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Black Elk (Alce Nero o Cervo Nero)


Un ritratto fotografico giovanile di Black Elk
Black Elk (nome tradotto in italiano come Alce Nero anziché come sarebbe più corretto Cervo Nero, Hehaka Sápa in lingua lakota) è stato un guerriero Lakota Sioux nonché guida spirituale e medicine man. Nacque lungo il Little Powder River l’1 dicembre del 1863 e morì a Manderson-White-Horse-Creek il 19 agosto 1950. Visse inizialmente libero presso gli Oglala, una delle tribù della famiglia Lakota-Sioux, per poi seguire il suo popolo nella riserva. Si convertì al Cattolicesimo intorno al 1905.
Alce Nero era ancora giovanissimo, appena 12 anni, quando partecipò alla Battaglia del Little Bighorn (1876), in cui i Sioux guidati da Toro Seduto e Cavallo Pazzo, inflissero una storica e sanguinosa sconfitta al 7° Cavalleria degli Stati Uniti comandato dal “generale” George Armstrong Custer.
Nel 1887, a 24 anni, si recò in Inghilterra come parte del Wild West Show di Buffalo Bill. Fu per lui un’esperienza deludente, come scrisse successivamente nell’autobiografia “Alce Nero parla”. Durante la tournée Buffalo Bill accettò di fare uno spettacolo in esclusiva per la regina Vittoria e tutto il personale del Wild West Show fu convocato alla festa per i suoi cinquant’anni di regno.
Dopo la fine della tournée ritornò negli Stati Uniti. Nel 1890 era presente a Wounded Knee, dove rimase ferito nell’eccidio compiuto dall’esercito degli Stati Uniti.
Nel 1892 Alce Nero si sposò con Katie War Bonnet.
Successivamente la moglie si convertì al cattolicesimo, e i loro tre figli furono tutti battezzati come cattolici. Un anno dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1903, Alce Nero si fece battezzare nel giorno di San Nicola, proprio con il nome di Nicholas (6 dicembre 1904. Iniziò a prestare servizio come catechista. Continuò a svolgere la missione di sciamano tra la sua gente, non ravvisando nessuna contraddizione fra le tradizioni del Wakan Tanka e il cristianesimo.


Black Elk con un altro guerriero Lakota

Alce Nero dichiarò di conoscere il credo niceno e inoltre affermò: “Io credo nei sette sacramenti della Chiesa cattolica. Io stesso ne ho ricevuti sei: battesimo, comunione, confessione, cresima, matrimonio ed estrema unzione”. Per diversi anni ho accompagnato i missionari cattolici che percorrevano la riserva annunciando Cristo al mio popolo. Tutti i miei familiari sono battezzati. Per quasi vent’anni ho aiutato i sacerdoti servendo a Messa e sono stato diverse volte catechista. Posso dire perciò di conoscere la mia religione meglio di molti bianchi. Posso spiegare le ragioni per cui credo in Dio.
Tuttavia, vicino alla morte, dichiaro alla figlia Looks Twice: “l’unica cosa in cui credo veramente é la religione della pipa”. La sacra pipa, data ai Lakota da White Buffalo Calf Woman, è al centro della religione Lakota.
Nel 1905 si risposò con Anna Brings White, vedova con due figlie. Ebbero altri tre figli; Alce Nero rimase con la seconda moglie fino alla morte di lei, nel 1941.
Negli anni 1948-49 si ammalò e fu colpito anche da un infarto. Alce Nero morì nel 1950, dopo aver ricevuto l’estrema unzione, e venne sepolto nel cimitero cattolico di Sant’Agnese a Manderson-White Horse Creek, Dakota del Sud.
Il vescovo Robert Dwayne Gruss, appartenente alla diocesi di Rapid City, ha celebrato il 21 ottobre 2017, nella chiesa del Santo Rosario di Pine Ridge, la messa solenne per aprire formalmente la causa di canonizzazione di Alce Nero.
Alce Nero ha più volte raccontato di come diverse “visioni” lo abbiano indirizzato nell’aiuto del suo popolo. In particolare nella “grande visione”, avuta a nove anni, egli racconta di aver incontrato lo Spirito-guida dell’universo e visto un grande albero, simbolo della vita terrestre e del popolo indiano. Alce Nero comunque non parlò mai delle sue visioni e della sua capacità di chiaroveggenza se non in tarda età, e la sua famiglia iniziò a sospettare dei suoi poteri solamente dopo una malattia.
Secondo Ross Enochs, docente di Scienze religiose al Marist College di New York, le convinzioni religiose di Alce Nero sono una fusione della prima e della seconda fede.
Alce Nero e la sua famiglia
La spiritualità di Alce Nero ebbe un arricchimento dopo la conversione alla fede cattolica, ma egli mantenne vivi nel suo cuore gli elementi della religione Lakota che non entravano in conflitto con la religione cristiana. Dagli aspetti rituali e pratici (i cattolici hanno la confessione, i Lakota portano delle specie di ex voto agli dei per purificarsi dalle proprie azioni malvagie), agli aspetti trascendentali (l’esistenza dell’angelo custode, la credenza che le preghiere dei vivi possano arrecare beneficio alle anime dei defunti) all’escatologia (la fede e le opere dell’uomo durante la sua vita hanno un influsso sulla salvezza della sua anima nell’aldilà). Inoltre, continuò a credere che la White Buffalo Calf Woman (la “moglie del bufalo bianco”) avesse consegnato ai Lakota il sacro calumet e che un giorno sarebbe ritornata.
Secondo Enochs, comunque, Alce Nero abbandonò alcuni dei principi fondamentali della religione tradizionale quando abbracciò il cattolicesimo. Un principio fondamentale della morale cristiana è “Ama il prossimo tuo come te stesso”, regola che deve essere applicata sia agli amici che ai nemici. La morale Lakota non contiene nessuna norma che riguardi l’amore per i propri nemici. Anzi presso i Lakota, come presso tutti i popoli amerindi, la vendetta contro il nemico è considerata giustamente una virtù.

L’incredibile storia della biografia scritta da J. Neihardt

A partire dal 1931 Alce Nero incontrò più volte due scrittori, John G. Neihardt e Giuseppe Epes Brown, ai quali raccontò il suo passato e rivelò anche una serie di rituali sacri Sioux. La sua storia suscitò molto interesse ed ebbe vasta risonanza.
Questo corpus di interviste ad Alce Nero rappresenta uno dei pochi memoriali di un leader spirituale nativo americano della generazione contemporanea di Cavallo Pazzo e Nuvola Rossa, ovvero della generazione che ha vissuto il periodo di transizione tra il “vivere in pace e armonia nella propria patria” e “venire combattuti e cacciati dalla propria terra per essere, negli anni seguenti, chiusi in riserve”.


Alce Nero parla

Essendo stato il lakota una lingua orale fino al 1840 (anno della sua trascrizione ad opera dei missionari), la sua testimonianza diretta ha assunto una indiscussa rilevanza antropologica. I riferimenti alla cosmogonia Lakota e ad importanti elementi tradizionali (come il senso tribale della «Sacra Pipa», la concezione della relazione tra la realtà materiale e il mondo dello spirito e il concetto di interrelazione tra tutte le cose viventi) sarebbero andati persi per sempre senza il lavoro di ricerca di Neihardt e Brown.
Nella primavera del 1931 John G. Neihardt incontrò per la prima volta Alce Nero e raccolse da lui un lunghissimo racconto, che l’anno seguente pubblicò con il titolo di Alce Nero parla. Vita di uno stregone dei sioux Oglala (1932). La narrazione di Alce Nero non riguardava solo le sue vicende personali, ma si intrecciava con la storia del suo popolo, in guerra con i bianchi, e con le sue visioni, che lo accompagnarono fin dall’infanzia. Egli raccontò a Neihardt anche la “grande visione” avuta a nove anni.
Il libro divenne un caso editoriale. La storia dell’uomo di medicina nativo americano in lotta contro l’invasore bianco colpì il pubblico. In realtà Alce Nero non era affatto come era stato presentato. Al contrario, lo sciamano Lakota si era convertito ancor giovane alla fede cristiana e, al momento della lunga intervista di Neihardt, era diventato un catechista, un evangelizzatore a tempo pieno.
Alce Nero aveva conosciuto il cattolicesimo tramite i Gesuiti che, dalla Germania e dalla Svizzera, si erano stabiliti nella riserva nel 1887 ed avevano fondato una loro missione, intitolata al Santo Rosario (Holy Rosary Mission).


Alce Nero anziano

I padri Gesuiti avevano compreso gli aspetti comuni alle due religioni e li avevano valorizzati nella loro opera di evangelizzazione presso i Lakota. Quando un Lakota si convertiva al cattolicesimo non doveva rinnegare i principi fondamentali della religione che stava per abbandonare. I missionari spiegarono agli indiani che c’era una continuità tra la religione Lakota e il cattolicesimo; inoltre, accettarono gli usi e le tradizioni locali (anche il rito dell’esporre le salme a cielo aperto adagiate su impalcature) e preservarono gli aspetti della cultura locale non in aperto contrasto con il cristianesimo. Per quanto riguarda le danze rituali, il precetto era il seguente: si poteva partecipare, ma mantenendo un adeguato contegno.
I primi a reagire al ritratto non fedele fatto da Neihard furono proprio i Gesuiti, che fecero notare come l’autore censurava la fede cattolica di Alce Nero, che aveva abbracciato sin dal 1905. In una lettera aperta indirizzata a Neihardt datata 26 gennaio 1934, lo stesso Alce Nero protestò perché nel libro-intervista non era menzionata la sua fede cattolica[16]. Visto che la prima lettera aperta non aveva sortito l’effetto sperato, Alce Nero ne scrisse una seconda il 20 settembre dello stesso anno.
In essa definì senza mezzi termini Neihardt come «un bugiardo» e il suo libro «nullo e di nessun valore».
Alce Nero aveva descritto a Neihardt la “Danza del sole”, un rituale Lakota che comprendeva l’atto di auto-sacrificio: lo stregone si tagliava volontariamente la carne, facendo uscire il proprio sangue. Dopo la sua conversione, Alce Nero affermò che il sacrificio personale “è un atto volto a glorificare sé stessi”.
In sostanza, la letteratura etnografica descriveva i riti indiani usando il linguaggio della cronaca, come se essi si svolgessero nel presente. In realtà tali riti appartenevano già al passato, erano estinti.


La tomba di Alce Nero

I Lakota non li praticavano più a causa, soprattutto, della reclusione nella riserva, avvenuta negli anni novanta del XIX secolo. Lo stesso Alce Nero non praticò più i riti che aveva visto fare da bambino e che Nehardt descrisse invece come ancora esistenti. A contribuire a sfatare il mito di Alce Nero metà cristiano-metà guaritore furono le ricerche dell’antropologo Michael F. Steltenkamp, che riportò le sue discussioni con i missionari protestanti, nelle quali contestò la loro interpretazione di una figura centrale del cattolicesimo come la Vergine Maria.