- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

La battaglia di Carthage (5 luglio 1861)

A cura di Antonio Gatti

La battaglia di Carthage – clicca per INGRANDIRE

Il Missouri era uno stato diviso e come tale si presentava all’irruzione della tempesta secessionista che sconvolse tutta l’America. Dal Missouri arrivarono nel 1854 quelle centinaia di “border ruffians” (come erano chiamati ai tempi) i filosudisti che misero a ferro e fuoco il Kansas, uccidendo, depredando, stuprando e commettendo qualunque nefandezza pur di impedire che l’elettorato del Kansas facesse passare una Costituzione anti-schiavista. Nel Missouri, però, c’era anche un forte sentimento unionista, specie nei ceti meno abbienti e nella ricca comunità di origini tedesche che popolava molti villaggi dello Stato.
I due personaggi politici missouriani che incarnavano così caratteristicamente questa drammatica divisione erano: il governatore Claiborne Fox Jackson e il rappresentante del Congresso Francis Preston Blair. Jackson era un Democratico, accanito sostenitore della schiavitù, ex-comandante guerrigliero dei “border ruffians” con i quali aveva spadroneggiato qualche anno prima in Kansas; Blair era un personaggio totalmente diverso nel temperamento: serio, tranquillo e studioso, ma non per questo meno tenace del suo rivale.


La mappa della battaglia di Carthage

Blair aveva ottenuto, grazie ai suoi buoni appoggi a Washington, di promuovere capitano dell’arsenale US in St. Louis il capitano Nathaniel Lyon, altro pittoresco personaggio: profondi occhi azzurri, arruffata barba rossa, pare che Lyon avesse un grosso ascendente sui suoi uomini.
Claiborne Fox Jackson
Blair infatti lo scelse per questo suo carisma e anche per il suo acceso, e a volte persino eccessivo amore per l’Unione, non fidandosi invece della lealtà dell’ambiguo e filo-schiavista governatore Jackson. In effetti quest’ultimo individuo non aveva perso tempo nell’affermare, durante il suo discorso inaugurale il 5-01-1861, che “origine comune, aspirazioni, gusti, modi di vita e costumi legano insieme in un’unica fratellanza gli Stati del Sud. Il Missouri dovrebbe rilasciare una tempestiva dichiarazione della sua volontà di affiancarsi agli altri Stati del Sud che possiedono schiavi”.
Detta così, suonava come una dichiarazione di secessione; e difatti il nostro Jackson, come da copione seguito da tutti gli Stati che l’avevano dichiarata, riunisce una Convenzione per promuovere un’ordinanza di dissociazione ma, al contrario di quanto avvenne negli altri Stati, la Convenzione statale del Missouri bocciò clamorosamente la sua mozione.
Francis Preston Blair
Il testardo Jackson non si arrese, fallita la via diplomatica, scelse quella delle armi. Scrisse a Jefferson Davis per ottenere artiglieria e munizioni (ricevute qualche settimana dopo sotto forma di scatoloni provenienti da Baton Rouge, i quali recavano la scritta “marmo” ma in realtà contenevano 4 cannoni e relativo munizionamento). Inoltre allestì un campo d’addestramento per la milizia statale del Missouri (non più di 700 uomini alla mano): questo campo, posto in una radura poco fuori St. Louis, verrà chiamato “Camp Jackson” e le sue vie saranno intitolate a Jefferson Davis, Beaureguard e così via.
Questa ostentazione di forza bruta e di boria, nella testa di Jackson doveva probabilmente servire a intimidire Blair e Lyon, ma in realtà ottenne l’effetto opposto.
Usando la sua consueta tenacia si mise ad arruolare più volontari possibile per poter competere con la milizia di Jackson, Lyon reclutò uomini soprattutto tra la popolazione immigrata di lingua tedesca, particolarmente fedele all’Unione e continuamente vessata dagli atteggiamenti razzisti dei piantatori filo-sudisti.
Temendo un colpo di mano dei miliziani di Jackson contro l’arsenale di St. Louis, Blair e Lyon provvidero a far trasferire più casse di munizioni possibile da questo arsenale al più sicuro Illinois (questo è uno degli episodi più famosi riguardo l’astuzia di Lyon, conosciuto come -quello delle “casse truccate”- per trarre in inganno i filoconfederati).
Finito questo compito e dopo un’ispezione in incognito a Camp Jackson (altro celebre episodio: si traveste da “vecchia signora” per poter gironzolare nel campo nemico indisturbato) Lyon decide di partire all’attacco. Infatti con 4 reggimenti delle sue nuove reclute tedesche e 2 compagnie di regolari, il 9 luglio1861 l’energico nordista circonda il campo dei miliziani di Jackson e li arresta in massa senza sparare un colpo. Scoppia il finimondo nella città. Mentre Lyon marcia con i suoi prigionieri tra le case di St. Louis, dalle finestre parte qualche grido; dopo qualche minuto una gigantesca folla si assembla sui marciapiedi della città: erano i più accesi filo-confederati della zona che inizialmente si limitarono a gridare insulti tipo: “Bastardi tedeschi!” nei confronti delle giovani reclute, poi l’adrenalina crebbe e si ebbero autentiche ovazioni ai leader della Confederazione, acclamati come eroi.
Nathaniel Lyon
Come spesso accade in questi casi, dalle parole si passò ai fatti e la folla mise mano a pietre e mattoni bersagliando soprattutto i tedeschi; qualcuno perse la pazienza… partì un colpo e poi fu il caos totale, una gigantesca rissa da saloon allargata a una città intera.
La “battaglia di St. Louis” durò tutta la notte e parecchi soldati di origine germanica furono linciati sommariamente. I tedeschi furono però supportati da ampie folle filo-unioniste che non tardarono ad unirsi allo scontro. Quando tutto si calmò si scoprì che quella giornata di follia era costata la vita a 29 persone compreso un bambino nelle braccia della madre; i feriti, anche gravi, furono centinaia.
Nel frattempo Claiborne Jackson, tempestivamente sfuggito alla cattura e rifugiatosi a Jefferson City (capitale dello stato) riesce a ottenere dalla legislatura missouriana un provvedimento per mantenere il Missouri in stato di guerra (senza però precisare contro chi, anche se ovviamente era il segreto di Pulcinella): il comportamento fin troppo deciso dell’audace Lyon aveva infatti gettato molti tiepidi unionisti nelle braccia della secessione. Tra i convertiti figurava anche Sterling Price, che più tardi assumerà un ruolo piuttosto importante negli scacchieri del West e guiderà l’ultima grande offensiva confederata volta a liberare il Trans-Mississippi dalla presenza US.
Egli fu nominato da Jackson comandante delle milizie pro-sudiste che l’instancabile governatore stava di nuovo pazientemente raccogliendo.
L’11 giugno i moderati tentarono l’ultima carta per mantenere la pace all’interno dello Stato quanto mai diviso: fu organizzato un incontro tra Jackson e Price da una parte e Lyon e Blair dall’altra.
Jackson e Price proposero di sciogliere tutte le loro milizie e vietare alle truppe confederate di entrare nello Stato, a patto che Blair e Lyon facessero lo stesso con le truppe unioniste. Questa richiesta era inaccettabile per l’Unione perché si sarebbe abbandonato di fatto il Missouri alla tirannia di Jackson senza più la minima possibilità di intervento nazionale. Dopo quattro ore di proposte e controproposte, Lyon si alzò seccato e disse, nel suo solito stile focoso: “Piuttosto che concedere al Missouri anche per un solo momento il diritto di dettar legge al mio governo, io preferirei vedere voi, e ogni uomo donna e bambino in questo Stato, morto e sepolto. Tutto ciò significa guerra”.
Solo 4 giorni dopo egli occupò Jefferson City e costrinse il governo dello Stato a fuggire e a diventare, di fatto, itinerante. L’inseguimento proseguì anche nei giorni successivi pressato incessantemente da Lyon che a Boonville, con un improvviso agguato costrinse Price e Jackson a fuggire ancora più a Sud.
Sterling Price
Di fatto Lyon aveva liberato quasi tutto il Missouri senza il minimo aiuto esterno (purtroppo per l’Unione questo abile comandante morirà a Wilson’s Creek un paio di mesi più tardi. Il “quasi” è necessariamente indicativo perchè la milizia di Price e il governo vagante di Jackson si erano stabiliti nell’angolino sud-occidentale del Missouri, confinante con il confederatissimo Arkansas dal quale speravano di ricevere aiuti e soprattutto nel quale avrebbero potuto ritirarsi in caso di bisogno.
Per ripulire del tutto ogni sacca di resistenza filo-confederata nello Stato, Lyon, comandante della “Army of the West”, invia varie spedizioni a perlustrare il territorio. Una di queste, la cosiddetta “Southwest Expedition” al comando del generale di brigata (US Volunteers) Thomas W. Sweeney, è incaricata di dirigersi a Sud. Dopo aver abbandonato Rolla (il capolinea della SouthWest Pacific Railroad che passa per St. Louis) Sweeny si dirige decisamente a Sud, verso Springfield dove stabilisce il suo Quartier Generale, mentre manda i colonnelli Salomon e Sigel a intercettare le forze di Price.
Franz Sigel era un ufficiale americano di origine tedesca che durante la guerra comandò diversi contingenti formati da americani di origine teutonica; uomo molto simpatico e militare energico, era però famoso per i suoi disastri e nel 1864 riuscì persino a perdere una battaglia contro il super-alcoolizzato John Breckiridge (battaglia di New Market), al che i suoi soldati storpiarono il celebre motivetto cantato dagli unionisti tedeschi, “I fights mit Sigel” in “I fights no more mit Sigel” o “Who runs mit Sigel”.
A Carthage la sua leadership fu pessima nella prima parte della battaglia, ma condusse poi un’ottima ritirata, provocando perdite significative ai miliziani della coppia Price/Jackson.
Thomas W. Sweeney
Avuta notizia della presenza di Jackson nei dintorni del piccolo villaggio di Carthage a Sud-Ovest di Springfield, dopo una marcia di 20 miglia Sigel porta i suoi uomini in quelle vicinanze, giungendovi la sera del 4 Luglio. Il campo viene allestito a sud-est di Carthage vicino allo Spring River, un fiumiciattolo che passa nelle vicinanze. Alcuni reparti di cavalleria sudista sbucano dalle alture nelle vicinanze e spiano avidamente, tenendosi fuori tiro, le postazioni nordiste: infatti uno dei principali compiti della cavalleria nella Guerra Civile era quello di eseguire ricognizioni in forze, spiando attentamente le mosse e la consistenza dell’avversario.
Sigel capisce che il grosso delle truppe di Jackson deve trovarsi almeno a 9 miglia da lui, sull’altipiano a nord di Carthage: secondo alcune informazioni il nemico dispone di una forza di circa 4.000 unità a cui Sigel può opporre:
– 9 compagnie del III° reggimento (totale: 550 uomini)
– 7 compagnie del V° reggimento (totale: 400 uomini)
– 2 batterie di artiglieria composte da 4 pezzi ciascuna.
Queste unità passano la notte nervosamente per l’inquietante presenza della cavalleria avversaria che incombe su di loro.
La mattina di venerdì 5 Luglio 1861, un soleggiato e caldo mattino d’estate, Sigel occupa Carthage e inizia l’avanzata verso nord, contro il nemico. I primi spari echeggiano verso le 9 del mattino: gli skirmishers hanno incontrato le truppe di cavalleria esplorativa del nemico e si preparano a respingerle.
Gli skirmishers (traduzione in italiano: “scaramucciatori”) erano reparti di fanteria leggera, esperti tiratori che agivano in piccoli gruppi di 3-4 soldati che, a guisa di incursori, precedevano il grosso delle truppe di linea con il compito di aprire loro la strada sgombrando il passo dalle avanguardie nemiche (cavalleria o truppe skirmishers avversarie) e nel contempo di disturbare il più possibile i quadri delle unità nemiche sparando incessantemente loro addosso da posizioni riparate (alberi, cespugli, casolari ecc.): queste unità erano l’equivalente americano (equivalente in realtà molto meno efficace, molto meno addestrato, molto meno tutto) dei voltigieurs o tirailleurs napoleonici.


Una rappresentazione della battaglia

Una preoccupazione tipica del condottiero dell’epoca era quella di non perdere il “baggage train”, cioè i veicoli addetti ai trasporti dei materiali utili all’armata, per esempio viveri e munizioni. Se il nemico si fosse impadronito di queste attrezzature (che in genere viaggiavano a qualche miglio di distanza dalla truppa) le situazioni diventavano assai ardue per i combattenti. Nel caso di Sigel il “baggage train” si trovava a circa 3 miglia di distanza dal grosso della truppa.
Dopo lo scontro preliminare tra le avanguardie, prendendo atto del ripiegamento delle unità di punta sudiste, Sigel ordina l’avanzata generale verso il Dry Fork Creek, corso d’acqua sito a 6 miglia da Carthage, che viene guadato non senza qualche difficoltà. Avanzate ulteriormente di altre 3 miglia oltre il fiumiciattolo, finalmente le truppe di Sigel si imbattono nel nemico schierato in ordine di battaglia a circa un miglio e mezzo, su un piano elevato che saliva gradualmente dal Dry Fork Creek.
Era chiaro che i sudisti avevano scelto accuratamente la loro posizione che, essendo elevata, rendeva la vita più difficile agli attaccanti che ai difensori. Lo schieramento sudista era dislocato come prescrivevano i manuali dell’epoca: prima linea formata da 3 reggimenti in linea distanziati l’uno dall’altro a intervalli regolari, due reggimenti di cavalleria a formare le ali dello schieramento, nel centro formazioni miste di cavalleria e fanteria più due pezzi di artiglieria. Gli altri cannoni erano piazzati sulle ali. Jackson e compagnia avevano schierato, alle spalle dell’intera linea di battaglia consistente in circa 3.500 uomini, una riserva di ulteriori 500.
Sigel, in rapporto di forza sfavorevole (i sudisti erano quattro volte superiori) e senza cavalleria (i sudisti ne avevano invece abbondanza) secondo la logica non avrebbe dovuto attaccare; eppure lo fece.


Il generale Franz Sigel

Più ci si approssimava all’altura difesa da Jackson, più si facevano fitte le schiere degli skirmishers sudisti che bersagliavano i loro corrispondenti nordisti da ogni albero e cespuglio; Sigel vedendo la sua avanguardia in difficoltà ordinò a 2 pezzi di artiglieria e 2 compagnie del III° reggimento di assitere l’avanzata degli skirmishers in blu.
Intanto Rains (brigadier-generale confederato e principale assistente di Jackson durante la battaglia), accortosi dell’assenza di cavalleria nemica decide di aggirare con i suoi reparti montati entrambi i fianchi dello schieramento nordista onde operare un accerchiamento del nemico e poter riportare una bella vittoria totale come quelle che appaiono nei libri. Ecco come James McCown, comandante del primo battaglione di cavalleria dei miliziani del Missouri ricorda una parte della carica: “Il mio battaglione di cavalleria consisteva della Compagnia A (capitano Crenshaw), compagnia B (capitano Johnson), compagnia C (capitano King), compagnia D (capitano McCowan), per un totale di 250 uomini. La posizione assegnatami era il lato destro dello schieramento: da questa posizione ricevetti l’ordine dal generale di brigata Rains di caricare la batteria nemica. La manovra di cavalleria dalla sinistra fu un movimento di fianco, e passando in un campo di grano il mio comando fu esposto a un pesante fuoco da parte dell’artiglieria nemica, che ferì il soldato George W. O’Haver della compagnia Crenshaw (braccio sinistro tranciato) per quella ferita egli sarebbe morto di lì a due giorni: anche il suo cavallo fu ferito. […] E mentre noi avanzavamo, bersagliati dai colpi, fu ferito anche il soldato Elijah Wood della compagnia McCowan (gamba destra tranciata, ma in maniera da consentirgli il recupero)…”
Superato il limite di tiro dell’artiglieria avversaria, la cavalleria si getta finalmente sulle ali di Sigel provocando parecchio scompiglio tra le giovani reclute che si vedono piombare addosso la cavalleria al galoppo. Alcuni cavalieri si lanciano impetuosamente nelle retrovie unioniste per tagliar loro la via della ritirata.
Sigel, temendo che le squadre di cavalleria penetrate alle sue spalle potessero circondarlo e catturare il suo “baggage train” ordina che un pezzo di artiglieria e una compagnia del III° reggimento si portino immediatamente dietro il Dry Ford Creek a protezione dei veicoli da trasporto.


Un’immagine della battaglia di Carthage

Così, giocoforza assottigliando ancora di più la sua già esile consistenza numerica, Sigel dispone in questo modo lo schieramento rimanente sul fronte avanzato:
– il 2° battaglione del III° reggimento (Maggiore Bischoff) piazzato alla sinistra della colonna.
– appena dietro Bischoff viene messa in postazione una batteria di 4 cannoni.
– al centro il V° reggimento è schierato ordinatamente in 2 separati battaglioni sotto il comando rispettivamente del colonnello Solomon e del tenente-colonnello Wolff.
– sulla destra, infine, 3 pezzi d’artiglieria sotto il comando del capitano Essig e alla sua destra il 1° battaglione del III° reggimento comandato dal colonnello Hassendeubel.
Mentre la cavalleria di Jackson sta circondando lo schieramento dei nordisti di origine tedesca, Sigel realizza che l’unico modo di uscirne è quello di attaccare decisamente il fronte avversario per spezzarlo in un preciso punto. Questo punto lo individua nel settore destro della parte centrale dello schieramento nemico. Immediatamente allora Sigel forma una catena di skirmishers (un’altra funzione dei quali era quella di coprire le manovre del proprio schieramento disponendosi a catena di fronte a esso e facendo un gran baccano con spari ecc..) e sposta 2 pezzi della batteria del capitano Essig dalla destra alla sinistra. Quindi ordina di fare fuoco con tutti e 7 i cannoni disponibili contro il punto predestinato. L’intenzione è di mettere a tacere l’artiglieria sudista e “ammorbidire” il settore scelto per l’attacco provocando, a colpi di cannone, le maggiori perdite possibile nelle linee dei suoi difensori. Inizia il duello delle artiglierie, mentre Sigel informa i suoi che presto sarebbe partito un attacco dell’ala sinistra nordista contro il centro-destra dello schieramento sudista.
La posta in palio era enorme: o riuscire a sfondare e disperdere gli uomini di Jackson o farsi accerchiare e annientare dalla superiorità della cavalleria nemica.
Nel duello delle artiglierie i cannoni nordisti riescono a far saltare un pezzo nemico e a danneggiarne un altro. Sigel deve uscire a tutti i costi da quella situazione critica: privo di cavalleria, fortemente in inferiorità numerica e in procinto di essere accerchiato il colonnello ha necessità che riesca l’attacco atto a spezzare il fronte avversario e guadagnare l’altura, ora occupata dagli uomini di Jackson, per avvantaggiarsi perlomeno della posizione elevata. Tutto è pronto per l’assalto progettato: l’artiglieria di Jackson è messa sempre più in difficoltà dal tiro preciso dei cannoni unionisti comandati dall’abile e intelligente maggiore Backoff.
La sinistra dello schieramento di Sigel si piazza in ordine di battaglia ed è ormai pronta a caricare alla baionetta il centro-destra dei missouriani quando il capitano Wilkins informa Sigel di non poter avanzare per mancanza di munizioni. A questo punto Franz Sigel è indeciso sul da farsi, la giornata sembra persa ed ora bisogna evitare che la sconfitta si trasformi in catastrofe. La cavalleria nemica continua inesorabile l’opera di accerchiamento e per i federali di origine tedesca risulta ormai impossibile tenere la posizione senza correre il rischio di essere accerchiati completamente e distrutti dalla superiorità nemica. Ancora una volta la priorità del leader unionista consiste nel non perdere il baggage train (anche chiamato “wagon train”) nelle sue retrovie, verso il quale la cavalleria di Jackson si sta lanciando ventre a terra.


Un classico wagon train della Guerra Civile

Queste forze sono coraggiosamente ma inutilmente contrastate solo da piccoli gruppi di federali che cercano di arginare il continuo movimento aggirante degli avversari.
Per evitare assolutamente la perdita del convoglio dei rifornimenti, Sigel spedisce in aiuto a quest’ultimo il tenente-colonnello Hassendeubel con il 1° battaglione del III° reggimento e il 1° battaglione del V° reggimento sotto il comando del colonnello Wolff. Al seguito ci sono anche 4 pezzi di artiglieria della batteria del capitano Wilkins.
Franz Hassendeubel
E’ davvero un consistente quantitativo di truppa che viene distolto, tenuto conto delle scarse disponibilità che Sigel aveva sotto mano. Questa mossa acuisce il problema assottigliando ulteriormente il numero di soldati che potevano opporsi ai miliziani di Jackson.
Una ritirata oltre il Dry Fork Creek e verso Carthage (cioè nella direzione dalla quale i federali erano venuti) era divenuta ormai d’obbligo. Sigel quindi ordina al suo piccolo esercito di invertire fronte e disporsi alla ritirata. La batteria del capitano Essig, con una compagnia del V° reggimento (compagnia del capitano Stephani) e due compagnie del III° reggimento (compagnie dei capitani Dangler e Golmar) vengono piazzate dietro il guado del fiume, in modo di coprire la ritirata al grosso della truppa e ritardare un eventuale inseguimento da parte degli uomini di Jackson che ora, dopo il cambio di fronte dello schieramento unionista, si trovavano alle spalle di Sigel.
Dalle alture su cui erano posizionati, i sudisti di Jackson notano che l’attacco unionista, imminente fino a pochi minuti prima, non si concretizzava, anzi le giacche blu stavano ritirandosi! Il brigadier generale Rains capisce da questo che la sua intuizione di spedire la cavalleria ad accerchiare il nemico si era rivelata corretta, obbligando Sigel a sgomberare il campo. Non c’era un minuto da perdere, bisognava incalzare gli Yankee in ritirata e ordinare quindi l’avanzata generale delle truppe in prima linea.
Mentre i sudisti procedevano nella radura che separava le loro posizioni dal Dry Fork Creek, la batteria di Essig, intuito il pericolo, comincia immediatamente a vomitare piombo in direzione delle schiere dei miliziani che stavano avvicinandosi pericolosamente. Nelle file confederate piovevano i proiettili di Essig procurando parecchie perdite e larghi vuoti, perciò l’inseguimento perde assai presto la sua irruenza. Ecco come Sigel descrive la scena: “il nemico procedette lentamente verso di noi. La batteria del capitano Essig (con le compagnie sopra citate, ndr.) aveva preso posizione dietro il guado del Dry Fork. […] Fu a questo punto che Essig e i suoi resistettero per due ore all’impeto dell’intero schieramento nemico e gli inflissero le più severe perdite: la bandiera dei ribelli cadde al suolo per due volte tra le grida trionfali degli entusiasti volontari dell’Unione”.
Pur avendo frustrato i tentativi di inseguimento del grosso della truppa nemica grazie all’abile utilizzo dell’artiglieria, il colonnello Sigel aveva ancora un grosso problema da risolvere: la cavalleria sudista, che durante le fasi iniziali della battaglia era penetrata nelle retrovie unioniste, ora era quasi interamente smontata da cavallo e si era disposta in linea per sbarrare ai tedeschi unionisti la via della ritirata. Bisognava assolutamente creare un varco per la fuga prima che gli uomini di Jackson ricompattassero le file e, attaccando in massa, schiacciassero gli Yankee tra l’incudine e il martello.


Artiglieria unionista a Carthage

Sigel decise quindi che bisognava rompere la linea in cui si era disposta la cavalleria sudista: quest’ultima si era disposta in una posizione strategicamente forte dietro cui ripararsi, un piccolo rigagnolo detto Buck’s Branch vicino al quale costituirono affrettate ma efficaci fortificazioni con tronchi e altro materiale.
Rischiando forse un po’ troppo, Sigel concentrò il fuoco di tutti i suoi cannoni su un punto del Buck’s Branch scatenando su di esso un pesante bombardamento. Così facendo però lasciava virtualmente sguarnita la sua retroguardia, per sua fortuna Jackson era ancora impegnato a leccarsi le ferite.
Al termine del bombardamento ordinò un attacco della fanteria schierata in linea per rompere lo sbarramento nemico, eccone la descrizione: “Dopo una scarica o due di tutta la nostra linea la fanteria mosse al passo verso il nemico, travolgendolo completamente. La sua fuga fu accompagnata da tremendi hurrah! che si levarono da tutto il nostro piccolo esercito”.
Il peggio era passato. Le truppe guadarono il fiumiciattolo e si ritirarono tranquillamente verso le alture che circondano il lato nord di Carthage dove costituirono una nuova linea di difesa. Stavolta Sigel aveva scelto bene la posizione, elevata quanto bastava per permettergli di supplire alla scarsità di uomini con un terreno favorevole.
Intanto i sudisti avevano riordinato le file, il grosso dei miliziani di Jackson si era riunito con la cavalleria che aveva subito il piccolo rovescio al Buck’s Branch ed insieme marciarono verso Sigel per dare nuovamente battaglia. Ora però erano i nordisti a trovarsi in posizione sopraelevata. Rains ritentò il giochetto di avvolgere le ali nemiche con la cavalleria ma questa volta Sigel non glielo lasciò ripetere e anzi dispose le sue forze in modo di contenere la cavalleria nemica e al tempo stesso concedere un meritato riposo al grosso delle sue truppe. Questi uomini erano logorati dalla stanchezza a causa dell’avere marciato per 22 miglia il giorno precedente e poi combattuto ininterrottamente quel giorno, dalle 9 di mattina, dopo un’ulteriore marcia di 18 miglia sotto un sole cocente.
Ormai le ombre dei colli si allungavano sulla piccola cittadina di Carthage nei dintorni della quale si era svolta la battaglia. Con la sera stava calando il buio e non c’era più tempo per ulteriori azioni. Infine le due parti, ormai logore, si limitarono a sparacchiarsi addosso vicendevolmente dagli alberi e dai casolari.
Sigel infine proseguì la ritirata e i sudisti si accontentarono di aver fermato l’avanzata unionista nella zona.
Le perdite nordiste furono di 13 morti e 31 feriti. Tra questi il capitano Strodtmann della Compagnia E del III° reggimento e il tenente Bischoff della Compagnia B dello stesso reggimento.
Le perdite sudiste furono più pesanti: 50 morti e 120 feriti quasi tutti provocati dal tentativo di inseguire i nordisti in ritirata mentre erano difesi dall’abile artigliere Essig.
La battaglia di Carthage fu indubbiamente un affare di non grandissima rilevanza ma ebbe ugualmente il suo rilievo. Servì infatti a sollevare il morale dei missouriani di Jackson e Price che venivano da una lunga serie di sconfitte e che prima avevano virtualmente abbandonato l’intero Missouri al deciso Lyon.


Ancora un momento di battaglia

Inoltre arrestò momentaneamente l’avanzata dei nordisti che nella zona sembrava inesorabile. Cosa che avrebbe messo in pericolo, in caso di vittoria Yankee a Carthage, anche lo stesso Arkansas.
Certamente, data la grossa superiorità numerica e il vantaggio di un’abile cavalleria, Jackson e i suoi avrebbero potuto infliggere maggiori perdite a Sigel e ai suoi tedeschi, ma tutto sommato da miliziani senza molta esperienza militare (gran parte di loro quel giorno combattè in abiti civili) non è che ci si potesse aspettare molto di più.
Da parte nordista fu una piccola battuta di arresto: Sigel dimostrò superficialità nell’ingaggiare un nemico numericamente superiore e che godeva sul terreno di una posizione più elevata, ma tutto sommato si riscattò nel gestire la ritirata con maestria anche grazie ai suoi bravi artiglieri.
Il prossimo round, molto più sanguinoso, della guerra civile in Missouri si sarebbe combattuto di lì a poco a Wilson’s Creek. Ma questa è un’altra storia.