Oregon Trail, la pista degli emigranti

A cura di Sergio Mura


Il sentiero dei migranti conosciuto come Oregon Trail dovrebbe in realtà essere chiamato Oregon-California Trail. E’ una pista attraverso cui, infatti, si snodava l’infinita peregrinazione che partiva più a Est e terminava nei territori dell’Ovest, in Oregon e, appunto, in California. La pista era immensa, lunga circa 2.170 miglia, e venne inaugurata dai primi emigranti a compiere il lunghissimo viaggio, Marcus e Narcissa Whitman, nel 1836. Tuttavia, la migrazione di massa non si è verificata fino al 1843, quando circa 1.000 pionieri fecero il viaggio in una sola volta.
Questo sentiero era di fatto l’unica via di terra percorribile dai coloni per raggiungere la costa occidentale. Dal 1843 fino al 1869, quando la prima ferrovia transcontinentale fu alfine completata, oltre 500.000 persone avevano fatto il viaggio sulla Oregon Trail utilizzando sopratutto i famosi carri coperti trainati da muli e buoi.
Una parte del flusso migratorio era diretto verso l’Oregon per impiantare una fattoria o, comunque, per attività di colonizzazione, un’altra parte si diresse verso la California per la febbre dell’oro.
Uno dei grandi vantaggi legati all’Oregon Trail era il tempo impiegato per raggiungere l’Ovest; laddove via mare era richiesto circa un anno di viaggio, lungo la Oregon Trail erano sufficienti tra 4 e 6 mesi alla velocità media di un carro che era di circa 15 miglia al giorno.


Alcuni carri in viaggio lungo la Oregon Trail

All’inizio della primavera, gli emigranti portavano a Independence, in Missouri, e lì restavano accampati tutto il tempo che era necessario perché spuntasse folta l’erba lungo la pista. Il tempo non era però impiegato invano, dato che era necessario predisporre tutto l’occorrente per il lungo e difficile viaggio… I viaggiatori dovevano fare scorta di materiali di consumo, cercare di individuare gli amici a cui legarsi per il trasferimento e fare tutti gli altri preparativi tipici di qualunque viaggio.
Il calcolo esatto dei tempi era fondamentale; partire troppo presto, prima che l’erba fosse spuntata, avrebbe esposto gli emigranti al rischio di veder morire di fame il bestiame; partire troppo tardi li avrebbe esposti al terribile rischio di incappare nelle prime nevicate invernali, di fronte alle quali qualunque carovana era costretta a fermarsi.
La maggior parte dei coloni viaggiava in tipici carri agricoli le cui dimensioni erano poco più di 3 metri di lunghezza per poco più di 1 metro di larghezza, al cui interno stivavano quasi mezza tonnellata di materiali vari. Questi carri avevano semplici coperture di teli di cotone trattati con olio di lino per tenere alla larga la pioggia. Molti venivano dotati di speciali cassette per attrezzi, contenitori di acqua, e gli immancabili assi di ricambio. Senza quei ricambi, in caso di rottura di un asse, si sarebbe stati costretti ad abbandonare il carro!


Una carovana si snoda lungo il percorso della pista dell’Oregon

Quando finalmente arrivava il tempo giusto per partire, i coloni ingolfavano tutti insieme le vie d’uscita, in parte per la fretta di conquistare la testa della fila e in parte per l’inesperienza con cui le manovre venivano condotte.
Man mano che avanzavano, molte famiglie erano costrette a rendersi conto di aver sovraccaricato il loro carro e, giocoforza, erano costrette a prendere la drammatica decisione di alleggerirsi, gettando via ciò che constatavano essere meno utile. Così la pista finiva per riempirsi di carcasse di mobili e di ogni altro genere di suppellettili. C’era, in verità, anche chi decideva di non privarsi neppure del superfluo e finiva per sobbarcarsi 2.170 miglia di viaggio a piedi, anziché seduto sul carro.
Lungo la pista succedevano moltissimi incidenti e di ogni tipo. Non era infrequente persino quello di finire travolti dal carro, il che significava la morte certa!
Un cippo segna la pista
Abbastanza numerosi furono anche gli incidenti collegati all’uso delle armi, ad esempio maneggiandole con poca dimestichezza, oppure facendo partire accidentalmente un colpo durante un turno di guardia.
Un altro problema per i viaggiatori era rappresentato dal terribile colera. Alcune carovane finirono decimate dal colera, senza che vi fosse neppure il tempo di fronteggiarlo. In verità mancavano anche gli strumenti e le medicine. I corpi dei deceduti venivano frettolosamente seppelliti sui bordi della pista, ma ad una profondità tale da non proteggerne i corpi dagli animali selvatici che li spolpavano, lasciando in bella vista le ossa e questo era fonte di molto nervosismo tra chi si trovava a viaggiare e vedeva quelle macabre testimonianze di morte.


La mappa della Oregon Trail

Una cosa possiamo dire con certezza, ossia che la comune convinzione che una delle cause principali di morte lungo la Oregon Trail fossero gli attacchi degli indiani è una falsità. La moltitudine di film western che ha perpetuato il mito dei carri dei coloni disposti in cerchio per fronteggiare l’inatteso assalto degli indiani, ha solo contribuito a tenere la gente alla larga dalla verità che era, ovviamente, ben diversa. Premesso, infatti, che i carri dei coloni furono più volte attaccati da bande di guerrieri indiani lungo tutte le piste del continente, resta il fatto che gli incontri con gli indiani era prevalentemente amichevoli e finivano spesso in normali scambi di merci o di preziose indicazioni sul tragitto e sul percorso da seguire. I carri venivano disposti in cerchio solo per poter trattenere meglio il bestiame all’interno dell’improvvisato recinto e, nel contempo, di proteggerlo dalle sempre possibili razzie o aggressioni da parte di animali selvatici.


Il “Pairie Schooner”, il tipico carro degli emigranti

Il più famoso dei massacri collegati alle carovane fu certamente il “Massacro Grattan”. Durante l’attraversamento di una zona in cui c’era un campo dei Sioux, una mucca si staccò dal resto del bestiame di una carovana e prese a vagare in cerca di erba. I guerrieri la videro, la catturarono e, dopo averla macellata, la mangiarono con soddisfazione. I migranti, che erano mormoni, protestarono vivacemente con i soldati del locale presidio militare, ottenendo che ventotto uomini guidati dal giovane tenente Grattan andarono dagli indiani con l’intento di farsi consegnare i colpevoli del “furto”. Quando le truppe arrivarono al villaggio Sioux, gli indiani si resero conto del loro errore e offrirono un cavallo in cambio della mucca che avevano macellato. Grattan non si ritenne soddisfatto perché voleva che gli venissero consegnati gli indiani colpevoli. La qual cosa, naturalmente, non avvenne.
A quel punto il tenente ordinò ai suoi uomini di sparare sugli indiani. Il capo dei Sioux ordinò ai suoi di non rispondere agli spari, ma Grattan gli sparò addosso. Seguì una feroce battaglia in cui i soldati furono quasi tutti uccisi. da questo incredibile episodio sarebbero derivati decenni di lotte tra i bianchi ed i Sioux.


La pista è ancora chiaramente visibile

Un altro pericolo piuttosto importante per i coloni era il tempo atmosferico. Viaggiare in estate significava, purtroppo, rischiare di affrontare tempeste improvvise, fulmini e grandine. Molti sono stati i casi di persone uccise da un fulmine o da chicchi di grandine delle dimensioni di una palla da baseball.
Alla resa dei conti, circa un decimo dei viaggiatori non sopravvisse al viaggio lungo la Oregon Trail.
Quando i coloni arrivavano in vista di Chimney Rock e Scotts Bluff, significava che erano arrivati a compiere un terzo del viaggio e che evidenti progressi erano stati fatti. Il passo successivo era raggiungere il famoso Fort Laramie che si trova nell’attuale stato dello Wyoming.
Qui i coloni potevano finalmente riposare e ottenere provviste e attrezzature bastanti a compiere l’ultima parte del percorso.
Da Fort Laramie a Fort Bridger, la Mormon Trail e la Oregon Trail erano una cosa sola. Giunti a Fort Bridger i mormoni proseguivano verso sud per Salt Lake e gli emigranti diretti verso la California e l’Oregon proseguivano in direzione nord-ovest.


La pista attraversa i monti

L’ultimo terzo del percorso era il più difficile e doveva essere fatto con grande prudenza. Il rischio dell’arrivo delle prime nevi invernali era altissimo e poteva significare trovare i valichi di montagna chiusi, perciò si trattava di una vera e propria corsa contro il tempo.
Nei primi anni, prima che la Barlow Road venisse aperta, i viaggiatori erano costretti ad abbandonare i loro carri per usare le barche e navigare lungo il fiume Columbia. Molti persero la vita nelle rapide proprio a poche miglia dalla loro destinazione. Dopo il 1846, pagando un pedaggio, i pionieri poterono concludere il loro viaggio attraversando le cascate attraverso la Barlow Road.
Una volta in Oregon o in California, i coloni iniziavano una nuova vita impegnandosi nell’agricoltura o nell’allevamento o in altri affari oppure partivano per le miniere d’oro.
Se attraversare il continente in quel modo valesse gli immensi sacrifici richiesti lo potevano dire solo i viaggiatori che avevano portato a termine il viaggio.


La sosta notturna

Oggi, in molti luoghi, si possono ancora vedere i solchi dei carri.
Nel 1978 il Congresso degli Stati Uniti d’America ha creato l’Oregon National Historic Tail, gestito dal National Park Service in collaborazione con il Bureau of Land Management, il Servizio Forestale, i governi statali e locali e con i privati la cui proprietà è attraversata dal sentiero.
Oggi è possibile ripercorrere buona parte del percorso, da Missouri a Oregon City, visitando ben 125 siti storici e vedendo oltre 300 miglia di pista segnata dalle ruote dei carri dei pionieri.

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