Il duro lavoro del cow-boy

A cura di Sergio Mura
Un cow-boy
Dopo la metà del XIX secolo il cow-boy americano ha saputo conquistarsi una fetta piuttosto rilevante dell’attenzione del grande pubblico per via della considerevole importanza del
suo lavoro. Il suo lavoro è unico: nello svolgimento delle sue mansioni sta sempre in groppa al suo cavallo. Il suo ruolo all’interno del business del bestiame lo porta talvolta a spostarsi dietro i capi che si sono spostati troppo dal limite assegnato alla mandria.
Altre volte contribuisce alla conduzione delle mandrie da una località ad un’altra. Ancora, talvolta si occupa di radunare i capi dispersi (round-up) allo scopo di marchiare i vitelli o di selezionare i buoi da macello che in seguito vengono condotti alla ferrovia ed imbarcati sui treni diretti ai mercati del bestiame.
Le principali doti richieste ai cow-boys sono il coraggio, la prontezza fisica, la capacità di resistere alla fatica e, non da ultimo, bravura nell’equitazione e nel maneggio del lazo.
Il cow-boy vero è una figura nata per caso e principalmente nelle regioni occidentali e sud-occidentali del Texas.
Armato fino ai denti, dotato di ampi e robusti stivali con speroni, capelli lunghi e coperto da un gran cappellaccio, il cow-boy si presenta immediatamente per quello che è.
I cow-boys del Texas erano uomini della frontiera, abituati fin dalla loro prima infanzia a convivere con uno stato di pericolo costante e con le pressanti scorrerie di indiani bellicosi. Non solo, la porzione di territorio in cui i cow-boys esercitavano la loro professione erano soggetti anche agli attacchi dei “bandidos” messicani, gente disposta a tutto pur di concludere positivamente una scorreria a danni delle mandrie e delle abitazioni dei texani. Avere con sé armi da fuoco o altre armi letali era di conseguenza una vera e propria abitudine che caratterizzava i cow-boys. Inoltre, la distanza dal raggio d’azione della legge della società civile portava i cow-boys ad essere, di fatto, tutori di se stessi.
Non ci pare strano che una simile occupazione e un tale ambiente abbiano sviluppato una tipologia di uomini che la gente normale non esitava a definire “ruffiani della peggior specie”, ma anche tra questi c’erano ottime persone che i pericoli e le fortune della vita avevano forgiato con tratti di generosità ed eroismo.


Facce poco rassicuranti di Rurales messicani

Queste stesse esperienze, però, accostavano spesso alla liberazione degli istinti peggiori. In certi casi, infatti, bastava una piccolissima provocazione per scatenare la reazione dei cow-boys che non esitavano a sparare addosso ad un uomo con la stessa tranquillità con cui si sarebbe sparato ad una bestia selvatica.
Le caratteristiche dei cow-boys, poi, finivano per essere riconosciute come fondamentali ai fini di un importante servizio di pubblica sicurezza. In effetti i cow-boys proteggevano la frontiera dalle razzie o dai massacri degli indiani appoggiandosi alle proprie abilità di uomini della frontiera con il bestiame e le armi da fuoco.
I cow-boys finivano per essere anche un corpo di cavalieri che presidiava una vastissima zona di frontiera e che, pur dedito all’accudimento del bestiame che gli veniva affidato, non mancava di rendere assai difficili le razzie indiane.
Intorno alla metà degli anni ’40 del XIX secolo gli Americani hanno scoperto che ad ovest del Nebraska e del Kansas, verso la Sierra Nevada, esiste uno spazio grande almeno quanto quello disponibile ad est del Mississippi in cui il bestiame può essere allevato e fatto ingrassare in “campo aperto”, lasciando che ricerchi da sé il cibo che occorre, l’acqua per abbeverarsi e persino il riparo, senza che l’uomo intervenga in alcun modo, se non scegliendo i capi adatti alla vendita nel momento in cui questi devono essere trasportati fino ai carri-bestiame sulla ferrovia. Questa scoperta è stata certamente la più importante dai tempi della dell’oro della California, dell’argento del Nevada o del petrolio in Pennsylvania.


Verso la Sierra Nevada

Un giorno, nel dicembre del 1864, un commerciante con la sua fila di carri condotti da buoi si trovava lungo la strada per Camp Douglas, nel Territorio dello Utah. Proprio in quel periodo le pianure di Laramie erano divenute impercorribili a causa di un’inattesa e terribile tempesta di neve e a causa di questo grosso contrattempo il commerciante fu costretto a cercare riparo in attesa di svernare. Lasciò libero il bestiame, certo che avrebbe perso tutti i suoi capi a causa della fame e del freddo. Accadde invece che le bestie restarono attorno al campo, riuscendo a sopravvivere.
Quando la neve si sciolse, la terra si ricoprì rapidamente di un folto manto erboso.
Arrivò la primavera ed il commerciante e le sue bestie erano sani e salvi, addirittura in condizioni migliori di quando, 4 mesi prima, avevano trovato riparo.
Da questo episodio prese avvio l’allevamento del bestiame nelle regioni settentrionali degli Stati Uniti. Nel primo periodo, però, si trattò di un tipo di affari piuttosto rischioso. A quel tempo, infatti, agli indiani delle riserve era consentito – nel corso dei mesi estivi – di attraversare quelle immense lande alla ricerca di bisonti o di altri generi che li avrebbero aiutati a sostenersi autonomamente durante i freddi e duri mesi invernali.
Il permesso di girovagare e cacciare era concesso agli indiani in cambio della promessa che, fuori dalla riserva, si sarebbero comportati bene, almeno secondo i canoni dell’uomo bianco!
Nel corso di queste battute di caccia, gli indiani ebbero modo di incontrare e conoscere le mandrie degli allevatori, scoprendo quanto era facile metterle in fuga per poi catturare i manzi che gli occorrevano, lasciando perdere gli altri.
Talvolta accadeva anche che qualche gruppo di indiani levasse anche lo scalpo a qualche cow-boy di passaggio.
In taluni casi la battaglia con gli indiani si concludeva con la totale disfatta di gruppi di bianchi la cui principale occupazione era quella di allevare il bestiame. Occasionalmente questi gesti guerreschi finivano per spingere il governo americano a prendere atto della necessità di un intervento in quelle terre lontane. La disfatta del Generale Custer e di tutto il suo distaccamento di soldati nel giugno del 1876 al Little Bighorn rafforzò quell’atteggiamento, strettamente legato alla forte volontà di costringere gli indiani a stare all’interno delle riserve assegnate. Nei 5 anni seguenti al disastro del Little Bighorn l’esercito americano, sparpagliato in un’area immensa, ebbe numerosi scontri con le tribù indiane. Da queste battaglie i bianchi sono usciti rafforzati, allentando la resistenza indiana nel Montana, in Idaho e nel Dakota, al punto che proprio in quelle zona fu possibile introdurre l’allevamento del bestiame in campo aperto così com’era già accaduto in Wyoming e Colorado. A quel punto fu normale che i cow-boys divenissero, di fatto, dei guardiani delle zone in cui lavoravano.

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Un esemplare di longhorn/center>

Anche quando gli indiani finirono per essere chiusi nelle riserve loro assegnate, gli allevatori non riuscirono ad essere completamente sereni. Da tempo immemorabile, infatti, i ladri di cavalli in particolare ed i ladri di bestiame in genere erano divenuti numerosi, moltiplicandosi come specie di parassiti, strettamente collegati alla disordinata vita della frontiera, completamente adattatisi ad essa.
Così, per parecchi anni, l’enorme regione compresa tra il Kansas ed il Colorado al sud, fino al Montana ed il Dakota a nord, fu infestata dai ladri di bestiame.
Il paese, d’altra parte, pareva offrire infinite opportunità a questa nefasta specie di esseri umani.
Lo stesso sistema di allevamento, il più diffuso allora, rende complesso capire come si potesse diventare ricchi allevando bestiame in zone in cui proliferavano i ladri…
Il bestiame, infatti, pascolava liberamente, mischiandosi e camminando in campo aperto così che era obiettivamente facile per un piccolo gruppo di malviventi piombare tra i vitelli e rubarne una
certa quantità, separandoli dal resto del gruppo, conducendoli altrove, in qualche valle adatta allo scopo, in cui sarebbe stato poco più di un gioco procedere alla marchiatura del bestiame giovane ed alla ri-marchiatura dei capi già marchiati. In questa maniera si creava una mandria nuova che poteva essere venduta con poco rischio per i malviventi.
E’ chiaro che un simile sistema non poteva essere tollerato troppo a lungo dagli allevatori che, infatti, si sforzarono di trovare un rimedio drastico e decisivo, provando a creare un corpo autonomo di “polizia”, composto da cow-boys di cui ci si poteva fidare ad occhi chiusi. A questi cow-boys detective fu affidato l’incarico di vigilare sul bestiame dei grandi allevatori, ma anche di scovare i ladri fin nelle loro “tane” e persino di scoprire i marchi fasulli, quelli ottenuti con la correzione “a fuoco” di marchi regolari.
In questo modo moltissimo bestiame veniva recuperato e riconsegnato ai legittimi proprietari e un certo numero di ladri venne rinchiuso in carcere.


Un cowboy al lavoro sulle colline

Quando qualcuno di questi veniva “pizzicato” in prossimità di un centro abitato, veniva consegnato alle autorità civili, ma se l’arresto avveniva all’interno delle zone adibite a pascolo aperto, la giustizia veniva assicurata con metodi sommari e piuttosto sbrigativi, oltreché con una certa approssimazione.
Gli allevatori ed i cow-boys si occupavano spesso di svolgere tutti i ruoli previsti dalla giustizia ordinaria, occupandosi di essere giudici, avvocati, giuria e boia.
Gli allevatori hanno sempre sostenuto di aver comminato la massima pena solo in presenza di un’evidenza incontestabile di reato.
Quando il verdetto di colpevolezza veniva emesso, le procedure giudiziarie venivano interrotte con l’uso di una grossa corda saponata.
Oggi, finalmente, grandi cambiamenti sono in corso. Nei pascoli del nord il furto del bestiame inizia ad essere una cosa del passato. Alcuni stati e territori hanno emesso leggi che impongono la marchiatura di tutti i capi di bestiame ed il deposito dei singoli marchi proprietari presso la cancelleria della contea in cui gli allevatori vivono.
Non solo! I marchi vengono persino pubblicati e pubblicizzati, così da rendere molto più sicuro l’allevamento del bestiame che ora assomigli sempre più ad una normale impresa commerciale dell’est.
In origine, l’allevamento del bestiame nei pascoli del nord era confinato tra persone con pochi mezzi, ma ben presto autentici imprenditori e uomini d’affari, ricchi di mezzi e di idee, che compresero al volo le enormi potenzialità finanziarie di un settore che necessitava solo di essere riorganizzato. La stessa presenza della ferrovia era un’occasione da cogliere al volo per raggiungere con rapidità e sicurezza i 3 principali mercati del bestiame: Chicago, St. Louis e Kansas City.
Chicago era destinata a diventare il più grande mercato di bestiame del mondo.
Si trattò certamente di un’intrapresa che richiese soldi e coraggio in parti uguali.
Il Texas aveva un indice di crescita positivo del numero dei manzi che costituiva l’orgoglio di quello stato. Il bestiame cresceva prevalentemente in campo aperto ed i manzi di 2 anni si potevano vendere in numero pressoché illimitato ad un prezzo che oscillava tra i $ 3,50 ed $ 4,50 a capo.


Alcuni cowboys suonano nella banda di Dodge City

Parte integrante di questo sistema era l’enorme “armata” di cow-boys” di cui il Texas disponeva. Erano conosciuti e temuti da molti gruppi di indiani ed allo stesso modo da coloro che preferivano mantenere aperta la porta degli affari illeciti con le tribù bellicose.
Dunque, c’erano ben 3 elementi che garantivano il successo di chi allevava il bestiame: denaro, bestiame e cow-boys.
Questi 3 elementi garantivano l’espansione del mercato del bestiame e, nello stesso tempo, costituivano un importante monito per quegli indiani che fino a quel momento si erano opposti all’avanzata dei bianchi e che, proprio in virtù di questa nuova situazione, avrebbero preferito restare confinati all’interno delle riserve.
Con incredibile velocità il Texas avviò la completa distruzione della cultura del buffalo e la figura del cow-boy dominante nella vasta area compresa tra il New Mexico, il Colorado, il Wyoming, il Montana e la parte occidentale di Dakota, Nebraska e Kansas.
Nel breve volgere di 15 anni, la cintura degli interessi dell’Impredo del Bestiame fu stretta a tal punto intorno alle riserve indiane che gli antichi padroni delle pianure finirono per essere individuati come “buoni selvaggi”.
In linea di massima si può affermare che la cultura dei ranch e dell’allevamento del bestiame – con l’effetto combinato della necessaria buona capacità gestionale – è diventata una strada per il successo. Centinaia di persone che pochi anni prima si erano affacciate al mondo dell’allevamento con pochi mezzi sono oggi veri e propri “re del bestiame” ed oggi possono contare su risorse finanziarie immense.
In certi casi persino le donne sono riuscite ad affacciarsi in questo tipo di impresa, ottenendo un grande successo e potendosi permettere, oggi, di gioire udendo il nomignolo loro riservato di “regine del bestiame”.
Il valore finanziario generato dall’allevamento del bestiame nel solo anno 1884 ha superato largamente i $ 40.000.000, una cifra da brivido.
Non solo! Il valore del bestiame è ulteriormente cresciuto proprio nel corso di quell’anno e l’allevamento del bestiame è, naturalmente, la principale attività imprenditoriale di tutta l’area in cui esiste. Come sempre accade, poi, gli affari richiamano affari e l’allevamento del bestiame ha finito per essere anche un volano che ha generato ulteriori importanti attività lavorative. Come non citare, ad esempio, la nascita di decine di tratti ferroviari intercontinentali completamente asserviti ai bisogni del mercato del bestiame?
Il cow-boy è cambiato, adeguandosi alle nuove esigenze del lavoro. Oggi è un lavoratore assai differente dal modello originale del Texas.
L’allevamento del bestiame negli stati del Kansas, Nebraska, Colorado, Wyoming, Montana e Dakota ha soffiato sul fuoco del cambiamento. Oggi è facile trovare proprietari di ranch che provengono dagli stati posti ad est del fiume Missouri, così come dall’Inghilterra, dalla Scozia, dalla Germania e dalla Francia. Tutta gente di larghe vedute e disposta ad ammodernare il proprio lavoro. Alcuni sono arrivati in America come turisti desiderosi di cacciare il buffalo, ma hanno deciso di farsi conquistare dalla prospettiva di arricchirsi con l’allevamento. Molti hanno contribuito con vigore al duro lavoro dei cow-boys, amandone le principali caratteristiche.
Organizzazione, disciplina e ordine caratterizzano oggi l’allevamento del bestiame, inteso in senso più moderno, nei pascoli del nord. In poche parole, possiamo dire che allevare bestiame nel nord del nostro paese è sempre stato inteso nel senso della normale gestione d’impresa, finalizzata alla produzione di benessere.
Nell’alveo di metodiche simili è cresciuta e si è sviluppata una nuova generazione di cow-boys. Alcuni provengono dal Texas e sono arrivati carichi di esperienza, ma la grande maggioranza proviene dagli altri Stati o dai vari Territori. Non mancano quelli che hanno studiato in Europa o negli stessi Stati Uniti. Per una parte di loro il mestiere del cow-boy è visto come un impiego temporaneo volto alla migliore comprensione dei segreti dell’allevamento del bestiame, non mancando il desiderio di mettersi in proprio alla prima occasione buona.
La vita del cow-boy è ancora una forte attrazione per i giovani.
Ha un’aurea di romanticismo il trascorrere le ore del giorno in sella ad un cavallo, seguendo una pista ed accudendo il bestiame, in attesa di potersi coricare sulla nuda terra quando arriva il momento del meritato riposo.


Di guardia al ranch

Le grandi mandrie che continuamente vengono trasferite dal Texas ai pascoli del nord sono composte da almeno 2.500 capi ed alcune arrivano a 4.000 manzi. Ogni mandria viene affidata ad un capo che dispone di circa 10 cow-boys, un carro con le provviste ad un addetto alla cucina.
Ad ogni mandriano vengono messi a disposizione 4 cavalli.
Le mandrie diventano sospettose e suscettibili non appena si allontanano dai pascoli della zona d’origine e perciò necessitano della massima attenzione da parte dei cow-boys per evitare che accadano gli “stampede”, ossia le fughe repentine dei manzi in tutte le direzioni.
Durante il viaggio la mandria trascorre le notti in uno spazio di circa 2 acri mentre i cow-boys girano intorno per tutta la notte, dando alle bestie una certa sensazione di sicurezza.
Il viaggio dal sud del Texas al Montana dura da 4 a 6 mesi. Le mandrie viaggiano anche dall’Oregon e dal Territorio di Washington verso il Wyoming ed il Montana orientale. E’ impossibile per chi non sia dotato di una robusta esperienza nel campo immaginare le difficoltà legate al lo spostamento di una mandria enorme lungo praterie infuocate o attraverso valichi di montagna o in mezzo a tratti desertici in cui per miglia e miglia può essere difficile trovare cibo e acqua bastanti. Per non parlare, poi, della difficoltà legata agli attraversamenti dei numerosi corsi d’acqua.
Una buona parte dei pascoli del nord insiste su un’area che alcuni hanno definito la culla dei tornado. Tuoni e fulmini sono pure frequenti e risultano tra le cose che più di ogni altra spaventano le mandrie. Terrificanti possono essere gli effetti dei tuoni notturni.

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