Gli indomabili Kickapoo

I Kickapoo giunsero nelle vicinanze dell’agenzia nel pomeriggio del 23 ottobre, Papequah tenne ben nascosti i suoi guerrieri fino a tarda sera, poi, improvvisamente, dopo aver preso posizione, colpirono duramente gli edifici dell’agenzia. I razziatori uccisero tre commercianti bianchi, bruciarono gli edifici dopo averli saccheggiati e, infine, posero fine alla vita dell’agente Matthew Leeper. I Tonkawas si sarebbero dati alla fuga al primo segno di pericolo ma, i guerrieri Kickapoo non si persero d’animo, seguirono le loro tracce ancora fresche e intercettarono gli odiati nemici, verso mezzogiorno del giorno dopo. Papequah guidò i suoi guerrieri all’attacco, voleva vendetta e vendetta ebbe, i Tonkawas vennero disfatti al primo urto e oltre un centinaio di scalpi caddero in mano ai suoi guerrieri. Nel pomeriggio i razziatori, carichi di bottino e di scalpi, risalirono velocemente a nord guidando una grande mandria di cavalli e bestiame, erano attesi dalla loro gente nei villaggi del Walnut e del Neosho. Qualche tempo dopo, però, una certa insoddisfazione iniziò ad emergere negli accampamenti della tribù; mentre molti guerrieri erano ben felici di vivere nel Kansas meridionale e di dedicarsi alle razzie, altri stavano irritandosi per la costante pressione esercitata su di loro da parte dei reclutatori dell’esercito nordista, i quali continuavano ad invitarli ad entrare nella “Indian Brigade”. Inoltre, stavano sorgendo parecchi problemi con le tribù vicine. Fra i quasi 5 mila indiani profughi che vivevano ormai sparsi nelle pianure del Kansas meridionale, vi erano anche gli Osages, storici nemici dei Kickapoo. Gli Osages protestavano continuamente presso i funzionari dell’Unione, incolpavano i Kickapoo di razziare loro intere mandrie di cavalli e di distruggere i loro campi coltivati. La fazione scontenta della tribù venne allora guidata dal capo Machemanet, essa contava di circa seicento anime e, nel tardo autunno 1862, la fazione decise di lasciare il Kansas per raggiungere il Texas sud-occidentale e il Messico settentrionale. Il gruppo Kickapoo si mosse verso ovest poi, volgendo a sud, prese tutte le precauzioni per sfuggire agli avvistamenti delle pattuglie confederate. Il lento viaggio, senza alcun incidente di percorso, verso la fine di dicembre, portò il gruppo sul Little Concho, nella Tom Green County del Texas sud-occidentale.
John Salmon Ford
La situazione sarebbe cambiata quando, un battaglione a cavallo di Confederati, avvistò gli indiani che stavano costruendo un accampamento. I Kickapoo si resero conto di essere ora in serio pericolo, gli scouts avvisarono i capi e poi radunarono in fretta e furia tutta la mandria. I guerrieri avvertendo il pericolo, contrattaccarono alla grande e inflissero gravi perdite ai Confederati, 16 bianchi vennero uccisi e i texani dovettero ritirarsi velocemente onde evitare perdite maggiori. La tregua avrebbe consentito agli indiani di raccogliere i vettovagliamenti e gli attrezzi da campo per dirigersi poi verso il confine messicano. I Kickapoo guadarono il Rio Grande poco a nord della Sierra del Carmen Range, poi piegarono verso le montagne per dirigersi nel Coahuila, infine, Machemanet e i suoi si stabilirono a Nacimiento, dove furono accolti amichevolmente dai funzionari messicani. In quel periodo, il Messico settentrionale era sottoposto a devastanti incursioni operate dai Comanches e dagli Apaches, ma anche la caccia agli scalpi indiani era ormai diventata una pratica comune, comunque, nessuna comunità coloniale del Coahuila poteva sentirsi al sicuro dai distruttivi attacchi dei razziatori che terrorizzavano il territorio. Il Governo messicano si sentì in dovere di dare una terra alla banda di Machemanet, in cambio chiedeva soltanto ai guerrieri Kickapoo di contrastare al meglio le incursioni degli Apaches e dei Comanches. Per ben due volte i Kickapoo avevano migrato nel Messico, un primo gruppo era giunto nel 1838, e un secondo 12 anni dopo, questo ultimo al seguito di Wildcat, il capo Seminoles. I Kickapoo che avevano seguito Wildcat erano rimasti nel Messico soltanto un anno, poi erano rientrati nel Territorio Indiano; i primi immigrati Kickapoo erano stati una ottantina di persone, avevano raggiunto il Messico nel 1838 per sfuggire alle vendette texane. Questo gruppo si era stabilito nelle zone di Morelos, dove aveva fornito un ottimo servizio agli eserciti messicani, soprattutto come esploratori e corrieri; la loro reputazione si basava sul grande coraggio e sulla resistenza alla fatica, per i messicani i Kickapoo erano “ottimi mercenari” molto apprezzati dal Governo. La banda di Machemanet si era ora unita a quella di Morelos e questa nuova comunità tribale sarebbe diventata il nucleo delle successive migrazioni Kickapoo, così, nel 1865, quasi tutti i Southern Kickapoo si erano stabiliti nel Messico settentrionale, per venir poi conosciuti come “Mexican Kickapoo”, una identificazione ancora applicabile nel XX secolo.


Soldati in fuga

Machemanet venne colpito favorevolmente dalla politica del Governo messicano e, grato per l’accoglienza ricevuta, intendeva invitare a sud anche i fratelli rimasti sui fiumi Walnut e Neosho. Il capo avrebbe così inviato messaggeri a nord per convincere altri leader a scendere nel Messico.
I Kickapoo erano stati parzialmente ridotti all’impotenza e le incursioni nel Territorio Indiano si fecero sempre più limitate. Le forze dell’Unione avevano ormai occupato tutta la parte meridionale del Territorio Indiano, a sud del Canadian, ma ancora venivano segnalate incursioni dei Kickapoo nelle riserve dei Cherokee e dei Creek. Gli scontri con gli Osages si sarebbero però inaspriti e le truppe americane dovettero allora intervenire, e più volte minacciarono di ritorsioni i feroci Kickapoo. La tribù doveva abbandonare le sue pratiche di guerra ed accettare una Riserva come i loro fratelli del nord. Pecan e Papequah tennero parecchi Consigli nell’anno 1863, volevano discutere le proposte governative ma, visto l’arrivo di messaggeri provenienti dal Messico, si doveva anche discutere la possibilità di raggiungere i gruppi del Coahuila. Durante l’estate del 1864, oltre un centinaio di Kickapoo settentrionali, provenienti dall’Agenzia di Fort Leavenworth, giunsero ai villaggi del Walnut e del Neosho; i nuovi arrivati erano guidati da Nokowhat, il quale si era separato dai suoi fratelli del nord in segno di protesta per l’accettazione di un Trattato di cooperazione con l’agente Charles B. Keith. L’arrivo di questo gruppo avrebbe spinto i Kickapoo a nuove azioni di guerra, accettarono allora le proposte messicane e decisero di unirsi alla banda di Machemanet nel Coahuila. I Kickapoo abbandonarono i loro accampamenti del Kansas meridionale nel settembre 1864, erano circa 700 indiani guidati da Papequah, Pecan e Nokowhat (No-ko-aht), con loro vi erano le guide di Machemanet. Gli indiani si mossero piuttosto lentamente, cacciarono tranquillamente i bisonti, conciarono le pelli e lavorarono le carni per gli usi invernali; poi, continuarono la marcia verso sud-ovest attraversando il Texas Panhandle in autunno. I guerrieri speravano di non essere intercettati dalle truppe, avevano con loro donne, bambini e anziani, per cui seguirono una via accuratamente valutata e molto lontana dagli insediamenti coloniali del Texas.


Indiani Kickapoo nel Messico

Parecchi scouts andavano all’avanguardia per evitare tutti i possibili pericoli. Nei primi giorni dell’anno 1865, i Kickapoo raggiunsero il South Concho River, avevano viaggiato senza alcun incidente, così i capi decisero di sostare per far riposare le cavalcature, che avevano grande bisogno di riposo. Le nubi indicavano tempeste in arrivo e allora stabilirono i loro campi lungo il corso del Dove Creek, un affluente del Concho, nelle vicinanze vi era una collinetta che riparava gli accampamenti dalla furia dei venti. Le donne e i bambini si dedicarono alla raccolta di legna da ardere, mentre gli uomini costruivano ripari provvisori, così, la notte di Capodanno venne trascorsa sotto una abbondante tempesta di neve. I capi decisero allora che non sarebbero serviti nuovi scouts da inviare in perlustrazione, soprattutto per tenere sotto occhio la grande mandria di cavalli e alcuni capi di bestiame; soltanto tre giovani guerrieri vennero incaricati di sorvegliare le cavalcature. Gli eventi successivi avrebbe ampiamente dimostrato che la mossa dei capi non fu certamente felice, così non poterono rendersi conto del pericolo che stava incombendo su di loro. Pochi giorni prima, un distaccamento di 20 scout Confederati, comandati dal capitano N.W. Gillentine, del Second Military District, stava seguendo la pista che portava nel Coahuila per un normale pattugliamento. I militari si trovarono quasi casualmente sulle tracce dei Kickapoo e, poco dopo, individuarono un accampamento da poco abbandonato, vi erano resti di logge, fuochi da campo e una tomba rinchiusa da poco; gli indiani si erano spostati in direzione sud-ovest. La tomba venne aperta tra le proteste di qualche soldato, i Confederati volevano sapere a che tribù apparteneva il defunto. Era una giovane “squaw” vestita con pelli di daino e ornata con perline colorate. Le perline colorate furono divise tra gli uomini del Gillentine e vennero poi mostrate con “grande orgoglio”, alcuni soldati però dichiararono apertamente che questa azione era stata una “cattiva medicina”.


Una capanna appartenente ai Kickapoo

Secondo un esploratore sopravvissuto, questa “cattiva medicina” avrebbe colpito tutti i possessori dei gingilli indiani, i quali avrebbero incontrato “la morte durante lo scontro”. Il Gillentine inviò immediatamente corrieri ad avvisare le truppe di Fort Chadbourne e la Milizia Confederata, fu così che il capitano S.S. Totten, del Second Military District, si precipitò nelle terre del Concho, dove venne raggiunto dal capitano Henry Fossett proveniente da Fort Chadbourne. Le forze combinate della Milizia e dell’Esercito ammontavano ora a circa 400 uomini ben armati; il Gillentine avrebbe portato i rinforzi lungo il sentiero che conduceva al Dove Creek. Gli scouts inviati in ricognizione localizzarono facilmente gli accampamenti dei Kickapoo, era la mattina dell’8 gennaio 1865. Il Gillentine riferiva che i campi indiani erano posizionati lungo il torrente e si estendevano per circa un quarto di miglio, inoltre ricordava che nelle vicinanza vi era una grossa mandria di cavalli. Il Fossett e il Totten tennero Consiglio e giunsero alla conclusione che si dovevano dividere le forze: il capitano Totten si portava a nord del campo, mentre il Fossett si portava a sud per assalire le logge vicine e razziare la mandria. I Texani formarono una sottile linea di assalto, di circa un miglio di lunghezza, poi caricarono per ben tre miglia, ma quando giunsero in prossimità degli accampamenti, causa il terreno fortemente accidentato, molti dovettero scendere da cavallo e poi guadare il torrente proprio dove l’acqua era molto profonda. Quando i texani riuscirono ad attraversare il fiume, e raggiungere la sponda occidentale, i Kickapoo furono momentaneamente sorpresi, ma recuperarono ben presto, presero le armi e si ritirarono nelle gole limitrofe.


Opothleyaholo in un dipinto di C.B. King

Armati di moderni fucili a canna lunga, gli indiani contrattaccarono con scariche violente e molti bianchi furono investiti, una trentina di uomini del Totten, tra i quali quattro ufficiali, vennero abbattuti e, dopo una mezzora di duri combattimenti, le forze confederate ruppero le fila e molti texani, in preda al panico, corsero a prendere le loro cavalcature per fuggire. I Kickapoo non mollarono la presa, caricarono a piedi, colpirono parecchi soldati, “li disarcionarono dalle selle e li uccisero con furia demoniaca”; la linea del Fossett venne anche essa sottoposta ad una forte pressione, vacillò immediatamente proprio mentre gli indiani recuperavano i loro cavalli, molti soldati avrebbero perso la vita nel violento scontro. Il fuoco sarebbe continuato fin dopo il tramonto, e solo allora i texani sopravvissuti poterono darsi alla fuga sui crinali posti a est degli accampamenti. Gli ufficiali conteggiarono le perdite e si accorsero che 26 texani mancavano all’appello, altri 60 erano stati feriti anche seriamente e 65 cavalli erano ormai dispersi. Durante la tarda serata dell’8 gennaio, i texani si ritirarono in preda al panico e alla fame, avevano perso tutti i vettovagliamenti e dovettero uccidere i loro cavalli per poter rifocillarsi. Qualche ora dopo il tramonto la neve cominciò a cadere nuovamente e la mattina successiva era ormai alta quasi un piede, ciò avrebbe aumentato le loro difficoltà, ma anche i Kickapoo subirono le stesse peripezie. Negli accampamenti indiani il pianto delle donne si fece assordante, 15 guerrieri erano caduti valorosamente in battaglia; i Kickapoo, ignari di aver dato una decisiva sconfitta ai Confederati, aumentarono la sorveglianza attorno ai campi, temevano ancora un secondo attacco, probabilmente all’alba. Non si erano ancora resi conto che i texani avevano abbandonato la zona, così lasciarono velocemente il territorio perdendo grandi quantità di vettovagliamenti, bottino, vesti di bisonte e carne secca.


Ahteewatomee, una donna Kickapoo

Prima della mezzanotte dell’8 gennaio, anche i Kickapoo si misero in movimento verso il Rio Grande sotto una violenta nevicata. La battaglia di Dove Creek fu sicuramente la più disastrosa sconfitta subita dai texani nella loro lunga storia di guerre indiane; la vergogna, e il subdolo comportamento dei militari, avrebbe portato il Comando generale ad indagare sul comportamento dei capitani Fossett e Totten. Il generale J.D. McAdoo, venne incaricato delle indagini e, dopo circa un mese, giunse alla conclusione che si sarebbe dovuto evitare lo scontro con i Kickapoo in quanto non vi era stata alcuna depredazione da loro operata. Gli indiani erano diretti nel Messico e non “… erano al soldo degli agenti dell’Unione del Kansas”, il compito del Fossett e del Totten era soltanto quello di sorvegliare le frontiere del Rio Grande. Il generale accusava i due capitani che avevano operato un attacco senza aver chiesto istruzioni ai superiori, “senza alcuna comunicazione con gli indiani e senza alcuna conoscenza delle loro posizioni e della loro forza effettiva”. La relazione del generale continuava dicendo che un indiano Kickapoo, accompagnato dai suoi due figli e completamente disarmato, si presentò in modo amichevole e, “con le mani alzate”, al Fossett. L’indiano si dichiarò suo prigioniero, ma il comandante dichiarò che non aveva alcuna intenzione di “prendere prigionieri”, così, venne ucciso barbaramente il Kickapoo, mentre i suoi due figli furono catturati, ma sarebbero riusciti a fuggire durante la battaglia. I sopravvissuti allo scontro avrebbero poi dichiarato che erano sicuri di sconfiggere gli indiani, così come era stato nelle “precedenti battaglie con i Comanches e gli Apaches, che quando venivano attaccati si davano alla fuga voltando le spalle”. I Kickapoo, invece, contrattaccarono e la lotta si fece veramente strenua e violentissima, gli indiani “non mollavano la presa e non cedevano alcun pezzo di terra”, apparve allora chiaro che la facile vittoria si sarebbe trasformata in una “disfatta vergognosa” e i texani, stando ad alcuni diari, lasciarono il campo di battaglia, “affamati, stanchi e battuti”. Così scriveva laconicamente il Trooper Scrutchfield (8 gennaio 1865). Dopo questa battaglia i Kickapoo divennero letali per i texani; la tribù si sarebbe riposata nel villaggio di Nacimiento, ma nei cuori dei guerrieri bruciava ardentemente la “sete di vendetta”. L’attacco di Dove Creek rappresentava per i Kickapoo una vera e propria dichiarazione di guerra, ed allora, almeno fino all’anno 1880, i Kickapoo avrebbero pianificato grandi incursioni e campagne distruttive lungo il Rio Grande.

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