Un uomo chiamato Geronimo

A cura di Paolo Brizzi

Yanosha, Chappo, Fun e Geronimo nel marzo 1886
L’uomo era imbronciato. Passeggiava a testa bassa attorno alla sua capanna, con le mani unite dietro la schiena. Bofonchiava e ogni tanto calciava via un sassolino. Stava ribollendo di rabbia per l’impensabile rimprovero che aveva appena ricevuto.
Il suo nome era conosciuto in due emisferi ed era sinonimo di energia, elusività, per gli spietati raids compiuti su agricoltori, allevatori, minatori e viaggiatori su entrambi i lati del confine tra due grandi nazioni. Oggi non riusciamo nemmeno ad immaginare il terrore provocato dal grido che squarciava la notte: “Geronimo! Geronimo!”
Ma quest’uomo e marito, e padre, questo flagello, questo eroe, e leggenda anche per chi lo conosceva, era ora in collera.
Avrebbe avuto in tutto nove mogli durante la sua vita, ma era stato appena rimproverato dalla sua sposa indaffarata, che, irritata per averlo tra i piedi, lo aveva cacciato come un bambino imprudente. Avendo smarrito un coltello che era tra le sue cose preferite, Geronimo aveva chiesto alla donna di cercarlo per lui. “Geronimo,” disse lei come riferito da un noto etnologo “sei abbastanza vecchio da cercartelo da solo!”. E’ vero oggi come allora che nessun uomo è profeta nel proprio wickiup. E questo scaltro vecchio guerriero non faceva eccezione.
Eppure il diffuso rispetto che la sua temibile reputazione esigeva era ben meritato, anche se il Geronimo degli anni ’80 dell’800 aveva poca somiglianza col ritratto romanzato di lui che abbiamo oggi. Lui non fu mai un capo, nè ebbe mai un grosso seguito. Ma era elusivo come il vento del deserto, senza rimorsi come un serpente a sonagli, e più veloce del più abile cavaliere. I suoi “colleghi”, comunque pochi, gli erano fedeli ed erano affidabili. Malgrado il loro piccolo numero, con la loro stessa evanescenza stancarono e frustrarono migliaia di soldati americani e messicani.
Così in qualche maniera il distorto concetto di Geronimo che oggi abbiamo è vagamente giustificato; è stato mostrato sullo schermo in decine di film, fedeli a Geronimo quanto l’Odissea lo fu al vero Odisseo.
Geronimo in età avanzata
Ambiguità ed incertezza ancora abbondano su quest’uomo, come prevedibile per un popolo che non ha una lingua scritta, che non tiene archivi, e che tramanda racconti orali da generazione a generazione. Ma i fatti della sua vita sono meglio conosciuti che quelli della vita di altri leaders, a causa della sua presunta autobiografia, per le testimonianze di chi lo conobbe e per la documentazione dell’esercito, che lo ebbe in custodia durante l’ultima parte della sua vita.
I suoi inizi, dove e quando nacque, sono ancora in discussione. Secondo il suo racconto Geronimo nacque nel Nodoyon Canyon, nel Giugno 1829, che alcuni pensano sia vicino Clifton, Arizona, non lontano dal confine col New Mexico. Una fonte rispettata mantiene che nacque nel 1834, vicino al sito di Fort Tularosa o vicino ad Aragon, New Mexico. Juh, suo cugino e stretto collaboratore in anni successivi, riferiva che Geronimo era nato vicino alla confluenza dei tre rami del Gila, vicino Silver City, New Mexico. Altri autori, per accomodare fatti accaduti in seguito, affermano che egli nacque prima del 1829. Geronimo era un indiano purosangue della banda Bedonkohe ed era nipote di Mahko, capo principale di quella stessa banda.
Il padre di Geronimo morì quando il ragazzo era giovane. Malgrado fosse costume abituale che una coppia di neo-sposi andasse a vivere con la famiglia della sposa, questo non accadeva sempre e i genitori di Geronimo si stabilirono tra la gente dei genitori del padre di Geronimo; dopo la morte di suo padre, sua madre portò i figli a sud, nella Sierra Madre messicana, a vivere col popolo Nednai, i Chiricahuas meridionali, una banda ostile e bellicosa che aveva combattuto Spagnoli e poi Messicani da tempo immemore. Qui Geronimo incontrò suo cugino Juh, un giovane che divenne suo buon amico, ed avrebbe poi ottenuto il nome “Geronimo”, che avrebbe sostituito l’originale “Goyathlay”. Aveva acquisito questo nome, che significa “Lo sbadiglione”, durante l’infanzia.
Crescendo fra i Nednai era inevitabile che il suo addestramento fosse più duro che tra i suoi parenti nel Nord, poichè guerra e razzia erano l’incessante stile di vita del popolo di sua madre. I bambini Apache, sempre molto amati, erano raramente puniti, sebbene la disciplina, necessaria per la loro sopravvivenza, fosse instillata loro sin dai primi anni di vita. I piccoli imparavano l’uso di piccoli archi e frecce a spese della piccola selvaggina, topi, scoiattoli e uccelli. Si curavano dei cavalli e muli per imparare i bisogni e le idiosincrasie di tali utili animali.
La pista di guerra di Geronimo
Crescendo, Geronimo spesso vedeva razziatori o gruppi di guerrieri lasciare la rancheria e ritornare tempo dopo con bottino e mandrie di bestiame rubato; a volte però tornavano sporchi, stanchi e a mani vuote, magari ridotti di numero. Spesso tornavano con dei prigionieri; se questi erano ragazzi, potevano un giorno divenire essi stessi guerrieri Apache. Se erano ragazze potevano essere vendute o cresciute per diventare un giorno mogli di guerrieri indiani. Se adulti maschi, i prigionieri venivano messi a morte perchè considerati pericolosi, spesso uccisi da donne che avevano perso il marito o un parente in guerra. Queste esecuzioni erano spesso accompagnate da molta crudeltà; a molti Apaches non piaceva assistere, ma così non deve essere stato per Geronimo, a giudicare dalle sue gesta belliche successive. Molti Apaches “accettavano” la sofferenza delle vittime come basilare al loro stile di vita.
Geronimo, come ogni giovane, desiderava partecipare alle quattro spedizioni di guerra che costituivano l’apprendistato di ogni Chiricahua. Per unirsi alla prima di queste spedizioni, dovette imparare la lingua segreta dei razziatori, costituita da meno di 100 parole usate solo in tali circostanze. Egli diveniva dikohe, termine applicato ai giovani che divenivano adatti alle spedizioni di guerra e ai raids. Geronimo divenne dikohe a 14 anni, come Juh e altri ragazzi. A Morris E. Opler fu detto come tutto cominciava: “Dikohe vuol dire che devi obbedire e addestrarti come i tuoi anziani dicono. Quando i genitori ordinano,”tu devi alzarti presto domani e correre, correre, correre” il ragazzo non osa fare altrimenti. Suo padre gli insegna: “devi tenere l’arco e le frecce a portata di mano. Devi avere il tuo coltello al tuo fianco. Devi avere vicini i tuoi mocassini, essere in allerta sia in pace che in guerra. Guarda la stella del mattino; non lasciare che scompaia prima che tu lo faccia.” Il gioco evolveva gradualmente in un combattimento simulato con l’arco e le frecce. L’agilità era sviluppata precocemente e il coraggio pure ed era incoraggiata l’indifferenza verso le difficoltà.


Geronimo alla guida di alcuni suoi guerrieri

Spesso gli sciamani specialisti in cose di guerra istruivano i dikohe. Al ragazzo veniva insegnato che le qualità e le caratteristiche che egli manifestava durante l’apprendistato lo avrebbero accompagnato per tutta la vita; così doveva evitare la disobbedienza, l’indisciplina, la codardia, l’infedeltà e l’egoismo di qualunque sorta. Durante la prima spedizione il novizio veniva protetto dai guerrieri esperti, sebbene si trattasse di imprese rischiose e non sempre ciò era possibile. Nelle spedizioni successive egli partecipava in modo più attivo e con la quarta poteva svolgere le funzioni di un vero combattente. Solo con la sua condotta futura il guerriero poteva arrivare ad un ruolo di leader e Geronimo vi giunse non tanto per le sue gesta in battaglia o per le sue razzie di successo, quanto perchè i suoi guerrieri lo ritenevano dotato di grande potere, cioè lo credevano una sorta di sciamano di guerra.
Un guerriero veterano disse a Opler: “Geronimo ottenne il potere politico per motivi religiosi. Egli poteva prevedere il risultato di un combattimento e veniva così tanto interpellato in campagna che divenne indispensabile. Così divenne un leader”. Tanto forte era il suo potere, così ricordava un vecchio Apache, che egli poteva controllare la durata del giorno e della notte. “Una volta stavamo procedendo verso un certo luogo, e poichè egli non voleva arrivare di giorno, cantò, così la notte rimase per altre due ore. Vidi questo coi miei occhi”.
Quale altro Chiricahua poteva fare di più ? Un esempio del potere di Geronimo ci è offerto da Jason Betzinez, che lo accompagnò sul sentiero di guerra. “In una occasione Geronimo ci avvertì che i Messicani ci stavano seguendo e predisse l’esatto momento in cui sarebbe apparsi; più tardi il nemico si mostrò nel luogo e nel momento esatti che egli aveva previsto”. Un’altra prova di questa misteriosa capacità si ebbe nel 1883 quando Geronimo e i suoi razziatori stavano tornando verso i loro rifugi nella Sierra Madre, dove nessun nemico si era fino a quel tempo avventurato. Una notte attorno al fuoco coi suoi 36 uomini lasciò cadere il coltello e esclamò: “La nostra gente, rimasta al campo, è ora nelle mani dei soldati!” Il Generale George Crook aveva realizzato il prodigio di penetrare nella Sierra Madre con una grande spedizione e stava persuadendo molti Apache ad arrendersi. Secondo Betzinez questo era un esempio della incredibile capacità di Geronimo di sapere quello che stava accadendo lontano da lui.
Malgrado Geronimo raggiunse il potere e divenne un famoso leader in parte per le sue qualità sciamanistiche non c’è dubbio che la sua ascesa fu dovuta anche alle sue capacità come guerriero, al suo coraggio e al suo talento nel comando.
Geronimo detta le sue memorie
Non fu mai uno statista del calibro di Cochise; non ebbe mai il seguito di Victorio come capo di guerra; non ebbe il genio tattico di Juh, ma Geronimo possedeva tratti di personalità che lo resero un leader all’interno della propria sfera.
Per la sua gente Geronimo svolgeva una funzione che nessun altro, neppure i Grandi, poteva effettuare; non solo era l’uomo giusto per i suoi tempi, per il punto di vista dei Chiricahuas, ma egli influenzò i loro ultimi giorni di libertà come nessun altro avrebbe potuto, e soprattutto per questo la sua memoria merita di essere perpetrata.
Secondo la sua non completamente affidabile autobiografia, la sua prima moglie, una Nednai, e i loro tre figli furono uccisi nell’estate 1858 da truppe messicane nel Chihuahua nord-occidentale, vicino Janos. Questo, egli disse, innescò il suo odio di una vita per i Messicani, ma è vero che i Nednai erano sempre stati nemici dei Messicani. In ogni modo il 1858 è la prima data verificabile della sua vita. A quel tempo, lui dice, era un seguace di Mangas Coloradas, il capo dei Chiricahuas orientali. Egli pure implica di essere stato sotto la leadership politica di Juh; Juh era un vero capo e lui e Geronimo operarono insieme per anni, fin quasi alla morte di Juh. Geronimo disse che dopo la morte della moglie egli guidò un gruppo di guerra in un raid di vendetta in Messico. Poichè aveva tanto sofferto fu nominato dai capi a dirigere questa spedizione punitiva. Il successo degli Apaches, contro quattro compagnie di soldati messicani, fu tale che Geronimo (egli disse) fu nominato capo di guerra sul posto. Durante la battaglia il nemico lo aveva chiamato Geronimo e con questo nome egli sarebbe stato da ora conosciuto.
Geronimo appare nella consapevolezza degli Americani attorno al 1876, nell’ambito del fermento generato dallo svuotamento, da parte di John Clum, della riserva Chiricahua nell’Arizona sud-orientale. Il 17 Luglio Geronimo e sua moglie raggiunsero la riserva Mimbre nel New Mexico meridionale. Non deve esservi però rimasto a lungo, poichè un campo a sud di Lordsburg fu attaccato da Tony Rucker del 6° Cavalleria nel Gennaio 1877.

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