Al confine della legge

A cura di Luca Barbieri
Dave Mather
E’ noto come nella Frontiera americana il confine fra il ruolo del “buono” (lo sceriffo) e quello del “cattivo” (il fuorilegge) fu assai meno netto e definito di quanto non pretendano pellicole cinematografiche o icone fumettistiche: Henry Plummer esercitava funzioni di Marshal a Bannack (Montana) mentre, nel contempo, guidava una banda di efferati criminali; Henry Newton Brown è passato alla storia per aver compiuto una sanguinosa rapina in banca a Medicine Lodge (Kansas) mentre era Marshal a Caldwell, da dove si era allontanato con la scusa di dover catturare un assassino fuggito verso l’Oklahoma, e, in precedenza era stato coinvolto insieme all’amico Billy the Kid nell’omicidio dello sceriffo Brady a Lincoln nel New Mexico.
Dave Mather, Deputy Sheriff della contea di Ford, Assistant Marshal di Dodge City e infine agente della “Royal Mounted Police” canadese, è stato descritto nelle cronache locali come un uomo “molto malvagio, un assassino di assassini”, e si diceva che avesse sulla coscienza “un maggior numero di morti di qualunque altro pistolero del West”.
Un’esagerazione, certo, ma indicativa della sua pessima reputazione; e, infine, i fratelli Dalton, celeberrimi fuorilegge, avevano iniziato la loro carriera dalla parte della legge: Frank, infatti, venne ucciso in servizio nel 1887.
Meno famosi ma altrettanto interessanti sono i casi di William “Bully” Brooks e Timothy Isaiah Courtright meglio noto come “Long-haired Jim”; vediamoli nel dettaglio.


La banda Dalton alla fine della pista

William “Bully” Brooks
A causa del nome di battesimo e della sua attività di cacciatore di bisonti al servizio della ferrovia, venne chiamato per un certo tempo “Buffalo Bill”, ma il soprannome venne presto eclissato da quello del ben più famoso William Cody. Probabilmente per agevolare l’omonimia, Brooks portò per un certo tempo pizzetto e cappelli lunghi, proprio come Cody; l’abitudine di portare due Colt Navy allacciate ai fianchi, invece, pare l’avesse copiata da Wild Bill Hickok.
Un raro ritratto di Billy Brooks
Brooks fece comparire il suo per nulla statuario metro e sessantaquattro centimetri di statura nella violentissima città di Wichita, anno 1870, impiegandosi come conducente di diligenze a sei muli presso la Southwestern Stage Company con lo scomodo incarico di fare servizio verso Newton, un pugno di case nate intorno a un fiorente commercio di bestiame e tiranneggiate da gang malavitose attirate come mosche dalla quantità di denaro che girava tra le mani degli abitanti. Per staccarsi di dosso queste fastidiose zecche era necessario un Marshal capace, e la carica venne offerta a quel ragazzotto scaltro e ambizioso che spuntava ogni giorno in paese a cassetta della sua diligenza trainata da muli e che aveva avuto più di un’occasione per dar sfoggio della sua grinta da vero duro. Brooks accettò e prese servizio il primo Aprile a una paga di 75 dollari al mese.
Inizialmente venne affiancato da un immigrato di origini tedesche, Charles Baumann, un individuo dotato di una freddezza glaciale che si rivelò un aiuto prezioso; sfortunatamente dopo qualche settimana venne messo fuori causa da una brutta ferita alla coscia rimediata durante uno scontro con un mezzosangue ubriaco, e Brooks rimase da solo. Il 9 Giugno venne convinto a cambiare aria da uno spiacevole episodio che lo lasciò piuttosto malconcio. Intervenuto a sedare una delle numerosissime risse in uno degli altrettanto numerosi saloon del paese, Brooks venne ferito a una spalla da uno dei cowboys ubriachi che stava scortando fuori paese. Si trattava di texani, naturalmente. Pur ferito, ugualmente lo sceriffo inseguì il gruppo in fuga venendo però colpito altre due volte; si vide dunque costretto ad abbandonare la caccia. Il quotidiano locale, l’Eagle, celebrò a grandi lettere la sua eroica sebbene sfortunata impresa (“Bill ha sabbia sufficiente per battere la clessidra che scorre implacabile”, titolava il giornale alludendo all’ineluttabile scorrere del tempo), ma a Brooks dovette sembrare un po’ poco per rischiare la sua pelle in quel sobborgo remoto, e si trasferì prima a Ellsworth e poi a Dodge City. Per essere uno che aveva abbandonato un luogo pericoloso, aveva avuto pessimo fiuto a scegliere quelle due città, tra le più turbolente d’America. In particolare la seconda, all’epoca in cui vi soggiornò Brooks e cioè a cavallo tra il 1872 e il 73, era un calderone ribollente di criminali e tagliagole, privo di una polizia organizzata. Addirittura non si riesce a stabilire con precisione chi fosse il Marshal cittadino in quel periodo; probabilmente l’incarico era ricoperto da Jack Bridges, ma le cronache giudiziarie sono assai vaghe sulla questione, il che è sintomatico della situazione. Comunque sia, Brooks accettò l’offerta di assistente Marshal e si insediò in città. Per quale ragione un uomo dovrebbe lasciare un incarico di Marshal perché ritenuto troppo pericoloso e accettarne uno da assistente in una città ancor più turbolenta della precedente è un fatto chiarissimo se analizzato alla luce dell’attività che Brooks mise in piedi a Dodge City.


Dodge City

Evidentemente non si trattava di una questione di rischio in quanto tale, ma di quanto veniva pagato quel rischio; e allora il nostro pistolero decise di passare dall’altra parte della barricata: da “bianco” a “nero”, appunto.
Brooks si mise in società con un personaggio losco, un ex truffatore irlandese di nome Sullivan che a Dodge City gestiva un saloon e altri affari poco puliti; a conti fatti, “Bully” doveva fornirgli protezione e tenergli lontani i guai, facendo leva sia sulla stella appuntata sul petto sia sulla sua Colt. Il fatto più eclatante accadde il 20 Novembre 1872 quando alcuni texani che avevano perso grosse somme ai tavoli da gioco, fiutando qualche irregolarità (e, probabilmente, con giusta ragione), si rifiutarono di onorare i debiti contratti e cercarono di lasciare il locale con i loro soldi in tasca. Sullivan, per tutta risposta, sfilò una carabina a leva da sotto il bancone e perforò la testa di uno dei cowboys. Brooks ne atterrò un altro e mise in fuga i superstiti, dimostrando di meritarsi la paga.
La fama di Brooks crebbe rapidamente: un giovane cacciatore di bisonti di nome Henry Raymond raccontò a un giornalista di Dodge City che al suo arrivo in città la prima cosa cha attirò la sua attenzione fu una piccola folla attorno a un uomo seduto a un tavolo da gioco; “l’uomo mi dava le spalle”, riferì Raymond, “ma vidi che portava due grosse pistole al cinturone. Più tardi seppi che era Bill Brooks, noto giocatore e delinquente”.
Intorno a Natale Sullivan ricevette uno sgradito dono, un colpo di pistola esploso attraverso una finestra aperta che mise fine ai suoi giorni. Il Daily Commonwealth di Topeka, per qualche ragione ignota, puntò il dito contro Brooks, seguito a ruota dal resto dell’opinione pubblica. “Si suppone che l’assassino sia un tipo noto come ‘Bully’ Brooks”, così afferma il Daily nell’edizione del 31 Dicembre 1872, “ma non c’è niente di sicuro sulla sua identità, né sulle cause del delitto.” Non essendoci chiare prove a suo carico, sembra proprio che si voglia addossare la colpa a Brooks in virtù dei suoi trascorsi poco puliti. Il definitivo tramonto dell’icona dell’eroico sceriffo che diede la caccia a un gruppo di fuggitivi pur gravemente ferito viene sancita dallo stesso quotidiano che l’aveva creata un paio d’anni prima, l’ Eagle di Wichita, che scrive queste parole: “Brooks è un uomo pronto a tutto, che ha già ucciso molte altre volte”.
Poco più tardi Brooks tornò agli onori delle cronache per una sparatoria con un certo Henry Brown, ex-guardiano a Newton, a causa di una giovane prostituta, la diciannovenne Jessie meglio nota con il nomignolo di “Captain Drew”; Brown, che aveva portato via l’affetto della ragazzina a Brooks, si prese in cambio due proiettili in corpo ma non morì affatto, come invece scrissero diversi quotidiani.


Wichita, città violentissima

Nel 1874 Brooks si scrollò di dosso anche l’ultima patina di legalità e si diede ufficialmente al furto di cavalli, finendo però poco dopo in manette nel carcere di Wellington. La notte del 30 Luglio un manipolo di uomini circondò la prigione. Pur non avendo nemici talmente accaniti da volerlo vedere morto, Brooks venne strappato dagli improvvisati vigilantes fuori dalla sua cella e trascinato fino a un grosso albero che fiancheggiava la strada per Caldwell; e lì venne impiccato. Fu vittima, come moltissimi prima e dopo di lui, del desiderio di violenza che ardeva nelle viscere degli abitanti della Frontiera e che li spingeva ad avventarsi come lupi su coloro che la Legge aveva indicato come indesiderabili. Il Summer Country Press ci fornisce un resoconto dettagliato della vicenda, soffermandosi sul fatto che “i lineamenti (del volto di Brooks, n.d.A.) erano contratti e resero evidente una terribile lotta contro la morte, mentre gli altri avevano un aspetto naturale, quello di chi muore senza far resistenza.” Gli “altri” menzionati dall’articolo sono Charlie Smith, suo compagno di razzie, e un certo avvocato Hasbrouck, impiccato semplicemente perché si trovava chiuso in cella con loro. Il fatto che i giornalisti insistessero sulle implorazioni di Brooks per essere risparmiato quadrano con l’immagine che di lui si voleva dare negli ultimi tempi, ben distante da quella che si era forgiato a Newton: quella del vigliacco. Molti quotidiani, ad esempio, enfatizzarono quel che accadde il 4 Marzo 1873 a Dodge City quando Kirk Jordan arrivò a cavallo in città, sfilò dalla sella la lunga carabina che usava per abbattere i bisonti, si sedette sui gradini di un saloon e attese l’arrivo di Brooks, col quale aveva qualche conto da regolare. Il pistolero, all’epoca ancora assistente Marshal, invece di affrontare il cacciatore di bisonti, appena si accorse della sua presenza, si tuffò dietro un barile d’acqua. Jordan sparò lo stesso, ma l’enorme proiettile si limitò a frantumare le assi di legno del barile. La leggenda vuole che il Marshal cittadino abbia poi costretto i due a stringersi la mano e che la questione sia stata risolta con una bevuta al saloon; altri sostengono che Jordan, fallito il colpo, si sia dato alla fuga. Quel che conta è che la reputazione di ammazzasette di Brooks era uscita molto infangata da questo episodio; il fatto che sia stato poi dipinto come vigliacco di fronte alla morte, a prescindere che fosse vero o meno, non deve perciò stupirci più di tanto.

Timothy Isaiah Courtright
Paradossalmente la fotografia più famosa di Timothy Isaiah Courtright, scattata durante il suo servizio come Marshal di Fort Worth, lo ritrae come un uomo dall’aria decisa, scavato in volto, con baffi e pizzetto accuratamente spuntati e capelli corti. Dico paradossalmente perché questo personaggio è passato alla storia con il soprannome di “Long-haired Jim”.
Jim Courtright
Le cronache dell’epoca lo descrivono come abbastanza alto per la media, con (appunto) lunghi capelli sciolti sulla schiena, e mano destra lievemente paralizzata da un incidente, fatto che comunque non gli impedì di farsi un nome come abile pistolero.
Nato nel 1848 in Iowa, Courtright ebbe il tempo di partecipare per brevissimo tempo alla Guerra di Secessione, proprio negli ultimi mesi del conflitto, ricoprendo incarichi di esploratore e guardiamine; i maligni sostennero che mise a frutto questo ridotto lasso di tempo di permanenza nell’esercito per esercitare le sue innate doti di truffatore e ricattatore, ma non essendoci prove a sostegno di queste ipotesi è meglio liquidarle come pure e semplici dicerie. La prima volta che i quotidiani spesero pubblicamente il suo nome fu qualche anno dopo, nel 1876, quando accettò l’incarico di Marshal nella caotica cittadina di Fort Worth e raggiunse un piccolo ma significativo record: fu il primo uomo a mantenere quell’incarico per più di tre mesi di fila. Courtright venne descritto come uomo dai nervi d’acciaio, calmo e glaciale, capace di ispirare lealtà e fiducia nel prossimo. Un quadro piuttosto lusinghiero, che però sorvola su alcune pecche come ad esempio il fatto che “Long-haired” fosse eccessivamente indulgente con i suoi vice, chiudendo un occhio, se non tutti e due, sulle loro scappatelle in saloon e bordelli durante le ore di servizio. Nel 1879 Courtright decise di appendere la stella al chiodo e diresse il suo cavallo verso il New Mexico, fermandosi nella cittadina di Silver City e trovando lavoro come guardiano presso una locale compagnia mineraria, la American Mining Company. L’incarico che accettò pare nascondesse ben altre intenzioni, tanto che ben presto cominciò a circolare la voce che Courtright fosse implicato insieme a un suo collega, Jim McIntire, nei misteriosi omicidi di alcuni criminali messicani. Il quadro è fumoso: forse i due agirono con troppa determinazione per proteggere gli interessi della compagnia per la quale lavoravano eliminando dei pericolosi ladri o forse decisero semplicemente di togliere di mezzo la concorrenza e di avere così campo libero nell’alleggerire le casse contenenti l’argento estratto dalle miniere. Fatto sta che finchè si trattò di messicani la legge lasciò correre, quando a sparire furono due allevatori texani, invece, l’inchiesta si fece pressante e i due soci decisero di cambiare aria. Courtright tornò a Fort Worth e avviò un’agenzia investigativa dal nome T.I.C. (e cioè Timothy Isaiah Courtright) Detective Agency; per ragioni ignote cominciò anche a farsi chiamare Jim. Forse per depistare chi lo stava braccando per i fatti di Silver City. Ma se l’intento era questo, fallì miseramente perché i Texas Ranger prima acciuffarono McIntire a Wichita poi individuarono lui a Fort Worth. Il 17 Ottobre 1884 alcuni Rangers contattarono Courtright chiedendogli collaborazione per rintracciare degli evasi: doveva controllare alcune fotografie e riferire se aveva visto bazzicare da quelle parti qualcuno di quei ceffi; l’appuntamento era stato fissato nel pomeriggio al Ginocchio Hotel. Niente di cui preoccuparsi, dunque, ma Courtright, diffidente per natura, chiese comunque a un amico, il vice-sceriffo Maddox, di accompagnarlo.


I temuti Texas Rangers

Fu un’ottima idea perché Maddox, allontanato con una scusa mentre “Long-haired” veniva arrestato, fiutò il marcio sotto la copertura dei Rangers e corse a chiedere aiuto. Molti dei cittadini di Fort Worth non avevano scordato quanto Courtright aveva fatto per loro qualche anno prima e, aizzati da Maddox, circondarono l’hotel e reclamarono la libertà del loro ex Marshal. I Rangers, comunque, non erano tali per nulla e riuscirono ugualmente a sgusciare tra le maglie della brava gente di Fort Worth e a portar via il prigioniero. Il tentativo di liberarlo, però, fu solo rimandato. La sera del 19, due giorni dopo il suo arresto, Courtright chiese di poter cenare, sotto scorta, al Merchants Restaurant, e venne accontentato. Mentre mangiava, gli cadde il tovagliolo dal tavolo e lui, cortesemente, chiede a una guardia se poteva raccoglierlo; quella lo mandò al diavolo e gli rispose di prenderselo da solo. “Long-haired”si chinò con noncuranza e si rialzò con due Colt in mano al posto del tovagliolo. Dopo pochi minuti era in fuga in sella a un buon cavallo tra gli applausi dei suoi sostenitori. Pendleton, procuratore della contea, dichiarò al Gazette di Fort Worth che a Courtright era stato servito “pesce lessato, crostini con le quaglie e, per dolce, pistole sotto il tavolo”. La tetra ironia con la quale prese la fuga del pistolero mascherava una rabbia furibonda per come i suoi agenti si erano fatti fregare con un trucco banalissimo come quello di sistemare delle armi legate sotto il pianale della tavola. Courtright rimase latitante un paio d’anni, probabilmente nascondendosi nella tentacolare New York dove trovarlo sarebbe stato pressocchè impossibile; ci rimase, per essere precisi, fino al definitivo proscioglimento dalle accuse che gli erano state mosse per i fatti di Silver City, dopodiché fu libero di tornare nella “sua” Fort Worth. Riaprì l’agenzia investigava e tornò ai suoi precedenti affari, quali fossero, finendo però per imbattersi in un nuovo e imprevisto ostacolo: Luke Short, il pistolero dall’elegante cilindro sulle ventitré, reduce dalla “guerra” di Dodge City e in cerca di freschi e più propizi affari. Come detto, pare che l’agenzia investigativa fosse per “Long-haired” Jim niente più che una efficace copertura per la sua vera attività di “pizzo” nei confronti degli esercizi commerciali della città: soldi in cambio di protezione; Short, che aveva aperto in città il White Elephant Saloon in società con l’amico Jake Johnson, evidentemente non digerì la cosa e, di fronte alle offerte di Courtright, replicò che “poeva andarsene anche all’inferno”. I due erano stati amici un tempo, ma denaro e amicizia non sono due buoni compagni di letto e, fatalmente, il diverbio degenerò.
Il Gazette del 10 Febbraio 1887 riporta che la sera dell’8 Courtright entrò nel White Elephant e, dopo aver confabulato un momento con Johnson, entrambi uscirono in strada, chiamando poi anche Short. Si fermarono a discutere di fronte al tiro a segno di Ella Blackwell e Courtright chiese a Luke di saldare un debito. I due erano in piedi a poco più di un metro l’uno dall’altro, Luke teneva i pollici nelle imboccature delle maniche del panciotto, “poi ha lasciato cadere le mani e ha detto: ‘Non hai bisogno di tirare fuori la pistola, Jim’ e ha sollevato il panciotto per far vedere che non era armato.


Fort Worth in una vecchia mappa

Allora Courtright ha estratto la pistola, e anche Luke, poi hanno cominciato a sparare.” Dai resoconti pare dunque che sia stato “Long-haired Jim” a dare inizio alle danze, oltretutto in modo piuttosto subdolo, approfittando dell’apparente assenza di armi alla cintura di Short (che però teneva la pistola ben nascosta); non riuscì nel suo intento di stendere l’avversario esclusivamente per un gigantesco colpo di sfortuna: la sua Colt si inceppò nel momento dello sparo. Luke Short ebbe così tutto il tempo di prendere la sua arma, mirare, ed esplodere cinque colpi all’indirizzo di Courtright (uno per metterlo fuori causa e altri quattro mentre era già a terra, per liberarsene definitivamente).
La storia di “Long-haired Jim” si conclude quindi nella polvere di una strada di Fort Worth; a Short, arrestato dopo l’omicidio, venne comminata una multa di duemila dollari, quindi venne rilasciato.

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