“Se ci chiedete da dove veniamo”: origini dei Crow

Il nome originale del cavalli in lingua Apsáalooke, così come riportato negli appunti di Lowie è Isaa’gye, “grande cane”; il linguista padre Randolph Graczyk pensa tuttavia che il termine sia in realtà una corruzione di isaashké o isaa’wishké, “il suo (di lei o di lui) cavalli” (cfr. il termine Lakota tashunka). In Apsáalooke moderno “cavallo” si traduce con iichiile, che Graczyk individua come il termine originariamente usato per alce, che in Crow moderno è iichiilikaashe “il cavallo primordiale” (13). Ancora oggi la lingua Apsáalooke abbonda di termini riferiti alle varie tipologie di cavallo e persino alle differenti personalità di questo animale, una testimonianza evidente dell’importanza avuta dalla sua introduzione nella formazione della cultura storica dei Crow.

I “beaux hommes” e i primi “occhi gialli”: la spedizione dei fratelli de La Veréndrye??

Si ritiene comunemente che il primo incontro documentato tra gli Apsáalooke e i nuovi arrivati euro-americani, poi definiti dalla tribù baaishtashiile, “occhi gialli”, risalga all’autunno del 1742, con protagonisti due esploratori franco-canadesi, Pierre-Gaultier e Louis-Joseph de La Veréndrye che avevano appena intrapreso una spedizione che, nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto portarli dalla terra dei Mandan (l’attuale North Dakota) fino a un ipotetico sbocco sull’oceano Pacifico a sud-ovest. Ecco cosa racconta nel suo resoconto al marchese di Beauharnois lo stesso Pierre-Gaultier de la Veréndrye:
Lasciammo fort La Reine il 29 aprile e arrivammo tra i Mantan (nel testo originale Mantanes) il 19 di maggio. Rimanemmo lì fino al 23 luglio, attendendo l’arrivo del Popolo dei Cavalli (Gens de Chevaux), che ci dicevano previsto da un giorno all’altro. Vedendo che il tempo passava, che ormai eravamo a stagione inoltrata e non volendo assolutamente darci per vinti, cercai tra i Mantan un paio di uomini che ci conducessero nella terra del Popolo dei Cavalli, nella speranza di trovare dei villaggi presso la montagna o nel corso del cammino. Due di essi si offrirono volontari molto generosamente. A quel punto, non perdemmo neppure un istante e partimmo. Camminammo per venti giorni in direzione ovest-sud-ovest, cosa che non prometteva bene per lo scopo del nostro viaggio; non incontrammo nessuno, salvo un gran numero di bestie selvagge. In diversi posti notai della terra di vari colori: azzurra, d’una sfumatura di scarlatto, verde come l’erba, nera lucente, bianca come il gesso e ocra. Se allora avessi saputo che non sari più passato in quei territori, avrei preso diversi campioni di ciascun tipo. Non potevo però appesantirmi, sapendo che un lungo viaggio mi attendeva. L’11 agosto arrivammo alla Montagna del Popolo dei Cavalli. Le nostre guide non volevano spingersi oltre e allora ci apprestammo a costruire una casetta dove attendere i primi selvaggi in cui ci saremmo imbattuti; accendemmo dei fuochi intorno all’intero perimetro a mo’ di segnali, per attrarre l’attenzione di qualcuno, essendo ormai risoluti ad affidarci alle prime popolazioni che si sarebbero presentate a noi. (14)
L’identificazione dei Mantan con i Mandan è abbastanza scontata e non sembra presentare problemi di sorta; qualche perplessità suscita invece quella del cosiddetto Popolo dei Cavalli. Parkman, uno dei primi studiosi a occuparsi del resoconto dei de La Veréndrye, ipotizza che questa tribù possa essere identificata con gli Cheyenne “la cui tradizione sostiene che essi furono la prima tribù della regione a possedere cavalli”. La cosa sembrerebbe però smentita dal fatto che la suddivisione principale degli Cheyenne a quanto pare ottenne i primi cavalli dagli Arapaho, un’altra popolazione di ceppo algonchino. L’identificazione del “Popolo dei Cavalli” con gli Arapaho (che avrebbero ottenuto i primi esemplari dai Comanche agli inizi del XVIII secolo) parrebbe confermata anche dalla provata esistenza di un loro traffico commerciale con gli Hidatsa (alleati dei Mandan); questo spiegherebbe anche la visita attesa di cui parla de la Veréndrye (mentre in quegli anni non pare che i Cheyenne abbiano commerciato o avuto rapporti amichevoli con i Mandan o gli Hidatsa). D’altra parte, è comunque possibile che i Mandan avessero mentito ai de la Veréndrye circa la prevista visita della Gens des Chevaux, allo scopo di trattenerli il più a lungo possibile nei loro villaggi e monopolizzare il traffico di oggetti di derivazione euro-americana.

Ma veniamo al punto (per questa discussione) cruciale:
Il 10 settembre ci era rimasto solo un Mantan; il suo compagno se ne era andato dieci giorni prima per far ritorno al suo villaggio. Ogni giorno andavo, o inviavo qualcuno sulle alture in esplorazione. Il 14 settembre i nostri esploratori scorsero del fumo a sud-sud-ovest della nostra posizione.
Mandai un francese, assieme al nostro Mantan ed essi trovarono un villaggio di Uomini Belli, (Beaux Hommes) che li ricevettero bene. Fecero loro capire, tramite segni, che c’erano altri tre Francesi nel nostro gruppo, accampati a poca distanza da lì. Il giorno seguente i capi inviarono alcuni giovani insieme ai nostri per venirci a prendere. Arrivammo lì il 18 e fummo ricevuti con grandi manifestazioni di gioia .
Il nostro Mantan mi chiese il permesso di andar via, temendo una popolazione che faceva parte dei loro nemici; lo pagai generosamente e gli diedi tutto ciò che potesse essergli utile e necessario per raggiungere il suo villaggio, come avevo fatto in precedenza con il suo compagno.
Rimanemmo con gli Uomini Belli per ventuno giorni. Feci del mio meglio per far comprender loro che volevo che ci accompagnassero a un villaggio del Popolo dei Cavalli. Mi risposero che alcuni dei loro giovani ci avrebbero guidato fino al primo dei villaggi di questa tribù che avremmo incontrato. Feci loro parecchi regali, di cui mi parvero molto soddisfatti. Lasciammo questo villaggio il 9 novembre. Avevamo cominciato a capirli facilmente, almeno quanto necessitavamo. Le nostre guide ci condussero in direzione sud-sud-ovest. Il secondo giorno ci imbattemmo in villaggio di Piccole Volpi (Petit Renards), che, vedendoci, diedero segni di grande gioia. Dopo aver fatto loro qualche regalo, feci dir loro dalle nostre guide che cercavo il Popolo dei Cavalli perché mi conducesse al Mare. Ciò fece sì che l’intero villaggio si mettesse in marcia, mantenendo sempre la stessa direzione. A quel punto ero sicuro che avremmo potuto trovare solo un tratto di mare già noto. Il secondo giorno di marcia incontrammo un villaggio assai popolato della stessa tribù. Si dimostrarono piuttosto amichevoli. Feci loro diversi regali che furono considerati come grandi novità e a cui mi parvero piuttosto sensibili.
Ci condussero a un villaggio di Pioya dove arrivammo il 15. In questo villaggio fummo accolti molto bene. Dopo aver fatto qualche regalo, proposi loro di condurci presso qualche tribù che si trovasse sulla via del mare. Continuammo diretti a sud ovest. Il 17 arrivammo a un grande villaggio della stessa tribù. Feci loro alcuni regali. Marciammo tutti insieme fino al 19 sempre diretti a sud e arrivammo a un villaggio del Popolo dei Cavalli. Erano in condizioni pietose. Non si sentivano che pianti e urla, tutti i loro villaggi erano stati distrutti dal Popolo del Serpente (Gens du Serpent) e pochi erano riusciti a fuggire. Questa popolazione del Serpente è considerata assai audace. Non si contentano, in una spedizione, di distruggere un villaggio com’è costume di tutti i Selvaggi; continuano invece la guerra dalla primavera all’autunno, sono assai numerosi e guai a coloro che si trovano sul loro cammino! Non hanno relazioni di amicizia con nessuna tribù. Si dice che nel 1741 abbiano distrutto diciassette villaggi, ucciso tutti gli uomini e le vecchie e fatte schiave le giovani donne, che hanno barattato presso la costa per cavalli e altra mercanzia.

Sin dalle prime analisi del resoconto dei de La Veréndrye, si è ipotizzato che i Beaux Hommes, gli Uomini Belli incontrati dai due esploratori francesi fossero gli Apsáalooke, che, come affermava Parkman “erano una tribù di statura notevole e grande bellezza, che da tempo considerava quella regione proprio territorio. La zona dove erano arrivati i de la Veréndrye era probabilmente quella del fiume Powder, nel Wyoming settentrionale. Un problema su questa identificazione sembrerebbe dato dalla paura del Mandan che accompagnava gli esploratori francesi “di trovarsi presso una tribù nemica”, cosa che non ci si aspetterebbe considerata l’alleanza tra i Mandan e gli Hidatsa, la tribù “sorella” dei Crow. Probabilmente però, anche se a quanto pare non ci fu mai guerra aperta, degli screzi potevano capitare tra i Mandan e gli Hidatsa e tra i Crow e gli Hidatsa/Mandan: a questo proposito va ricordata la successiva testimonianza di un capo Hidatsa incontrato nel 1805 da Larocque secondo cui i Crow erano “ladri e bugiardi”.
Un problema maggiore è l’identificazione dei Petit Renards, le Piccole Volpi, una tribù che, da quanto riportato sopra, parlava un linguaggio affine a quello degli Uomini Belli e aveva rapporti con i Pioya, una popolazione identificata quasi all’unanimità con i Kiowa. Le Piccole Volpi erano forse la famosa “tribù perduta” dei Crow, i Bilapiuutche , “Il Castoro (che) si asciuga la Pelliccia” menzionati in precedenza? La Veréndrye scrisse infattti: “je leur fis dire par nos guides” “feci loro dire dalle nostre guide” – quindi non con il linguaggio dei segni; questo farebbe pensare quindi che le Piccole Volpi parlassero lo stesso linguaggio o un linguaggio affine a quello degli Uomini Belli (Crow).
Per quanto riguarda la Gens du Serpent, il Popolo del Serpente, sono tutti concordi nell’accettare l’identificazione con i temibili Shoshone, allora la più potente delle tribù dell’area delle montagne rocciose, principalmente per il maggior numero di cavalli a disposizione.

“Figli dell’Uccello dal Grande Becco” o “Gens du Corbeau” ?

Il primo a menzionare gli Apsáalooke con il nome con cui poi sarebbero stati conosciuti dalle popolazioni euro-americane (“Crows” o “Corvi”) fu Jean-Baptiste Trudeau, un viaggiatore e mercante di pellicce canadese, che lasciò il primo resoconto dettagliato sulle popolazioni dell’alto Missouri, frutto delle osservazioni fatte durante un viaggio che lo portò a esplorare quel territorio per ben due anni (1794-96) per conto della “Compagnie Commerciale pour la Découverte des Nations du Haut-Missouri” (15).
La prima volta che Trudeau nomina i Crow nel suo rapporto è in un passaggio in cui descrive la loro inimicizia con un villaggio di Arikara, situato alla confluenza dei fiumi Missouri e Cheyenne, di cui era ospite:
Una spedizione di guerra Arikara, partita durante la primavera, è arrivata il cinque giugno (1795) con uno scalpo. Avevano ucciso un uomo del popolo dei Pados (del Corvo, gente che vive presso la Montagna delle Rocce).
Il termine Pados non ha alcun significato in francese e sembrerebbe piuttosto una storpiatura di Apsalooke, il nome con cui i Crow chiamano il loro popolo (e della cui etimologia si parlerà in seguito); la resa fonetica di un nome indigeno spiegherebbe perciò anche perché Trudeau ritenesse necessaria l’aggiunta di una chiosa.
I Crow vengono poi di nuovo nominati nel rapporto del 21 settembre 1795, quando Trudeau, ospite di un villaggio di Chaguiennes (Cheyenne) ricevette la visita di François Ménard, un altro viaggiatore e impiegato presso la “Compagnie Commerciale”:
Il ventuno settembre, il signor Ménard, che risiede presso i Mandan è arrivato qui accompagnato da due Selvaggi. Mi ha detto che i Francesi e i tutti i Selvaggi di lassù erano assai scontenti non vedendomi arrivare e che li avevano mandati per sapere quali fossero le ragioni che mi trattenevano qui… Molti Selvaggi del popolo del Corvo, che abitano le montagne delle Rocce, hanno atteso a lungo il mio arrivo presso i Mandan quest’estate. Egli (Ménard) ha fatto rimanere alcuni dei loro capi fino al suo ritorno, coltivando il progetto di avviare un commercio presso di loro, se io avessi voluto affidargli delle merci adatte per queste genti che sono, a suo dire, stanziate “al centro [delle pellicce] del castoro”. Dopo aver appreso da diversi Francesi che hanno frequentato quest’uomo della sua buona condotta e della sua onestà e d’altra parte, mi vedo impossibilitato a ritornare di nuovo presso i Mandan quest’anno, sia per l’opposizione che gli Arikara certo farebbero se avessi l’intenzione di abbandonarli per recarmi oltre, sia perché avrei dovuto lasciar loro delle merci e delle persone per commmerciarle, cosa che mi è impossibile non avendo nessuno capace di farlo e avendo troppi pochi uomini per dividerli in due gruppi…
La visita dei “Corbeaux” ai Mandan farebbe pensare a rapporti amichevoli, al contrario di quelli intrattenuti con gli Arikara. Sembrerebbe inoltre che l’area privilegiata dai Crow (molto probabilmente Mountain Crow) fosse quella compresa tra la valle dello Yellowstone e quella delle Rocky Mountains (dove circa 10 anni più tardi li avrebbe ritrovati François Larocque). La conferma dello stanziamento dei Crow nella valle dello Yellowstone è, in un passo successivo, data dallo stesso Trudeau:
A circa cinquanta leghe più giù della terra dei Mandan, si snoda un grande fiume che i selvaggi chiamano Fiume delle Rocce Gialle [lo Yellowstone], parecchio largo e profondo quasi come il Missouri, e le cui acque sono pulite e limpide come quelle dei laghi del nord del Canada. Sulle sue rive si trovano bestie selvagge di tutte le specie (e) un gran numero di fiumiciattoli che vi si immettono, e ci sono castori in abbondanza, al di là di ogni dire. Il popolo del Corvo, uno dei più numerosi di questo continente, presso il quale il signor Ménard ha soggiornato diverse volte, e che è in pace con i Gros–Ventres (Hidatsa) suoi alleati, vive presso le rive di questo grande fiume e più su, nella territorio attraverso il quale si risale alle sue sorgenti, dimorano diverse altre popolazioni a noi ancora sconosciute. Egli (Ménard) mi assicura che il fiume è navigabile in piroga in tutte le stagioni fino a più di cento leghe dalle sue bocche e che nessuna altra tribù ci ostacolerebbe; che un avamposto all’imbocco di questo fiume sarebbe assai proficuo per iniziare un grosso traffico di pelli con le altre popolazioni che vivono sul Missouri, come i Chiouitounes e il popolo del Serpente, che vivono al di qua e al di là delle Montagne delle Rocce, nei territori a ovest del Missouri…
La parte interessante di questo passaggio dei diari di Trudeau sta nel fatto che i Crow sono definiti “una delle popolazioni più numerose del territorio”; in quegli stessi anni, i Kiowa vivevano ancora nell’area delle Black Hills e potrebbe anche darsi che la loro stretta alleanza con gli Apsáalooke li avesse fatti considerare da Trudeau (e Ménard) come un’unica tribù. Il Popolo del Serpente sono chiaramente gli Shoshone, ma a questo punto, con chi vanno identificati i Chiouitounes (pronunciato Sciuitun, molto simile a “Shoshone”)? Con un diverso gruppo Shoshone identificabile con i cosiddetti Sheepeaters, una popolazione che già all’epoca era stanziata nell’area dello Yellowstone?
Altre considerazioni sugli indiani Corbeaux (che, va ricordato, Trudeau non incontrò personalmente ma di cui ebbe notizia tramite François Ménard, che li aveva conosciuti e visitati diverse volte) si ritrovano poi nei resoconti finali dello stesso Trudeau, che in un passaggio propone addirittura dati specifici:
Il grande Fiume delle Rocce Gialle, dove sono stanziate le popolazioni del Corvo, che vivono cinquanta leghe più giù dei Mandan e dei Gros-Ventres (Hidatsa)”.
Qui si parla di “popolazioni del Corvo”; un’altra indicazione sulla gran numero di questa popolazione che evidentemente stava dividendosi in gruppi consistenti (la banda dei Kicked in the Bellies, “Calciati nel Ventre” forse si formò in questo periodo).
Il “Fiume delle Rocce Gialle” è lo Yellowstone, che i Crow chiamano Iichiilikaashaashe, “Fiume dell’Alce”, una denominazione comune anche ad altre tribù (si confronti ad esempio il Lakota Hehaka Wakpa, dove “Hehaka” è “alce” e “wakpa” sta per “fiume”o lo Cheyenne Mo’éheo’hé’e, in cui “mö’e ” significa “alce” e “ó’he’e” sta per “fiume”) Uno dei maggiori studiosi della lingua Apsáalooke, padre Randolph Graczyk, sostiene che il nome euro-americano Yellowstone, “Fiume della Roccia Gialla”, potrebbe esser frutto di un fraintendimento linguistico:
“In origine, il termine Apsáalooke per “alce” era iichilile; il nome del fiume Yellowstone avrebbe dovuto esser quindi Iichiilaashe. Una traduzione letterale di “fiume della roccia gialla” in Crow sarebbe stata biishiilaashe, che in effetti è molto simile foneticamente a iichiilaashe. La mia è naturalmente una semplice speculazione, ma mi chiedo se in effetti il nome “Yellowstone” non sia frutto di un’interpretazione erronea oppure della pronuncia errata del termine Crow iichiilaashe da parte dei primi trapper e mercanti”. (16)
Un’ultima osservazione di Trudeau (o, più che un’osservazione personale, la trascrizione di un’osservazione di Ménard):
Le popolazioni Mandan, Gros Ventres, Halitan e Corvi non hanno le orecchie forate. Indossano tutti delle collane fatte con i fili più grossi a loro disposizione, e dei braccialetti, che portano al polso e al di sopra del gomito.

Un’ultima considerazione sul nome della tribù; si ritiene tradizionalmente che il termine “Crow”, “Corbeaux” sia stato coniato dalle popolazioni che avevano rapporti – amichevoli e non – con gli Apsáalooke, in particolare i Teton. In realtà, il termine Lakota Kangi Oyate, “Popolo del Corvo”, è di formazione relativamente tarda (seconda metà dell’Ottocento) ed è stato evidentemente coniato su influsso dell’inglese. Agli inizi dell’Ottocento, il termine usato dai Lakota era Psaloka, una storpiatura di Apsáalooke; a questo proposito si possono ad esempio vedere un canto in lode dei guerrieri Lakota registrato da Frances Densmore:

Psaloka kin natan ahiyelo
Blota hunka unyan napapi yelo (17)

“Gli Apsáalooke vennero e attaccarono
ma lasciarono il loro capo indietro”

Nel tradizionale linguaggio dei segni “Apsáalooke”o “Crow” è reso semplicemente combinando i segni di “uccello” (simulando un battito di ali) e “indiano”(battendo una mano sull’altra).

Ma cosa significa esattamente “Apsáalooke”? Nell’autobiografia di Plenty Coups raccolta da Frank Linderman, viene implicitamente detto che “Apsáalooke” significhi “discendenti, figli del Corvo”, indicato come “medicina” o “spirito protettore della tribù”. (18) In realtà l’etimologia della parola sembrerebbe essere un composto di apá (naso, becco) + isáa (grande)+ d/láaka (figlio, discendenza), quindi “I figli dell'(uccello) dal grande becco”. La natura di questo questo apisáa (uccello dal grande becco) rimane ancora un mistero: alcuni dicono si tratti di una gazza, altri del corvo, altri di una specie estinta, e di recente sono state avanzate anche ipotesi secondo cui andrebbe identificato con l’aquila o addirittura con l’uccello del tuono. Forse la risposta più corretta sul significato di “Apsáalooke” è ancora oggi quella data da Pretty Shield a Frank Linderman:
E’ stato “Esahcawata”, il Vecchio Coyote a darci questo nome, ma non sappiamo cosa voglia dire. Il Vecchio Coyote non ce l’ha detto. Non ho mai conosciuto nessuno, uomo o donna, che sapesse cosa significhi Apsáalooke. Tu lo sai, Parla-a-Gesti? (19)

Segnali di fumo e cavalli scomparsi: l'”incontro” della spedizione di Lewis e Clark con gli Apsáalooke

Nella vastissima documentazione (diari, lettere, resoconti) della spedizione esplorativa di William Clark e Meriwether Lewis, numerosi sono gli accenni alla “tribù del Corvo” ma, per una curiosa ironia del destino, i due esploratori americani non riuscirono mai a incontrarsi faccia a faccia con i più temuti razziatori di cavalli del nord-ovest, anche se proprio in questo senso l’unico contatto tra gli Apsáalooke e il gruppo di esploratori guidato da Clark portò relativi danni a questi ultimi.
La prima volta in cui i Crow sono menzionati nel diario di Clark è nel novembre 1804:?? (20)
(12 novembre lunedì 1804)… Questa mattina presto Big White (Grande Bianco), capo principale del villaggio inferiore dei Mandan venne giù e preparò circa 100 libbre di carne per noi. Tre dei nostri uomini malati di [illegibile].
Secondo l’interprete, gli anziani del popolo dei Mandan dicono che la loro gente è venuta fuori da un laghetto (sottoterra, dove c’erano dei villaggi e un lago) dove avevano dei giardini. Diversi anni fa vivevano in un gran numero di villaggi giù sul Missouri; il vaiolo ha sterminato gran parte della popolazione, che si è ridotta a vivere su un unico grande villaggio e alcuni più piccoli. Prima dell’epidemia, tutte le altre tribù li temevano; da quando il loro numero si è ridotto, i Sioux e altri indiani hanno mosso loro guerra e ne hanno uccisi parecchi. Si sono quindi spostati, risalendo il corso del Missouri. Gli altri indiani hanno seguitato a far loro guerra e i Mandan si sono spostati sempre più su, finché non sono arrivati nel paese dei Panias (Pawnee) e hanno vissuto per molti anni assieme a questo popolo in amicizia. Hanno mantenuto questa vicinanza finché quella tribù non ha mosso loro guerra e si sono spostati di nuovo fino alla terra dei Watersoon (Awaxawi) e dei Winataries (Minnetaree) dove ora vivono in pace. I Mandan parlano una lingua peculiare e a sé stante… [lacuna]; possono disporre di 350 uomini, i Winetaries di 80 e i Big Bellies (Gros Ventres) di 600 o 650. I Mandan e i Sioux usano la stessa parola per dire “acqua” I Gros Ventres o Winetaries e gli indiani Ravin (Crow) parlano quasi la stessa lingua e si pensa che in origine formassero un unico popolo. Il popolo dei Ravin è composto da 400 tende per un totale di circa 1200 persone e seguono le mandrie di bisonti, vivendo di caccia per le pianure e sulle Court Noi [Cote Noire ossia le Black Hills] e le Rocky Mountains e sono in guerra con i Sioux e gli Snake (Shoshone).
I Gros Ventres e i Watersoon sono in guerra con gli Snake e i Sioux e sono stati in guerra con i Ricares (Arikara) finché pochi giorni fa non è stata stabilita la pace tra le due tribù. I Mandan sono in guerra solo con coloro che si mostrano ostili e desiderano essere in pace con tutte le altre tribù. Di rado sono loro ad aggredire…
Nonostante la natura della spedizione fosse (almeno nominalmente) di carattere scientifico-geografico, indubbiamente Lewis e Clark avevano avuto notizia della favorevole posizione dei Crow rispetto ai centri chiave della “via del castoro” e ritenevano fondamentale un incontro per stabilire rapporti privilegiati con la tribù. Un riscontro di questo atteggiamento è ravvisabile anche nella posizione adottata dai due esploratori nei confronti di un giovane mercante della Canadian North West Company, che fece loro visita il 29 novembre 1804 :??…gli dicemmo di sapere delle sue intenzioni di nominare capi alcuni degli indiani e gli proibimmo di dar loro medaglie o bandiere, ed eglì negò di averne. Acconsentimmo a far parlar per lui uno dei nostri interpreti a condizione che egli si attenesse soltanto alle cose strettamente necessarie ai suoi traffici.
Una delle preoccupazioni di Lewis e Clark era evidentemente la costruzione in territorio Crow di un trading post gestito da una compagnia canadese. Larocque, da parte sua, si limitò ad assicurare di non aver medaglie o bandiere da consegnare ai capi indiani. Il suo sentiero verso le terre degli Apsáalooke sarebbe stato indubbiamente meno tortuoso rispetto a quello dei due esploratori americani.
Dopo più di un anno di viaggio alla ricerca di uno sbocco sul Pacifico dai villaggi Shoshone, nel luglio del 1806 le strade di Lewis e Clark si divisero nella località oggi chiamata Travelers’ Rest (nell’odierno Montana): mentre Lewis si dirigeva a nord, dove avrebbe esplorato un tratto del corso del Marias River, Clark proseguì a sud, nell’area dello Yellowstone. Prima di dividersi, Lewis aveva preparato un discorso che Clark avrebbe dovuto tenere ai capi degli Apsalooke nel caso di un (auspicato) incontro:
Figli miei, vi prendo per mano come figli del vostro Grande Padre, il presidente degli Stati Uniti d’America, che è il grande capo di tutti i bianchi fino alle terre nella direzione del sole che sorge. Figli miei, il vostro Grande Padre, capo di tutti i bianchi, mi ha incaricato di dire ai suoi figli rossi di restare in pace gli uni con gli altri e con tutti i bianchi che verranno nelle vostre terre sotto la protezione della bandiera del Grande Padre….Gli uomini che verranno presso di voi… sono buoni e non dovete far loro del male.
Figli miei, se due o tre dei vostri grandi capi desiderano far visita al vostro Grande Padre, potranno venire con me e far ritorno da voi la prossima estate, carichi di doni e di beni per tutto il popolo…
Figli miei, il vostro Grande Padre, capo di tutti i bianchi vuole costruire una grande casa e riempirla di tutto ciò che potete desiderare, e scambiare queste cose con pelli e pellicce a prezzo molto basso e mi ha incaricato di chiedervi in quale posto sarebbe meglio, a vostro avviso, costruire questa casa.
Nei primi giorni di esplorazione della valle dello Yellowstone, il gruppo di Clark iniziò a scrutare impazientemente i dintorni, in attesa di un incontro con i Crow. I primi segni della presenza di scout Apsáalooke non si fecero attendere; ecco cosa registrò Clark nel suo diario in data 18 luglio 1806:
Alle undici di mattina ho visto del fumo alzarsi a sud-est nelle pianure, nel punto in cui la parte rocciosa della montagna termina (i punti successivi sono coperti di neve). Questo fumo deve esser stato opera degli indiani Crow, o di altre bande che volevano inviarci un segnale. Ritengo probabile che essi abbiano scoperto le nostre tracce e, prendendoci per degli Shoshone (che ora sono in pace con loro) in visita per fare degli scambi, i Crow abbiano fatto questi segnali di fumo per mostrarci la loro posizione. Un’altra spiegazione è che ci abbiano preso per dei nemici e abbiano segnalato la nostra presenza alle altre bande per metterle in guardia. Il giorno successivo, il gruppo si accampò presso Camp Cottonwood (vicino all’odierna Park City) dove vennero fabbricate due canoe con cui risalire lo Yellowstone. La sosta si protrasse fino al 24 luglio, e in questo periodo i Crow segnalarono di nuovo la loro presenza. Il 19 luglio stesso Clark scriveva infatti:
Shabono (Toussaint Charbonneau, il trapper e interprete francese marito della guida Shoshone-Hidatsa Sacagawea) mi ha detto di aver visto un indiano sull’altopiano di fronte alla riva opposta del fiume. Ciò e capitato mentre mi trovavo nel bosco.
I segnali di fumo continuarono nei giorni succcessivi, senza che Clark riuscisse a trovare una spiegazione accettabile. La mattina del 21 luglio si presentò con un’amara sorpresa per l’esploratore americano e i suoi compagni:
Mi è stato riferito che manca la metà dei nostri cavalli (il gruppo disponeva di 49 cavalli e un puledro) …Temo che siano stati gli indiani a rubarli, probabilmente quegli stessi indiani che qualche giorno fa hanno inviato dei segnali di fumo da sud-est.
I timori di Clark circa il furto dei cavalli per mano degli Apsáalooke sembrò trovare conferma qualche giorno dopo, ed esattamente il 23 luglio, data in cui lo stesso Clark scriveva:
Labiche è uscito presto, secondo le indicazioni che gli ho dato ieri sera. Con lui sono andati anche il sergente Pryor e Windsor… Il sergente Pryor ha trovato un mocassino indiano e un brandello di veste. Il mocassino aveva le suole consumate, era bagnato e aveva tutta l’aria di esser stato indossato solo poche ore prima. Questi segni della presenza di indiani sono per me la prova certa che sono stati loro a portarci via i 24 cavalli che abbiamo perso la notte del 20; gli indiani che erano in giro ieri notte stavano quindi cercando di impadronirsi dell’altra metà… Labiche è quindi ritornato, dopo aver esplorato un’area circolare intorno e mi ha detto di aver visto le tracce dei cavalli dirigersi verso le pianure aperte. A giudicare dalla frequenza delle impronte, procedevano molto rapidamente. Gli indiani che hanno preso i cavalli hanno deviato il loro percorso giù per il fiume.
A questo punto il rischio di perdere tutti i cavalli si era fatto piuttosto concreto: Clark ordinò quindi a tre uomini, capeggiati dal sergente Nathaniel Pryor, di sorvegliare il resto degli animali e portarli fino al fiume Big Horn. Il resto del gruppo, guidato dallo stesso Clark, li avrebbe raggiunti lì con le canoe e sarebbero ridiscesi da nord a sud per il corso dello Yellowstone. Il 24 luglio Clark e i suoi raggiunsero in anticipo l’odierna Blue Creek (a sud di Billings) dove si ricongiunsero con il gruppo di Pryor. In quel momento, evidentemente preoccupato all’idea di perdere i cavalli che costituivano una delle merci di scambio principali con le tribù locali, Clark diede nuovi ordini a Pryor:
Diedi istruzioni al sergente Pryor…di portare i cavalli che ci restavano ai Mandan…il sergente Pryor è stato incaricato di lasciare il resto dei cavalli al grande capo dei Mandan, dove resteranno fino al nostro arrivo nel villaggio.
Mentre il gruppo di Clark scendeva giù per lo Yellowstone sulle canoe, Pryor continuò ad avanzare in direzione est. La sera del 25 luglio i cavalli furono lasciati pascolare liberamente presso le rive di un torrente in evidente stato di magra (secondo Helen Medicine Horse si tratterebbe del Fly Creek, conosciuto dai Crow come Baahpuataashe “Il fiume della Mosca”) (21). Uno acquazzone tanto abbondante quanto violento – tale da far alzare considerevolmente le acque del torrente – costrinse Pryor e i suoi uomini a ripararsi dalla pioggia dalle rocce, in un punto da dove potevano a malapena vedere i cavalli. Ma se la sera, tra le rocce e l’acquazzone, era stato difficile tener d’occhio gli animali, farlo la mattina successiva si rivelò impossibile: i cavalli erano spariti!. Pryor tentò di seguire le tracce dei cavalli, ma tutti i suoi sforzi risultarono vani. Non restò loro quindi che uccidere due bisonti e usarne le pelli per costruire due “bullboat” simili a quelle usate dai Mandan per riscendere giù per lo Yellowstone. Il gruppo di Pryor raggiunse Clark e i suoi l’8 agosto, 12 giorni dopo il furto dei cavalli. Ecco come Clark riportò l’incidente, narratogli da Pryor, nel suo diario, alla stessa data dell’8 agosto:Cercando intorno all’accampamento, scoprirono diverse tracce a circa cento passi e le seguirono… scoprirono quindi il luogo da dove gli indiani avevano portato via i cavalli e seguirono le tracce per cinque miglia. A un certo punto gli indiani si erano divisi in due gruppi: seguirono quindi le tracced del più grosso per altre cinque miglia… fino a quando, dopo essersi resi conto del fatto che non c’era la minima speranza di raggiungerli, decisero di far ritorno all’accampamento, dove si caricarono sulle spalle tutto il loro bagaglio.
Il secondo incidente irritò parecchio Clark, evidentemente poco propenso ad accettare la visione indiana secondo cui il furto di cavalli era un atto di coraggio, astuzia e destrezza. Per il severo esploratore americano era semplicemente “rubare”, un atto di disonestà che non mancò di denunciare nella nuova versione del discorso che avrebbe dovuto tenere (e non tenne invece mai) ai capi Crow:
Figli miei, il vostro Grande Padre sarà rattristato quando saprà che avete rubato cavalli ai capi che egli aveva mandato per far del bene ai suoi figli rossi che vivono presso le acque del Missouri… Il Grande Padre mi ha incaricato di dirvi di non permettere ai giovani sconsiderati della vostra tribù di impadronirsi dei cavalli o dei beni altrui, ma di acquistarli secondo giustizia, come fanno gli altri suoi figli rossi che vivono su per il fiume.

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