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Texas, nelle terre dei Cenis

A cura di Armando Morganti


I gruppi meridionali degli indiani Caddoan erano socialmente molto avanzati ed hanno avuto grande importanza nella storia nativa.
Nonostante si sia pensato che avrebbero rappresentato una singola Confederazione tribale, in realtà erano divisi in vari gruppi confederati e suddivisi geograficamente in due o più raggruppamenti. Una di queste divisioni, la più meridionale, occupava un’area isolata del medio corso del Neches e dell’alta valle del fiume Angelina.
Questi Caddo meridionali venivano comunemente conosciuti come “Texas” o “Tejas”, ma il loro vero nome era “Hasinais” o “Asinais”. Il controllo del territorio delle tribù del Neches-Angelina divenne ben presto di capitale importanza e gli Hasinai, con i gruppi affini, entrarono nella storia della frontiera Texas-Louisiana.
Alonso de Leon (1689) ebbe modo di incontrare il capo dei Nabedache, la tribù più occidentale del gruppo che, all’epoca, aveva ben nove insediamenti permanenti. Francisco de Jesus Maria Casañas trascorse parecchi mesi in un villaggio dei Nabedache, e riportava che la “provincia di Aseney” era composta da nove tribù stanziate nelle valli dei fiumi Neches ed Angelina. Nelle varie ortografie le tribù ricordate dal missionario (15 agosto 1691) erano Nabadachos o Ynecis (Nabaydachos), Nechas (Neitas), Nechauis, Naconos, Nacachaus, Nazadachotzis, Cachaés (Catayes), Nabitis e Nasayayas (Nasayahas). La localizzazione di queste tribù è piuttosto incerta e, sicuramente, nelle successive epoche, era ben diversa; comunque, il missionario era ben informato e molte relazioni risalenti al 1687 e al 1692 confermavano le sue notizie, un particolare di grande importanza era rappresentato dal fatto che nelle nove tribù del gruppo non erano presenti i Nasoni.

Inoltre, come afferma giustamente il Bolton, se sei di queste tribù sono ricordate con lo stesso nome anche da altri scrittori – Neches, Nacogdoches, Nacachaus, Naconos, Nabadachos e Nabitis -, i “Cachaés” del Casañas erano indiscutibilmente i ben noti Hainai delle epoche successive, mentre i Nabitis erano i “Nabiris” del Louis Juchereau de St. Denis, e potevano essere i “Noadiches” (Nahordikes) dell’Henry Joutel. Oltre a queste nove tribù gli spagnoli, dopo il 1716, considerarono sempre nel giro della Confederazione degli Hasinai anche i Nasonis, i Nadacos e i Nacaos. Dalle terre occupate da questi ultimi indiani non possiamo escludere che due di queste potevano essere delle vecchie tribù conosciute precedentemente sotto altri nomi, come nel caso degli Hainai. I “Nasayayas” del Casañas potevano anche essere i Nasonis, conosciuti dopo il 1716, mentre i “Nabitis” erano probabilmente i successivi Nadacos, anche essi conosciuti dopo questa data. Se così fosse, allora alla lista del missionario bisognerebbe aggiungervi anche la piccola tribù Nacaos, che porterebbe la Confederazione a 10 tribù; se invece i Nasayayas e i Nasonis, ma anche i Nabitis e i Nadacos, non erano la stessa tribù, allora la Confederazione poteva anche essere composta da 12-13 tribù.
I Nasayayas erano localizzati dal Casañas nelle stesse terre dei Nasonis, ma lo stesso missionario non includeva il nome di questa tribù all’interno del gruppo Hasinai, il che farebbe pensare che i Nasayayas e i Nasonis fossero due tribù distinte; inoltre, queste due tribù non sarebbero apparse sul fiume Sabine sotto il nome di “Nacaxes”. Stesso discorso per i Nabitis e i Nadacos, i quali, nell’anno 1715, venivano ricordati dal St. Denis come due tribù distinte: i Nabiris e i Nadocos. Molta confusione rimane su questo tema, ma è probabile che parecchie terminologie come “Nacoches”, “Noaches” e “Asinay” fossero semplicemente delle corruzioni dei nomi “Neche”, “Nasoni” e “Ainai”. Gli indiani Ais, o Eyeish, era una tribù che viveva nelle zone dell’Arroyo Attoyac, nel cui villaggio venne fondata una missione Zacatecan nel 1717, erano però esterni alla Confederazione degli Hasinai e solo recentemente sono stati inclusi dagli etnologi nel ceppo linguistico Caddoan, visto che il loro dialetto era completamente diverso da quello dei loro vicini occidentali (Hasinai). Gli Hasinai li consideravano degli stranieri a loro ostili, ed anche il Casañas li poneva fra i nemici degli “Assinay”, come d’altronde i Bidais e gli Yacdocas; nel 1779 l’Athanase de Mézières diceva che gli Ais odiavano sia gli spagnoli che i loro alleati indiani. Gli indiani Adaes (Adai) vivevano lungo il corso del fiume Sabine e appartenevano ai gruppi Caddoan del Red River, ma non avevano alcun collegamento con la Confederazione degli Hasinai. Per determinare la vera localizzazione geografica di queste popolazioni abbiamo a disposizione soltanto il “Journal” del Joutel (1687), la “Relación of Francisco de Jesus Maria Casañas” (1691), il “Diario” di Alonso de León (1690), ed altri “Diari” e relazioni varie che ci portano all’anno 1779. Il Casañas ebbe modo di incontrare il “grande Chenesi”, ovvero il capo principale della Confederazione, il quale lo aiutò a localizzare le varie tribù. Dove oggi sorge la città di Nacogdoches gli spagnoli, nel 1716, fondarono la missione di Nuestra Señora de Guadalupe; questo territorio rappresentava il fulcro della tribù Nacogdoches e il suo insediamento principale. Sulla riva orientale dell’Angelina vi erano le terre degli Hainais, spesso confusi con gli stessi Hasinais, nel cui insediamento vi era il tempio della Confederazione e i più alti prelati della nazione, il Ramon lo chiamava il “Pueblo de los Ainai” e il Rivera (1727) chiamava l’Angelina il “Río de los Aynays”. La tribù Hainais era sicuramente quella che il Casañas chiamava “Cachaés” o “Catayes”, inoltre il missionario ricordava tra le terre dei Nacogdoches e quelle dei Nacachaus vi era il villaggio del “gran Chenesi”, sito nelle terre dei “Cachaé”. A sud-ovest di questo villaggio degli Hainais e a ovest delle terre dei Nacogdoches vi era l’insediamento dei Neches, sulla riva orientale dell’omonimo fiume, in una terra dove gli archeologi hanno scoperto parecchi resti di “tumuli”, la cui prima menzione risale al 1779.


Un indiano al lavoro su una pipa

La tribù più occidentale era quella dei Nabedaches, il cui insediamento era posto circa 6 miglia a ovest del fiume Neches, nelle vicinanze di un fiumiciattolo poi conosciuto come San Pedro de los Nabedachos. Attraversando il Neches dal villaggio dei Nabedaches si giungeva nelle terre della tribù Nacachaus (Nacachaos), i quali confinavano a sud con i Neches. Il Ramon diceva che una missione venne fondata nel “villaggio dei Nacoches (Naiches)” per gli indiani “Naicha, Nabeitdâche, Nocono e Nacâchao”, nelle cui vicinanze vi erano anche gli insediamenti dei Naconos e dei Necahuis.
A nord degli Hainais vi erano i Nasonis, le cui terre si stendevano lungo il corso dell’Angelina; l’insediamento della tribù venne raggiunto dal Joutel nel 1687, la tribù era considerata particolarmente potente e con numerosi bellicosi guerrieri. Per le altre tribù del gruppo le notizie a nostra disposizione sono piuttosto scarse. Gli indiani Nadaco erano anche essi potenti e numerosi e potevano essere localizzati, intorno al 1787, sul fiume Sabine, nella parte settentrionale della Panolo County; dopo il 1716, però, questi indiani iniziarono ad unirsi ai Nasonis. Il St. Denis trovò in diversi villaggi del territorio nove missionari spagnoli nelle terre dei “Adayes, Ayches, Nacocodochys, Inays e Nadacos”. Altri riferimenti sui Nadacos si trovano negli scritti del de la Harpe (1719), che ricordava come i Nasonis fossero nelle vicinanze, e che la missione spagnola si occupava di questi indiani e degli Assinais e degli Amediche (Nabedaches), posti a 17 leghe sud-sudovest dalle terre dei Nassonites. Nel 1752 i Nadacos, chiamati “Nadotes”, venivano segnalati per essersi uniti ai Nasonis e le due tribù avevano ormai un unico leader. Un tributario del fiume Angelina viene oggi chiamato “Anadarko (Nadaco) Creek”, ed è probabile che questa fosse la terra originaria dei Nadacos.
Donne che cucinano
Circa tre leghe a ovest dei Nasonis il Joutel sarebbe entrato nel villaggio dei Noadiches (Nahordikes) che, come ricordava, erano “grandi alleati dei Cenis (Asinais), di cui avevano gli stessi costumi”. La loro collocazione geografica corrisponde perfettamente con quella data dal Casañas per i Nabites e il sito del villaggio doveva essere a ovest del fiume Angelina, nell’angolo sud-occidentale della Rusk County. Similmente i Nasayayas, posti dal Casañas a est dei Nabitis, potevano essere gli stessi Nasonis; se erano invece due tribù separate, allora vivevano nello stesso territorio; senza però dimenticare che in queste terre, forse più a est, vivevano anche i Nacaxes. Gli indiani Nacoas vivevano invece a nord dei Nacogdoches, sul Nacaniche Creek, di cui probabilmente erano stretti alleati; il Casañas riferiva che i Nacogdoches erano stanziati a est della missione spagnola con i Nachau più a nord-est, inoltre ricordava che i “Nacaos” costituivano “una Provincia distinta dagli Aseney”. Queste tribù, come abbiamo già visto, venivano chiamate “Hasinais” o “Texas”, due termini che hanno creato anche parecchia confusione.
Il termine “Texas” è stato variamente applicato da diversi scrittori, ma venne poco ricordato sia dagli spagnoli che dai francesi, i quali preferivano altre terminologie come “Asinai” o “Asinay” i primi e “Cenis” i secondi, nomi indicanti le tribù Caddoan delle valli dei fiumi Neches ed Angelina. Comunque, il termine si sarebbe poi esteso ad indicare un più vasto territorio corrispondente all’attuale Stato del Texas. Quando il termine “Texas” venne usato per la prima volta rimane ancor oggi un mistero, ma sicuramente nel XVII secolo veniva spesso usato nella Nuova Spagna come “gran Regno del Texas” e spesso associato alla mitica “gran Quivira”. Il Governatore spagnolo Domingo Jironza ricordava che un indiano Jumano, chiamato don Juan Sabeata, affermava che molte tribù erano stanziate più a est, ricordandone ben 33 facenti parte del “gran Reyno de los Texas”, posti a circa una ventina di giorni di viaggio a est della foce del fiume Conchos.


Elementi di base della cucina

Fu Juan de Oñate che, nell’anno 1606, con circa 800 uomini, si spinse a est per almeno 300 leghe fino alle terre degli “indiani Aijados”, le cui terre erano poste a nord della “nación Quivera”, ed anche nelle terre degli “indiani Tejas”. Nello stesso anno si diceva che il capitano Diego del Castillo, con otto soldati lasciava Santa Fe per spingersi a sud-est fino al fiume chiamato “Nueces”, per poi stabilirsi circa sei mesi nei villaggi dei Jumanos. Lasciato il Nueces, il capitano si sarebbe poi diretto verso sud-est fino al territorio degli “indiani Escanjaques e Aijados”, nelle cui vicinanze vi era la “nación que llaman Tejas”. In una tradizione di epoche successive, del Nuovo Messico, si diceva che il Castillo sarebbe diventato “il re dei Texas”. Altre fonti ricordavano che, nel 1654, Diego de Guadalaxara, con 30 soldati e 250 “indiani cristiani”, aveva raggiunto la “tierra de Jumana” e il “rio de las Noeses” dove, una parte delle sue truppe avrebbe poi duramente combattuto contro gli “indiani Cuitaos, Escankaquez ed Aijados”. Gli Aijados erano probabilmente gli indiani Ais (Eyeish), dalle fonti stanziati a ovest dei “Tejas”, sul medio corso del fiume Colorado (Brazos river). Padre Nicolas Lopez, che era con la spedizione di Juan Domingo de Mendoza (1683-84), ricordava che entrarono “nelle terre degli Aijados, stanziati nelle vicinanze del gran Regno di Quivira”, non chiamato stranamente “regno dei Texas”. Quasi sicuramente il Lopez commise un grossolano errore, non avrebbe visitato il fiume Brazos in quanto gli “Ais” vivevano a est dei Tejas; quindi, gli Aijados non potevano essere gli Ais. La spedizione del Mendoza si inoltrò nelle terre dell’alto corso del fiume Colorado per entrare in contatto con gli indiani del territorio, mentre quella dell’Alonso de Leon, sembra si sia spostata più a sud della precedente; fu allora che padre Damian Massanet ricordava i “regni di Ticlas, Theas e Caburcol”, dove gli indiani li accolsero amichevolmente gridando “techas, techas” in segno di benvenuto; il problema è che questo benvenuto venne dato agli spagnoli nelle terre a ovest di quelle degli Hasinais, probabilmente in zone non appartenenti agli indiani Caddoan. Il missionario avrebbe incontrato il capo dei Nabedaches e nel suo villaggio – che i francesi del La Salle chiamarono “Cenis” – vi avrebbe posto una missione, a ovest del fiume Neche.


Una vecchia mappa dei villaggi

Da allora questo leader divenne il sovrano del “gran Regno dei Texas”; sarebbe poi stato il Casañas a dichiarare che nel territorio non vi era alcun tipo di Regno e che il leader dei Nabedaches non era il capo supremo della Confederazione di nove tribù il cui nome non era “Texas”, ma “Aseney”. Il termine “Texas”, o “Texias”, avrebbe semplicemente significato “amici”, ed era un nome applicato ad un largo gruppo di tribù notoriamente alleate fra loro; esse comprendevano tribù parlanti anche dialetti diversi che vivevano a est del Rio Grande. Il Casañas ricordava che “Texias” era applicato a tutte le tribù amiche ed alleate, ma che “i loro linguaggi potevano essere differenti”; queste tribù “hanno capi importanti chiamati Chenesi che possono comandare anche quattro o cinque tribù…”, concludendo dichiarava che “Questa Provincia, che nella Nuova Spagna chiamiamo Texias, non deve considerata come un regno… Il nome di questa Provincia è Aseney, ed essa è composta da nove tribù”. Queste tribù erano i Nabachos, i Nechas, i Nechauis i Nacachaus, i Nazadachotzis, i Cachaes, i Nabitis e i Nasayayas; “solo una di queste tribù non è Aseney, ma è unita alle altre otto”. Quindi, il nome nativo di questa popolazione era Hasinais e il termine “Texas” era soltanto una designazione secondaria e descrittiva di queste genti, ma geograficamente l’estensione dell’applicazione del nome “Hasinais” rimane comunque poco chiara.
Stando al Bolton le descrizioni del Casañas sono abbastanza corrette ed importanti per la storiografia, da prendere con le pinze invece quelle francesi della spedizione del La Salle, il quale nulla sapeva del “gran Reyno de los Texas”. Il Terán continuava a menzionare il “regno dei Texas” o il “regno dei Teija”, ricordando però che i nativi li chiamavano “Asinay” o “Teija”, che nella loro lingua significava “amici”. Agli inizi del XVIII secolo il St. Denis dichiarava (1715) che i termini “Asinay” e “Texas” erano intercambiabili, e che lui era stato il primo ad introdurli. Sull’origine degli Hasinais conosciamo ben poco. George Davis parlava di un sito di indiani Caddoan, stanziati tra il 780 e il 1260, nella attuale Cherokee County, era un insediamento importante avente una numerosa popolazione; stando agli archeologi il numero dei villaggi Caddoan del Texas centro-orientale andò aumentando dopo il XIV-XV secolo, ma nessuno era grande quanto quello scoperto dal Davis. L’archeologo dichiarava che questa popolazione praticava l’agricoltura del mais, dei fagioli e delle zucche, e il villaggio era composto da abitazioni circolari ed ovali, probabilmente coperte di stuoie ed erba essiccata, proprio come le successive abitazioni degli Hasinais. I monticelli e i templi indicavano chiaramente una struttura sociale gerarchizzata, dei quali gli elementi più importanti erano rappresentati dia capi e dai sacerdoti; anche le sepolture erano elaborate e le prove disponibili sembrano evidenziare addirittura una teocrazia. La Confederazione aveva il suo centro nel villaggio di Hainai, dove vi era il capo – chiamato “chenesi” o “xinesi”, era sia un leader civile che religioso, attorniato dai suoi subalterni (capi civili) chiamati “caddis” (“cä-ä-di”), e da funzionari amministrativi chiamati “canahas” (“cayahas”), “chayas” o “Tammas”, che mantenevano il potere anche per via ereditaria. Soggetti ai canahas erano i chayas, ma di questi abbiamo ben poche notizie sicure; estremamente importanti erano i tammas, la cui funzione era quella dell’uomo tenuto a mantenere l’ordine, ma essi fungevano anche da veggenti e preparavano le cerimonie e amuleti vari per l’intera comunità, inoltre avevano il compito di infliggere punizioni corporali a quelli che mantenevano comportamenti antisociali.

La successione spettava generalmente al figlio del capo, o al maschio con il più vicino grado di parentela. Una successione per linea collaterale era però anche frequente e apparve nel tardo XVIII secolo, quando a Bigotes, per molti anni leader indiscusso dei Nabedaches, gli successe il fratello Baltasar. Gli Hasinais credevano in un essere supremo chiamato “Caddi Ayo”, sotto il quale vi erano altri dei con il compito di aiutare la popolazione nella vita quotidiana; le loro cerimonie religiose erano molto elaborate e concentrate nel Tempio del Fuoco, gestito da un sacerdote affiancato da due ragazzi chiamati “coninisi”. Le funzioni cerimoniali della Confederazione venivano sempre fatte nel villaggio degli Hainai, dove vi era il “Sacro Tempio del Fuoco”. Quando il Terán si spinse nelle terre dei Nabedaches e dei Kadohadachos notò subito che tutti i caddis erano “soggetti al Cenes”, mentre il Casañas e il De Leon ricordavano che tutte le nove tribù Hasinais mostravano grande obbedienza agli ordini del “gran Chenesi”. Il Chenesi viveva nel nucleo della Confederazione, sul fiume Angelina e nel villaggio degli Hainai, era il custode della “sacra fiamma” ed era sempre circondato dai coninisi. Il “gran Chenesi”, nelle sue funzioni templari era sempre affiancato da due coninisi, stando al Casañas e da uno per l’Espinosa, che fungevano da intermediari tra il grande leader e il “Caddi Ayo”, l’Essere supremo; essi vivevano nella “casa dei coninisi” e dovevano essere sempre a disposizione del Chenesi.


Un fotogramma di vita di tutti i giorni

Gli Hainai erano sicuramente la tribù alla testa della Confederazione e il suo caddis era ritenuto superiore a tutti gli altri, sia in lignaggio che in dignità; gli spagnoli lo chiamavano il “capitán grande” e l’Espinosa il “Capitán General de los Indios Texas”, esso era solitamente molto anziano e particolarmente stimato dal suo popolo. Nel 1721 l’Aguayo poneva la residenza del “cacique degli Hainai” sul fiume Trinity, mentre il Peña, che lo chiamava “Cheocas”, lo conosceva come “el Capitán Governador de todos los Texas”. Gli sciamani avevano anche essi grande importanza all’interno della Confederazione; se il “gran Chenesi” era il più alto sacerdote della Confederazione, i caddis e i tammas assumevano anche ruoli sciamanici, affiancati da veri e propri sciamani. Gli sciamani si occupavano dei cerimoniali, dei riti funerari ed anche delle cerimonie di guerra, senza dimenticare le cerimonie della pioggia e del buon raccolto. Il Solis ebbe modo di notare anche una donna-sciamano nel villaggio dei Nabedaches. Distinti dagli sciamani erano i “conna”, ovvero gli Uomini-di-Medicina che usavano strane misture per guarire gli ammalati e i feriti in combattimento. Quando il Joutel giunse nel territorio degli Hasinais, gli indiani stavano preparandosi ad una campagna di guerra contro i Canohatinnos, fu una eccellente opportunità per osservare i riti di guerra della tribù. La guerra veniva decisa in un grande Consiglio della tribù, che poi inviava messaggeri alle altre alleate, il tutto portava alla grande spedizione che solitamente si rivolgeva contro gli odiati Apaches. Le spedizioni vittoriose venivano poi celebrate con pubbliche festività che portavano ad eccessi di torture sugli sfortunati prigionieri. Quando i guerrieri erano in campagna contro i nemici, il francese venne sorpreso e svegliato di soprassalto da un gruppo di donne che entrarono nella sua capanna con “con le facce e i corpi sfigurati e dipinti”, le donne “cantavano con toni gutturali e danzavano testa a testa in cerchio”, poi prendevano gli scalpi sospesi nella capanna e “continuavano a cantare e danzare”. Questa cerimonia sarebbe durata almeno due tre ore poi, si misero a preparare i pasti per i guerrieri, che “entrarono nel villaggio la notte del giorno dopo con scalpi, teste mozzate e prigionieri”, uno dei prigionieri era stato scalpato e inviato alla sua gente in segno di sfida e di disprezzo.


Una cerimonia

Una donna catturata venne consegnata ad una donna degli Hasinais per diventare la vittima predestinata della sua rabbia feroce e crudele; “armata con mazza e randello affilato, si sedette sopra la poveretta per iniziare i preliminari della tortura”. La prigioniera venne trascinata per i capelli e bloccata, mentre una donna “gli tagliava il dito mignolo della mano con un affilato coltello”, ed una terza “gli spingeva fuori un occhio”; infine “inflissero alla donna una raffica di colpi mortali, poi tagliarono il suo corpo e ne preservarono alcuni pezzi”. Il Joutel non vide comunque questa tortura, gli venne soltanto descritta da alcuni suoi compagni; gli Hasinais avevano catturato ben 48 prigionieri Canohatinnos, fra cui alcune donne e bambini. La mattina dopo iniziarono le celebrazioni che durarono tre giorni e “molti guerrieri furono invitati nelle capanne del capo e degli alti dignitari per essere onorati”, poi marciarono nel villaggio “con gli scalpi”, mentre i prigionieri “venivano costretti a mangiare i pezzi dei corpi torturati dalle donne”. Anche il Talon e il Casañas ricordavano cerimonie di questo tipo, dicendo che i guerrieri che avevano preso molti scalpi venivano onorati con un nuovo nome, ed erano chiamati “ay mayoya”, significante “grande uomo”, i quali potevano appendere gli scalpi sui loro mantelli. Anche i “caddis” partecipavano alle campagne di guerra, ma il leader veniva scelto fra i capi delle varie bande; anche gruppi di donne seguivano la spedizione servendo i guerrieri e per portare al villaggio il frutto dei saccheggi.


Il villaggio al margine dei campi coltivati

Quando gli spagnoli giunsero nel territorio la tribù aveva ben pochi cavalli, ma è accertato che la tribù non faceva largo uso di questi animali per le campagne di guerra, sebbene nel 1687 essi dettero alcuni dei loro cavalli a sei francesi che si erano uniti a loro per muovere guerra ai Canohatinnos. La pratica dello “scalping” era comune presso gli Hasinais e, come diceva il Talon, rimuovevano la pelle della testa con i capelli; le tribù indiane avevano dei metodi differenti per rimuovere lo scalpo dei nemici, ma gli Hasinais preferivano rimuoverlo dalla fronte alle orecchie. Il cannibalismo fra gli indiani era essenzialmente cerimoniale e rituale, ma venne ben presto abbandonato. Presso molte tribù parte del corpo dei nemici catturati venivano mangiate “per la credenza che il coraggio e le grandi qualità del nemico passassero al guerriero vittorioso grazie all’ingestione di parte del suo corpo”. Nel 1714 il Penicaut riportava un caso di cannibalismo presso gli Hasinais, accoppiato con torture e cerimonie varie. Il francese dichiarava che, trovandosi in un villaggio della tribù, vide il ritorno di circa 150 guerrieri Hasinais con due prigionieri della “nazione Kitaesches” (Kichai), catturati in una spedizione di guerra. I due prigionieri vennero “disposti su due impalcature erette nella vicina prateria, e uno di loro era appeso per le mani e con i suoi piedi”; tenendolo così per l’intera notte e per buona parte della mattina sotto il sole cocente, mentre l’intero villaggio raccoglieva arbusti per accendere il fuoco e scaldare l’acqua in una pentola, mentre “quattro anziani incidevano i corpi dei prigionieri e raccoglievano il sangue in una pentola, che poi davano ad altri due vecchi uomini”.


Un villaggio di Cenis

I due vecchi uomini scaldavano il sangue e lo davano da bere “alle donne e ai bambini”. Quando le vittime spiravano, i loro corpi venivano collocati su una piattaforma e poi tagliati a pezzi, e infine distribuiti a tutti gli abitanti del villaggio “per essere mangiati dopo cottura”. Queste notizie del Penicaut vengono probabilmente verificate in un ambiguo passaggio del Casañas, il quale metteva in risalto le crudeltà degli Hasinais, affermando che prima ingurgitavano il sangue del prigioniero e poi ne mangiavano alcuni pezzi del suo corpo. I clan della tribù erano notoriamente esogamici, ma purtroppo abbiamo ben poche notizie sulla questione. Il Mooney, basando i suoi studi sui resti dei Caddo dell’Oklahoma, diceva che avevano 10 “gentes”: l’Orso (“Nawotsi”), il Lupo (“Tasha”), il Buffalo (“Tánaha”), il Castoro (“Táo”), l’Aquila (“Iwi”), il Procione (“O-at”), il Corvo (“Ká g’aih”), il Tuono (“Ká-ga hanin”), la Pantera (“Kcshi”) e il Sole (“Sûko”). Ma oggi sopravvivono soltanto i dialetti dei Kadohadacho e dei Nadako. Nel 1763 Barthélemy de Macarty, comandante di Natchitoches, enumerava le tribù discendenti dagli antichi Caddo e menzionava “Caodachos, Nazones, Nacogdoches, Acinays, Yatassez e Natchitoches”, ricordando che parlavano lo stesso idioma e che erano divisi in “quattro famiglie” chiamate “Castoro, Lontra, Lupo e Leone”, ma ciò indicherebbe anche la sua ignoranza sui clan tribali di questi gruppi. A partire dal 1790 le malattie, l’alcolismo e il declino culturale provocarono il crollo di questa gente, era la conseguenza logica delle varie spedizioni, a partire da quella di Hernando de Soto; gli ultimi resti della popolazione vivono oggi nelle riserve dell’Oklahoma con gli Anadarko.