- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

I Comanche, i Lipan e le missioni Spagnole

A cura di Renato Ruggeri

Nei primi anni del 1750 i Lipan, incapaci di arrestare l’avanzata Comanche, chiesero aiuto agli Spagnoli, promettendo in cambio la conversione al cristianesimo e di adeguarsi a una vita sedentaria. Gli Spagnoli accettarono per diversi motivi. I missionari provavano il sincero desiderio di diffondere il cristianesimo tra gli “indios barbaros”, mentre per gli ufficiali civili e militari lo scopo era diverso. La costruzione di missioni nel territorio Lipan avrebbe fatto diminuire i problemi con gli indiani lungo il basso Rio Grande, salvaguardando anche i nascenti villaggi a Nord del fiume e favorito l’estensione del dominio imperiale. Un’alleanza Spagna-Apaches avrebbe, inoltre, contrastato la penetrazione Francese in Texas e sarebbe servita come scudo contro gli attacchi dei Comanches e dei Nortenos (Wichitas e Hasinais), loro alleati.
Vi erano, poi, voci di depositi di oro e argento nella regione dei fiumi San Saba e Llano. Senza l’ostacolo degli Apaches, gli Spagnoli avrebbero potuto esplorare il territorio con più tranquillità. Gli accordi di pace tra Spagna e Lipan del Novembre 1749 diedero un grande impulso al movimento favorevole alla costruzione di missioni, inaugurando una nuova era di buoni propositi tra i 2 popoli.
La prima missione per cristianizzare i Lipan fu edificata nel 1754.
Frate Alonso Giraldo de Terreros, presidente delle missioni Texane, decise di costruirla lungo il Rio Grande, vicino al presidio di San Juan Bautista. Mettendo in atto la richiesta di un capo di nome Pastellano, Terreros scelse il luogo e vi assegnò i missionari. Ma il popolo di Pastellano cambiò idea e abbandonò la missione la prima notte. ?Senza scomporsi, il tenace Francescano stabilì una seconda missione, San Lorenzo, vicino a San Fernando d’Austria, sempre nel Nord del Coahuila.
I temuti “soldados de cuera”
Alcuni capi come El Gordo, El de Godo e Bigotes decisero, apparentemente, di convertirsi. Aiutarono a costruire le mura, scavarono i canali d’irrigazione e, nel Marzo del 1755, Terreros potè riferire che 52 Apaches vivevano nella missione e circa 2000 erano accampati nelle vicinanze. Ma la nuova missione di San Lorenzo ebbe breve vita. Il 4 Ottobre 1755, mentre Terreros era assente, i poco contenti Apaches la bruciarono e si dileguarono.
Ma già nell’Aprile del 1752 erano arrivati nuovi ordini a San Antonio da Mexico City. Le autorità autorizzavano l’esplorazione del Texas centrale allo scopo di determinare il potenziale della regione per le missioni. Nei 4 anni seguenti 3 diverse spedizioni esplorarono l’area del fiume San Saba. I resoconti furono favorevoli. Il terreno era fertile e facilmente arabile, l’acqua abbondante, vi era ricchezza di minerali, soprattutto argento e, cosa più importante, gli Apaches sembravano interessati al progetto. Durante la seconda spedizione, alla fine del 1754, il comandante Spagnolo Pedro de Rabago y Teran aveva incontrato una rancheria di circa 100 tende sotto il comando di un uomo chiamato “capitano Pintas”. Pintas accolse gli Spagnoli in modo cordiale e assicurò loro che altri 10 capi erano pronti a entrare nelle missioni. In un gran consiglio tenuto a Mexico City, vennero valutati gli argomenti a favore e contro l’edificazione delle missioni in Texas. La costruzione di un presidio e di una missione a San Saba sarebbe stata la “punta di spada” di una politica aggressiva che mirava a distruggere il pericolo posto dalle tribù del Nord (i Nortenos), e avrebbe consolidato l’influenza Spagnola nell’area.
A aggiungere peso alla proposta fu il Capitano Pedro de Rebago y Teran che abbandonò, in maniera inaspettata e non autorizzata, la missione e il Presidio di San Xavier. Cosa avrebbero dovuto fare le autorità con i soldati. i convertiti Indiani e i missionari? La soluzione del dilemma era sotto i loro occhi. Risolvendo tutti i problemi in una volta sola, il consiglio raccomandò di trasferire la guarnigione del presidio di San Xavier e i religiosi sul fiume San Saba. Il progetto era costruire 3 nuove missioni per gli Apaches sotto la direzione di Fr Mariano de Los Dolores. Il 15 Maggio 1756 il vicerè, il Marchese de Amarillas, firmò la proposta. Il sogno dei Francescani stava diventando realtà.
Un frate alla frontiera
Frate Dolores ebbe, però, poco tempo per rallegrarsi. Mentre la ruota della burocrazia girava lentamente a Mexico City, il suo fratello e rivale Francescano Alonso Terreros si assicurò la somma di 150000 pesos da suo cugino, Don Pedro Romero de Terreros, ricco propietario di miniere, allo scopo di finanziare l’impresa. L’offerta aveva una clausola. In cambio dei soldi, Frate Terreros avrebbe dovuto essere a capo dei missionari. Il viceré Amarillas accettò con gioia il nuovo piano, che riduceva le spese reali.
Un secondo cambiamento significativo si rese necessario in seguito alla morte del Capitano Rabago. Al suo posto Amarillas nominò il Colonnello Diego Ortiz de Parrilla, un veterano della guerra con gli indios, che si era già distinto a Cuba, Puebla, Sinaloa e Sonora. Uomo d’azione ma anche egocentrico, si sarebbe, presto, scontrato con Frate Terreros sui tempi e i dettagli della spedizione a San Saba. Nell’autunno del 1756 i 2 iniziarono il lungo viaggio da Mexico City a San Antonio. Sulla via raccolsero, a Saltillo, 9 famiglie di Indiani Tlascalan. Sarebbero serviti da istruttori per i neofiti Apache. Incontrarono alcune bande di Apache accampate nel nord del Coahuila. Dopo aver visto i carri di provviste, gli Indiani promisero di recarsi a San Saba e entrare nella missione. La spedizione arrivò a San Antonio all’inizio di Dicembre, e messaggeri furono, subito inviati a invitare i leader Apache per discutere il progetto. Alcuni Lipan arrivarono e dissero agli Spagnoli che si sarebbero recati a San Saba non appena la missione fosse stata in funzione. Mentre si preparavano a partire, i Lipan chiesero grano, zucchero, tabacco e altri doni, richieste che erano in sintonia con il loro concetto di ospitalità e reciprocità, ma che irritarono Parrilla, che mise in dubbio la loro sincerità. Invece Fr Terreros e il suo assistente, Frate Francisco de la Santisima Trinidad, erano impazienti di raggiungere San Saba appena il tempo lo avesse permesso. Finalmente, il 9 Aprile 1757 Parrilla ordinò la partenza, una decisione che i Francescani avevano aspettato per mesi.


Le prime missioni per i Lipans furono costruite lungo il Rio Grande

Il 18 Aprile 1757 gli Spagnoli arrivarono sul San Saba ma, con grande disappunto dei missionari, non vi erano Apaches in vista. Disgustato, ma non sorpreso, Parrilla suggerì di lasciar perdere o ritardare la costruzione degli edifici fino a quando non avessero saputo qualcosa in più sulle intenzioni degli Apaches. ?Ma Terreros non volle sentir ragione. “Se il capitano non ordinerà l’inizio immediato dei lavori, andrò a Mexico City e informerò il viceré della sua perfidia”. Seppur riluttante, Parrilla cedette e ordinò ai suoi uomini di iniziare a costruire un presidio sulla riva nord del San Saba. I Francescani, nel frattempo, supervisionavano la costruzione della missione di Santa Cruz di San Saba, 3 miglia a est, sul lato sud del fiume, una decisione presa per impedire contatti sessuali e coabitazioni fra i soldati Spagnoli e le donne Indiane, ma che avrebbe avuto tragiche conseguenze. Dopo aver completato la costruzione delle abitazioni dei religiosi, di un deposito per le provviste, di una chiesa e di stalle e scuderie, i soldati innalzarono una palizzata di legno intorno al complesso. I Padri, con l’aiuto dei Tlascalan, cominciarono a scavare canali d’irrigazione e a coltivare la terra lungo la riva del fiume, mentre Parrilla osservava la costruzione finale del presidio di San Luis de Amarillas, chiamato così in onore del vicerè. L’unica cosa mancante erano gli Apaches.


La missione di San Saba, a 135 miglia da San Antonio

Quando arrivò a San Antonio la notizia che non vi erano Indiani a San Saba, un prete, Frate Benito Varela, fu inviato a localizzarli. A San Marcos, Varela apprese che i Tejas avevano attaccato i Lipan sul fiume Colorado, disturbando il loro proposito di raggiungere la missione. Quando il capo El Chico visitò San Antonio, poco dopo, gli ufficiali Spagnoli lo incoraggiarono. “Porta il tuo popolo a San Saba, e sarai protetto. A metà Giugno, alcune bande Lipan si riunirono vicino alla missione. Il popolo di El Chico, 300 persone circa, risiedeva in 32 tende, mentre i Lipan del capo Casacablanca possedevano 300 tende e 2700 cavalli e muli. Ma l’euforia di Terreros durò poco, quando apprese che gli Indiani si erano riuniti per la caccia estiva al bisonte. Casacablanca, poi, stava preparando un raid contro i Comanches e i Tejas per vendicare il recente attacco sul fiume Colorado, in cui aveva perso un fratello. Gli Apaches, prima di partire, assicurarono agli Spagnoli che sarebbero ritornati, dopo aver sbrigato i loro “affari” a nord. ?Passarono 2 settimane e i Lipan non si vedevano. Alcuni giorni dopo, ci fu un momento di speranza quando El Chico e la sua gente arrivarono alla missione, portando carne di bisonte. Con disappunto dei Francescani, gli Apaches non si fermarono e continuarono verso sud.
Nel corso delle seguenti settimane questo comportamento continuò e piccole bande di Apaches arrivarono a San Saba solo per ricevere cibo e ospitalità prima di cavalcare verso sud. ?Alla fine dell’estate, 3 Francescani abbandonarono la missione, avendo perso ogni speranza nella riuscita del progetto. Alcuni Spagnoli, inoltre, avevano percepito apprensione e paura negli occhi e nel comportamento dei Lipan, e presto compresero il motivo. Un grosso contingente di Comanches e Nortenos stava muovendosi verso sud nella loro direzione, infuriati per la recente ripresa degli attacchi Apaches e oltraggiati dall’alleanza degli Spagnoli con loro. ?All’inizio del 1750 i Comanches e i Nortenos avevano iniziato un’offensiva contro i loro nemici a nord, Osages e Kansas, e i loro principali rivali a sud, i lipan Apaches.


I Lipan nel Texas spagnolo

Nel 1757 il più importante gruppo Norteno, i Taovayas, si era spostato nella regione del fiume Red River, per sfuggire agli Osages e migliorare le opportunità commerciali. Insieme, Taovayas e Comanches avevano continuato la loro guerra contro i Lipan, nello sforzo di ripulire la regione. I Lipan cercarono di mitigare la loro furia vantandosi dello splendore delle nuove missioni e della protezione dei loro alleati Spagnoli. Stavano cercando di intimidire i Comanches e i Nortenos per far cessare i loro assalti. Ottennero, però, l’effetto opposto e scatenarono la collera di entrambi i gruppi sulla missione di San Saba.

Arrivò l’inverno, e nessun attacco Comanche-Norteno si era ancora materializzato, e così gli Spagnoli iniziarono a chiedersi se la paura intravista negli occhi dei Lipan non fosse un altro espediente per ingannarli. D’altra parte, gli Apaches non si erano mai stabiliti alla missione, quindi che motivo potevano avere i Comanches e i Nortenos per assalirli?. Mentre i missionari e i soldati si rincuoravano a vicenda, l’inverno 1757-58 colpì con furia inaspettata. Prima della fine dell’anno una gelida combinazione di ghiaccio, vento e neve uccise decine di cavalli, muli e pecore. Nel Febbraio 1758 Terreros e Parrilla scrissero una lettera al vicerè Amarillas, chiedendo il permesso di recarsi a Mexico City per ridiscutere il progetto. Prima che il vicerè potesse rispondere, gli eventi decisero il destino della missione di San Saba. Alla fine di Febbraio gli Indiani razziarono 59 cavalli dalla mandria del presidio. Il Colonnello Parrilla inviò 15 soldati all’inseguimento, ma gli uomini ritornarono a mani vuote. Dissero, però, che l’area pullulava di Indiani. Con questa informazione ben in mente, Parrilla ordinò a un distaccamento di 6 uomini di cavalcare verso sud per informare del pericolo un convoglio di provviste che si stava avvicinando . Quando arrivarono al fiume Padernales, furono attaccati da una trentina di guerrieri e 4 Spagnoli rimasero feriti.


Il presidio e la missione San Saba distavano 3 miglia

A metà Marzo Parrilla, dopo aver visto segnali di fumo a nord e est, inviò un messaggero a Frate Terreros e ai missionari, invitandoli a venire al presidio per essere più protetti. Terreros, però, rifiutò. Non era convinto che l’attacco fosse imminente e preferiva rimanere alla missione e prendersi cura della sua gente e della proprietà. Restarono con lui 2 preti, 8 soldati, 4 indiani Tlascalan e le loro mogli, alcuni servitori e alcuni famigliari dei soldati, circa 35 persone, mentre nel presidio di San Saba risiedevano 90 soldati e 237 donne e bambini. Il pomeriggio del 15 Marzo Parrilla cavalcò alla missione in un ultimo tentativo di convincere i Francescani a sfollare… “Padre Presidente, la prego, per l’amor di Dio, venga al forte insieme ai missionari e agli oggetti sacri”, […] Ma Terreros fu irremovibile. Frate Miguel de Molina, l’unico dei 3 francescani che sopravvisse all’attacco, ci ha lasciato la testimonianza di ciò che avvenne la mattina del 16 Marzo. ?Frate Alonso Giraldo de Terreros aveva appena finito di celebrare la messa quando una furiosa esplosione di urla e grida di guerra fu udita al di fuori della palizzata, […] “alla distanza di un colpo di moschetto”, come scrisse Molina, che subito interruppe Frate Joseph Santiesteban che stava recitando la sua messa.
Subito dopo, alcuni uomini e donne si avvicinarono a Molina, gridando che “gli Indiani erano su di loro”, e così il Francescano corse da Terreros per informarlo del pericolo. In apparenza, gli Indiani, che si erano radunati poco oltre la palizzata, sembravano amichevoli. Iniziarono a “fare offerte di pace, sia in lingua Spagnola, sia con segni e gesti”. Il Caporale Asencio Cadena riconobbe alcuni guerrieri come membri dei Texas (Tejas), Tancague (Tonkawa), Vidae (Bidai) e altre nazioni dell’interno […] con cui aveva avuto esperienze in molte occasioni, e informò i preti che, dal suo punto di vista, i nativi sembravano sinceri.
Un Comanche all’attacco
Confortato in qualche modo da questa notizia, Padre Terreros attraversò il cortile della missione per vedere che cosa volevano, mentre Padre Molina osservava dalle mura, ammirato e impaurito, il fantastico spettacolo dei guerrieri all’esterno, indiani delle pianure in tutto il loro barbarico splendore. “Le loro facce erano dipinte di nero e rosso, e si erano travestiti come animali, ornati di pelli, code, corna e copricapi di piume”. Oltre ai moschetti, brandivano lance, spade, archi e frecce. Quando i missionari apparvero nel cortile, alcuni guerrieri smontarono da cavallo e aprirono il cancello della missione. “Circa 300 Indiani entrarono all’interno della palizzata, “…stendendo le mani verso di noi e facendo gesti di pace”. Molina, osservando questa manifestazione di presunta amicizia, invitò Terreros a onorare gli ospiti con strisce di tabacco e altre cose apprezzate dai nativi. Lo stesso Molina offrì del tabacco a un guerriero a cavallo, che ricevette il dono con una fragorosa risata. Secondo gli Indiani era un gran capo Comanche.
La risata insospettì Molina. Altri Indiani, nel frattempo, avevano cominciato a saccheggiare la cucina e stavano portando i cavalli fuori dal corral. Domandarono, poi, dove potevano trovarne altri e i preti, nel tentativo di distrarre l’attenzione dei nativi dalla missione, risposero che il presidio, situato poco lontano lungo il fiume, ne aveva più di loro. Padre Terreros scrisse un messaggio al comandante del forte, e lo consegnò a un capo della nazione Teja. L’Indiano afferrò il cavallo di Terreros, dicendo che gli serviva per portare il messaggio al presidio. Quando il prete protestò, il capo appoggiò la canna del moschetto alla testa dell’animale, minacciando di ucciderlo.
Insediamenti di indiani Wichita
Poi, insieme a un folto gruppo di guerrieri, cavalcò verso ovest. ?Nel frattempo gli Indiani persistevano nel loro atteggiamento poco amichevole, circondando, perquisendo e razziando gli edifici della missione. Molina apprese, parlando con alcuni visitatori, che la loro unica intenzione era vendicarsi degli Apaches che avevano ucciso alcuni loro compagni. Gli chiesero se, nella missione, ci fossero dei nemici. Molina negò, anche se ben sapeva che alcuni Lipan erano nascosti nell’abitazione di Terreros, sotto protezione armata. ?Dopo poco il capo Teja ritornò, infuriato. Gli Spagnoli non l’avevano lasciato entrare nel presidio, e avevano sparato contro i suoi uomini, uccidendone tre.
Dopo aver udito questa notizia, Padre Terreros rimproverò il capo Teja, dicendogli che, probabilmente, aveva provocato gli Spagnoli avvicinandosi alla guarnigione con così tanti guerrieri. Si offrì di accompagnarlo indietro al presidio, e ordinò di sellare 2 cavalli, per lui e un soldato di scorta. Quando gli Spagnoli furono in sella, si accorsero che il capo era sparito tra “la folla che si accalcava nel cortile”. In cerca del Teja, Terreros cavalcò verso il cancello, per vedere se l’Indiano lo stava aspettando all’esterno. Improvvisamente si udì uno sparo, e il Padre Presidente cadde al suolo con un grido. Seguirono altri spari, e anche il soldato a cavallo, Joseph Garcia, fu colpito, e “cominciò un crudele attacco contro di noi”. Padre Molina e i soldati fuggirono, cercando rifugio negli edifici della missione. Il missionario, insieme a altri, si nascose nell’abitazione di Terreros, dove già si trovavano gli Apaches sotto scorta. Guardando attraverso le feritoie, vide gli Indiani che appiccavano il fuoco alla palizzata in legno. Quando le fiamme iniziarono a distruggere il complesso, i guerrieri si sparpagliarono in cerca di bottino, razziando le provviste destinate ai Lipan. Dopo mezzogiorno, il fuoco iniziò a minacciare l’abitazione di Terreros, e così gli assediati furono costretti a cercare rifugio altrove. La chiesa, sebbene saccheggiata, sembrava l’edificio meno danneggiato. Era stata costruita con legno troppo verde per bruciare, e così i superstiti vi entrarono e vi rimasero fino a mezzanotte, “quando tutti noi fuggimmo, a eccezione di Juan Antonio Gutierrez, che era stato ferito gravemente a una coscia”.


Il presidio spagnolo

La distruzione della missione di San Saba fu un punto di non ritorno nella storia del Texas. Gli Spagnoli avevano pianificato la missione e il presidio come la “punta di spada” di una politica aggressiva volta a cancellare il pericolo posto dalle poco amichevoli tribù del nord e a facilitare la penetrazione nelle pianure meridionali e la creazione di nuove rotte commerciali tra il Texas e il New Mexico. Il disastro di San Saba alterò questo piano ambizioso e, da quel momento, gli Spagnoli furono costretti a attestarsi più a sud e a formare una linea difensiva di presidi parallela all’attuale confine messicano. Inoltre li portò in aperto conflitto coi selvaggi Comanches, una guerriglia che sarebbe durata fino all’espulsione della Spagna dal continente.
Ma non fu la fine del sogno Francescano di cristianizzare gli Apaches. Nell’estate del 1760 Parrilla fu destituito dal comando del presidio di San Luis de Amarillas, e il suo posto fu preso dal Capitano Felipe de Rabago y Teran. Rabago arrivò a San Saba nel tardo Settembre 1760, e subito mostrò un inusuale vigore e entusiasmo, migliorando la condizione dei 100 uomini sotto il suo comando. Ordinò provviste, armi, munizioni, rimpinguò la scarna mandria di cavalli. Inoltre sostituì i materiali del presidio, rimpiazzando la vecchia palizzata in legno e i mattoni di fango con strutture in pietra. Poco dopo il suo arrivo, poteva affermare, con orgoglio, che il nuovo presidio, rinominato “Real Presidio di San Saba”, sembrava un castello, e che la sua guarnigione era ben armata e ben montata.


I soldati arrivano alla missione distrutta

Rabago spese, poi, soldi e energia corteggiando i Lipan e donando loro tabacco, grano, zucchero e vestiti. Acconsentendo alla loro richiesta di protezione, permise ai suoi soldati di accompagnare gli Apaches alla caccia al bisonte. Inoltre, su ordine del vicerè, iniziò a esplorare i territori a ovest di San Saba allo scopo di localizzare luoghi adatti a nuovi insediamenti Spagnoli. Nel frattempo alcuni capi Lipan si dichiararono pronti per nuove missioni. Nell’autunno 1761 Rabago si incontrò con El Gran Cabezon e alcuni leaders.

Ad assistere alla discussione vi era Frate Diego Jimenez, presidente delle missioni sul Rio Grande, che era arrivato a Novembre a San Saba. I Lipan posero 4 condizioni. Per prima cosa, rifiutarono di stabilirsi nel vecchio luogo di San Saba. L’area era troppo vulnerabile agli attacchi Comanche e Norteno, e la vicinanza alle tombe dei preti e dei soldati andava contro le credenze dei Lipan sulla morte. Gran Cabezon richiese una nuova missione più a sud, vicino al Rio di San Josè (l’upper Nueces), una regione aspra e isolata, dove i Comanches non erano ancora penetrati, ma che non era ciò che aveva in mente il viceré quando aveva inviato Rabago a esplorare la regione a nord-ovest di San Saba.


Felipe de Rabago y Teran, nuovo comandante del presidio San Saba

I Lipan chiesero, poi, che un distaccamento di soldati li accompagnasse in una caccia al bisonte, in modo che potessero entrare nella missione riforniti di cibo. La terza richiesta di Cabezon fu la liberazione della figlia di un suo parente Natage, tenuta prigioniera in Nuevo Leon. La condizione finale, che Rabago non accettò temendo gravi ritorsioni, fu un ulteriore distaccamento di soldati che li accompagnassse in una campagna contro i Comanches. Impazienti di agire, pur consapevoli del sicuro disappunto del vicerè riguardo la posizione della nuova missione, Rabago e Jimenez decisero di procedere senza chiedere un’autorizzazione ufficiale. Nel frattempo i Lipan se ne andarono a caccia di bisonti.
Gran Cabezon e la sua banda ritornarono dalla loro “carneada” nel tardo Dicembre 1761 e dissero di essere pronti a aprire un nuovo capitolo della loro vita. In risposta, Rabago inviò 30 soldati ad accompagnare gli Indiani in un viaggio di 100 miglia a sud, fino a El Canon, il nome del luogo dove sarebbe sorta la nuova missione. ?Il capitano e il suo entourage li seguirono dopo alcuni giorni e, a metà Gennaio 1762. il gruppo si trovava accampato vicino alla sorgente di El Canon. Frate Jimenez arrivò il 22 gennaio, portando asce, utensili di ferro, bestiame, scorte di grano, tabacco, zucchero e vestiti e cappelli per i capi Lipan.


La chiesa della missione di San Lorenzo

Il 23 gennaio Rabago condusse una processione di ufficiali, preti e Indiani su una piatta collinetta sopra la sorgente, dove sarebbe stata edificata la missione.
Frate Jimenez benedì il luogo, celebrò la messa e chiamò la nuova missione San Lorenzo de la Santa Cruz, mentre Gran Cabezon strappò dell’erba e versò acqua sopra alcune rocce che aveva raccolto simbolizzando, in questo modo, che la sua banda, formata da 300 persone, prendeva possesso del luogo. Frate Jimenez prese da parte Rabago, prima che ritornasse a San Saba, e gli chiese truppe addizionali da assegnare alla nuova missione. Temeva il ripetersi di un nuovo massacro, come a San Saba, e voleva rassicurare i Lipan sull’intenzione Spagnola di proteggerli. Temeva, inoltre, lo status non ufficiale della missione, e pensava che, in mancanza dell’avvallo del viceré. l’intero progetto avrebbe avuto problemi logistici e di approvvigionamento quasi insormontabili. Ma Rabago era riluttante a riferire la sua azione all’autorità. Costruire una missione 100 miglia a sud di San Saba, piuttosto che a ovest, era una cosa contraria agli ordini che aveva ricevuto.
Nel frattempo, oltre al popolo di Cabezon, altre bande Lipan, 3000 persone secondo Frate Jimenez, visitarono San Lorenzo, e alcuni capi, come “Capitano Teja” e “Capitan Panocha” espressero il desiderio di avere una missione. Mentre Rabago si trovava ancora sul Nueces, arrivò un messaggero e riferì che un terzo leader Lipan, ”El Turnio”, durante una visita al presidio di San Saba, aveva chiesto che gli Spagnoli costruissero una nuova missione anche per il suo popolo. Prima che l’opportunità svanisse, il capitano e Jimenez ritornarono in tutta fretta a nord, per incontrarlo. El Turnio, la cui banda era formata da circa 400 persone, preferiva risiedere, con il suo popolo, 10 miglia più a sud di San Lorenzo. Sebbene Rabago fosse riluttante a distaccare altri soldati per la difesa di una nuova missione (indebolendo ancor di più la guarnigione del presidio di San Saba), l’opportunità sembrava troppo allettante, e così il capitano diede il suo assenso anche senza l’autorizzazione ufficiale, e il 6 Febbraio 1762 Fr Jimenez benedì le fondamenta della missione di Nuestra Senora de la Candelaria.


El Lumen insinuò che i missionari avessero rapito donne e bambini Lipan

Nel mese seguente, alcune bande Lipan visitarono le missioni spinte dalla curiosità e dalla speranza di ricevere doni. I capi Teja, Boruca, Borado e El Cojo si fermavano di tanto in tanto, e così Frate Jimenez iniziò a avere buoni motivi per essere ottimista. I Lipan avevano perso, in apparenza, l’atavico timore che rimanere in villaggi permanenti li avrebbe fatti ammalare. Alcuni uomini si erano, poi, offerti di lavorare nei campi e, inoltre, quando i guerrieri si allontanavano per cacciare il bisonte, lasciavano donne e bambini in custodia ai Francescani.
A dispetto di questo inizio promettente, il destino delle missioni Apache a El Canon divenne ostaggio di una serie di nuovi e inattesi sviluppi. Nel 1762 il re di Spagna Carlo III entrò a fianco della Francia nella Guerra dei Sette Anni. Tre mesi prima della fine delle ostilità nel febbraio 1763 la Francia, nel tentativo di impedire che i suoi territori in America cadessero in mano britannica, trasferì la Louisiana alla Spagna. Con un colpo di spugna il timore, per la verità più ipotetico che reale, di un’alleanza Franco-Indiana contro il Texas fu cancellato, e così anche l’immediato interesse della Corona per nuovi interventi nella provincia.


Raid contro insediamenti spagnoli

Inoltre, i sogni di un capo Lipan chiamato “El Lumen” stavano creando molta ansietà. Nel Giugno 1762 i Lipan partirono per una caccia al bisonte. Mentre erano in viaggio, El Lumen sognò che i missionari avevano abbandonato la missione, portando con loro donne e bambini Apache, con l’intento di farli diventare schiavi. Spiegò il sogno ai cacciatori, e alcuni di loro cavalcarono indietro per vedere se era vero. Arrivati a San Lorenzo, i Lipan trovarono che tutto era in ordine e tornarono a nord per finire la caccia. ?El Lumen rimase, però, una presenza disturbante. Accusò le donne della banda, compresa sua moglie, di aver coabitato e di aver avuto rapporti sessuali con gli Spagnoli e di aver complottato insieme a loro. Suggerì di uccidere tutti. In un’altra occasione, El Lumen scandalizzò i missionari chiedendo la tovaglia dell’altare da usare come perizoma.


Il sito della missione Nuestra Senora del la Candelaria

Un terzo sviluppo poco favorevole fu la ripresa degli attacchi Comanche e Norteno. Nel Marzo 1762 i Comanches distrussero un accampamento Lipan in un canyon vicino alla missione di San Lorenzo, e due mesi dopo attaccarono un’altra rancheria Apache, uccidendo 40 persone. Rabago spese una fortuna in provviste, vestiti, bestiame e cavalli per i suoi soldati, ma i Comanches e i loro alleati intercettarono i carri e li razziarono. Un quarto problema per gli Spagnoli era costituito dai Lipan che vivevano vicino a El Canon. Dal momento che le missioni operavano senza autorizzazione ufficiale, l’unico modo per Rabago di nutrire i suoi protetti era permettere loro di cacciare il bisonte. Gli Apaches approfittavano di questa libertà per razziare il Coahuila, dove rubavano cibo, cavalli e bestiame. Le bande di El Canon usavano, poi, la missione come un santuario. Dopo ogni caccia al bisonte, gli anziani e le donne ritornavano alla missione, mentre i guerrieri proseguivano verso le terre dei Comanches e dei Nortenos. Dopo averli colpiti, tornavano a sud, sul fiume Nueces. Impiegando una vecchia tattica, i Lipan lasciavano cappelli, scarpe e oggetti di foggia spagnola per convincere i nemici che gli Spagnoli erano co-perpetratori.


La difesa dall’attacco dei razziatori

Allo stesso tempo rubavano le frecce e i vestiti dei nemici e commettevano simili raid contro i villaggi Spagnoli per gettare sospetto sulle tribù del nord.
Il problema finale fu una devastante epidemia di vaiolo che colpì le missioni nel 1763 e nel 1764. Dei 45 bambini e 29 adulti che i missionari battezzarono in “articulo mortis” durante l’epidemia, la maggior parte morì. Un costernato Frate Jimenez riferì la notizia della nascita di un movimento nativistico abbracciato da molti Lipan dopo il morbo. I Lipan vedevano un vecchio uomo che appariva e poi svaniva e che cambiava aspetto presentandosi, a volte, nelle sembianze di una donna. Incitava gli Apaches a condurre una continua guerra contro le tribù nemiche e gli Spagnoli e li avvertiva di non accettare il battesimo, poiché la morte sarebbe seguita poco dopo la cerimonia. Il vecchio uomo appariva durante le battaglie, era ucciso, ma poi resuscitava. I Lipan lo interpretavano come un messaggio divino. Se fossero morti in battaglia, sarebbero, poi, rinati e si sarebbero riuniti ai congiunti in una sorta di paradiso Lipan. Per Frate Jimenez non vi erano dubbi, il vecchio uomo era il demonio.
Come Frate Jimenez aveva temuto, il fallimento di Rabago nell’ottenere l’approvazione ufficiale e il supporto economico alle missioni di El Canon, unito alla crescente riluttanza Lipan a vivere in insediamenti permanenti, portò all’insuccesso finale. Nel 1765 il numero di bande Apache che visitavano le missioni precipitò, e i Lipan si ritirarono a sud del Rio Grande e a Ovest sul fiume Pecos, nel tentativo di sfuggire agli attacchi Comanche e Norteno. Nel 1766 400 Comanches e Nortenos entrarono nella valle del Nueces e assalirono un villaggio Lipan, uccidendo 6 persone e prendendo 25 prigionieri.


Una missione in piena attività

Razziarono la mandria del bestiame e, come estremo insulto, passarono la notte nel campo Apache. Rabago era stato, però, informato dell’invasione e inviò 40 soldati dal presidio di San Saba, con cannoni, a intercettare gli invasori mentre tornavano a casa. La sera del 28 Gennaio gli Spagnoli assalirono i Nortenos vicino al fiume Llano e usarono i cannoni con così grande efficacia, che le perdite tra i nemici ammontarono a più di 200 guerrieri. Malgrado questa vittoria, il destino delle missioni era segnato. Nel 1766 la banda di El Turnio abbandonò la missione di Candelaria, e anche l’ultimo missionario rimasto se ne andò. La cappella e il granaio fatti di fango furono lasciati agli elementi, dissolvendosi lentamente dopo ogni pioggia mentre, all’interno delle mura della missione di San Lorenzo, 2 preti, alcuni convertiti Lipan e una piccola guarnigione conducevano una triste esistenza, protetti solo da 2 cannoni.
Nel Novembre del 1766 una grossa banda di guerrieri Comanche e Wichita cercarono di attirare i soldati in un ‘imboscata fuori dalle mura della missione. Una sentinella diede l’allarme e tutti gli Spagnoli riuscirono a rientrare e presero posizione lungo il parapetto che era stato costruito a protezione dei cannoni. Il comandante della guarnigione, al fine di nascondere l’inferiorità numerica, fece indossare alle mogli dei soldati le uniformi e i cappelli, e le fece schierare sulle mura. Una carica fu respinta, e un capo cavalcò 3 volte, disarmato, intorno alla missione per dimostrare il suo coraggio e il disprezzo verso le armi Spagnole. Poi i guerrieri si ritirarono. Ma il destino era, ormai, segnato. I Lipan abbandonarono completamente la missione di San Lorenzo nel 1767 e i 2 missionari rimasti, ormai inutili, se ne andarono l’anno dopo. Così terminò il tentativo Spagnolo di convertire e pacificare i Lipan Apaches, e anche la speranza che aveva brillato nelle menti di Rabago e Jimenez finì nella polvere.