri di storia chiamano questo scontro la Battaglia di Blue Water, anche se qualcuno ha giustamente suggerito l’alternativa di “Il Massacro di Harney”. Questa volta Nuvola Rossa non fu testimone dell’azione punitiva guidata dal generale Harney, ma la leggenda narra che in quel dannato giorno di settembre, nell’accampamento di Little Thunder fosse presente Cavallo Pazzo.
Che sia stato realmente così oppure no non è dato sapere, quello che è certo è che il futuro grande guerriero venne sconvolto dal numero senza precedenti di vittime che i Lakota subirono. Suo zio, Spotted Tail (Coda Chiazzata), era stato ferito nella battaglia di Blue Water mentre la moglie con la figlioletta facevano parte dei 70 prigionieri, tutte donne e bambini, catturati dai soldati.
La crudeltà di Harney tuttavia non costrinse i Lakota ad entrare in guerra. Infatti, essi migliorarono apparentemente il loro comportamento perché temevano che l’aggressivo generale avrebbe potuto tornare in forze la primavera seguente. Per tutto il resto del 1850, una difficile tregua venne mantenuta tra i Lakota e il governo degli Stati Uniti. Nuvola Rossa per primo scelse di ritirarsi con la sua banda Oglala nella regione di Powder River (gli attuali Wyoming centro-nord e Montana sud-est), dove la caccia era fruttuosa e i bianchi non erano ancora sciamati come le cavallette.
Little Thunder
Le cose cambiarono drasticamente nel 1860, iniziando da est, dove gli affamati e insoddisfatti Dakota (Santee Sioux) guidati dal capo Mdewakanton Little Crow (Piccolo Corvo) uccisero circa 700 bianchi durante la Sommossa del Minnesota. Little Crow stesso venne ucciso dai coloni nel luglio 1863, e all’incirca tutti i Santee sopravvissuti vennero scacciati dal Minnesota per finire in territorio Dakota. Da allora i Lakota iniziarono un’intensa guerriglia contro tutti i bianchi che attraversavano il loro territorio, tagliando con il loro passaggio i terreni di caccia di Powder River per recarsi alle miniere d’oro del Montana sulla Bozeman Trail. Nuvola Rossa, capo guerriero degli Oglala che aveva contato colpo circa 80 volte, avrebbe presto considerato le schermaglie contro i nemici indiani soltanto un ricordo. La guerra, senza le stesse regole d’onore, contro gli invasori bianchi si stagliava all’orizzonte.
Nel 1863 ci furono alcune incursioni contro gli emigranti. Il governo degli Stati Uniti inviò sul posto i generali Henry Hastings Sibley e Alfred Sully per attaccare gli accampamenti Lakota sul Little Missouri. Nel 1864 le cose si misero male ma in territori molto più a sud.
I Lakota, insieme ai loro alleati Cheyenne e Arapaho, sferrarono un assalto lungo la Platte River Road. Per contro, durante il mese di novembre a Sand Creek, i miliziani del Colorado colsero di sorpresa e massacrarono l’intero villaggio Cheyenne del capo Caldaia Nera. I guerrieri Cheyenne, Lakota e Arapaho risposero all’inizio del 1865 saccheggiando due volte Julesburg e seminando morte e distruzione lungo il South Platte. I predoni mossero quindi a nord, verso la regione di Powder River, dove Nuvola Rossa e gli altri Lakota parevano passarsela un po’ meglio… ma non per molto. Il generale Sully tornò nell’alto Missouri per un’altra campagna, mentre il generale Patrick Edward Connor guidò una delle tre colonne che invasero la regione di Powder River.


Man Afraid of His Horses fuma la pipa rituale

La spedizione del Powder River del 1865 fu un fiasco . Connor non ebbe il successo sperato riuscendo solo a distruggere un villaggio Arapaho e coinvolgendo i Lakota. Ottenne invece l’effetto di risvegliare il più lontano Nuvola Rossa e i suoi sostenitori. Il governo degli Stati Uniti tentò quindi una tattica differente e diede ai Lakota armi e munizioni, chiedendo loro un incontro per discutere a Fort Laramie, nel giugno 1866. L’obiettivo del governo era un trattato di pace che autorizzasse i cercatori d’oro e le altre persone a percorrere liberamente la Bozeman Trail. Nuvola Rossa, Man Afraid of His Horses (Uomo che teme i suoi cavalli) – il capo principale – ed altri leader di Powder River mantennero una linea di negoziato piuttosto dura, specialmente dopo aver appreso che i soldati avevano già progettato di costruire tre avamposti (Fort Reno, Fort Phil Kearny e Fort C.F. Smith) per tenere sotto controllo quella detestata pista. La riunione fallì e il prestigio di Nuvola Rossa crebbe nel mondo indiano quando egli denunciò il modo in cui l’uomo bianco aveva trattato il suo popolo, oltre al fatto che i commissari di pace stavano trattando i capi Lakota come se fossero dei bambini.
Nuvola Rossa, che al momento non era un capo, era ancora uno sconosciuto tra i bianchi ma la situazione cambiò in maniera drammatica il 21 dicembre 1866, quando egli sferrò un colpo che fece tremare la nazione ancora di più del Massacro di Grattan del 1854. Questa azione risultò una delle più disastrose sconfitte dell’esercito degli Stati Uniti per quanto riguarda le guerre indiane, fino alla disfatta di Little Bighorn nel 1876. Attirati con uno stratagemma fuori da Fort Phil Kearny, il capitano William J. Fetterman , un ufficiale troppo fiducioso di sé, 79 suoi uomini più due civili, furono annientati nello spazio di circa 40 minuti da un nutrito gruppo di indiani. Questi erano per la maggior parte Lakota ma parteciparono anche alcuni Cheyenne e Arapaho. Durante le celebrazioni per la vittoria, gli indiani scalparono e mutilarono, con modalità diverse secondo l’usanza di ogni tribù, i soldati uccisi.
Meglio conosciuto dai bianchi come il Massacro di Fetterman, a questo episodio ci si riferisce oggi come alla Battaglia di Fetterman o il Disastro di Fetterman. Il trentunenne capitano, che una volta si era vantato del fatto che “gli sarebbero bastati 81 soldati per sconfiggere l’intera nazione Sioux”, trasgredendo ad un ben preciso ordine superiore, lasciò il forte con la convinzione di andare verso una azione di guerra magari nemmeno tanto impegnativa. Comunque, a dispetto del fatto di essere caduti in una trappola, lui e i suoi uomini non capitolarono troppo facilmente. Si dice che su quel campo di battaglia lasciarono la vita forse un massimo 60 guerrieri ma diversi altri feriti gravi morirono nei giorni successivi. Gli indiani non si riferirono a quell’evento con il nome Fetterman, lo chiamarono invece la Battaglia di Cento nelle Mani o la Battaglia dei Cento Uccisi.
Un gruppo di guerrieri
Non è certo se Nuvola Rossa prese parte all’azione di quel freddo giorno di dicembre. Lo storico Robert Utley sostiene che il Minneconjou High-Back-Bone fu l’uomo che progettò il piano. Secondo il resoconto di molti, Cavallo Pazzo si occupò di uno dei diversivi, ma in una sua recente biografia, Mike Sajna lo sostiene con molta forza, aggiungendo: “La leadership degli Oglala da parte di Cavallo Pazzo nella Battaglia di Fetterman può essere presa come il segno che nell’inverno del 1866 egli… divenne il capo guerriero della sua gente”.
Forti del risultato, qualunque fosse il ruolo avuto nella sconfitta del capitano Fetterman, Nuvola Rossa, Cavallo Pazzo e alcuni altri capi rimasero sull’offensiva nell’intento di cacciare fuori dalle terre dei Lakota i soldati bianchi. Il 1° agosto 1867, un drappello di guerra di Cheyenne del nord, insieme ad alcuni guerrieri Lakota, attaccarono un gruppo di soldati intenti al taglio del fieno vicino a Fort C. F. Smith. Il giorno immediatamente successivo un grande gruppo di guerrieri Lakota, inclusi Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo, attaccarono l’insediamento di carri di alcuni soldati che si occupavano di tagliare la legna a cinque miglia da Fort Phil Kearny.
Ambedue gli attacchi fallirono perché la maggior parte delle truppe era armata con i nuovi Springfield a retrocarica, oltre al fatto che dai forti sopraggiunsero colonne di soccorso.
Sebbene la Battaglia di Hayfield e quella di Wagon Box fossero state vittorie in favore dei bianchi, e che gli indiani di Powder River avessero subìto pesanti perdite, i soldati vennero costretti a rimanere asserragliati nei loro forti isolati da tutto. Il mancato pattugliamento e controllo del territorio da parte dei militari riuscì così ad impedire agli emigranti l’uso della Bozeman Trail. Alcuni ufficiali del governo degli Stati Uniti si decisero a raggiungere un accordo con i bellicosi Lakota e i loro amici.
Nuvola Rossa
Nuvola Rossa però non era intenzionato a raggiungere Fort Laramie per firmare il trattato. La condizione per la propria presenza era legata alla rimozione di quello che egli determinava come il grande ostacolo. “Quando vedremo i soldati andarsene e il forte abbandonato, solo allora scenderò e parlerò”, disse Nuvola Rossa. Nell’estate del 1868 egli vide realizzarsi il suo desiderio. I soldati abbandonarono i tre forti dislocati sulla Bozeman Trail e gli indiani incendiarono immediatamente Fort C.F.Smith e Fort Phil Kearny. Nel mese di novembre Nuvola Rossa giunse finalmente a Fort Laramie per la firma del Trattato del 1868. Ai Lakota veniva concesso un vasto territorio che comprendeva le Black Hills ed erano garantiti loro privilegi per la caccia nella regione di Powder River. La Guerra di Nuvola Rossa (1866-68) era terminata, egli aveva vinto.
Fu il primo capo indiano a uscire imbattuto da una guerra contro gli Stati Uniti d’America ma sarebbe stato anche l’ultimo.
Tra il 1868 e il 1876, i Lakota non furono eccessivamente bellicosi; perlomeno nei confronti dei bianchi, mentre continuarono ad avere schermaglie con gli Shoshone ed i Crow. Mantennero i patti e l’armistizio con gli Stati Uniti rispettando la politica di pace del presidente Ulysses S.Grant. Tuttavia i rapporti rimasero tesi e Nuvola Rossa, in qualità di portavoce non soltanto degli Oglala ma di tutta la nazione Lakota, fece pervenire a Washington, ed in ogni dove egli avesse ritenuto opportuno, parecchie lamentele. L’Indian Bureau avrebbe preferito e voluto che i Lakota passassero alla vita nelle riserve assumendo comportamento e abitudini dei coloni bianchi. Nel 1873, il governo consentì di costruire due agenzie nel nordovest del Nebraska, all’esterno della Grande Riserva Sioux, l’Agenzia Nuvola Rossa per gli Oglala e l’Agenzia Spotted Tail per i Brulè. La pace tra il governo degli Stati Uniti e Nuvola Rossa sarebbe durata, ma gli altri Lakota rifiutavano i cambiamenti forzati del loro stile di vita, la dipendenza da rendite controllate da amministratori corrotti e incapaci e la riluttanza dell’esercito a tenere lontani dalle Black Hills i cercatori d’oro. Accadde così che molti dei seguaci di Nuvola Rossa abbandonarono le riserve e si unirono alle bande guidate da uomini come Toro Seduto e Cavallo Pazzo, gli ultimi Lakota che desideravano ancora combattere l’intrusione dei bianchi con qualcosa in più delle solite parole.
Coda Chiazzata
Toro Seduto, come la maggior parte degli altri Hunkpapa, aveva continuato a vivere e cacciare nella regione dello Yellowstone River e non fu direttamente coinvolto nella Guerra di Nuvola Rossa. Ma come il più anziano Nuvola Rossa, Toro Seduto era fermamente contrario alla penetrazione dei bianchi nelle Grandi Pianure del nord. Durante l’estate del 1863, in seguito all’Insurrezione del Minnesota, egli aveva avuto delle schermaglie con il generale Sibley; aveva tentato di difendere l’accampamento di Little Missouri River che venne attaccato in seguito anche dal generale Sully, il 28 luglio 1864 durante la Battaglia di Killdeer Mountain (nei pressi dell’attuale Killdeer, in Nord Dakota). L’anno seguente, durante la spedizione su tre fronti a Powder River del generale Connor, Toro Seduto si impegnò a contrastare l’avanzata delle colonne del colonnello Nelson Cole e del colonnello Samuel Walker.
Dopo aver disconosciuto il Trattato di Fort Laramie del 1868, Toro Seduto divenne il leader indiscusso non soltanto delle bande Hunkpapa ma anche di tutti gli altri Lakota che non accettavano quel negoziato. Indiani che vennero ufficialmente classificati come “ostili”, perché disobbedienti all’ordine di rimanere nelle riserve, mediante un’ordinanza emessa in data 31 gennaio 1876. L’esercito degli Stati Uniti inviò i suoi soldati per riprendere questi “vagabondi d’inverno”. La Grande Guerra Sioux del 1876-77 stava per iniziare.
Il 17 marzo 1876 una forza di cavalleria guidata dal colonnello Joseph J.Reynolds aggredì un villaggio lungo il Powder River. Basandosi su quanto gli venne riferito, Reynolds si era creato la convinzione che quello fosse il villaggio di Cavallo Pazzo ma in realtà poi si rivelò essere l’accampamento Cheyenne di Two Moons (Due Lune). Gli abitanti del villaggio videro disperdersi la loro mandria di cavalli ma in seguito la recuperarono, molti di essi riuscirono a rifugiarsi in un piccolo accampamento poco lontano, quello che era realmente di Cavallo Pazzo. Successivamente, proseguirono tutti insieme verso nord per altre 60 miglia fino al grande accampamento di Toro Seduto. L’attacco di Reynold rese le bande ribelli più determinate che mai a resistere e combattere. Nell’ambito di una campagna di primavera-estate per obbligare i disobbedienti ad osservare le regole, l’esercito mandò tre colonne di militari, facendoli convergere da tre direzioni diverse nella regione di Powder River. I Lakota ed i loro alleati però erano più che mai pronti, fisicamente e spiritualmente, alla lotta. Erano sostenuti nella loro fremente fiducia di una sicura vittoria da una profetica “visione” che Toro Seduto aveva avuto all’inizio di giugno: in questa visione i soldati cadevano dal cielo.
Toro Seduto
Poche settimane più tardi, durante la Battaglia di Rosebud, Cavallo Pazzo e altri Lakota si batterono contro le colonne del generale George Crook, ma non ci fu la grande vittoria che Toro Seduto aveva preannunciato con la sua visione. Il più grande trionfo degli indiani arrivò soltanto una settimana dopo il combattimento di Rosebud Creek, quando il colonnello George Armstrong Custer attaccò il grande villaggio di Toro Seduto nei pressi di Little Bighorn River (conosciuto dai Lakota come Greasy Grass) nel territorio del Montana. Custer e tutti i soldati ai suoi ordini non caddero esattamente dal cielo, ma caddero per non rialzarsi più, fatta eccezione per i racconti che si possono trovare in migliaia di libri, decine di film o nell’immaginazione di innumerevoli appassionati di Far West. La Battaglia di Little Bighorn, 25-26 giugno 1876, fu il trionfo supremo per i bellicosi Lakota, anche se Toro Seduto non prese parte al combattimento e il leggendario Cavallo Pazzo non guidò una carica eroica su Custer Hill.
La sconfitta di Custer, come ormai risaputo, fu praticamente l’ultima resistenza opposta dai Lakota. Essi aveva vinto la battaglia ma non potevano certo aspettarsi di vincere la guerra. In seguito a questo combattimento che aveva messo totalmente in ombra i massacri di Fetterman e Grattan (ed ogni altra battaglia Indiana), l’esercito degli Stati Uniti inseguì i nemici con maggior accanimento. Il 9 settembre 1876, le truppe di Crook trovarono il villaggio Lakota di American Horse (Cavallo Americano) a Slim Buttes (in quella che oggi è la parte nordovest del Sud Dakota). Alla fine diedero fuoco alle abitazioni ma non prima che Cavallo Pazzo, che era sopraggiunto durante la battaglia insieme ad una banda di guerrieri, potesse spaventarli almeno un paio di volte.
Durante quell’inverno, il colonnello Nelson Miles riuscì a scovare il villaggio di Cavallo Pazzo che era situato nei pressi di Tongue River nel territorio del Montana. L’8 gennaio 1877, con circa un metro di neve sul terreno, le due parti si scontrarono in quella che divenne nota come la Battaglia di Wolf Mountain. Le condizioni proibitive del tempo resero il combattimento molto breve, poche ore di scariche di fucileria senza mai venire in contatto diretto; le perdite furono insignificanti da ambo le parti ma Cavallo Pazzo ne subì ugualmente un duro colpo. La sua gente poteva scappare, ma non poteva nascondersi in alcun rifugio adeguato. La guerra finì nel 1877, non perché Toro Seduto e Cavallo Pazzo fossero stati sconfitti in battaglia, ma perchè i Lakota stremati ed affamati non erano ormai più in grado di cacciare e di procurarsi il cibo.


Cavallo Pazzo

All’inizio di Maggio, Cavallo Pazzo cavalcò fino all’Agenzia Nuvola Rossa per arrendersi, all’incirca nello stesso momento in cui il colonnello Miles attaccava la banda Minneconjou Sioux di Lame Deer, a Muddy Creek, nel territorio del Montana. Quel 7 maggio 1877 Lame Deer fu tra le vittime dello scontro e la Battaglia di Lame Deer (o di Muddy Creek) fu l’ultimo importante combattimento della Grande Guerra Sioux.
Quattro mesi più tardi, a Camp Robinson, Cavallo Pazzo venne ferito a morte dalla baionetta di un militare facente parte della scorta che lo voleva imprigionare in una angusta cella. Tra questi militari c’era lo scout indiano Piccolo Grande Uomo, fu proprio lui a trattenerlo per le braccia impedendogli di difendersi. Nel frattempo Toro Seduto, ben fermo nel suo proposito di non volere diventare un indiano relegato in riserva, cercò rifugio in Canada e vi rimase per un periodo di alcuni anni. Alla fine però si arrese, il 19 luglio 1881 a Fort Buford, in territorio Dakota, anche lui era stato piegato dal desiderio di rivedere la propria terra e dalle difficoltà diplomatiche fra USA e Canada. Dopo di allora i bisonti arrivarono quasi ad estinguersi nelle Grandi Pianure invase dalle fattorie e per gli indiani non ci fu altra scelta che abbandonare la vita nomade e lasciarsi confinare in riserva.
Kicking Bear
Toro Seduto visse abbastanza a lungo nella riserva di Standing Rock per vedere Kicking Bear (Orso Scalciante), l’ultimo cugino di Cavallo Pazzo, sfogarsi a Pine Ridge nella prima Ghost Dance (Danza degli Spettri) Sioux, una rappresentazione frenetica costruita su un’alterazione esasperata degli insegnamenti del profeta Paiute Wowoka, che terrorizzò l’agente indiano. Il 15 dicembre 1890 il grande leader spirituale Hunkpapa venne fermato, nel suo villaggio, dalla polizia indiana. Quando egli resistette all’arresto i suoi seguaci si lanciarono frapponendosi in sua difesa, ne nacque una scaramuccia con diversi morti da ambo le parti. In seguito, prima che il suo corpo venisse sepolto a Fort Yates, alcuni parenti dei soldati uccisi gli sfregiarono il volto. Tutto questo due settimane prima che i “lunghi coltelli” del vecchio reggimento di Custer, il Settimo Cavalleria, aprissero il fuoco sulla banda di Big Foot, nei pressi di Wounded Knee Creek, nella riserva di Pine Ridge. Quello sconvolgente bagno di sangue, durante il quale il vecchio capo Minneconjou e circa altri 150 Lakota tra uomini, donne e bambini vennero trucidati, è ricordato come il Massacro di Wounded Knee.
La resistenza organizzata dei Lakota nei confronti dei bianchi si affievolì in seguito a questa serie di fatti. Fortunatamente nel frattempo non tutti i vecchi guerrieri erano morti . Più tardi, qualcuno fra questi volle tramandare i principali episodi della loro storia, ricordare le loro gesta, compreso Nuvola Rossa, che sopravvisse fino al 1909. Fra quanto da lui lasciatoci non riuscì a raccontare molti dei suoi primi successi in battaglia perché ormai persi nella memoria della sua lunga vita, altri invece non li narrò perché non gli appartenevano non avendo egli resistito e lottato fino in fondo, oltre l’ultima speranza, come fecero Cavallo Pazzo, il coraggioso guerriero Oglala e Toro Seduto, il carismatico eroe Hunkpapa. Diversamente dagli altri due membri del più famoso trio indiano, Nuvola Rossa alla fine dovette affrontare un compito molto arduo: tentare di trovare un punto d’incontro tra le dure ed esigenti richieste dei bianchi e il desiderio di mantenere viva la cultura Lakota. In passato i Lakota erano stati liberi e bellicosi ma la guerra non è tutto, questo loro lo sapevano, specialmente quando le circostanze avverse formano una montagna più alta delle Black Hills.