Il pifferaio magico di Deadwood

A cura di Luca Barbieri

Il “pifferaio” a Deadwood
Pare che la Deadwood dei primordi, in modo non dissimile da moltissime altre città di frontiera, fosse letteralmente zeppa di topi, probabilmente imbarcatisi clandestinamente dentro i carri diretti nelle Black Hills.
Come nella leggendaria Hamelin la questione provocava non pochi disagi agli abitanti, soprattutto a quelli di sesso femminile e, non disponendo di alcun pifferaio magico a portata di mano, la soluzione più appropriata sembrò essere quella di utilizzare un nemico storico del ratto: il felino.
Purtroppo, però, a Deadwood c’era una drastica carenza di gatti, per cui le donne della città vissero assediate da questi non troppo simpatici animaletti dalla lunga coda e dal pessimo carattere fino a che un ingegnoso imprenditore del luogo non si fece venire una splendida idea.
Costui, tenendo fede al mito che vuole gli USA terra di opportunità, partì alla volta di Cheyenne, dove convinse una banda di volenterosi ragazzini a catturare per lui gran parte dei gatti randagi della città.


Deadwood: affollamento lungo la main street

Glieli pagava ben 25 centesimi l’uno, cifra non disprezzabile, cosicché, in breve, le strade di Cheyenne vennero svuotate dei loro ospiti migliori, forzatamente costretti a traslocare sessanta miglia più a Nord.
A Deadwood sembra che ne giunsero 82 (qualcuno si perse per strada, affogò nei torrenti o cercò rifugio nei tepee Lakota), tutti immediatamente venduti con prezzi oscillanti tra i 10 e i 25 dollari ciascuno, con un margine di guadagno da capogiro.
Una strada secondaria della cittadina
L’identità di questo astuto affarista rimane un mistero (forse tenne nascosto il suo nome per motivi fiscali), ma ciò che importa è che a causa sua i topi di Deadwood dovettero rinunciare ad una vita di comodo ozio nel letame cittadino.
C’è chi sostiene che, proprio grazie a questo episodio, i bordelli (“brothels” in inglese) in gergo divennero “cathouses” (e cioè “case del gatto”), ma non è così: “gatte” è il nomignolo con le quale le prostitute venivano soprannominate già nel quindicesimo secolo in Inghilterra (con una palese allusione ai loro genitali), tanto che in un dizionario del 1670 si legge, alla voce “cat”: “a common whore”.
Per cui “cathouse” altro non è che la “casa delle gattine”.
Con buona pace dei sorci di ogni genere e taglia.

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