Ricordatevi di Alamo!

A cura di Marco Vecchioni

Nel 1835 il Texas fu teatro di una rivolta indipendentista contro il Messico. Alamo, una missione trasformata in forte militare inizialmente presidiata da forze messicane, si era arreso alle truppe texane che, liberati i propri nemici, avevano dato loro delle armi per difendersi dagli indiani e li avevano rispediti in Messico, nella speranza che le autorità di quel paese accogliessero finalmente la richiesta di indipendenza.
Putroppo, però, il dittatore messicano, il generale Antonio Lopez De Santa Ana, soldato vendicativo ed egocentrico, era fermamente deciso a respingere tale richiesta e quindi si arrivò alla prima grande battaglia della storia del Messico: la battaglia di Fort Alamo.
Il 24 Febbraio del 1836 Santa Ana e le sue truppe, costituite da più di quattromila uomini, diedero inizio a un assedio che sarebbe durato diciotto giorni.
A difendere il forte erano centottantasette texani al comando del colonnello William Barret Travis e del quarantenne Jim Bowie.
Jim Bowie
Eroi già famosi a livello nazionale, Bowie e Davy Crockett si distinsero ancora una volta nella difesa dei quasi tre acri che formavano il forte.
I messicani vinsero ma la micidiale precisione degli uomini di frontiera e dei loro fucili, come il Kentucky ( la famosa “Betsy” di David Crockett ), lo spiegamento di diciotto cannoni da 4,6,8,12 e 18 libbre, caricati con zoccoli di cavallo spezzati e altri proiettili, nonché l’enorme coraggio dei rivoltosi, fecero pagar loro cara la vittoria.
In quell’occasione, il colonnello Travis, che sperava di ricevere rinforzi, inviò una richiesta di aiuto che il capitano Albert Martin riuscì a portare oltre le linee nemiche.
Ecco il contenuto della lettera che, emozionante grido di libertà, attirò su Alamo l’attenzione del mondo intero:

Al popolo del Texas e a tutti gli americani

Cittadini e compatrioti:
Ho sostenuto un bombardamento di artiglieria ininterrottamente per ventiquattro ore e non ho perso un solo uomo. Il nemico chiede la resa a discrezione, altrimenti il forte sarà passato a fil di spada.
Ho risposto con un colpo di cannone e la nostra bandiera sventola ancora fieramente sulle mura.


Il Colonnello Travis

Non mi arrenderò e non mi ritirerò mai.
Quindi vi chiedo in nome della libertà, del patriottismo e di quanto vi è di più caro agli americani, di venire in nostro aiuto al più presto. Il nemico riceve rinforzi ogni giorno, e nel giro di quattro o cinque raggiungerà sicuramente le quattromila unità. Se questo mio appello verrà ignorato, sono deciso a difendermi il più a lungo possibile e a morire come un soldato che non ha mai dimenticato il proprio onore e quello del loro paese.

Vittoria o morte!


Il Generale Sam Houston

Così un ufficiale messicano descrisse uno dei valorosi texani che partecipò alla battaglia, probabilmente Davy Crockett: “Un uomo alto, dalla chioma fluente, con un abito in pelle scamosciata e un cappello completamente diverso da quello dei suoi compagni, imbracciava un lungo fucile e noi tutti imparammo presto a mantenerci lontano dalla sua mira. Raramente mancava il bersaglio e dopo aver sparato si alzava sempre in piedi per ricaricare la sua arma con calma, quasi indifferente ai colpi che i nostri uomini dirigevano su di lui. Aveva una voce forte e sonora e spesso inveiva contro di noi. Più tardi venni a sapere che quest’uomo si chiamava Kwockey”.


La grande battaglia di san Jacinto

Durante le due ore e mezzo dell’ultimo atto della battaglia, i regolari e la milizia messicana presero d’assalto a ondate le mura del forte ( che in alcuni punti avevano uno spessore di oltre due metri e mezzo e in altri, come vicino alla cappella, superavano i sei metri e mezzo di altezza ), e uccisero, a uno a uno, tutti i difensori.
Mentre l’esercito messicano suonava il Deguello, il segnale che corrispondeva all’ordine di attaccare all’ultimo sangue, le truppe di Santa Ana irruppero nel piazzale.
Un sergente messicano descrisse così la morte di uno dei rivoltosi: “era un americano alto, dalla carnagione piuttosto scura; indossava un abito in pelle scamosciata e un cappello rotondo senza visiera, fatto di pelliccia di volpe con una lunga coda che gli ricadeva sulle spalle. Si sarebbe detto che la sua fosse stata una vita affascinante. Molti furono i soldati che, prendendo accuratamente la mira, gli spararono addosso, ma nessuno riuscì a colpirlo; egli, al contrario, non mancò mai un bersaglio. Uccise almeno otto dei nostri oltre a ferirne diversi altri.


Il “Generalissimo” Santa Ana

Questo è quanto testimonia un tenente che, entrato all’interno delle mura, gli saltò addosso e gli procurò una ferita di spada appena sopra l’occhio destro; l’uomo caduto a terra, venne immediatamente trafitto da non meno di 20 baionette”.
La morte di Jim Bowie fu ugualmente tragica.
Sembra che egli fosse troppo malato per difendersi e che i soldati messicani si siano accaniti su di lui anche quando era già cadavere.
Il colonnello Travis invece venne colpito alla fronte mentre combatteva sulle mura, armato di un fucile shogun.
Dice un altro soldato messicano, ricordando la scena all’interno delle mura: “posso dirvi che ciò che mi si presentò davanti agli occhi fu uno spettacolo davvero orribile… Vi fu un terribile incendio di quasi tre quarti d’ora, e subito dopo uno spaventoso attacco armato”.
L’ultimo baluardo di difesa fu la cappella, le cui mura originali si trovano ancora intatte a San Antonio, meta ogni anno di centinaia di migliaia di turisti.
Uno dei difensori cercò di dar fuoco al deposito della polvere sa sparo ma venne ucciso prima di riuscirci.
La vedova di un altro difensore venne catturata da Santa Ana il quale le ordinò di portare ai Texani la notizia del massacro in modo che questi si rendessero conto di quel che sarebbe accaduto loro se non si fossero arresi. Vennero risparmiate anche alcune donne e bambini e lo schiavo di Travis.
Davy Crockett
Sebbene i documenti siano talvolta tra loro discordanti, sembra che Davy Crockett sia sopravvissuto alla battaglia, sia stato fatto prigioniero e alla fine si quasi riuscito a farsi liberare.
Un ufficiale messicano, infatti, suggerì a Santa Ana di risparmiare la vita a quello che era stato uno degli eroi di Alamo, che il gesto sarebbe stato molto apprezzato dagli americani.
Il generale, in un primo momento, sembrò accogliere questa richiesta, ma poi ordinò di uccidere Crockett ed altri cinque uomini.
Molti ufficiali del dittatore rimasero sconvolti di fronte a tanta brutalità e più tardi uno di loro ebbe a dire: “me ne andai inorridito: non volevo assistere a una scena così barbara… tremo solo al ricordo: mi pare ancora di sentire le agghiaccianti urla di dolore delle vittime”.
Santa Ana diede ordine che i corpi dei texani, alcuni orribilmente mutilati, venissero accatastati come legna e dati alle fiamme. Le perdite dei messicani furono enormi: si calcolarono 1500 morti ( fonte messicana ) ma poiché Santa Ana fece bruciare anche i corpi dei suoi, la cifra è indicativa per difetto.


Fucili e coltello appartenuti a Sam Houston

La notizia di ciò che era accaduto ad Alamo sortì un effetto esattamente contrario a quello auspicato da Santa Ana: i texani giurarono di seguire con estrema fermezza, fino all’ultimo, le parole del povero Travis: “Vittoria o morte!”
L’occasione per la vendetta si presentò presto allorché il generale Sam Houston con quasi ottocento uomini affrontò Santa Ana nella battaglia di San Jacinto. Il vanaglorioso generale messicano aveva sottovalutato il suo avversario e il suo esercito di di millequattrocento uomini venne sopraffatto nel giro di soli diciotto minuti. Prima della battaglia, i texani, ansiosi di combattere, erano stati incitati da Houston che,a cavallo del suo bianco destriero, aveva detto loro: “la vittoria è certa! Confidate in Dio e non abbiate paura! Le vittime di Alamo e i caduti di Goliad gridano vendetta.Ricordatevi di Alamo e di Goliad!”


Veterani della battaglia di San Jacinto nel 1870

I texani sorpresero il nemico attaccando durante la siesta. Uno dei partecipanti scrisse: “Marciammo sul nemico silenziosi come la morte…Non un piffero, non un tamburo, non una voce”. Quando l’attacco ebbe inizio, i pifferi e i tamburi della banda texana eseguirono la ballata “Will you come to Bower ?” gli uomini caricarono al grido di “Ricordatevi di Goliad!”, e aprirono il fuoco soltanto a una cinquantina di metri dalle linee nemiche. Due cavalli di Houston vennero abbattuti, ma egli, procuratosene un terzo, riuscì a guidare la carica brandendo la sua spada e il nemico venne annientato. Un sergente definì l’attacco “il più orribile massacro che io abbia mai visto… i texani incalzavano i messicani in ritirata, senza risparmiare nessuno, nemmeno i feriti… Io avevo un fucile a canna doppia e avevo sparato solo quattro volte quando attraversammo le barricate. Dopo di che non volli più sparare su quei poveri diavoli in fuga.” Uno dei collaboratori di Santa Ana vide il generale correre in preda al panico, torcendosi le anime ed incapace di impartire altri ordini.


L’ultima parte dell’assedio

Santa Ana riuscì a fuggire, ma venne in seguito trovato non lontano dal campo di battaglia, travestito da soldato semplice e in stato confusionale. Quando venne portato di fronte a Sam Houston, incapace di reggersi in piedi a causa di una ferita di arma da fuoco, Santa Ana tremava di paura e chiese la sua valigetta di medicinali.
Una buona dose di oppio rinvigorì il dittatore sconfitto.
Il generale Houston parlò al suo avversario con durezza, ricordandogli i fatti di Alamo e Goliad, ma poiché per i texani Santa Ana valeva più da vivo che da morto, non fu ucciso.
Houston motivò così la sua decisione: “ho risparmiato la vita a Santa Ana perché volevo liberare il paese da tutti i suoi nemici senza spargere altro sangue, e perché desideravo che gli riconoscesse l’indipendenza del Texas, cosa che io consideravo di gran lunga più importante della mera gratificazione della vendetta”.


Fucile Kentucky appartenuto a Davy Crockett

La vittoria portò all’indipendenza della repubblica del Texas che, nove anni più tardi, sarebbe divenuto uno stato dell’Unione. Santa Ana partì presto per una sorta di grand tour degli Stati Uniti dove, ironicamente, ricevette un’accoglienza più da statista che da delinquente. Venne ricevuto dai rappresentanti della giustizia del Kentucky, dagli uomini di affari di Philadelphia e di New York, e fu anche ospite del presidente Andrew Jackson, il quale organizzò persino il suo rientro a Vera Cruz a bordo della fregata Pioneer.

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