Il generale Forrest e il Ku Klux Klan

A cura di Gaetano Della Pepa


Il 28 Agosto 1868 il Cincinnati Commercial, uno dei tanti giornaletti di provincia che contribuiscono a propagare la fama del Klan anche al di fuori del profondo Sud, pubblica questa interessante intervista col generale Nathan Bedford Forrest.
Domanda: Generale, noi gente del Nord abbiamo sempre considerato il Klan come un’organizzazione esistente solo nella fantasia esaltata dei politici. Ma è vero?
Risposta: Tutt’altro.Questa organizzazione esiste nel Tennessee ed in altri Stati del Sud, e le voci sulla sua consistenza numerica non sono certo esagerate.
D: Lei può dirci allora quanti sono i membri del KKK?
R: Quarantamila nel solo Tennessee. Cinquecentomila nel complesso degli Stati del Sud.
D: Posso chiederle, generale, qual’è la caratteristica principale di questa organizzazione?
R: Si tratta di una organizzazione protettiva, polita e militare.
D: Può dirmi il nome dell’Ufficiale che comanda il Klan in questo Stato.
R: No, non sarebbe politicamente opportuno.
D: Ma insomma,secondo lei è possibile un conflitto fra il Klan ed altre forze?
R: Certo, se la milizia cercherà di mettere in atto i truculenti proclami del governatore Brownlow, e di sparare a vista sugli uomini del KKK, cioè su tutti i veri sudisti. Se il governatore si metterà a dare la caccia a questi uomini e a sparare su di loro, allora sarà la guerra, una delle guerre più sanguinose che si siano viste finora. Ho già spiegato ai radicali di questo Stato che cosa si prepara per loro. Non ho abbastanza polvere da sparo da sprecare per tirare ai negri. Il mio obbiettivo è di sterminare i radicali. L’ho già detto, e lo ripeterò ancora: non c’è in questa città un capo radicale il cui destino non sia già segnato…Se vi saranno dei disordini, neanche uno di costoro sopravviverà…Sia chiaro tuttavia che io sono contrario per principio a qualsiasi guerra, e che mi batterò solo per difendermi. Se la milizia ci attacca, resisteremo fino all’ultimo uomo. Ma, in caso di bisogno, sono convinto che potremmo mobilitare 40 mila uomini armati del Klan in soli cinque giorni…


Una tragica processione del Klan
D: Generale, lei pensa che il KKK rappresenti una forza positiva per lo Stato?
R: Senza alcun dubbio. Da quando il Klan si è organizzato, le varie leghe tipo Union League hanno smesso di aggredire e assassinare la nostra gente. Ci sono stati, è vero, dei giovanotti idioti che si sono mascherati e sono andati in giro a cavallo per spaventare altri idioti negri. Sono stati subito impartiti ordini adeguati per farli smettere, e infatti la cosa è finita. Vi posso anche annunciare che tre membri sono stati giustiziati dalla Corte Marziale e fucilati: erano stati riconosciuti colpevoli di aver molestato la gente e di aver commesso reati contro la proprietà.
D: Generale, lei è un esponente del Ku Klux Klan?
R: No. Ma gli esponenti del Klan mi sono personalmente simpatici ed io sono intenzionato a collaborare con loro.

Come si vede, sia l’intervista che le risposte di Forrest non sono casuali: il fatto che egli tenga le file della setta è probabilmente già noto, non solo, ma Forrest deve ormai ritenere che il Klan sia una forza politica e di pressione tale da aver tutto da guadagnare da questo tipo di pubblicità.
L’importanza storica dell’intervista è notevole anche perchè è molto fitto il mistero che regna agli inizi sulla scelta del Grande Stregone dell’Invisibile Impero. In realtà pochi giorni dopo la storica riunione di Nashville viene investito della suprema carica un personaggio che per il suo passato e per i suoi ideali può rappresentare meglio di ogni altro l’anima del Vecchio Sud. E’, appunto, il generale Nathan Bedford Forrest, in giovinezza proprietario di piantagioni, poi mercante di schiavi, infine uno dei più brillanti comandanti dell’esercito confederato. Memorabili sono alcune delle cariche dei suoi reparti di cavalleria con sempre Forrest in testa (interessante sarebbe un esame comparato delle gesta di questo personaggio con l’altro non meno eclettico ufficiale di cavalleria nel campo avversario (Custer).


Affiliati al Ku Klux Klan
La fine della guerra ha lasciato Forrest amareggiato e sbandato, come tanti altri esponenti della sua casta. Per tentare di resuscitare le antiche fortune, si è lanciato con un certo successo prima nel boom delle nuove linee ferroviarie e poi nel ramo delle assicurazioni. Ma nessuna di queste imprese riesce a suscitare in lui quell’entusiasmo e quella carica ideale che ai suoi occhi devono caratterizzare l’esistenza di un nobile sudista.
L’autore del sodalizio tra Forrest ed il Klan, dopo la riunione di Nashville (Aprile 1867), è il generale Gordon, “padre” del “manifesto” del KKK (un tipo alla Miglio) e appena nominato Gran Ciclope. Dopo il primo incontro, Gordon e Forrest partono insieme per una ispezione nelle varie sezioni del Klan del Tennessee. Non è trascorso un mese, e già Forrest si dichiara pronto a guidare la crociata contro i negri e sopratutto contro il governatore Brownlow, che togliendo il diritto di voto agli ex confederati ha facilitato una schiacciante vittoria dei repubblicani nelle elezioni di primavera.
La leadership di un uomo come Forrest, e la presenza di tanti ex generali come lui, danno al Ku Klux Klan l’impronta di una vera e propria organizzazione paramilitare, visibile sia nella tecnica delle “spedizioni” che nelle parate propagandistiche succedute numerose dopo quella tenuta a Pulaski.
Forrest – scriverà Allen W. Trelease, storica – era un uomo di grande immaginazione, pronto a correre qualsiasi rischio per una causa che ai suoi occhi appariva nobile, e in più dotato di un senso della misura che in genere (ma non sempre) caratterizzò anche il suo esercizio del potere, facendo di lui l’incarnazione perfetta degli ideali cavallereschi del Sud e il leader più adatto per la donchisciottesca crociata che il KKK si proponeva.
Ancor prima che egli diventi Grande Stregone, il mito di Forrest è già tale da affascinare i suoi grandi elettori e le loro dame. Si sa in guerra “ben quindici cavalli sono morti sotto di lui, nelle varie battaglie”. Forrest amava ripetere che la formula classica per conquistare la vittoria era “arrivare primi, con più soldati possibile”. Oltre al suo ben noto coraggio, non gli mancano referenze ben più specifiche: fra queste, il suo passato di fortunato mercante di schiavi a Menphis e la carica nella quale le sue truppe avevano massacrato i soldati negri che si erano arresi nella battaglia di Fort Pillow.
Tre anni più tardi da quell’intervista, nel 1871, Forrest verrà convocato a testimoniare sulle sue attività davanti ad una commissione del Congresso. Ciò prova come egli fosse ritenuto anche ufficialmente il capo supremo del Klan, che peraltro a quell’epoca era già stato disciolto dallo stesso Forrest. Di fronte alla commissione, il generale si mantiene quanto mai vago e contraddittorio nel descrivere la propria attività e quella che era stata la reale organizzazione del Ku Klux Klan.


Una parata di affiliati al Klan
Pur tuttavia afferma di “… continuare ancora a ricevere almeno 150 lettere al giorno e di avere un segretario particolare che lavora a tempo pieno solo per rispondere…” Agli inquisitori che chiedono ragguagli sulla nascita del Klan, Forrest traccia questo quadro della situazione: ” Il nostro Stato (Tennessee) cominciava ad essere invaso ogni giorno di più da gente venuta dal Nord. Costoro si costituivano in Leghe. I negri organizzavano riunioni notturne, andavano e venivano a loro piacimento, diventavano sempre più insolenti, al punto che l’inquietudine cresceva fra tutta la gente del Sud…Ricordo che per fronteggiare questa situazione si costituirono dei gruppi, alcuni addirittura senza nome, ma tutti intenzionati a far fronte a qualunque eventualità, nel caso fossero attaccati…Donne bianche era state violentate da alcuni di quei negri, che vennero condannati ed imprigionati, ma liberati pochi giorni dopo…C’era molta, troppa insicurezza nel paese. Ritengo che quella organizzazione chiamata Ku Klux Klan sia stata creata con lo scopo specifico di proteggere i deboli…”
Questo era quanto affermava Forrest difronte alla commissione. Ma nell’estate del 1868, quando Forrest rilascia la sua bellicosa intervista al Cincinnati Commercial, la situazione era ben diversa ed in tutto il Sud. Il terrore degli incappucciati dilagava, in parte anche perchè i singoli Klan agivano in totale autonomia. Uomini e giovanotti negri sono i bersagli abituali, ma non mancano rapporti su donne violentate e ragazzi affogati. La frusta è la punizione normale: un negro del Tennessee, una notte, ne subisce ben 900 colpi, e resta poi storpio per sempre. Non mi dilungo a narrarvi le “eroiche gesta dei Klansmen”. Sarebbe un lunghissimo elenco di efferati eventi sanguinosi.


Nathan Bedford Forrest
Forse a determinare la sconfitta del KKK di quel periodo furono proprie le violenze perpetrate e l’intervento della milizia e l’emanazione di ben tre Enforcement Acts che passeranno alla storia come “Leggi contro il Ku Klux Klan. Nell’estate del 1869 fu fatto circolare un documento di Forrest. Trattasi di un lungo proclama firmato dal Grande Stregone in persona ed inviato a tutti i sudditi dell’Invisibile Impero, attraverso i canali dell’organizzazione. Il documento riassume gli articoli della legge marziale espressamente diretti alla distruzione del Klan, e dichiara che l’Invisibile Impero ha in gran parte raggiunto gli obbiettivi per i quali era stato creato “… apportando sicurezza ed aiuto a numerosi cittadini e operando nel pubblico interesse…”. “Tuttavia – prosegue il documento di Forrest – con grande rincrescimento di tutti i buoni cittadini, alcuni esponenti del Ku Klux Klan hanno disobbedito agli ordini: altri, ignoti e malfattori, usurpando il nome e le spoglie esteriori dell’organizzazione, si sono macchiati di atti di violenza, dei quali il Klan è stato ritenuto responsabile”. Il Grande Stregone Dell’Invisibile Impero “… nel pieno esercizio dei suoi poteri…” dichiara pertanto che l’organizzazione nota come Ku Klux Klan ha esaurito le sue funzioni e ne ordina lo scioglimento. Si prescrive ai suoi membri di bruciare tutte le insegne e le mascherature e di sospendere ogni riunione ed attività del Klan. Si raccomanda tuttavia agli ex Klansmen di seguitare in futuro, sia pure a titolo personale, ad assistere tutti i “buoni americani” nel compito di far rispettare le leggi e di reprimere l’illegalità. Il Klan, dunque, decreta ufficialmente la propria fine. E’ difficile dire se il documento siglato da Forrest sia sincero, o se invece si tratti di un artificio escogitato per meglio sfuggire sotto il profilo formale ai rigori della legge marziale. Una cosa è certa: nel Tennesse esso non ha efficacia immediata e meno che mai negli altri Stati del Sud, in molti dei quali, anzi, la “guerra privata” del Klan, sostenuta da certi esponenti democratici, aumenta d’intensità.


La tragica conclusione di un’azione del KKK
La successiva e momentanea scomparsa del Klan, tuttavia, non è dovuta soltanto all’azione all’azione degli Enforcement Acts e delle truppe federali. Come rileva un altro storico, Hodgson, “…il Klan era nato per mantenere la supremazia dei bianchi, e non fu che la riconquista effettiva di questa supremazia a farlo tornare nell’ombra…In futuro, ogni volta che nella storia degli Stati Uniti la supremazia dei bianchi apparirà nuovamente minacciata in certe aree o per certi motivi, si vedrà riapparire lo spettro del Ku Klux Klan”.

ALCUNI PROCLAMI

” Il Ku Klux Klan è stato creato per rigenerare il nostro sventurato paese e per riscattare la razza bianca dall’umiliante condizione in cui è stata recentemente precipitata dalla nuova repubblica. Il nostro principale e fondamentale obbiettivo consiste nel mantenimento della supremazia della razza bianca in questo paese. La storia e la fisiologia ci insegnano che noi apparteniamo ad una razza che la natura ha gratificato con una evidente superiorità su tutte le altre razze, e che il Creatore, in questo elevandoci al di sopra dei comuni standars della creazione umana, ha inteso affidarci un dominio sopra le razze inferiori, dominio al quale nessuna legge umana può derogare… E quanto più un’altra razza si avvicina ai negri africani, tanto più fatalmente il marchio dell’inferiorità si stamperà indelebile sui suoi figli, con ciò condannandoli irrimediabilmente all’eterna degradazione…Questa nostra America è stata fondata dalla razza bianca e per la razza bianca, e ogni tentativo di trasferire questo controllo sulla nazione a favore di razze inferiori come la negra va palesemente contro il volere divino e costituisce una violazione della Costituzione… L’uguaglianza sociale dovrà dunque essere bandita per sempre, perchè essa rappresenta un passo pericoloso verso l’uguaglianza politica o, peggio, verso i matrimoni misti e la produzione di una sottospecie di bastardi e di degenerati… Noi dobbiamo mantenere la purezza del sangue bianco, se vogliamo preservarlo al fine di quella naturale superiorità con la quale il Creatore ha voluto nobilitarci…I diritti dei negri dovranno essere riconosciuti e protetti con fermezza e liberalità; ma i bianchi dovranno conservare il privilegio di determinare quali sono questi diritti, giacchè lasciare questo diritto ai negri significherebbe in pratica sancire la loro uguaglianza…”


La croce in fiamme
IL CONVEGNO DI NASHVILLE

Dopo la fondazione del Covo di Pulaski altri ne sorgono in tutto il Sud. Il Klan di Pulaski, sia per la segretezza che circonda altri Covi, sia per le distanze e le diverse situazioni locali, perde fin dall’inizio il controllo degli altri Klan, che alla fine del 1866 sono già diverse decine e tutte con l’intento di continuare la CW concentrando le spedizioni punitive contro i negri e contro chi prendeva le loro difese. Le armi, come in ogni dopoguerra, non mancano a nessuno e persino la milizia speciale organizzata dal presidente Johhnson per rastrellare i Klansmen ricorre spesso a brutali violenze. D’altro lato la Union League, una speciale agenzia paragovernativa che avrebbe dovuto assicurare l’applicazione pratica delle leggi a favore dei negri e promuovere l’inserimento sociale degli ex schiavi, diventa sovente il paravento di attività illecite e di sopraffazioni di ogni genere, compiute da avventurieri bianchi o di teppaglia negra in cerca di vendetta. In questa situazione assai vicina all’anarchia, la legge della pistola regna suprema e accanto al KKK proliferano altre sette segrete come i Cavalieri Neri e i Giustizieri in Alabama, o i Cavalieri della Camelia Bianca in Louisiana. Le sommarie statistiche della violenza, a partire dalla fine della guerra civile a tutto il 1866, parlano di 33 negri assassinati dai bianchi nel Tennessee, 29 nell’Arkansas, 24 nella Carolina del Sud, 19 nel Kentuchy. Nel febbraio del 1867 il generale Joseph A.Mower descrive minuziosamente 70 casi di omicidio a danno dei negri, avvenuti in varie forme: dal linciaggio all’impiccagione, dall’imboscata alle battaglie tra bande di “giustizieri” bianchi e “resistenti” negri.
A questo punto, troppi e contrastanti motivi premono sulla struttura e gli scopi originari del Klan, imponendo un cambiamento. Da un lato i sei fondatori originari (Lester, Crowe, Kennedy, Jones, Reed, Mc Cord), o almeno alcuni di essi, appaiono disorientati di fronte all’impossibilità di controllare i Covi, che si moltiplicano in vari Stati del Sud, facendo della violenza e del crimine la loro unica attività. D’altro lato, nel Tennessee e altrove le forze del vecchio conservatorismo intravedono nel KKK una specie di esercito-fantasma da guerriglia, al quale affidare la lotta non solo contro i negri. Altri nemici sono i repubblicani, la Union League e, in ultima analisi, il governo federale ed il “nuovo ordine” uscito vittorioso dalla guerra civile. Il 1867 segna la svolta decisiva nei destini dell’organizzazione.


A volte la gente festeggiava gli affiliati al Klan
L’evento principale è l’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del Reconstruction Act. Questo “pacchetto” legislativo divide la maggior parte del Sud in cinque distretti militari, concedendo ai generali che li comandano amplissimi poteri, persino in campo giudiziario. Se i repubblicani nordisti cercavano un modo per esasperare i conservatori bianchi del Sud e per alimentare la loro volontà di resistenza, difficilmente avrebbero potuto trovarne uno migliore. Per tali ragioni il presidente Andrew Johnson oppose, inutilmente, una dura opposizione all’emanazione di quella legge. Nel Tennessee, in aggiunta a questo motivo di scontento e di rivolta, gli ex confedarati subiscono un torto ancor più bruciante: nel febbraio del 1867, a pochi mesi dalle elezioni, una legge speciale, piuttosto sconsiderata, toglie il voto agli ex seccessionisti confederati e lo concede in massa a tutti gli ex schiavi negri.


Andrew Johnson
Sullo sfondo di questi intrighi politici, che a volte assumono il sapore di una vendetta, c’è uno Stato impoverito e sconvolto dalla guerra perduta: ciò è drammaticamente vero sopratutto nel Tennessee centrale ed occidentale, dove la piccola borghesia bianca ha perduto denaro e schiavi, e sta ora per perdere completamente anche i propri diritti di rappresentanza politica. Per questa gente era già insopportabile l’idea che i negri acquistassero parità di diritti con i bianchi; ma ora si prospetta addirittura lo spettro pauroso di una rivolta armata negra, sul tipo di quella capeggiata nel 1831 in Virginia da Nat Turner. Lester, Mc Cord e gli altri fondatori del Klan di Pulaski si rendono conto, con un certo sgomento, di essersi comportati come aspiranti stregoni: hanno evocato quasi per gioco una forza oscura e sanguinaria, che ormai è sfuggita del tutto al loro controllo. E’ comunque necessario indire una riunione dei vari Klan per elaborare un nuovo statuto, che stabilisca gli obbiettivi dell’associazione. I consiglieri ai quali Lester e compagni si rivolgono per organizzare la riunione sono personaggi influenti: John C.Brown e Geroge W.Gordon, due tra i più giovani ex generali del disciolto esercito confederato. Brown è un notabile politico locale: suo fratello è stato governatore del Tennessee prima della guerra, e anche lui lo diventerà nel 1870, simboleggiando per i conservatori il ritorno al passato e la “redenzione” dal controllo repubblicano. Gordon, già generale a trent’anni, avvocato, aderente al Klan fin dai primordi, è l’artefice della sua organizzazione: tocca infatti a lui preparare il “documento base” per il grande meeting dei Klan, indetto per il mese di aprile del 1867.


La rivolta capeggiata da Nat Turner
Come sede di questo storico incontro viene scelta la città di Nashville, capitale del Tennessee. Tutto è organizzato con la massima segretezza. A cominciare dal 3 aprile i Klansmen arrivano alla spicciolata da tutto il Tennessee, dall’Alabama e da altri Stati, prendendo alloggio in alberghi diversi. Per una coincidenza non del tutto casuale, il 10 aprile, sempre a Nashville, inizia una convention politica: quella degli esponenti conservatori (cioè del partito democratico) che debbono scegliere i loro candidati alle prossime elezioni.
La data precisa della nascita del nuovo Ku Klux Klan rimane avvolta nel mistero. E’ certo invece che il nuovo statuto viene approvato nella stanza numero 10 del Maxwell House Hotel, e che il 10 aprile e nei giorni successivi esponenti del Klan si incontrarono più volte con esponenti conservatori. In certi casi, le stesse persone sono contemporaneamente affiliate al Klan e membri della convention: fra questi il socio fondatore Frank Mc Cord e il generale G. Dibrell, che verrà poi eletto Gran Titano. Lo “statuto” redatto da Gordon consiste in un preambolo e tre sezioni. Il preambolo è molto generico: “Noi riconosciamo la nostra relazione col governo degli Stati Uniti, le sue leggi costituzionali e l’Unione degli Stati che tali leggi regolano”. Generico, e quindi aperto alle più varie interpretazioni: giacché, nella comune opinione sudista, il Nord aveva violato lo spirito della Costituzione, e quindi il Sud era nel suo buon diretto quando cercava di resistere a questo abuso. La prima sezione specifica gli obbiettivi del nuovo KKK: protezione dei deboli e degli innocenti, difesa degli oppressi e di tutti coloro che subisco dei torti, soccorso dei poveri e dei diseredati, sopratutto delle vedove e degli orfani dei soldati confederati. Le altre due sezioni impegnano il Klan a difendere la costituzione e a proteggere i cittadini da qualunque “invasione”, illecita cattura o illecito processo da parte di chiunque non sia “il suo giudice naturale in conformità alle leggi vigenti nel paese”.


Il Klan a raccolta in Oklahoma
Alla luce del sangue che verrà versato e delle ingiustizie che saranno perpetrate dal Klan nei decenni successivi, lo Statuto di Nashville può apparire come uno dei documenti più ipocriti e menzogneri che mai siano stati approvati da un’assemblea. Ma non è escluso che i Klansmen che lo sottoscrivono siano in buona fede. Non bisogna dimenticare, infatti, che si tratta degli elementi più moderati: essi hanno voluto questo grande meeting proprio per porre un freno agli eccessi sempre più gravi che si commettono in nome del Klan. Ai loro occhi, la parola “invasione” ha un preciso riferimento, un unico valore: le attività dei governatorati militari imposti dal governo centrale agli Stati del Sud e le iniziative della Union League. Così, quando si parla di proteggere i cittadini da un’illecita cattura si fa un preciso riferimento ai bianchi colpiti da un mandato d’arresto per avere ucciso uno schiavo. Naturalmente, a nessuno dei partecipanti al raduno di Nashville è mai passata per la mente l’idea che un negro possa far parte dei deboli, degli oppressi, dei diseredati e dei bisognosi di protezione. Allo stesso modo, essi ritengono “incostituzionale” solo la forza federale quando essa si oppone all’ordine tradizionale sudista e “giudici innaturali” quelli venuti dal Nord. I bianchi che commettono crimini contro i negri finiscono molto raramente in giudizio, e se per caso arrivano ad essere giudicati da un tribunale vengono quasi regolarmente assolti. La visione del mondo nell’ottica predominante nella popolazione degli sconfitti Stati del Sud si traduce a Nashville nel logico tentativo di mettere in piedi la struttura di un occulto “Stato nello Stato”, retto dalle leggi del Ku Klux Klan. Questo stato viene definito “L’Invisibile Impero”, ed è a sua volta suddiviso in “Reami”(l’equivalente dei singoli Stati Federali), “Domini” (corrispondenti ai distretti congressuali), “Province” (contee) e “Covi”. Alla suddivisione territoriale corrisponde una analoga gerarchia, in una rigorosa piramide di poteri e di funzioni: il Grande Stregone dell’Invisibile Impero ed i suoi dieci Geni; il Grande Dragone del Reame e le sue otto Idre; il Grande Titano del Dominio e le sue sei Furie; il Grande Ciclope del Covo e i suoi due Falchi notturni. C’erano poi un Grande Monaco, un Grande Scriba, un Grande Scacchiere, un Gran Turco ed una Grande Sentinella.
Sempre nella riunione di Nashville, al di là dei documenti ufficiali si decide di mantenere al Klan le sue caratteristiche di mistero e di segretezza, oltre che le mascherature esteriori. Vengono anche stabilite con esattezza le dieci domande da rivolgere a tutti i nuovi adepti. Per poter essere accettati, i neofiti devono manifestare la loro netta opposizione ai radicali, all’esercito federale, all’uguaglianza tra negri e bianchi e alla Union League. I princìpi dello statuto di Nashville (in particolare il “Credo” di cui raccomando attenta lettura) troveranno pratica attuazione nelle successive azioni del Klan, con sanguinosa coerenza, in tanti momenti della storia del razzismo nordamericano. A Nashville, oltre a stabilire le alleanze politiche e la strategia immediata, viene presa anche un’altra importante decisione: quella di conciliare la segretezza delle affiliazioni con la maggiore pubblicità possibile alle imprese del Klan. E’ una decisione chiaramente politica e strategica insieme: si vuole che il Ku Klux Klan diventi ufficialmente una forza con la quale fare i conti, un potente deterrente contro i negri ed i radicali, e sopratutto contro quelli che si apprestano, per convinzione o per interesse, a votare contro i conservatori.


Una cerimonia di introduzione di un nuovo adepto
In questo nuovo spirito, il Gran Dragone del Reame del Tennessee dà ordine ai Giganti delle varie province di apprestare una impressionante parata in vari centri. Spettacolare fu quella di Pulaski, organizzata e diretta dal capitano Lester. Non è possibile sapere quanti fossero gli ex soldati confederati tra le file degli apocalittici cavalieri bianchi. I cronisti del tempo ritennero trattarsi di un numero abbastanza elevato considerata l’elevata disciplina militaresca della parata. Io mi fermerei. Non perchè mancano spunti o dati per continuare. La Civil War non è sfuggita all’inderogabile legge di tutte le guerre: esse non risolvono nessuno dei problemi che ne sono la causa, ma non fanno altro che sollevarne dei nuovi. Si potrebbe dire che la guerra di seccessione è un tipico esempio che conferma quella regola. Le sue cause, perlomeno quelle più importanti, erano state il problema dello schiavismo e quello dei rapporti tra gli Stati che costituivano la Federazione. Lo schiavismo era solo un aspetto di un problema più vasto, più complesso e più importante: il problema razziale. Ossia il seme per la nascita del nuovo problema del Ku Klux Klan.”

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