Tra gli indiani della Florida

A cura di Gianni Albertoli

Il Fontaneda ricordava le isole “Lucayan” e “Los Martires” abitate da “razza di uomini e donne molto alti, graziosi e ben proporzionati”, dichiarando che vi erano due villaggi, uno di questi si chiamava “Guaragunve o Pueblo de Llante (Town of Weeping, Villaggio delle Lacrime)”, e l’altro, di dimensioni più ridotte, “Cuchiyaga”, dove “ho subito il martirio”. L’insediamento di “Guaragunve” viene ricordato anche dallo Swanton come “Guarungube” e localizzato nelle vicinanze di Key West, come appartenente alla tribù Calusa, e probabilmente da identificare come il futuro “old Matacumbes”, uno degli ultimi rifugi della nazione Calusa in Florida. Il villaggio di “Cuchiyaga” era sulla Stock Island e il nome significava “il posto dove hanno sofferto i Martiri”.
Lo Swanton localizzava questo insediamento nella Florida sud-occidentale in vicinanza della Bahia Honda e a 40 leghe nord-est di “Guarungube”, probabilmente sulla Big Pine Key, inoltre ricordava che apparteneva anch’esso alla tribù Calusa, anche se non possiamo escludere una appartenenza ai Tekesta.
E’ probabile che sulle coste della Florida parecchie navi siano naufragate, con i componenti dell’equipaggio massacrati o catturati dagli indiani. Hernando Fontaneda de Escalante era nato a Carthagena nel 1538 e dopo un naufragio al largo delle coste della Florida era stato catturato dagli indigeni, venne risparmiato da morte sicura e poté vivere con loro ed imparare ben quattro lingue native. Il Brinton diceva che “Le sue memorie sono particolarmente utili per poter localizzare le antiche tribù della Florida”, e queste furono scritte soltanto dopo la morte del Pedro Menendez. I Calusa occupavano buona parte della Florida meridionale e “il loro paese si estendeva fino al lago Mayaimi, così chiamato per le sue grandi dimensioni” (l’odierno Lake Okeechobee), dove vi era il villaggio di “Guasaca”. Il Fontaneda continuava dicendo che le Martyrs Island si spingevano a est fino ad un grande villaggio chiamato “Tegesta”, costruito sulle rive di un fiume. In effetti il villaggio portava il nome di un’altra tribù, nota come “Tequesta” o “Tekesta”, e chiamata “Chequescha” dal Ponce de Leon (1513) – che l’anno prima aveva visitato il villaggio di Abayoa, sito proprio sull’estremità meridionale della penisola -, il cui territorio si estendeva dall’odierna Cape Canaveral fino all’estremità meridionale della penisola. La parte più settentrionale di questo territorio era però abitato da una popolazione che il Brinton chiamava “Ais”, da un termine nativo “aisa” significante “cervo”.
La residenza del capo, chiamato “paracoussi”, si trovava nelle zone di Cape Canaveral (Corientes), ma il loro territorio si estendeva anche alla odierna St. Lucie County. I Tekesta, il cui significato del nome è sconosciuto, erano strettamente affini alle altre popolazioni della Florida meridionale e, in particolare, ai Calusa; stanziati nelle zone di Miami, sembra avessero ben quattro insediamenti, ma sorgono alcuni problemi in quanto alcuni di questi potevano invece appartenere ai Jeaga, li elenchiamo comunque a partire dal sud verso nord: “Tavuacio”, “Janar”, “Cabista” e “Custegiyo”. Secondo il Romans, nel 1763, i resti dei Tekesta si sarebbero spostati a Cuba. Il grande lago “di acqua dolce” (Mayaimi) si trovava nell’interno del paese ed era occupato dagli indiani Mayaimis che vivevano intorno al grande lago Okeechobee, proprio nell’area che dette vita alla “Glades Culture”; essi prendevano il nome dall’omonimo lago, infatti il termine significava “grande acqua” sia nel loro dialetto che nelle lingue dei Calusa e dei Tekesta (“Tequestas”). Con l’arrivo dei bianchi i Mayaimis si sarebbero ridotti drasticamente fino a scomparire dalla scena storica. Ben poco sappiamo sugli indiani delle Keys Island, ma sembra che queste isole abbiano dato rifugio a indios provenienti dalle isole caraibiche; comunque, le prove archeologiche non sono affatto conclusive, e tranne il generale riferimento di alcuni viaggiatori europei che parlavano degli indiani Matecumbes delle Keys Island (Alonso Suarez, 1586), nella zona si potevano trovare anche i Bahiahondas, i Cuchiagaros, i Coleto e i Biscaynos dell’omonima baia. Il nome dei Matecumbes, con le sue varie ortografie, compare in varie fonti spagnole, dove essi venivano localizzati in una terra chiamata “los Cayos de Matecumbe”. Sulle isole erano però presenti anche i Calusa e i Tekesta. Alcuni indiani delle “isole dei Jeaga, che stanno all’inizio delle Bahamas” avevano detto allo spagnolo che Lucas Vasques de Ayllon, proveniente da Santo Domingo con sei navi, aveva “visitato questo paese e le terre del fiume San Elena (St. Helena) posto sei leghe a nord, sulle rive del quale vi era il villaggio di Orista, chiamato erroneamente Chicora”; poi continuava dicendo che l’Ayllon aveva visto “il villaggio di Quale, che loro chiamarono Gualdape”, ma poi ricordava che quella spedizione non si spinse nell’interno del continente, probabilmente perché sapevano che non vi era né oro né argento “nel raggio di 60 leghe”, ma soltanto miniere di rame verso nord. Il villaggio di “Orista” si trovava nelle zone di St. Helena (South Carolina) e apparteneva alla tribù Escamacu, probabilmente del gruppo Guale; il villaggio di “Quale” (“Gualdape”) si trovava anche esso nel South Carolina e dal nome è facile riconoscere l’omonima tribù Guale. Gli indiani Guale, il cui significato del nome è sconosciuto, benché assomigli a “wahali”, un termine Muskhogean significante “il sud”, erano anche noti come “Ouade” (una forma francese per Guale) ed altre forme dialettali. I nomi dei loro insediamenti e il titolo onorifico di “mico” indicava chiaramente la loro appartenenza ai gruppi Muskhogean e i loro stretti collegamenti con i Cusabo del South Carolina. La tribù era stanziata sul litorale della Georgia fra il Sound di St. Andrews e il fiume Savannah, benché un ramo fosse presente anche più a sud; i resti dei Guale sarebbero poi stati assorbiti all’interno della nazione Creek e l’ultima menzione della tribù si ebbe nel 1726, quando si parlava di “indiani della nazione di Iguaja”. ” Sulle rive di alcuni fiumi e di alcuni laghi vi erano i villaggi indiani di Otopali, Olgatano e molti altri “. I due villaggi di “Otopali” e “Olgatano” non vengono ricordati dallo Swanton, ma secondo alcuni studiosi sembra siano appartenuti alla tribù Yustaga. Gli Yustaga, il cui significato del nome è ancor oggi sconosciuto, erano strettamente connessi ai gruppi Timucuan, anche se il loro dialetto sembra essere stato differente; la tribù era stanziata tra i fiumi Aucilla e Suwannee, ma anche lungo le coste adiacenti. Il Fontaneda ricordava anche il “paese di Abolachi ricco di perle e non lontano da Panuco” e riferiva che, “tra Abolachi e Olagale vi è un fiume che gli indiani chiamano Guasaca-Esgui, che tradotto nella nostra lingua significa il Fiume Rosso”. Questi riferimenti restano comunque poco attendibili: di “Abolachi” sappiamo che probabilmente, con questo nome, lo spagnolo indicava gli Apalachee, mentre “Olagale” sembra essere la “Ocale” dell’Hernando de Soto. Degli indiani “Ocale”, il cui significato del nome è sconosciuto, ben poco conosciamo, anche se in questo gruppo vi sarebbe poi entrato una banda di indiani Creek proveniente dal villaggio di “Coweta”. La tribù era originariamente collegata al gruppo degli Acuera ed era stanziata nella parte settentrionale della Marion County e sulla curvatura del fiume Withlacoochee. Gli Acuera, il cui significato del nome è sconosciuto, erano di etnia Timuquan ed erano stanziati presso la fonte del fiume Ocklawaha della Florida settentrionale. A “Tocobajo” risiedeva un grande Cacique, il cui paese era conosciuto come “Toco-Baja-Chile”.
“Tocobajo, Abolachi, Olagale e Mogozo sono dei regni distinti da quello di Carlos, che successivamente venne messo a morte dal capitano Reynoso per alcune dimostrazioni di ostilità “; ma la potenza di Carlos era ben nota. Gli Apalachee erano una popolazione di etnia Muskhogean del gruppo tribale Hitchiti (o Hitchitee), il cui territorio era sito nella parte nord-occidentale della Florida, nelle zone dell’attuale capitale, Tallahassee, lungo il corso dei fiumi Waczssa, Apalachicola e Ucilla. La tribù mostrò sempre grande ostilità nei confronti dei bianchi e, nelle epoche successive, fu costantemente in guerra con i Creek; la nazione venne però praticamente distrutta dal colonnello Moore, capo della Milizia del South Carolina. L’anno dopo, gli Apalachee si sarebbero spostati a ovest nella Mobile Bay sotto la protezione francese. Ritornando ai Calusa, essi vivevano nella parte meridionale della penisola – tra Charlotte Harbor e Cape Sable -, con le genti Timucuan stanziate sulle coste a nord e a sud di St. Augustine, ma anche verso l’interno. “Gli Abolachi sono una potente nazione, il loro territorio è ricco di perle ma non di oro, ad eccezione di quello portato dalle miniere di Onagatano situate sulle montagne nevose (Snowy Mountains), il territorio più lontano dei loro possedimenti; e ancor più lontano dalle nazioni di Olacatano, Olagale, Mogoso e Canogacole. L’ultima nazione si dice sia molto numerosa e guerriera, tutti girano nudi ad eccezione di qualcuno che indossa vestiti di pelle, essi sono chiamati “Canogacole”, che significa “popolo malvagio” e sono molto abili nell’uso dell’arco”. Gli “Abolachi” del Fontaneda erano stati variamente ortografati dagli antichi scrittori francesi e spagnoli; gli spagnoli li conoscevano come “Abolache”, “Apalache” e “Appalattcy”, mentre i francesi li chiamavano “Apalaches”. Il Coxe li chiamava “Palache” o “Palatcy”, ma “Apáliché” nel dialetto Tamanaca significava “uomo”. I Mogoso del Fontaneda sembra siano da identificare con i Mocogo (Mucoso o Mococo), una tribù Timucuan stanziata nella parte settentrionale della Hillsboro Bay. Della tribù, o villaggio, chiamata “Onagatano” conosciamo ben poco ma sembra sia da identificare come uno dei gruppi degli indiani Apalachee. ” Il paese del re degli Ais e dei Jeaga è molto povero, non ha oro né argento e la sua sola ricchezza è rappresentata dal mare, dal momento che molte navi cariche di metalli preziosi sono naufragate “. Il significato del nome degli indiani Jeaga (Jaega o Job) è ancor oggi sconosciuto, il Fontaneda non ci ha lasciato molte notizie su di loro, mentre il Jonathan Dickinson menzionava alcuni dei loro insediamenti nell’ottobre 1696. Le notizie in nostro possesso ci indicano che la tribù occupava le attuali zone di Palm Beach e la Martin Counties, specialmente nella regione di Jupiter Inlet; è anche probabile che i Jeaga fossero strettamente collegati ed imparentati con i Mayamis, e grandi alleati degli Ais; la loro cultura aveva inoltre tratti comuni con i Calusa. Il termine “Mayaca” venne utilizzato dagli spagnoli per indicare una popolazione stanziata nella Florida centrale, dove vi era il villaggio principale e la residenza del capo. La tribù occupava l’alto corso del fiume St. John e le terre a sud del Lake George; stando ai resoconti spagnoli i Mayaca parlavano un dialetto collegato a quello degli Ays, stanziati a sud-est del loro territorio. Abbiamo anche riferimenti alla “provincia Mayaca-Jororo”, questi ultimi indiani Jororo (Hororo) erano stanziati a sud dei Mayaca, ed apparvero nelle fonti spagnole nel decennio 1680-90, il loro dialetto era molto simile a quello dei Mayaca e come i loro vicini avevano la stessa cultura. Nelle terre a est dei Mayaca vivevano i Surruque, dove furono notati numerosi rapporti coniugali fra i leader delle due popolazioni; è probabile che le due tribù parlassero la stessa lingua anche se i Surruque erano segnalati come alleati degli Ays. I Surruque entrarono in contatto con gli spagnoli nel XVII secolo, ma non sono mai stati introdotti all’interno delle missioni. Questi indiani, il cui significato del nome è sconosciuto, erano di lingua Timucuan e vivevano nelle zone di Cape Canaveral; nel XVI secolo appaiono in una mappa del Le Moyne con il nome di “Sorrochos”, termine da cui sembra essere derivato il nome del Sarrope Lake. Una valutazione numerica sui Surruque rimane improbabile.

Il Fontaneda parlava anche della “provincia di Satoriva”, indicando chiaramente la tribù di etnia Timucuan che prendeva il nome dal capo Saturiwa, alleato dei francesi di Fort Caroline; nelle zone del fiume San Mateo vi erano infatti i villaggi dei “perfidi capi Saporiva e Alimacany”. Sulle rive del San Mateo (St. John River), a circa “60 leghe nell’entroterra, risiedono altri capi indipendenti, Cardecha, Encappe, Utina, Saranay e Moloa, che governano anche altri villaggi fin quasi a Mayajuaca, nel paese degli Ais e delle canne, dove don Pedro de Menendez ha stipulato la pace con questi indiani”. I Saturiwa, il cui significato del nome è ancora sconosciuto, erano strettamente connessi agli altri gruppi Timucua ed erano localizzati presso la foce del fiume St. John, ma anche, secondo alcuni studiosi, sulla Cumberland Island. Gli Utina erano sicuramente il gruppo più numeroso degli indiani Timucua, infatti il loro nome sarebbe diventato un termine generico indicante l’intero gruppo tribale. E’ probabile che la tribù portasse il nome del capo, il cui significato era “potente”. Gli Utina occupavano un territorio molto vasto che si estendeva dal fiume Suwannee al St. John, ma anche più ad oriente; il Laudonniere ricordava che il capo Utina aveva ben 40 sottocapi, dominava su diversi gruppi ma non sugli Acuera e i Moquoso stanziati più a sud. Il primo contatto degli Utina con i bianchi si ebbe nel 1513 con la spedizione del Ponce de Leon e, nel 1528, con quella di Panphilo de Narvaez; nel 1562 furono incontrati dal Jean Ribault sul fiume St. John e, negli anni successivi, grazie all’aiuto francese, poterono sconfiggere i nemici Potano. Il Mooney valutava l’intero gruppo Timucuan intorno alle 13 mila anime nell’anno 1650, ma fra questi vi includeva circa 3 mila Potano, un migliaio di Hostaqua, un altro migliaio di Tocobaga e circa 8 mila Timucua propriamente detti. Per quanto riguarda gli indiani della Cumberland Island, di sicuro conosciamo il nome della tribù Tacatacuru, forse imparentata con i Saturiwa; il significato del loro nome è sconosciuto ma, probabilmente, il prefisso “taca” potrebbe essere tradotto in “fuoco”. Le stime numeriche dei Tacatacuru non sono chiare ma un missionario, nel 1602, ricordava ben otto villaggi, non dando però alcuna valutazione numerica. Nella Cumberland Island vivevano anche gli Yufera, il cui nome sembrerebbe derivare dalla lingua Timucuan, ma potrebbe anche derivare dal Muskhogean con riferimento alla tribù stanziata nel villaggio di Eufaula. Strettamente connessi ai precedenti erano anche gli indiani Yui, una popolazione Timucuan dal significato del nome sconosciuto e stanziata a circa 14 leghe dalla Cumberland Island e nella parte sud-orientale della Georgia. Un’altra popolazione Timucuan della zona era quella degli Icafui, spesso confusa con il gruppo Cascangue, anche se non possiamo escludere che questo ultimo termine sia stato usato dai Creek e dai gruppi Hitchitee per indicarli. Gli Icafui vivevano nella Georgia sud-orientale e nella Florida nord-orientale, proprio nelle terre di confine fra le popolazioni di lingua Timucuan e Muskhogean. Risalendo il corso del St. John si raggiungeva la “terra dei Tocobaga”, nella Florida occidentale, “ma non consiglio a nessuno di avventurarsi in quelle terre”; più avanti, verso l’interno, a “cinquanta o sessanta leghe dalla costa vi è Agacay – sito sul fiume St. John – e oltre le terre di Utina”, procedendo di “villaggio in villaggio si arriva a Canogacola, dove gli abitanti sono soggetti ai Toco-Baga”, e da quelle terre si “potrebbe andare avanti fino ad un grande fiume dove morì il de Soto”, chiaro il riferimento al Mississippi. Degli indiani “Canogacola” nulla sappiamo e la tribù non è ancora stata identificata con certezza, anche se era stanziata nelle terre poste a nord e a nord-est di quelle dei Tocobaga, probabilmente nei pressi del Tohopekaliga Lake. Gli indiani Tocobaga, il cui significato del nome è ancora sconosciuto erano strettamente collegati ai gruppi Timucua ed occupavano la parte settentrionale della Tampa Bay, dove il loro insediamento principale si ergeva nelle vicinanze dell’odierna Safety Harbor. Nel 1612 i Tocobaga, ed anche i Pohoy, vennero attaccati dagli spagnoli per vendicare l’assalto indiano ad alcuni nativi cristianizzati, ma agli spagnoli le loro terre interessarono ben poco.
Possiamo anche ipotizzare che il termine “Tompacuas”, che apparve qualche tempo dopo nelle terre degli Appalachee, sia proprio da ricondurre ai Tocobaga; nessuna valutazione numerica è stata fatta per i Tocobaga, anche se possiamo ipotizzare che non erano una piccola nazione. Gli indiani Pohoy non furono probabilmente ricordati dal Fontaneda, anche per loro il significato del termine è ancora sconosciuto; ricordati nelle fonti anche come “Pooy” o “Posoy”, essi erano strettamente affini ai Timucua ed erano stanziati sul puntello meridionale della Tampa Bay. E’ probabile che questa nazione, o forse una parte di essa, sia comparsa nella storia sotto i nomi di “Oçita” o “Ucita”, termini indicanti una “provincia”. Il Fontaneda terminava qui le sue descrizioni della Florida, sottoscrivendo “la presente con il mio nome”. Nel 1564 il Laudonniere iniziò ad esplorare l’interno del territorio risalendo il fiume St. John per incontrare sempre nuove e sconosciute tribù di etnia Timucuan. Fra queste popolazioni gli Onatheaqua, ricordati anche dal Le Moyne, della Florida nord-occidentale; e gli indiani Potano. Questi ultimi, il cui significato del nome è ancora sconosciuto, erano stanziati nell’attuale Alachua County ed erano già stati incontrati dall’Hernando de Soto (1539); il Laudonniere li avrebbe conosciuti negli anni 1564-65, quando avrebbe appoggiato gli Utina che li stavano combattendo. Negli anni successivi i Potano distrussero una piccola spedizione spagnola (1584) ma, la successiva spedizione avrebbe portato alla loro sparizione dalla scena storica, massacrati barbaramente, molti di loro vennero catturati per essere venduti nei mercati schiavistici. Secondo il Mooney, intorno al 1650, questi indiani potevano contare su almeno 3 mila individui, ma nel 1675 i missionari ricordavano soltanto 160 indiani della tribù. Un altro personaggio interessante era Jonathan Dickinson (1663-1722), nato a Port Royal (Giamaica) da una famiglia di Quaccheri, divenne un abile commerciante grazie anche a suo padre Francis. Il Dickinson ci ha lasciato notizie sugli indiani della costa orientale della Florida, ebbe modo di incontrare i Jaega del vicino villaggio di Jobe, che l’inglese chiamava “Hoe-bay”. Ma chi erano i Jobes? Questa popolazione era sicuramente quella nota come “Jeaga” o “Jaega”, il cui significato del nome è ancor oggi sconosciuto, anche se alcuni studiosi ritengono che “Yay-gah” sia il loro nome originario; siccome questi gruppi sono classificati in base ai nomi ed alle posizioni con le altre tribù della Florida centro-orientale, il loro territorio era nelle zone del fiume Jupiter (Palm Beach County), presso il litorale atlantico della penisola, dove praticavano la pesca. Dei loro insediamenti conosciamo ben poco e dei nomi di questi villaggi non sappiamo con certezza se appartenevano ai Jeaga o ai Tekesta.
E’ probabile che questi indiani si siano poi fusi con gli Ais e i Tekesta, migrando infine a Cuba. Per quanto riguarda la loro valutazione numerica brancoliamo nel buio più profondo. Risalendo verso nord il Dickinson entrò nelle terre degli Ais, raggiungendo il villaggio di “Jece” e, poco dopo, il villaggio principale della tribù, localizzato in prossimità dell’odierna Vero Beach e sull’Indian River. Il 2 novembre giunsero al villaggio il capo e 12 soldati spagnoli, i quali furono “molto gentili, ma si mostrarono particolarmente duri con gli indiani”. Sotto la scorta spagnola gli inglesi raggiunsero un isola paludosa, posta nelle vicinanze dell’odierna Cape Canaveral. Gli indiani Ais, il cui significato del nome è ancor oggi sconosciuto, erano anche conosciuti come “Jece”; gli spagnoli li chiamavano “Ees”, ma altre ortografie erano “Ayz”, “Ays”, “Aiz” e “Hazz”. Secondo il Mooney, verso la metà del XVII secolo, gli Ais, i Tekesta, i Jeaga e i Guacata, non avrebbero superato il migliaio di individui, ma gli Ais erano sicuramente i più numerosi. Questi ultimi, i Guacata, il cui significato del nome è sconosciuto, erano stanziati nei pressi del fiume St. Lucie e nell’odierna Palm Beach County. Ricordati dal Fontaneda come stanziati sulle coste orientale del lago Okeechobee, vivevano prevalentemente sulle coste atlantiche, ma non possiamo escludere che le loro terre giungessero fino al grande lago. Quando il Menendez sconfisse gli Ais, grossi gruppi di questa tribù si sarebbero stabiliti proprio nelle terre dei Guacata, che da allora presero il nome di “St. Lucie”. Quando il Dickinson incontrò i Guacata, questi erano ancora una popolazione libera e indipendente, ma successivamente avrebbero dovuto amalgamarsi con le altre popolazioni della zona e avrebbero poi raggiunto Cuba intorno al 1763. Nessuna valutazione numerica è stata effettuata su di loro. L’11 novembre gli inglesi furono accolti in due villaggi della tribù Timucua dove uno spagnolo “ci disse che l’anno precedente un gruppo di naufraghi olandesi erano stati uccisi e mangiati in uno di questi villaggi”; poi avrebbero raggiunto il territorio degli “Agua Dulce”, un gruppo variante dalle 7 alle 9 bande di etnia Timucuan e strettamente imparentati con gli Acuera dell’interno; il loro territorio si estendeva lungo il litorale atlantico tra Cape Canaveral e St. Augustine.
Alcuni dei loro villaggi vennero notati dal Fontaneda e chiamati “Mayaca” e “Mayajuaca”. Infine, il 15, poterono entrare in St. Augustine, accolti amichevolmente dalle autorità spagnole. Il giorno 29, scortati da alcuni soldati, gli inglesi si misero nuovamente in marcia verso nord, accampandosi nei villaggi indiani incontrati e nelle varie postazioni militari; giunsero alla postazione di St. Mary all’inizio di dicembre, poi si accamparono nel St. Catherine Sound (Georgia). Continuando verso nord il 18 dicembre entrarono nelle terre del Savannah River e si accamparono nel Calibogue Sound, infine entrarono nel South Carolina per essere accolti dagli inglesi Blake e Margaret Beamor, grandi latifondisti che avevano in mano una piantagione proprio sul confine con la Georgia. Il 18 marzo 1697 Jonathan Dickinson e la sua famiglia, affiancato da Robert Barrow, lasciava il South Carolina veleggiando alla volta di Filadelfia, per raggiungerla 14 giorni dopo, il aprile 1697. Il Dickinson avrebbe avuto ben quattro figli ed avrebbe prosperato in quella città dove divenne “Mayor” (sindaco) per ben due volte, nel 1712-13 e nel 1717-19, e vi morirà nell’anno 1722.

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