Southern Pacific Railroad, la ferrovia che cambiò volto al West

A cura di Laura Baiardi

Al lavoro sulla Southern Pacific Railroad
A partire dai primi anni ’60 del XIX secolo, la costruzione di una rete ferroviaria transcontinentale fu il motore del progresso e dello sviluppo urbanistico del West: secondo la tesi espressa da Richard J. Orsi nel suo saggio “Sunset Limited: History of the Southern Pacific Railroad” (University of California Press, 2005), la costruzione di una rete ferroviaria molto estesa comportò la ricerca di fonti d’acqua disponibili sul territorio, indispensabili sia per la sopravvivenza della manodopera che per le opere di costruzione. Questo portò benefici diretti e indiretti all’agricoltura, tra cui l’introduzione di nuovi sistemi d’irrigazione, la costruzione di pozzi artesiani e dei primi acquedotti in zone aride.

La Southern Pacific Co. fu responsabile dell’organizzazione di un pionieristico sistema per la distribuzione dell’acqua potabile che, oltre agli evidenti vantaggi, scatenò anche continue dispute con i privati. La compagnia sponsorizzò addirittura l’allestimento di splendidi giardini sperimentali nell’area di San Bernardino in California e a Yuma in Arizona, per dimostrare l’utilità della propria presenza sul territorio. Il rovescio della medaglia fu però un controllo sempre più forte esercitato dalla Southern Pacific su tutte le attività locali. Il passaggio del treno portò un’esplosione demografica in zone scarsamente popolate e rivoluzionò lo stile di vita di molte città del SudOvest. Quella della Southern Pacific RR è però una storia controversa e si lega alle vicende del Far West sia nel bene che nel male.


Una squadra di operai della SP (1876)

Il giornalista Frank Norris, nel suo romanzo “The Octopus” (1901) avrebbe in seguito definito questa rete ferroviaria (e la compagnia che la gestiva) come “una piovra”, in grado di abbracciare con i suoi tentacoli gli sconfinati territori dell’Ovest e di modificarne profondamente il paesaggio, la società e l’economia locali; a volte con metodi rapaci e con astuzie spietate.

Il sogno di “Crazy” Judah: nascita della Central Pacific Railroad.

La storia ferroviaria del West affonda le radici nel periodo immediatamente successivo alla guerra tra Stati Uniti e Messico (1846-48), quando la California settentrionale fu ceduta agli Stati Uniti insieme ad altri territori1. Una settimana prima che la California venisse ufficialmente acquisita con il trattato di Guadalupe Hidalgo (2 feb. 1848), si diffuse la notizia che a Sutter’s Mill era stato trovato l’oro. L’avventura imprenditoriale della Central Pacific Railroad, che fu il ramo più antico della Southern Pacific RR, prese il via a partire dal frenetico periodo tra il 1848 e il 1855, quello della Gold Rush (la corsa all’oro in California). In quei primi anni, gran parte del nascente Stato californiano era mal collegato al resto del Nord America. Le lunghe distanze venivano percorse in diligenza o con le carovane. Il trasporto di merci e passeggeri verso l’Ovest era quindi oneroso, pieno di rischi e di imprevisti. Questo faceva lievitare il prezzo di mercato dei prodotti, ma limitava anche la possibilità di scambi commerciali con gli stati vicini, soprattutto con i più fiorenti mercati dell’Est.Dopo un folgorante entusiasmo iniziale, la febbre dell’oro si era esaurita abbastanza in fretta. Secondo le stime riportate nello studio di Richard J. Orsi, dal ’52 il numero dei pionieri in California aveva già subito un calo netto e il ciclo della prima Gold Rush in pochi anni si sarebbe concluso. Non è dello stesso avviso William S. Greever, che nel suo bellissimo libro “The Bonanza West” (“La Corsa all’Oro”, Res Gestae 2017) parla di un “lieve declino” dei villaggi minerari a metà del decennio 1850-60. In ogni caso, l’epoca della Gold Rush si andava esaurendo e secondo i più la data ufficiale di chiusura sarebbe il 1855. In quel breve arco di tempo, alcuni pionieri avevano davvero fatto fortuna con le attività minerarie. Il vero El Dorado, però, lo avevano trovato i mercanti e i manager che vendevano attrezzature e servizi ai pionieri. Dal momento che il business della corsa all’oro si andava esaurendo, gli imprenditori si erano messi a studiare nuove possibilità di guadagno. Per avviare nuovi commerci, sarebbero servite linee ferroviarie in grado di collegare lo stato della California con il MiddleWest e il MiddleEast. Il treno avrebbe però dovuto percorrere distanze impensabili per l’epoca, superando le montagne, i deserti e i territori indiani. Sul finire degli anni ‘50, l’idea di realizzare una rete ferroviaria di questa portata era il desiderio di tutti, imprenditori dell’Est e dell’Ovest. L’entusiasmo iniziale fu frenato dai costi spropositati dell’impresa, oltre che da varie dispute e competizioni interne. Infatti, ogni città della California ambiva a diventare il capolinea della futura linea transcontinentale: San Francisco, Benicia, Vallejo, Sacramento, Stockton, Los Angeles, San Diego erano tutte determinate ad ottenere questo privilegio, che per la città eletta a capolinea avrebbe comportato prosperità e progresso. Anche a causa di queste divergenze non fu possibile organizzarsi ed ottenere i sussidi governativi necessari all’impresa. L’idea di una linea ferroviaria transcontinentale fu quindi messa da parte e considerata come un lontano miraggio. A partire dagli anni ’50 e fino ai primi ’60 del XIX secolo i percorsi delle diligenze furono rimpiazzati gradualmente da tratte ferroviarie brevi, caratterizzate dalla scarsità dei mezzi, da ritardi notevoli e da dirigenti impreparati. Molte delle compagnie minori che videro la luce in quel periodo fallirono rapidamente anche a causa della corruzione e dei debiti. Tra le eccezioni vi fu la Sacramento Valley Railroad, la prima linea ferroviaria a diventare operativa nello Stato della California (1856). I suoi binari si estendevano per 23 miglia congiungendo le principali aree dei distretti minerari (Sutter, Toulumne, Calaveras, ecc.) con capolinea a Folsom.


Mappa del 1854 per il progetto della Sacramento Valley Railroad, ing. capo T.D. Judah

Anche nell’area della Baia di San Francisco, che era la più ricca e densamente popolata, nacquero in quegli anni diverse linee ferroviarie. Tra queste, la San Francisco & San Jose Railroad: inaugurata nel 1864, si estendeva per 50 miglia e collegava i più importanti centri della zona. Nonostante le condizioni difficili e la scarsità di fondi, le opere realizzate da queste prime compagnie portarono un’espansione urbanistica e un incremento della popolazione in California. Per alcuni sognatori era però ancora viva l’idea di creare una rete ferroviaria maestosa, che dalla California avrebbe dovuto raggiungere la costa Est. Tra questi, l’ingegnere Theodore D. Judah era di gran lunga il più convinto.


Theodore D. Judah (N.1826 – M.1863)

Theodore Dehone Judah era un ingegnere di 28 anni pieno di ambizione e di fiducia nel futuro. Era nato a Bridgeport nel Connecticut il 4 marzo 1826, da una famiglia benestante di comunione anglicana (suo padre era un pastore episcopale). Aveva studiato ingegneria civile al Rensselaer Polytechnic Institute di Troy (NY) e, anche se molto giovane, aveva già accumulato esperienza lavorando alla progettazione di alcune grandi opere nel NordEst. Aveva collaborato al progetto della Niagara Gorge Railroad e alla costruzione del Canale Erie nello stato di New York. Nel ‘54 la Sacramento Valley RR lo assunse e gli affidò il progetto per la costruzione della sua linea ferroviaria. Per i due anni successivi, T.D. Judah si dedicò all’incarico con passione, riuscendo a portare quasi a termine il lavoro in tempi molto brevi. Nel ’56, però, la compagnia sospese l’opera per mancanza di fondi, poco prima che il capolinea a Folsom fosse realizzato. La situazione sarebbe stata solo temporanea, ma fu uno smacco terribile per il carattere orgoglioso di T.D. Judah. D’altra parte, lui aveva puntato molto su quell’incarico e si era trasferito in California insieme a sua moglie Anne. Lasciando l’Est avevano rinunciato ad un futuro che offriva loro maggiori garanzie. Infatti, non era dato sapere se e quando i lavori di costruzione a Folsom sarebbero ripartiti. Sentendosi tradito, T.D. Judah non esitò a dimettersi dalla compagnia e decise di impegnarsi anima e corpo in un’iniziativa personale. Da tempo, infatti, intravedeva la possibilità di costruire una ferrovia transcontinentale per il West. Adesso era determinato a realizzare quell’impresa partendo dalle sue sole forze. La sua idea si basava sulla costruzione di una prima parte della ferrovia che avrebbe superato la Sierra Nevada. La Sierra era un territorio montuoso all’epoca impervio e selvaggio, che solo da pochi anni era stato completamente esplorato. Mentre iniziava ad organizzare spedizioni sulle montagne alla ricerca di un passaggio adatto al suo progetto, T.D. Judah si mise anche a cercare un finanziamento governativo e tentò di coinvolgere gli imprenditori dell’Est.


Mappa generale delle esplorazioni in California 1824-1882


Membri di una spedizione esplorativa per la costruzione di un tratto della SP RR

In effetti, l’idea di una ferrovia transcontinentale era stata ormai archiviata da tutti come un sogno impossibile, soprattutto per i costi elevatissimi che avrebbe comportato la sua costruzione. T.D. Judah era però determinato ed era sicuro di poter progettare un percorso che avrebbe reso possibile l’idea. Con l’obiettivo di raccogliere fondi, scrisse pamphlets, organizzò incontri pubblici, fece viaggi a New York e a Washington, si impegnò fino allo stremo per dare vita alla sua impresa. Però, ogni tentativo di fondare una compagnia con la quale avrebbe potuto accedere ai sussidi governativi, risultò vano. Quasi tutti giudicavano folle il progetto e consideravano l’investimento come un rischio da cui tenersi alla larga. I potenziali finanziatori privati iniziarono a deriderlo e la maggior parte di loro mise in dubbio il suo fiuto per gli affari. Gli sforzi dell’ingegnere si fecero tanto appassionati che in breve si guadagnò il nomignolo di “Crazy” Judah (Judah il Pazzo). Dopo quattro anni di ricerche andate a vuoto, anche la sua buona volontà era sul punto di esaurirsi. Gli sembrava di vedere la sua impresa andare a picco, prima ancora di averla potuta avviare. La svolta, in ogni caso, era vicina. Nel 1859 la scoperta di una vena d’argento a Comstock Lode, nel Nevada orientale, incrementò l’interesse nella costruzione di una ferrovia attraverso la Sierra. La Sacramento Valley RR, dalla quale anni prima lui si era dimesso, decise di prendere il controllo su quel settore e lo richiamò per affidargli la costruzione di una nuova tratta. Partendo da Folsom, il treno della Sacramento Valley RR sarebbe passato attraverso la Sierra, a nord del lago Tahoe, e da lì avrebbe raggiunto le miniere d’argento. T.D. Judah accettò l’incarico. Mentre lavorava per la Sacramento Valley RR, comunque, continuò segretamente la ricerca di un percorso adatto al suo personale progetto. Nello stesso periodo entrò in contatto con Daniel Strong, un farmacista della città di Dutch Flat, ai piedi della Sierra Nevada. Anche Strong era interessato all’idea di una ferrovia che attraversasse le montagne e gli indicò il percorso del Truckee Lake Pass (oggi Donner Pass) che era stato utilizzato in passato dagli emigranti, nel periodo tra il 1844 e il 1850. Si trattava di un passo accidentato e spesso colpito da violente bufere di neve. Molti pionieri avevano già perso la vita lungo quella pista e attorno al nome del Lake Pass erano nate macabre leggende2. L’ingegnere e il farmacista erano però uomini che sapevano calcolare il rischio e non si lasciarono scoraggiare. Insieme organizzarono le prime esplorazioni per tracciare i prospetti e Strong accompagnò T.D. Judah sulle montagne. Nel corso della spedizione la squadra che guidavano fu sorpresa da una violenta tempesta di ghiaccio e neve, ed effettivamente rischiarono di rimanere bloccati sulla Sierra. Quando tutte le difficoltà furono superate, l’amicizia tra Strong e Judah ne uscì rafforzata. Inoltre, stabilirono che il percorso del Lake Pass era adatto. Finalmente T.D. Judah era certo di avere trovato il passaggio per il primo ramo della ferrovia transcontinentale, quello che cercava da anni per dimostrare ai finanziatori che il progetto era possibile. Nel 1859/60 era ancora ingegnere capo presso la Sacramento Valley RR. Mentre progettava per quella compagnia la tratta che avrebbe portato alle miniere di Comstock Lode, proseguì anche nel suo piano parallelo ed iniziò a costruire il segmento occidentale della propria linea ferroviaria. Partendo da Sacramento, la ferrovia di T.D. Judah avrebbe attraversato il Lake Pass a un’altezza di circa 7.000 piedi, e avrebbe proseguito per il Truckee River canyon verso il confine con il Nevada. Il progetto era senza precedenti e la Sacramento Valley RR non ne era stata informata. La realizzazione richiese uno sforzo notevole e lui dovette affrontare spese elevate per realizzare un tunnel attraverso le montagne. Quando la tratta fu completata, ebbe la certezza che ne fosse valsa la pena. La sua ferrovia prevedeva un solo cambio per attraversare la Sierra e il percorso era più breve rispetto a quelli delle linee concorrenti. Con quest’opera nelle proprie mani, Theodore D. Judah riuscì a trovare a Sacramento alcuni imprenditori abbastanza coraggiosi da seguirlo e nell’ottobre del 1860 diede vita alla compagnia che sognava da anni. Nasceva così la Central Pacific Company, anche se i fondi erano ancora inferiori ai 115.000 dollari necessari per far decollare il progetto. L’iniziativa privata di T.D.Judah non poteva più passare inosservata alla Sacramento Valley RR. La compagnia scoprì che per tutto il tempo il suo ingegnere capo aveva lavorato anche ad un proprio piano. Oltraggiata dal suo comportamento, lo licenziò in tronco e lo screditò presso le banche. Ancora una volta, T.D. Judah aveva il dito di tutti puntato addosso. Fu accusato di aver messo in piedi una propria compagnia con fondi inconsistenti e di essersi basato su un progetto visionario. Un primo segmento era stato costruito, ma a quel punto la sua idea più ambiziosa non sembrava altro che una delle tante già presenti in California. Della ferrovia esisteva un breve tratto di binari e un immenso progetto sulla carta, che era forse destinato a non vedere mai la luce nel concreto. Anche la fiducia dei suoi sostenitori sembrava ormai del tutto compromessa. Per salvare il progetto, T.D. Judah cercò investitori a Sacramento e nelle città che sorgevano lungo la tratta del Donner Pass. Dopo una serie di tentativi andati a vuoto, finalmente riuscì a trovare il primo finanziatore nella figura di Collis P. Huntington, un mercante di Sacramento che gli concesse fiducia e che si unì a lui, portando nell’affare anche il proprio socio Mark Hopkins. Poco dopo arrivarono Charles Crocker e Leland Stanford, altri due facoltosi uomini d’affari che avevano fatto fortuna nel periodo della corsa all’oro. Potendo disporre di nuovi fondi, la compagnia riuscì finalmente a decollare. Fu stabilito che Leland Stanford sarebbe stato il presidente, Huntington il vicepresidente, Hopkins tesoriere. Theodore D. Judah si riservò il ruolo di ingegnere capo. In breve tempo Huntington, Stanford, Crocker e Hopkins iniziarono ad emergere sulla scena della compagnia. Il loro ingresso in quella che sembrava un’impresa priva di prospettive li avrebbe portati, nel giro di pochi anni, a diventare noti a tutti come ‘The Big Four’ (I quattro assi).


“The Big Four”: Leland Stanford, Collis P. Huntingotn, Charles Crocker, Mark Hopkins

Questo poker di potenti uomini d’affari poteva vantare conoscenze tra i maggiori fornitori e finanziatori dell’Est. Inoltre, erano tutti membri del movimento di militanti antischiavisti da cui era sorto nel 1856 il California’s Republican Party. Il 4 novembre 1860 il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali, Abraham Lincoln, era stato eletto presidente degli Stati Uniti. La Guerra di Secessione era imminente e l’influenza politica dei Big Four era in continua ascesa in California. Negli anni seguenti, il ruolo di queste quattro personalità sarebbe stato determinante per il futuro della compagnia. La Southern Pacific Railroad era nata dall’ingegno di un uomo di scienza, motivato da una grande fiducia nel progresso. Come la storia spesso dimostra, nella pratica il suo sogno avrebbe rivelato anche qualche aspetto drammatico.


Theodore D. Judah, al centro dell’immagine per la posa dell’ultimo chiodo

La Southern Pacific Company è stata una delle maggiori e più longeve compagnie di trasporti americane nate nella seconda metà dell’800: sarebbe scomparsa solo nel 1996, acquisita dalla Union Pacific. La Southern Pacific era nata in un’epoca caotica (i primi anni ’60 dell’800) e adottò sistemi disinvolti, spesso spietati, per mantenere il controllo sugli avversari. Inizialmente, la politica della compagnia si basò sull’espansione attraverso l’acquisizione delle linee ferroviarie minori, con la creazione di numerosi rami sussidiari. L’obiettivo principale di questa grande corporation era il dominio indiscusso sul settore dei trasporti. Di fatto, la Southern Pacific entrava con prepotenza nella vita delle cittadine in cui si fermava il treno: dalla politica all’edilizia, fino alla distribuzione dell’acqua e all’introduzione di nuovi tipi di coltivazioni. La compagnia non incontrò mai il favore dell’opinione pubblica e le sue strategie furono duramente criticate. Nei potenti uomini d’affari che tendevano i fili del gioco, molti riconobbero un’avidità senza precedenti e il totale disprezzo per i più deboli.

La svolta: Pacific Railway Act (1862/64)

Il primo ramo della Southern Pacific era nato a Sacramento, dal progetto di Theodore D. Judah, che si era trasferito dall’Est con il sogno grandioso di costruire la prima ferrovia transcontinentale. Il suo piano richiedeva investimenti di capitali elevatissimi e per riuscire a realizzarlo si era associato a quattro magnati californiani, noti a tutti come i “Big Four”.


Leland Stanford, Collis P. Huntington, Charles Crocker e Mark Hopkins

Leland Stanford, Collis P. Huntington, Charles Crocker e Mark Hopkins avevano ben presto assunto il controllo del progetto, determinando la sfrenata corsa al profitto intrapresa dall’azienda di trasporti. Dei loro volti, la stampa indipendente dell’epoca diffondeva caricature grottesche. I “Big Four” erano spesso dipinti come avvoltoi famelici interessati solo al capitale.
Theodore D. Judah, che sarebbe passato alla storia come un pioniere dell’industria statunitense, fu presto messo in disparte insieme ai suoi sogni. Avendo più dimestichezza con i progetti ingegneristici che con il denaro, fu per lui sempre più difficile imporre il suo pensiero all’interno della compagnia. Anche se tentò di associarsi con gli azionisti di minoranza, i suoi sforzi per riprendere il controllo portarono solo a tensioni interne. Appena due anni dopo la fondazione della compagnia, durante un viaggio a Panama per la ricerca di nuovi fondi, contrasse la febbre gialla. Sua moglie Anne lo aveva accompagnato nel viaggio e lo fece trasportare a New York City, dove morì il 2 novembre 1863. La compagnia da lui avviata, invece, godeva di ottima salute.


Locomotiva n°4 della SP RR, intitolata alla memoria di J.T. Judah

I collegamenti ferroviari durante la Guerra Civile

Nel corso della Guerra Civile, le linee ferroviarie giocarono per la prima volta un ruolo determinante sul piano militare. I treni venivano impiegati per il trasporto delle truppe, per i rifornimenti e per lo spostamento dell’artiglieria pesante.


“The Dictator” era un mortaio concepito per la difesa marittima e costiera, riadattato per gli assedi. Veniva trasportato su rotaie con un convoglio appositamente rinforzato. Fu impiegato per 3 mesi dall’Unione come artiglieria pesante nel corso dell’assedio di Petersburg (giu 1864/apr 1865).

Fin dal ’61 l’Unione si adoperò per organizzare e incrementare il suo sistema ferroviario. Un Atto del Congresso del 31 gennaio 1862 conferiva al presidente Lincoln il pieno controllo sulle ferrovie e sui telegrafi. In quello stesso anno fu fondata la USMR, United States Military Railroad; un dipartimento autonomo espressamente creato per coordinare tutte le operazioni militari che si dovevano svolgere con la cooperazione delle ferrovie civili, incluse le operazioni sulle tratte confederate conquistate nel corso della guerra. Di fatto, la USMR agiva con la collaborazione stretta delle compagnie ferroviarie civili e aveva al suo interno molti uomini che provenivano da compagnie ferroviarie del Nord. In questo modo fu possibile coordinare i trasporti, gli orari dei treni, le coincidenze e garantire il funzionamento dei collegamenti. La Confederazione, invece, poteva disporre di una rete ferroviaria meno estesa, anche se più recente e in un migliore stato di manutenzione. Solo verso il ’64, la Confederazione riuscì ad assumere il controllo militare delle proprie linee ferroviarie, che erano rimaste fino ad allora nelle mani di compagnie ferroviarie civili. Tuttavia, anche sul fronte confederato l’importanza delle ferrovie non veniva sottovalutata. I soldati, in caso di ritirata, smantellavano i binari per non lasciare al nemico un importante vantaggio. La stessa tecnica militare, detta “scorched earth”, fu impiegata in vari casi anche dalle truppe dell’Unione, per esempio nella Campagna di Savannah.


Soldati dell’Unione al comando di Sherman smantellano un tratto di binari

Per quanto riguarda la Central Pacific, il conflitto sembrava poter avere un impatto disastroso sul progetto d’impresa, ma segnò in effetti un punto di svolta per lo sviluppo della compagnia. La ferrovia transcontinentale rappresentava, per l’Unione, un’infrastruttura di vitale importanza, poiché avrebbe assicurato la fedeltà della frontiera, rafforzando il controllo militare del Far West. La situazione economica non era però favorevole: le riserve di metallo, gli equipaggiamenti per le costruzioni e i macchinari pesanti erano tutti impiegati nello sforzo bellico. La politica federale di inflazione monetaria aveva fatto impennare i prezzi dei materiali e questo aveva causato una battuta d’arresto per la compagnia. Inoltre, la Central Pacific non era la sola impresa di trasporti del Far West. Colossi come la Wells Fargo, la Pacific Mail Steamship e la California Steam Navigation erano preoccupati di poter perdere il loro monopolio. Per contrastare l’ascesa della Central Pacific, iniziarono a sostenere la Sacramento & San Jose Railroad e la Sacramento Valley, sue dirette avversarie. La rivalità tra compagnie ferroviarie si fece sempre più accesa.
Nel 1862 il presidente Abraham Lincoln firmò il Pacific Railway Act, che autorizzava la Central Pacific a costruire verso la parte Est della California; la Union Pacific Railroad ottenne con lo stesso decreto il permesso di costruire verso Ovest, a partire dal fiume Missouri. Da Ovest e da Est, le due ferrovie avrebbero dovuto congiungersi a formare un’unica grande linea transcontinentale. Il decreto garantiva alle due compagnie un prestito trentennale in titoli governativi, al tasso di 16.000 dollari per miglio di binari costruiti su tratte pianeggianti e di 48.000 dollari per miglio in zone montuose. Sia la Central che la Union erano autorizzate a rivendere i terreni e i titoli per finanziare il proseguimento dei lavori.


Titolo azionario della SP RR, con l’effigie di Leland Stanford

Il Pacific Railway Act subì, nel 1864, significative variazioni, che avvantaggiavano ulteriormente le due compagnie ferroviarie, eliminando di fatto dalla competizione tutte le altre imprese di trasporti minori. Il decreto, però, non assegnava un preciso monte di lavoro, anzi incoraggiava ciascuna delle due compagnie a portare a termine l’opera nel più breve tempo possibile. La Union e la Central si trovarono così a rivaleggiare tra loro, per stabilire quale tra le due avrebbe costruito la maggior parte della ferrovia transcontinentale.
Tra il 1862 e il 1864, Leland Stanford era il presidente della Central Pacific Company ed era allo stesso tempo governatore della California. Utilizzando la sua posizione, fece approvare numerose leggi statali che avvantaggiavano la sua compagnia. In questo modo riuscì ad ottenere titoli statali per milioni di dollari e coinvolse le popolazioni locali, incoraggiando i cittadini comuni a sottoscrivere le azioni della compagnia ferroviaria. Questi metodi furono da subito criticati da un vasto numero di avversari politici. Come vedremo in seguito, le strategie della Central Pacific avrebbero avuto effetti devastanti sui piccoli investitori.


Caricatura che ritrae Charles Crocker contro alcune famiglie di contadini

Dopo la fine della Guerra Civile, l’ascesa della Central Pacific si fece inarrestabile. La compagnia intraprese in quel periodo una vasta campagna di acquisizione nei confronti delle ferrovie minori. Già nel ’65 aveva assorbito la Sacramento Valley Railroad, la San Francisco & San Josè Railroad e poco più tardi anche una compagnia di trasporti ferroviari denominata Southern Pacific. Quest’ultima, aveva una tratta ferroviaria non ancora del tutto completata a nord del confine con il Messico. L’acquisizione della Southern Pacific si rivelò una strategia vincente, poiché permise di iniziare a progettare una seconda linea transcontinentale a sud, ben prima che lo potessero fare i diretti avversari della Union.

La manodopera nella ferrovia transcontinentale

Nel 1865 lavori di costruzione si intensificarono e lo sforzo per la posa dei binari sulla Sierra Nevada iniziò a richiedere un numero sempre crescente di operai, nell’ordine delle migliaia di persone. Pochi uomini erano però disposti a lavorare così duramente, sottoponendosi ad un lungo viaggio, alle intemperie e al pericolo, dietro il compenso di 35 dollari al mese offerti dalla compagnia.


Lavori nella ferrovia

Fu un altro dei “Big Four”, Charles Crocker, che stabilì di utilizzare la manodopera cinese per quel lavoro particolarmente pesante e rischioso. Si trattava di operai esperti, già attivi in California nella costruzione delle grandi opere e nei campi minerari.


Una squadra di operai cinesi al lavoro

Gli operai cinesi si rivelarono tanto utili alla compagnia che furono in seguito impiegati anche in Oregon e in Texas. A Est, la Union Pacific li assumeva a basso costo soprattutto come minatori nei giacimenti di carbone. Il loro lavoro per la ferrovia era sottopagato (24/31 dollari al mese nei primi anni). La paga di un lavoratore cinese poteva aumentare a seconda del rischio; per esempio veniva concesso 1 dollaro di extra (al mese) per il lavoro nei tunnel, in cui i cinesi erano spesso impiegati. La compagnia non si curava di tenere dei veri e propri registri degli operai cinesi (cosa che invece avveniva per i bianchi), ma si limitava ad elencare il numero di componenti delle squadre sotto il nominativo un responsabile, o di chi era incaricato dei pagamenti. Anche per questo motivo, è ancora oggi difficile stabilire con esattezza il numero di operai cinesi impiegati dalla Central Pacific nel corso degli anni. Nel 1865, Leland Stanford dichiarò al Congresso degli Stati Uniti: “(…) Gli operai che impieghiamo sono per la maggior parte cinesi (…) Senza di loro sarebbe impossibile completare la porzione orientale di questa grande impresa nazionale, nei tempi stabiliti dagli Atti del Congresso”. Tuttavia, negli anni successivi il bacino di manodopera fornito dalla California iniziò ad esaurirsi. La Central Pacific si organizzò allora per portare i lavoratori direttamente dalla Cina. La maggioranza della manodopera proveniva dall’area cinese di Guangdong, una provincia povera del Canton. Il punto d’imbarco era di solito Hong Kong. Si stima che complessivamente si calcola che 12-15.000 cinesi furono impegnati nella costruzione del ramo occidentale della ferrovia. Nuove ondate di forza lavoro venivano regolarmente portate dalla Cina e davano il cambio agli operai già in loco.


Operai cinesi durante la costruzione della Central Pacific Railroad tra Bakersfield e Los Angeles, 1876. La fotografia si trova all’Oakland Museum of California, dono della Southern Pacific Co.

La compagnia imponeva loro un orario di lavoro di 11 ore, durante le quali potevano essere persino frustati. Inoltre, non era loro concesso dimettersi per cercare altrove un impiego migliore. Nel ’67 indissero uno sciopero in California, per protestare contro questi abusi e con la richiesta di un aumento di salario. Il loro sistema fu però diverso da quello dei lavoratori provenienti dall’Europa. I cinesi non manifestarono, non scesero in strada, ma si limitarono a rimanere pacificamente nei loro alloggi, come se si trattasse di un normale giorno di riposo. La compagnia non prese in considerazione le loro richieste, anzi Charles Crocker si convinse che fossero stati i suoi avversari della Union a fomentare lo sciopero. Decise allora di rimpiazzare la manodopera cinese con squadre di ex schiavi liberati, assunti come strikebreakers (crumiri). Con questa tattica, contava di spezzare la volontà dei cinesi e di dimostrare che la loro presenza sui cantieri non era poi così fondamentale. Come se non bastasse, tagliò loro i viveri e negò ogni tipo di assistenza. Nonostante tutto, lo sciopero si protrasse per altri 8 giorni. Alla fine, Crocker ricorse alle maniere forti e affrontò gli scioperanti accompagnato dallo sceriffo locale, deciso a non accordare loro nessuna delle richieste che avevano avanzato. Sotto la minaccia di brutali rappresaglie, i lavoratori ritornarono nei ranghi e non ottennero alcun miglioramento nella loro situazione. Nei confronti dei cinesi, fin dai primi anni si diffuse un acuto odio razziale, fomentato da una campagna della stampa che li dipingeva come pericolosi invasori. Nel 1882 il governo varò una legge che impediva ulteriori arrivi di immigrati cinesi negli Stati Uniti. Nonostante ciò, la manodopera cinese continuò ad essere impiegata dalle compagnie ferroviarie fino agli anni ’20 del ‘900. In alcuni casi, furono gli stessi cinesi ad essere utilizzati come crumiri. Nel 1885 la Union Pacific si servì di loro per contrastare lo sciopero dei lavoratori bianchi nelle miniere di carbone di Spring Rock, in Wyoming. Le tensioni e l’insofferenza erano talmente alte che sfociarono in un’atroce rappresaglia: 150 sostenitori degli scioperanti attaccarono la chinatown locale e diedero alle fiamme le abitazioni dei “crumiri”. 28 cinesi rimasero uccisi, molti furono feriti o cacciati dalla città, in quello che viene ricordato come il Massacro di Spring Rock. La Union Pacific riportò gli operai al lavoro e licenziò 45 degli uomini che si erano resi responsabili del massacro; nessuno di loro fu però mai processato per quei fatti.
Il numero dei lavoratori cinesi che morivano durante le operazioni di costruzione non veniva registrato dalla Central Pacific e non c’è modo di sapere con esattezza quante persone diedero la vita per la realizzazione costruzione della ferrovia. Le operazioni più pericolose erano quelle per la creazione dei tunnel e di tutti gli scavi in cui era richiesto l’uso di esplosivi (in prevalenza, tonnellate di polvere da sparo). I ritmi di lavoro erano estenuanti.
Trasferendosi dalla Cina, gli operai del Canton conservavano alcune delle loro tradizioni più consolidate, per esempio si affidavano alla medicina tradizionale e mantenevano quasi invariate le loro abitudini alimentari. I cinesi rifiutavano la dieta comune e si nutrivano di verdura, riso, frutti di mare e pollame. Consumavano anche oppio e grandi quantità di the. La Central Pacific prese accordi con l’impresa Sisson, Wallace & Company, a cui diede l’esclusiva per la vendita di viveri ai soli operai cinesi. Negli spostamenti della manodopera, i treni avevano degli speciali vagoni denominati “China Store” che vendevano provviste agli asiatici. I cinesi dovevano infatti pagare sia per i viveri che per l’alloggio, e persino per l’equipaggiamento da lavoro. Gli operai bianchi, invece, ricevevano dalla compagnia vitto e alloggio.
Gli altri immigrati che lavoravano per la Central Pacific erano in prevalenza irlandesi, portoghesi e messicani. Nella Union, sul fronte Est della ferrovia, erano impiegati molti tedeschi, ma anche irlandesi e italiani. Il vitto fornito loro dalla compagnia era a base di carne, patate, pane, caffè e whisky.


Scena di caccia al bisonte dal treno

I danni all’ecosistema: il bisonte

L’espansione della ferrovia transcontinentale sul territorio americano portò danni irreversibili all’ecosistema. Con l’avanzata della ferrovia attraverso le Grandi Pianure il bisonte divenne oggetto di una caccia sempre più intensa. Gli animali venivano considerati come una fonte di cibo a buon mercato per gli operai delle compagnie, ma avevano anche un valore commerciale. Infatti, le ossa di questi animali venivano impiegate nella raffinazione dello zucchero e nell’industria della porcellana, avevano un valore medio di 8 dollari a tonnellata ed erano molto richieste. Inoltre, alla fine degli anni ’60 era stato sviluppato un nuovo metodo di concia e tintura che innalzava il valore delle pelli di bisonte. L’uccisione indiscriminata del bisonte era anche una spietata tattica contro le popolazioni indiane, che da esso traevano la principale fonte di sostentamento.


Una stampa del 1889 che rappresenta la mattanza in Kansas

La posa dei binari divise la popolazione di bisonti in due grandi branchi: uno si spostò a sud e l’altro migrò verso nord. La Kansas Pacific Railway (derivata dalla Union Pacific) fu tra le prime ad assumere dei tiratori scelti e alcuni cacciatori di professione il cui compito era rifornire la mensa degli operai (tra gli uomini impiegati come cacciatori nella Kansas Railway c’era anche Wiallam Cody, il celebre Buffalo Bill). Di fatto, la presenza della ferrovia transcontinentale comportò la decimazione degli immensi branchi che pascolavano nelle pianure. Anche dopo che la ferrovia transcontinentale fu costruita, la caccia spietata proseguì e divenne uno degli sport preferiti dai più ricchi. Alcune compagnie ferroviarie erano famose per organizzare vere e proprie mattanze: dal treno in corsa, i passeggeri paganti potevano sparare sui branchi di bisonti sporgendosi dai finestrini o arrampicandosi sopra ai vagoni. Le carcasse dei poveri animali venivano poi abbandonate nella prateria, suscitando la rabbia e l’indignazione degli indiani. Nonostante le proteste dei movimenti ecologisti che già negli anni ’80 del XIX secolo iniziavano a costituirsi, queste pratiche feroci non si fermarono. Nel ’76 la grande mandria a sud era ormai stata sterminata. Dei 4 milioni di bisonti presenti sul territorio americano ne rimaneva in vita un quarto. Nel 1884 erano rimasti appena 325 bisonti in libertà; per salvare la specie, alcuni degli ultimi esemplari furono protetti nel Parco Nazionale di Yellowstone, dove ancora oggi vive una piccola mandria che con il tempo ha raggiunto la quota di 4.816 esemplari. Altri bisonti erano stati ridotti in cattività con l’intenzione di preservarli e difenderli, ma il declino della specie arrivò a sfiorare l’estinzione di massa sul finire dell’800.

10 miglia in un giorno

Nella primavera del 1869, quando l’opera di costruzione era ormai quasi al limite dei tempi stabiliti dal Congresso, si accese una grande sfida tra la Central Pacific e la Union. Charles Crocker scommise con l’alto papavero della Union Pacific Thomas Durant che una squadra della Central avrebbe potuto superare ogni aspettativa, impiantando 10 miglia di binari (oltre 16 km) in un giorno solo. La posta in gioco tra Crocker e Durant era di mille dollari a miglio. Durant accettò senza indugio la scommessa; mise sul piatto 10.000 dollari dichiarando che il suo denaro era perfettamente al sicuro. Secondo lui, gli operai di Charles Crocker non avrebbero mai potuto farcela.
Il 28 aprile 1869 una grande squadra della Central Pacific si mise all’opera nei pressi di Salt Lake City, per assecondare le richieste della compagnia. Lo sforzo previsto era immane ed erano stati necessari molti giorni di preparativi per pianificare le operazioni, che si basavano su una rigida suddivisione dei compiti. Ogni operaio avrebbe dovuto mantenere un ritmo stabilito e svolgere un preciso compito, senza intralciare o rallentare il lavoro degli altri, in una sorta di catena di montaggio decisamente in anticipo rispetto ai tempi. Alle 5 del mattino, oltre 4000 uomini e centinaia di cavalli da tiro si misero all’opera, sotto la guida di 8 sovrintendenti. Le squadre lavorarono per oltre 10 ore, al ritmo forsennato di un miglio di binari l’ora, effettuando solo una breve pausa a metà del percorso. Dando prova di una incredibile costanza e coordinazione, riuscirono nell’impresa che sarebbe passata alla storia come un record imbattuto.


Una fotografia del ‘900. La targa celebrativa del record fu posta a Salt Lake City negli anni ’30.

Le due tratte si congiungono

L’8 maggio 1869 le due parti della ferrovia transcontinentale finalmente si congiunsero a Promontory Summit, nello Utah. Due giorni più tardi, le alte cariche della Central (per l’Ovest) e della Union (per l’Est) si incontrarono in una grandiosa cerimonia ufficiale. Per celebrare la fine dei lavori, Leland Stanford ebbe l’onore di piantare nel terreno un ultimo picchetto forgiato in oro massiccio, oggi esposto alla Stanford University e noto come “The Golden Spike”.


La congiunzione delle due tratte e la cerimonia del chiodo d’oro

Su uno dei suoi lati, il Picchetto d’Oro recava la scritta beneaugurante:

“Possa Dio far perdurare l’unità del nostro Paese, come questa ferrovia unisce i due grandi Oceani del mondo”.
(May God continue the unity of our Country, as this Railroad unites the two great Oceans of the world.)


The Golden Spike (o The Last Spike), il picchetto d’oro

L’avvenuta congiunzione tra est e ovest fu immortalata con una foto commemorativa, in cui i rappresentanti della Central (per l’Ovest) e della Union (rappresentanti l’Est) si stringevano simbolicamente la mano.


Cerimonia inaugurale a Promontory Summit, 10 maggio 1869

Dopo la cerimonia, un telegramma raggiunse gli uffici di New York. Portava la firma di Leland Stanford, della Central Pacific, di T.P. Durant della Union, e annunciava al mondo il completamento della “più grande sfida ingegneristica del secolo”.

Secondo alcune fonti il testo del messaggio recitava:

“Posta l’ultima rotaia; piantato l’ultimo picchetto; la Pacific Railroad è stata completata. Il punto di raccordo è a 1086 miglia a ovest del fiume Missouri e a 690 miglia a est di Sacramento.”

(The last rail is laid; the last spike driven; the Pacific Railroad is completed. The point of junction is 1086 miles west of the Missouri river and 690 miles east of Sacramento City).

Secondo altri storici (R.J. Orsi), il primo telegramma, strettamente personale per il vicepresidente Huntington, diceva semplicemente: “È fatta.” (“It is done”).
L’entusiasmo per il completamento della ferrovia, in ogni caso, fu travolgente. A Manhattan, l’annuncio fu accolto con grandi festeggiamenti di piazza e al suono di 100 colpi di pistola. Da Whashington D.C., a San Francisco, la notizia si propagò velocemente in tutto il Paese. A Chicago la gente comune sospese le proprie attività e una folla scese in strada per festeggiare animatamente. Nell’arco di 6 anni, le due compagnie erano riuscite a mantenere una promessa che a molti era sembrata impossibile e che garantiva a tutto il Paese un balzo in avanti verso il XX secolo. L’opera di costruzione per espandere la rete ferroviaria non era però conclusa e molte altre promesse fatte dalla compagnia di trasporti sarebbero state disattese nel corso degli anni.
In seguito alla congiunzione dei due rami della ferrovia transcontinentale, le due eterne rivali Central e Union diedero il via alla propaganda per la vendita dei titoli azionari e dei terreni che avevano ricevuto in concessione dal governo. Le mire dei due colossi si concentrarono sui piccoli proprietari agricoli e la propaganda si spinse anche in Europa, con la diffusione di volantini e brochure che dipingevano il West come una terra promessa. La California, in particolare, veniva descritta come un paradiso per l’agricoltura e per l’allevamento, con terreni a buon mercato e un clima particolarmente mite. Non furono pochi coloro che, dal resto del Paese, si trasferirono all’Ovest per motivi di salute, in cerca di un ambiente più salubre che potesse risolvere i loro malanni. Anche molti europei si convinsero ad emigrare con le loro famiglie, per inseguire il benessere e il sogno di una vita migliore.


Uno dei manifesti diffusi dalla Southern Pacific apparsi anche in Europa alla fine dell’800

Sviluppatasi come compagnia di trasporti nel 1861, fin dai primi anni la Southern Pacific Company mise in atto una serie di strategie che miravano all’espansione e al monopolio. Nel corso degli anni, la compagnia ferroviaria più influente del West non mostrò i muscoli solo nei confronti dei rivali in affari. Nella sua sfrenata corsa verso Est, si fece forte del lavoro di migliaia di immigrati dalla Cina e dall’Europa. L’avanzata dei binari attraverso gli immensi territori americani colpì brutalmente anche le tribù indiane e l’ecosistema in cui da secoli prosperava la loro civiltà. A causa di una caccia intensiva, il bisonte fu spinto sull’orlo dell’estinzione di massa. Il profondo cambiamento generato dall’espansione delle compagnie ferroviarie fu spesso biasimato anche dall’opinione pubblica dell’epoca. Le grandi compagnie ferroviarie come la Southern Pacific incontrarono l’opposizione di molti gruppi, in particolare quella dei piccoli proprietari terrieri che si sentivano schiacciati sotto il macigno di una potente corporation. È emblematica, in questo senso, la storia della tragedia di Mussel Slough (The Mussel Slough Tragedy), che ebbe luogo nel 1880 a Hanford in California.

Le menzogne della Southern Pacific

Nel 1866 il Congresso degli Stati Uniti aveva autorizzato le compagnie ferroviarie a costruire nella contea di Mussel Slough in California. Il Congresso aveva stabilito la suddivisione delle aree che si estendevano tra il fiume Kings e il lago Tulare e aveva ripartito i terreni in lotti di un miglio quadrato l’uno. Tutta la zona era arida e scarsamente coltivabile, adatta solo in parte all’allevamento del bestiame. I lotti con numerazione pari erano andati alla Southern Pacific Co. per la costruzione di una nuova tratta ferroviaria, mentre i lotti con numerazione dispari erano stati assegnati ai coloni decisi a stabilirsi nella zona. Molti allevatori e contadini si aspettavano un consistente aumento del valore dei loro terreni dopo la costruzione della ferrovia. I coloni avevano lavorato duramente per impiantare le loro attività sul territorio, in attesa che la ferrovia venisse finalmente realizzata. Le brochures e le circolari distribuite dalla Southern Pacific erano incoraggianti: i terreni in possesso della compagnia erano pubblicizzati con il prezzo base di $2,50 l’acro; una quota allettante per i piccoli risparmiatori. Le parole della compagnia avevano indotto molti a pensare che si trattasse di un prezzo già fissato e che il valore dei terreni sarebbe rimasto invariato anche dopo la costruzione della ferrovia. Nel 1872 Souther Pacific iniziò a mettere in vendita i propri lotti di terreno. Al momento dell’acquisto, i coloni scoprirono che i prezzi dei lotti erano lievitati. La Southern Pacific si giustificò sostenendo che il valore era aumentato con la costruzione del primo ramo della ferrovia. I coloni protestarono vivamente, ma non arrivarono a nulla. Negli anni precedenti, affrontando molte avversità, avevano lavorato per rendere fertili le terre loro assegnate. Avevano costruito stalle, fattorie, recinzioni, ed erano più che mai convinti che fosse stato il loro lavoro a far aumentare il valore d’acquisto dei lotti agricoli. Nel 1878 la compagnia li portò in giudizio e senza un grosso sforzo vinse la causa contro i piccoli proprietari infuriati. Il procedimento era ancora in corso, quando la Souther Pacific stabilì di deviare la ferrovia e di portare i suoi treni lungo una tratta diversa. Quelli che avevano già costruito le loro case lungo la precedente tratta si ritrovarono proprietari di un pugno di terra senza valore. Il romanzo “Octopus” di Frank Norris racconta questi fatti e descrive l’esasperazione dei contadini.


The Octopus – di Frank Norris

Norris, che pubblicò il suo romanzo nel 1901, dipinge un quadro tragico della situazione. Secondo il resoconto romanzato della vicenda, molti agricoltori della zona avevano contratto dei debiti con la ferrovia, nel corso di annate difficili in cui si erano alternate la siccità e l’abbondanza dei raccolti. I coloni di Hanford non sono visti da lui come ingenue vittime di una truffa, ma come gente onesta e disillusa, ben consapevole di doversi scontrare con un gigante subdolo e sleale. I dirigenti della compagnia ferroviaria, invece, sono descritti senza mezzi termini come personaggi corrotti, disposti ad ogni bassezza per soddisfare la loro sete di denaro. Questa visione si avvicina abbastanza alla realtà dei fatti, anche se gli storici contemporanei hanno un’opinione più morbida e tendono a riscattare in parte la Southern Pacific RR (v. per esempio lo storico Richard J. Orsi).

I piccoli proprietari agricoli si ritrovarono in Tribunale contro la compagnia ferroviaria e affrontarono la causa pur sapendo che la loro lotta sarebbe stata impari. Alla fine, la Southern Pacific vinse la causa contro gli agricoltori, ottenendo anche i diritti di costruzione su nuovi terreni. Si trattava di quegli stessi lotti che inizialmente erano stati assegnati dal Governo ai coloni. La Southern Pacific stabilì che gli agricoltori sarebbero stati espropriati, a meno che non si fossero piegati a pagare 35 dollari l’acro, per quelle terre su cui ormai avevano impiantato le loro attività.

Gli agricoltori si organizzano

I coloni di Hanford si organizzarono in una lega (The Settlers League) e tentarono ancora una volta di far valere le loro ragioni sul piano civile. Scrissero persino una petizione al presidente degli Stati Uniti Rutherford B. Hayes. Tutti i loro tentativi, però, caddero nel vuoto. La Southern Pacific iniziò a mostrare il suo lato aggressivo e inviò degli agenti ferroviari per espropriare i fattori che erano decisi a resistere. Gli impiegati della compagnia, lungi dall’essere comprensivi e amichevoli, misero in atto violenze, confische dei beni e intimidazioni di ogni genere. In alcuni casi demolirono addirittura le stalle e i fienili, ma i fattori si organizzarono per una veloce e ostinata ricostruzione.


Immagine di copertina New York Daily Graphic, 1880. Rappresenta Leland Stanford, presidente della Southern Pacific, nell’atto di sfrattare una famiglia di coloni

La grande forza d’animo e la fierezza degli abitanti di Hanford conquistò una parte dell’opinione pubblica. La Southern Pacific, però, aveva un peso politico eccezionale e la capacità di utilizzare a proprio vantaggio anche la stampa. Nel tentativo di raggiungere un compromesso, nel marzo del 1880 il presidente della Southern Pacific organizzò un incontro con i rappresentanti dei coloni. L’iniziativa non portò risultati e la lotta proseguì: gli animi si andavano surriscaldando e i tempi erano quasi maturi per uno spargimento di sangue.

Uno scontro inevitabile

L’11 maggio 1880 fu organizzato a Hanford un grande picnic, in occasione del quale alcune autorità avrebbero dovuto tenere un discorso in favore degli agricoltori. Proprio nel corso della festa, però, si sparse la voce che gli uomini della Southern Pacific stavano attaccando alcuni proprietari e li volevano cacciare dalle loro terre. La squadra della Southern Pacific era composta da 4 uomini, armati e risoluti, di cui facevano parte lo U.S. Marshal Alonzo W. Poole, l’esattore William H. Clark e due cittadini di Hanford: Mills Hartt e Walter Crow. Immediatamente, un gruppo di 12 coloni si organizzò per correre in aiuto dei compagni che rischiavano di essere espropriati. Il fattore James N. Patterson si mise a capo del gruppo. I dodici, anch’essi armati, si diressero sul terreno del fattore Henry D. Brewer, dove avrebbero potuto incontrarsi con gli esattori della ferrovia.
Gli allevatori avevano tutte le intenzioni di bloccare l’azione della Southern Pacific, o per lo meno speravano di convincere i 4 esecutori a rimandare l’esproprio. Tra i componenti delle due fazioni già da tempo non correva buon sangue, anzi, Walter J. Crow (dalla parte della ferrovia) e l’allevatore James Harris si odiavano per vecchie questioni personali. Crow era anche un tiratore scelto e all’appuntamento si stava recando con pessime intenzioni, pronto a dimostrare la sua abilità con la pistola. Mills Hartt, che come Crow si era messo dalla parte della Southern Pacific, era un esaltato e andava in giro dicendo di essere deciso a scavare la fossa a ogni “zappaterra” (“sandlapper”) che gli si fosse parato davanti
Anche se facevano gli interessi della ferrovia, Hartt e Crow erano entrambi abitanti di Hanford e conoscevano bene gli uomini che avevano come avversari. La situazione rovente con la Southern Pacific aveva scoperchiato vecchi conti da saldare che esistevano già tra i componenti dei due gruppi e nessuno era pronto a cedere di un passo dalla sua posizione. Quando le due fazioni avversarie si incontrarono, tra l’allevatore Harris e Mills Hartt scoppiò un immediato litigio. Tra i due volarono pesanti insulti e presto i litiganti passarono ai fatti. Si affrontarono in duello e finirono per uccidersi a vicenda. Walter Crow, che non vedeva l’ora di mettersi in azione, aprì il fuoco in difesa del suo compagno Hartt e con la sua mira infallibile colpì diversi avversari. Molti furono feriti e quattro contadini rimasero uccisi. Quando Crow tentò di allontanarsi dal luogo dello scontro, fu raggiunto alle spalle da un proiettile e così finì anche la sua carriera. Il nome dell’assassino di Crow non venne mai a galla, nemmeno nel processo che seguì.

I cinque eroi di Mussel Slough

Il gruppo dei piccoli proprietari agricoli era molto compatto e aveva il sostegno di gran parte della popolazione di Hanford. Solo cinque, tra quelli che sopravvissero allo scontro, furono messi sotto accusa per resistenza e intralcio ad un pubblico ufficiale (lo U.S. Marshal Alonzo W. Poole che era stato presente all’esproprio). I cinque ricevettero una condanna a 8 mesi, oltre ad un’ammenda di $300 ciascuno. Al loro ritorno ad Hanford, però, trovarono una folla di 3.000 persone pronta ad acclamarli come eroi.


John D. Pursell, John J. Doyle (capo della Settlers League), James N. Patterson, Wayman L. Pryor e William Braden, “I cinque di Mussel Slough”

Gli uomini che avevano perso la vita nel tentativo di difendere le loro fattorie erano invece ormai considerati martiri di una coraggiosa lotta contro la Southern Pacific, e più in generale contro lo strapotere delle compagnie ferroviarie.


Sulla copertina della rivista “The Wasp” dell’8 meggio 1881, Leland Stanford e Collis P. Huntington (due dei “Big Four”) sono rappresentati come avidi avvoltoi, che per interesse e per denaro stendono i loro artigli sui terreni di sepoltura delle vittime di Mussel Slough. Sulle lapidi senza nome, si possono leggere due epitaffi inequivocabili: “Ucciso dai tiranni della ferrovia” e “Ucciso dal monopolio”.

Dopo i fatti di Mussel Slough, la sola concessione che i dirigenti della Southern Pacific fecero agli agricoltori fu una lieve riduzione dei costi dei terreni. Questo convinse la maggior parte dei coloni a rimanere nei luoghi in cui avevano costruito le loro abitazioni e impiantato le loro attività. Contro i coloni di Hanford la compagnia aveva vinto, come era prevedibile. Il danno d’immagine, però, fu enorme. L’atteggiamento della compagnia di trasporti fu a lungo criticato sia dalla stampa che dall’opinione pubblica. Caricature del presidente Leland Stanford e del suo socio Collis P. Huttington iniziarono a circolare in tutto il Paese.


Un’altra caricatura apparsa su “The Wasp” nel 1882: rappresenta Charles Crocker e Leland Stanford della Southern Pacific Company.

La pessima pubblicità, comunque, non convinse i dirigenti della Southern Pacific a cambiare rotta. Negli anni seguenti si verificarono molti casi simili, quasi sempre con spargimenti di sangue. Il mito di Mussel Slough si diffuse ed ebbe grande risonanza in tutta la California. Lungo la strada per Hanford, si trova una lapide alla memoria dei caduti di Mussel Slough.


La targa commemorativa posta nel 1936 a ricordo della Tragedia di Mussel Slough

Ancora oggi, su alcuni blog e social, c’è chi accusa la ferrovia di voler rimuovere la targa commemorativa. Ad ogni modo, queste sono solo speculazioni. Oggi anche la Southern Pacific è un ricordo del passato. La compagnia è stata assorbita negli anni ’90 dalla Union Pacific Company, sua antica rivale. La diffidenza e il disprezzo della gente sembrano però ancora vivi nei confronti della compagnia, anche a più di un secolo di distanza da quei tragici episodi che la videro protagonista.

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