Vita da soldato durante la Guerra Civile

I Nordisti, di solito, avevano carne di maiale salata ed essiccata, oppure anche fresca, talvolta bovina,che bollivano oppure facevano arrostire o friggere.


I sudisti avevano spesso scorte limitate

L’armata di Sherman, quando partì da Atlanta per attraversare la Georgia e risalire la costa atlantica, si portò dietro una grande mandria per disporre di carne fresca. Il pane consisteva in forme di galletta che i soldati chiamavano “spacca denti”, “castello di vermi” o “ lamiera di ferro”, ed erano costretti il più delle volte a frantumarla col calcio del fucile, tanto era dura! Il motivo è che le gallette venivano consegnate anche dopo mesi che gli stabilimenti alimentari le avevano prodotte, quindi si erano molto seccate e indurite. I soldati le ammollavano nella zuppa o, una volta frantumate, le mescolavano con carne, lardo, pancetta; cuocevano il tutto in una pentola, chiamando questo piatto “skillygalee”, che potrebbe tradursi “l’allegra sbobba”.


In fila per “l’allegra sbobba”

A volte passavano le gallette alla fiamma per cuocere la “carne-viva” che c’era dentro! I Sudisti, invece, non disponevano di una produzione massiccia e costante di gallette, e dovevano arrangiarsi a preparare sul posto quello che chiamavano “Johnny Cake”: quando riuscivano a procurarsi della farina e del latte, li mescolavano con altri ingredienti qualunque, e ottenevano del cibo che almeno non aveva i vermi!
I Nordisti disponevano spesso di riso, piselli, fagioli, patate e verdure di stagione come carote, cipolle e rape; e poi zucchero, in forma di melassa, aceto e sale per condire; caffè e thé come bevande. I Sudisti non avevano tale varietà di alimenti, e la quantità era ridotta. Anche la distribuzione era saltuaria: il Sud difettò di “infrastrutture” per l’approvvigionamento e la distribuzione dei rifornimenti, e di un Servizio dipartimentale che funzionasse veramente. Johnny Reb dovette sempre fare affidamento sull’aiuto della sua gente. Verso la fine della guerra i soldati del Sud avevano ancora armi e munizioni per combattere, ma facevano la fame.
Furto di scorte
L’acqua potabile fu un problema per entrambi: la difficoltà di procurarsi acqua pulita,e di mantenerla tale, unitamente alle presso che nulle conoscenze di igiene alimentare, fu causa di malattie intestinali anche molto gravi e diffuse. Quando invece si era in azione, ogni soldato doveva arrangiarsi a cucinare per conto suo (o a gruppetti), e doveva anche sbrigarsi, se non voleva che il reggimento chiamasse prima che il pranzo fosse pronto! Inoltre c’era il problema che i vagoni dei rifornimenti non riuscissero a raggiungere le truppe, a causa degli attacchi del nemico. I soldati portavano a tracolla una bisaccia di stoffa, che all’interno conteneva un altro sacco che poteva essere tolto e lavato: lì, doveva essere conservato il cibo, le razioni per almeno tre giorni. Però non succedeva che i soldati lo tenessero molto pulito, cosicché, alla fine, vi si accumulavano pezzetti di cibo contaminato, sporco e maleodorante: l’igiene per gli uomini dell’epoca non era certo una priorità!
Pacchi dono da casa
Quando nel 1864 i Nordisti incominciarono a invadere massicciamente il Sud (ricordiamo la “marcia verso il mare” dell’esercito di Sherman, attraverso la Georgia fino alle coste atlantiche delle due Caroline; e l’invasione della valle dello Shenandoah, in Virginia, dell’esercito di Sheridan), i loro soldati bottinarono sistematicamente tutto il territorio con appositi reparti addetti alle provvigioni. Ma anche la soldataglia si diede molto da fare: uno tra i più abili “predoni” dell’esercito pare che sia stato un certo Billy Crump, del 23° Ohio. Era attendente del Colonnello Hajes (futuro Presidente degli USA), e passò due giorni (usando il cavallo del suo Colonnello!) a saccheggiare la Virginia: al suo ritorno aveva un carico di 50 galline, 2 tacchini, 1 oca, 20 dozzine di uova e circa 15 chili di burro!
Come spesso accade, la noia, le preoccupazioni e i dispiaceri si affogano nell’alcool, sia in tempo di pace che di guerra e i soldati bevevano, eccome se bevevano! Si beveva in privato o ai tavoli da gioco delle carte e dei dadi, che spuntavano nei campi come funghi; e molti erano vere e proprie bische per il gioco d’azzardo. Il generale McClellan, che fu comandante dell’armata del Potomac, dichiarò: “Non c’è niente di più deleterio per il nostro esercito, del degradante vizio del bere. Se potessimo tenere i liquori fuori dai nostri bivacchi, ciò equivarrebbe ad avere almeno 50.000 soldati in più”; e il generale Bragg, quando comandava l’armata sudista del Tennessee, un giorno disse: “Stiamo perdendo più uomini per mano dei venditori di liquori che a causa delle pallottole nemiche!”
I liquori, infatti, si trovavano alla tenda del venditore, e nei reggimenti zuavi erano le vivandiere che procuravano ai soldati quei beni che l’esercito non passava, liquori compresi. Questi commercianti al seguito dell’esercito furono spesso oggetto di ruberie da parte dei soldati: era anche una forma di vendetta verso chi, come loro, se ne approfittava per lucrare forti guadagni vendendo a prezzi esagerati roba di scarsa qualità. I Sudisti videro i venditori solo i primi tempi della guerra, dal momento che il denaro confederato non era molto gradito. I soldati stessi riuscivano a produrre in proprio dei liquori facendo fermentare in olio per lampade e alcool, rami, cortecce o altre cose che trovavano in giro: ne venivano fuori intrugli micidiali dagli effetti devastanti! Un soldato del Vermont scrisse: “…vedevo diavoli e serpenti, e gridavo dal terrore.” Gli ufficiali mescolavano il Wiskey con le uova: il Colonnello del 48th New York, il giorno dopo una bevuta venne trovato morto nella sua tenda. Era il bere che più di ogni altra causa creava insubordinazione. L’alcool scioglieva i freni inibitori; i soldati ubriachi insultavano gli ufficiali, anche pesantemente, e non molti ufficiali godevano della stima incondizionata della truppa per evitare simili incidenti.


Uno dei tanti controlli delle pattuglie di guardia

L’ubriachezza portava a litigare e a venire alle mani per futili motivi; ogni giorno, nei campi, si verificavano casi del genere, e in particolare quando erano accampate vicine tra loro unità che non si vedevano di buon occhio. Ad esempio, erano odiati i tedeschi e disprezzati i neri, e gli irlandesi si rivelarono particolarmente rissosi: in una sola giornata, in un reggimento irlandese di 800 uomini, ci furono ben 900 litigi! L’imprecazione, poi, era la norma. Un cappellano confederato disse che aveva udito più bestemmie e parolacce in 24 ore al campo, che prima, in tutta la sua vita! Il linguaggio scurrile era deprecato non solo dai ministri della religione, ma anche dai comandi militari e gli ufficiali di campo (se non erano anch’essi ubriachi!) facevano del loro meglio per imporre l’ordine, applicando le pene previste dal regolamento o inventandosene delle nuove, specie quando taluni casi non erano contemplati dai manuali. Per i casi più gravi, se diventava necessario il ricorso alla Corte Marziale, il sistema giudiziario spesso si inceppava, oberato dalle pratiche o perché non si riuscivano a trovare gli ufficiali necessari. Capitò a volte che mancasse un testimone chiave, a favore o contro, perché nel frattempo era morto!
Si cercava pertanto di sbrigare i casi di infrazione alle regole direttamente sul posto e alla svelta.
La pena più comunemente assegnata era “la guardina”: un’area di campo era chiusa da funi e sorvegliata da una sentinella, e lì’ veniva spedito il reo a passarci alcune ore o qualche giorno “a pane e acqua”.
In punizione sulla trave
Succedeva che questo tipo di prigione fosse così affollato da diventare una sorta di allegro bivacco dove l’ufficiale di turno ogni tanto si recava a far ramanzine e minacciare pene più gravi. Si poteva finire a cavalcioni di un trave per alcune ore; o girare per il campo trascinando delle bottiglie vuote ai piedi o reggendo sulle spalle un pesante ceppo di legno. Per codardia o assenza ingiustificata alle esercitazioni, si finiva legati come salami, accovacciati per terra con una mordacchia in bocca e legnetti vari tra gli arti, a rendere “più confortevole” la posizione. Potevano appenderti un cartello al collo, con scritto il reato commesso e farti girare su e giù per il campo a raccogliere insulti dai compagni.
Se un soldato si era divertito a sparare a un cane randagio, lo facevano girare per ore con il braccio la carcassa dell’animale. Si poteva però arrivare anche a punizioni dure come la marchiatura a fuoco: per diserzione, vigliaccheria in battaglia, ruberie al campo, o altri reati percepiti come odiosi, veniva impressa a fuoco una lettera in fronte, su un braccio, su una guancia o sulla schiena: C= codardo T= ladro (thief) D= disertore, etc…
A parte la marchiatura, le altre punizioni non preoccupavano tanto la truppa: era peggio quando all’ufficiale veniva in mente di raddoppiarti la guardia; oppure, spedirti sempre nei picchetti vicino al nemico. Ma in questi casi, come vedremo, potevano crearsi anche situazioni favorevoli…
Caso limite era l’espulsione dall’esercito con il massimo del disonore.Si procedeva ad allestire una vera e propria cerimonia davanti a tutto il Reggimento.Dopo avergli strappato bottoni, mostrine e galloni, il reo veniva rapato e gli si appendeva al collo un cartello con scritta l’infamante accusa. Poi,un plotone coi fucili girati in basso lo accompagnava fuori dal campo, alle note della “Marcia del Furfante” intonate dalla banda. Nei casi di spionaggio, omicidio,stupro e anche a volte per diserzione, veniva applicata la pena di morte. Ma solo il 10% delle diserzioni vennero punite con la pena capitale; il più delle volte la pena era commutata in carcere, magari anche solo per la durata della guerra.Specialmente per i primi due anni di guerra le pene capitali vennero applicate raramente.
Al Nord, fu Lincoln stesso a dire che la gente non avrebbe accettato così tanto rigore per uomini che si erano presentati volontariamente per combattere. Con il passare degli anni, però, il conflitto si indurì,e, specialmente al Sud, i casi di allontanamento dai reparti senza il permesso necessario divennero preoccupanti:il generale Longstreet, nel 1862, verificò che nel suo Corpo ben 7.000 uomini si erano assentati senza averne chiesto il permesso! Magari erano semplicemente tornati a casa per le semine o il raccolto, e poi sarebbero rientrati.


Certi reati venivano puniti con la fucilazione

Alcuni passarono dalla parte del nemico; non era poi così difficile farlo, e le occasioni non mancarono. Fraternizzare col nemico era assolutamente vietato e doveva essere severamente punito… in teoria! In pratica, avveniva regolarmente e in tutti i fronti. Capitava, infatti, che i soldati si accampassero molto vicino al nemico, per settimane o anche mesi, separati magari solo da un fiume, e potevano osservarsi a vicenda da una sponda all’altra; oppure distavano qualche centinaio di metri, al di là di un bosco o una collina, e alla sera si intravvedevano i fuochi dei bivacchi.
I comandanti distaccavano dei picchetti di guardia, che spesso erano così vicini tra loro che i soldati nemici si trovavano a portata di voce. Si cominciava magari con qualche “sfottò”, qualche motto di spirito; poi, pian piano si scambiava qualche battuta sulla guerra, sulla vita nel campo e si finiva col famigliarizzare, col fraternizzare.
In quelle circostanze era difficile mantenere un atteggiamento ostile. La necessità portava a proporre scambi di vari beni: ai Sudisti mancava il caffè, e dovevano accontentarsi di surrogati fatti con la cicoria, le patate, le noccioline o i piselli tostati; ai Nordisti mancava il tabacco, che invece i Sudisti avevano, e buono. Si commerciava anche lo zucchero, la farina; e si arrivava alla richiesta di bottoni, ago e filo, giornali e riviste, e anche moneta corrente.
Fatto sta, che non era raro vedere battellini carichi di merci, tirati da una corda o spinti dalla corrente, che attraversavano nei due sensi le sponde del fiume; oppure Ribelli e Yankees che si incontravano a mezza strada per barattare oggetti e cibo, e magari si fermavano pure per una partitina a carte, a poker… e si giocavano le razioni! In fondo, i “nemici”, prima della guerra erano talvolta legati tra loro da vincoli di parentela o di amicizia; parlavano la stessa lingua, e come nel caso degli Irlandesi o dei Tedeschi , che troviamo in entrambi gli eserciti, avevano le stesse radici; magari provenivano dalla stessa città europea.


Ancora un esempio di punizione

Poteva succedere che soldati semplici, alla vista di un ufficiale nemico che si avvicinava ai picchetti, si mettessero sull’attenti, lo salutassero, e scambiassero pure due parole con lui, con addirittura maggior rispetto di quello che nutrivano verso il proprio comandante!
Quando però nell’aria cominciava a sentirsi “odore” di battaglia, le cose repentinamente cambiavano e, più o meno inconsciamente, il soldato si riappropriava della “sua divisa”: “Non vedo l’ora di spazzare via dal fiume quei figli di puttana!”
E la guerra ricominciava. Quando a migliaia gli uomini del Sud e del Nord erano partiti per la guerra, non immaginavano certo che sarebbe stata così lunga e carica di sofferenze.Le severe condizioni di vita, le mille privazioni, le lunghe estenuanti marce, le paurose battaglie e l’esaltazione che seguiva la vittoria, o al contrario il picco di depressione dopo la sconfitta, avevano indurito quegli uomini. Johnny Reb e Billy Yank avevano tirato avanti con tenacia, a volte con grandezza d’animo, nell’attesa del giorno in cui la pace sarebbe finalmente tornata. Eppure, anni dopo la fine della guerra, il soldato McCarthy si sarebbe pronunciato così: “Quando ci ritroviamo, ricordiamo con piacere il passato: quel sentirsi affamati, stanchi, assetati e poi trovare ristoro; trovarci nel mezzo della roboante battaglia e sperare nel conforto che dopo sarebbe ritornato; patire il freddo, la stanchezza, e poi trovare rifugio nel nostro campo, la nostra “casa” lontano da casa.”

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