Mitch Bouyer (e l’enigma della sua foto)

A cura di Paolo Brizzi

La foto che tutti hanno creduto ritraesse Bouyer
Mitch Bouyer, nato nel 1837 con il nome di Michel, era figlio di una indiana Santee Sioux e di un certo Jean Baptiste Bouyer, un franco-canadese che lavorava per l’American Fur Company e commerciava con i gruppi di Sioux nell’area del Wyoming. Suo padre venne ucciso dai nativi nel 1863. Il cognome di Mitch ci è arrivato in diverse forme, tra le quali Bowyer, Bouyer, Boyer, Buazer, o, in creolo, Boye.
Bouyer era arruolato nell’esercito americano dapprima come guida del 2° Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti nel tempo in cui quel reparto era impiegato per la sorveglianza dei lavori di realizzazione della Northern Pacific Railroad. Dal 1872 lavorò anche come interprete presso la Crow Agency e nell’esercito. Infine, venne assunto come scout e interprete nel 7° Reggimento di Cavalleria, allora guidato dal tenente colonnello George Armstrong Custer. E in quel reggimento, insieme al suo comandante, Mitch trovò la morte il 25 giugno 1876 nella famosissima battaglia del Little Bighorn.
Mitch Bouyer (il suo nome indiano era Kar-Pash) aveva tre sorelle, Marie, Anne e Therese e due fratellastri, John ed Antoine.
Nel 1868 divenne interprete dell’esercito statunitense a Forte Phil Kearny (nel Wyoming) e nel 1869 sposò Magpie Outside (Gazza Fuori), una donna Crow che successivamente cambiò il suo nome in Mary. L’anno successivo, il 1870, nacque una figlia, chiamata anche lei Mary e qualche tempo dopo nacque un altro figlio, un maschio, a cui venne dato il nome di Tom, anche se il nome venne poi cambiato in James La Forge quando la madre Mary, divenuta vedova, si risposò con uno dei più grandi amici del defunto marito, Thomas Laforge, che adottò i figli di Bouyer.
Nel 1876 il tenente colonnello George Armstrong Custer, che faceva parte della spedizione del generale Alfred Terry contro gli indiani chiamati “ostili”, richiese personalmente che Mitch Bouyer venisse trasferito al 7° cavalleria sia per l’ottima conoscenza del territorio, sia quale interprete con le sei guide Crow che erano state assegnate dal generale Terry al reparto di Custer che già disponeva di alcune guide Arikara.
Al posto di osservazione noto come Crow’s nest (Nido del Corvo), che sovrastava la piana del Little Big Horn dove si sarebbe poi svolta la famosa battaglia, Bouyer fu tra coloro che cercarono di mettere in guardia Custer dall’attaccare a testa bassa, vista l’ampiezza del villaggio indiano che gli scout e lui stesso avevano visto. Con la sua esperienza più che decennale Mitch aveva messo in guardia Custer su cosa lo attendeva, presagendo che il numero dei guerrieri indiani sarebbe stato troppo grande anche per il 7° Cavalleria, ma Custer non aveva voluto ascoltarlo. Quando il reparto di Custer venne suddiviso in tre diverse colonne, Bouyer restò con quella capeggiata dallo stesso Custer che venne interamente sterminata nel corso della battaglia.
Nel 1984 un incendio devastò la prateria nel luogo del campo di battaglia il che rese ancor più difficili gli scavi e le ricerche archeologiche; tuttavia i resti di uno dei teschi rinvenuti venne positivamente comparato con l’unica fotografia nota di Mitch Bouyer.
Il problema sorge però laddove le più moderne ricerche hanno dimostrato che quella foto di cui si parla non ritrae Mitch Bouyer, ma un indiano. Ma di tutto questo parliamo più sotto.


La foto originale in cui si legge il nome dell’indiano ritratto

L’immagine (attribuita da sempre a Mitch Bouyer) mostra un indiano dai capelli corti (del resto era un meticcio), forse apparentemente più anziano di quanto i suoi 39 anni di vita farebbero presumere; ha curiosamente il copricapo ornato da uccelli… ghiandaie di Steller, un corvide diffuso nell’America Settentrionale e Centrale.
Tutti per più di cinquant’anni hanno considerato questa foto come l’unica disponibile dello sfortunato ma coraggioso scout, sin da quando il Colonnello Graham lo ha inserito come Mitch Bouyer nel suo vecchio libro sul Little Bighorn. Pensate che il Prof. Donald Scott, famoso per i suoi studi di archeologia forense dei campi di battaglia, insieme al Prof. Richard Fox, dopo aver scavato le alture dove Custer morì, ha utilizzato questa foto per sovrapporvi le ossa del presunto scheletro di Bouyer ottenendo risultati tali da confermarne l’identificazione! Eppure, udite udite, quella famosa foto non è di Mitch Bouyer!
Nel 1990 Mike Cowdrey scrutando gli archivi fotografici del Western History Department della Denver Public Library, trovò migliaia di foto di indiani, tutte originali; la biblioteca le poteva fotocopiare su richiesta. Essendo originali, si può leggerne il retro e spesso conoscere fotografo e magari la data di realizzazione, nonché il nome del personaggio ritratto.
Ebbene, la foto attribuita a Mitch Bouyer aveva la scritta “UTE” cancellata con un rigo. Una scritta più recente era: “Mitch Bouyer, vedi Graham, “Battle Of The Little Bighorn”, pag. 12. Quando Cowdrey fece notare la correzione all’anziano addetto questi rispose: “Bene, non c’è prova che non sia Mitch Bouyer, è una delle immagini più famose che abbiamo ed una di quelle di cui è maggiormente richiesta una copia!”
La foto di circa 6×8 pollici era insieme a foto di indiani Ute e Jicarilla scattate dal fotografo Charles A. Nast di Denver. Le altre foto del gruppo condividono con questa erroneamente attribuita a Bouyer lo sfondo e l’ambientazione. Nast lavorò in uno studio a Denver dopo il 1890 ed è probabile che queste foto risalgano al periodo 1895-1900, ben vent’anni dopo la morte di Mitch Bouyer!


Una cartolina con il ritratto di A-ca-po-re

Bouyer lavorò come interprete presso l’agenzia Crow nel Montana durante gli anni sessanta. Nel 1873 rifiutò di accompagnare i capi dei Crow a Washington per stare con la moglie e i figli. Non sappiamo se Bouyer raggiunse mai Denver, ma Nast avrebbe dovuto scattare la sua foto ben 20 anni prima delle altre, simili, foto di Ute e Jicarilla. Quando Mike Cowdrey telefonò a Donald Scott per renderlo edotto che la foto poteva non essere di Bouyer questi (che vi aveva molto lavorato sopra) gli disse che i discendenti di Bouyer alla riserva ne avevano un ingrandimento e la ritenevano un ritratto del loro famoso avo. Cowdrey conclude così un suo articolo: “Credo che questo ritratto di un anonimo Ute continuerà ad essere considerato erroneamente il ritratto di un genuino eroe, di cui non sappiamo se esista una vera foto. E’ difficile commerciare anonimato, così una faccia è sempre meglio di niente.”

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