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La nascita del mito Western nell’Ottocento: Eroine nelle dime Novels – 13

A cura di Noemi Sammarco
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16.


She wants to be a Cowboy

Il 23 ottobre 1888 (1), il New York Times raccontò di un incidente causato dalla lettura delle dime novel avvenuto a Stockton, California (2). La vicenda riguardava la sedicenne Mary Abbot, una ragazza che secondo l’articolo è vittima delle dime novels, che l’hanno convinta a voler diventare un cowboy. Dopo un tentativo fallito di fuggire di casa, Mary sempre più decisa ad intraprendere la vita da cowboy, si rifugiò nel fienile della sua casa armata di due pistole e a nulla servirono i tentativi prima del padre e poi del parroco di farla tornare in casa.
Mary minacciò entrambi con le sue pistole. Solo con l’arrivo del contestabile la ragazza venne disarmata. La vicenda di Mary è interessante perché la lettura delle dime novel le ha mostrato che per essere un cowboy non serve essere un uomo, ma bastano un pony… Un sacco di provviste, un abito da campeggio e una pistola (3).
Le azioni di Mary furono una chiara sfida potere dominante: suo padre, il parroco e la polizia ovvero il patriarcato, la religione e lo stato.
Probabilmente Mary era una delle tante ragazze che leggendo le storie di Deadwood Dick era rimasta affascinata da Calamity Jane, una donna che si vestiva, combatteva e parlava come un uomo.
Come ogni personaggio mitizzato del West bisogna però chiedersi quanto e cosa ci fosse di vero nelle storie che parlavano di Calamity Jane. La tradizione la presenta come una romantica ed intrepida eroina della Frontiera, ma la realtà è tutt’altra. Il suo vero nome era Martha Jane Cannary, e in realtà era una donna alcolizzata, dai modi rozzi, che imprecava e bestemmiava più degli uomini. Abitudine che, pare, avrebbe preso quando faceva la conducente di carri sui disastrosi sentieri delle Black Hills: le imprecazioni urlate a squarciagola erano il modo migliore per guidare buoi e muli. Il suo modo di essere era da molti considerato indecente ma ben si adattava ai posti selvaggi nei quali viveva.
Probabilmente la scelta di comportarsi come un uomo fu frutto della vita che conduceva. Se si fosse comportata come una donna non sarebbe stata presa molto seriamente da gli uomini con cui lottava se si fosse comportata diversamente. Per le donne nella seconda parte dell’ottocento non era facile poter intraprendere attività lavorative che erano considerate pertinenti degli uomini e perciò Martha cominciò a vestirsi da uomo della frontiera. Fingendosi un uomo riuscì persino a farsi arruolare tra i 400 soldati che composero la spedizione geologica di Newton e Jenney che esplorò in lungo e in largo le Black Hills nel 1875. Quando la sua vera identità venne scoperta, fu cacciata.


Martha Jane Cannary, Calamity Jane

Non era una esile donna magra, alta, bionda e dagli occhi azzurri come spesso è stata raffigurata al contrario non era una bella donna, le fotografie ci mostrano una donna dai tratti grossolani, trasandata e dall’aspetto sgraziato, e probabilmente non aveva neanche modi affascinanti.
Secondo la leggenda il suo celebre soprannome è dovuto a quando salvò Egan durante uno scontro con gli indiani a Goose Creek: ferito e caduto a terra, il militare sarebbe stato raccolto e portato in salvo al forte da Martha, dove avrebbe esclamato “I (4) name you Calamity Jane, the heroine of the plains” (5). Non si sa se questo fatto avvenne realmente, o fu solo frutto dell’invenzione di Jane, come molti altri avvenimenti dai lei raccontati.
Difficile dire qualcosa di preciso anche sul suo carattere. Durante la terribile epidemia di vaiolo, che nel 1876 colpì la città di Deadwood, diede prova di grandissima generosità, lavorò instancabilmente come infermiera e donò del cibo senza però ricevere in cambio neanche un grazie.
Nella sua vita si arrangiò facendo un po’ di tutto: scout dell’esercito, cuoca, lavandaia, ballerina nei saloon, infermiera e, secondo alcuni, all’occorrenza anche la prostituta.
Nel caso di Calamity Jane, è molto facile accorgersi che le mirabolanti avventure raccontate nelle dime novel erano molto lontane dalla realtà. La fama mondiale conquistata da Calamity Jane è frutto dei racconti fantasiosi di certa stampa del tempo e dai resoconti della stessa Martha che li condì con abbondanti dosi di invenzioni vere e proprie. La sua vita non fu composta solamente dalle avventure alla frontiera, che i lettori tanto amavano, ma l’asprezza della vita che Jane condusse la trasformò in un’alcolizzata. Fu più volte costretta a chiedere riparo in rifugi per senzatetto, perchè sperperava i soldi che guadagnava in alcool. Calamity Jane, nel corso della sua vita, usò la sua fama per far soldi e vendette le sue storie, spesso inventate, per ricavarne il più possibile. Una di queste storie, probabilmente inventata a favore del pubblico che voleva un’avventura romantica per la sua eroina, è quella riguardante la nascita della sua presunta figlia Janey. Probabilmente, Calamity era realmente innamorata di Wild Bill, e alimentò queste voci dopo la morte del pistolero, sostenendo di aver partorito, il 25 settembre 1873, una figlia avuta con lui. Calamity, per sostenere la sua storia, scrisse un diario-lettera, tra il 1877 e il 1902, scritto proprio all’indirizzo della figlia. Gli storici dubitano dell’esistenza stessa di questa bambina, e, comunque, concordano nell’affermare che Hickok conobbe Calamity Jane solo pochi mesi prima della sua morte, per cui una relazione datata 1873 sarebbe stata impossibile (6). Inoltre Hickok era profondamente legato alla moglie, Agnes Lake. Lo stesso viaggio a Deadwood pare essere stato motivato dal desiderio di accumulare una certa quantità di denaro per poter cambiare vita. A prova del suo amore per la mogli Agnes, vi sono le lettere che le scrisse dalle Black Hills. In una lettera datata il giorno prima della sua morte, Wild Bill le scrive:

“Cara Agnes, se dovesse accadere che non ci incontrassimo mai più, mentre sparerò il mio ultimo colpo, sussurrerò con delicatezza il nome di mia moglie e perfino i saluti per i miei nemici, poi mi tufferò e tenterò di nuotare verso l’altra sponda” (7).

Riguardo all’ipotetica figlia tra Jane e Wild Bill, Jane raccontò che la neonata venne affidata ad una coppia inglese in visita di piacere in America, gli O’ Neil, Jim e Helena, i quali la allevarono in Inghilterra, dopo averla adottata. Nella nota in calce al quaderno che raccoglieva le lettere Jane scrive, “Jim O’ Neil, per favore dà quest’album a mia figlia Janey Hickok dopo la mia morte” (8).
Le lettere contenute nel quaderno sono tutte scritte da Calamity, ma non sappiamo se quello che racconta sia vero, come non sappiamo se Janey sia realmente esistita.
Calamity Jane appare nella serie di dime novel scritta da Wheeler di Deadwood Dick per la prima volta nel 1877 in Deadwood Dick, the prince of the road, or, The black rider of the Black Hills, una delle dime novels più lette del tempo. Wheeler descrive Calamity come una donna che proviene da Virginia City in Nevada proveniente da

“a (9) family of respectability and intelligence. She dressed in a carefully tanned costume of buck-skin, the vest being fringed whit the fur of the mink: wearing a jaunty Spanish sombrero: boots on the dainty feet of patent leather, whit tops reaching to knees; a face slightly sunburned, yet showing the traces of beauty that even excessive dissipation could not obliterate; eyes black and piercing: mouth firm, resolute, and devoid of sensual expression: hair of raven color of remarkable length (10).”

Dunque Jane rimaneva bella e sensuale nonostante gli abiti maschili. Inoltre nelle dime novel si innamorerà di diversi uomini incontrati nelle sue avventure poiché nonostante le sue caratteristiche maschili non perde il romanticismo proprio delle donne.
Calamity Jane con una bottiglia di liquore
Il comportamento di Jane, che è socialmente inaccettabile, è però accettabile all’interno delle dime novel perché lei e i suoi compagni sono degli eroi che difendono i lettori dai soprusi da parte di uomini senza scrupoli. Inoltre se è vero che la Calamity Jane raccontata dalle dime novel veste da uomo e fuma, all’interno dei racconti non impreca, non si ubriaca e non si prostituisce come invece succedeva nella realtà.
Martha è un personaggio reale, che il mito ha trasformato in Calamity Jane. Per far sì che questa trasformazione potesse avvenire la realtà venne profondamene modificata.
Nella vita di Calamity Jane è difficile capire dove finisce la realtà e dove inizia il mito. Lei è un esempio di come le figure mitiche del west prendono spunto da personaggi realmente esistiti, per poi mescolarsi con la finzione e il romanzo.
Un’altra donna-bandito divenuta famosa grazie alle dime novel è Belle Starr. Il suo nome di battesimo era Myra Maybelle Shirley, chiamata dai familiari semplicemente “May”, nacque nella fattoria di John Shirley, agricoltore, e di Elizabeth Hatfield Shirley, del clan degli Hatfield. Prima della guerra civile frequentò l’accademia femminile della città di Carthage, Missouri, ma con la guerra la sua famiglia cadde in disgrazia e fu costretta a trasferirsi in Texas. Myra cercò un modo che le permettesse di continuare a vivere nell’agiatezza, e diventò una bandita. Le sue azioni criminali furono innumerevoli, assaltò banche, diligenze e treni, e comandando un feroce gruppo di ladri di cavalli e di bestiame nel Territorio Indiano. Come spesso accadde nel West fu la stampa a trasformarla da oscura criminale a celebrità: Richard Fox del Police Gazette, le attribuì l’appellativo di “Bandit Queen” e ne fece una sorta di eroina popolare, rendendola famosa con la sua dime novel: Bella Starr, the Bandit Queen, or the Female Jesse James, pubblicato nel 1889, l’anno in cui la donna fu uccisa in un misterioso agguato. L’immagine di Belle Starr, si allontanò da ciò che lei era in realtà e fu consegnata all’immaginario collettivo del pubblico in cerca di emozioni forti e di icone da applaudire.
Partecipò anche lei al Wild West Show, e lì i suoi crimini vennero dimenticati, scomparvero come mai esistiti.
Belle, a differenza di altre protagoniste delle dime, continuò a vestirsi come una donna rapinando banche in eleganti abiti scuri e con sfiziosi cappellini. Ebbe anche diversi mariti ovviamente uno più malfamato dell’altro: Cole Younger della banda James; Jim Reed; il mezzo Cherokee Sam Starr, che le diede il cognome; il texano Middleton, che aveva ucciso Starr; l’indiano Creek Jim July (11).
Sia che queste donne indossassero abiti maschili, o raffinati vestiti, che si sposassero o che decidessero di rimanere nubili, ebbero un ruolo fondamentale nel rompere gli schemi di comportamento a cui le eroine dei libri dovevano sottostare. La ricerca di un buon partito per potersi sistemare non era più fondamentale. Raggiungere la ricchezza per poter vivere tra gli agi non dipendeva più dal marito che riuscivano ad “accaparrarsi”. Queste donne costruiscono la loro ricchezza con le loro mani. Anche il ruolo di madre passa in secondo piano. Le eroine del West non sono più solamente mogli e madri, ma, iniziano a ricoprire ruoli che sono impensabili per le eroine delle domestic novel, in quei romanzi chi mai avrebbe voluto sposare una donna a capo di un gruppo di banditi?

CONTINUA

NOTE

  1. Cit in: D. Worden, Masculinity for the Million: Gender in Dime Novel Westerns, Arizona Quarterly: A Journal of American Literature, Culture, and Theory , Volume 63, Number 3, 2007, p.35
  2. D. Worden, Masculinity for the Million: Gender in Dime Novel Westerns, p.35
  3. D.H. Lawrence, Classici americani , Adelphi edizioni integrali, Milano, 2009
  4. D. Worden, Masculinity for the Million: Gender in Dime Novel Westerns, p.38
  5. Ti nomino Calamity Jane, l’eroina delle pianure!
  6. D. Faber, Calamity Jane: Her Life and Her Legend, Houghton Mifflin Harcourt, 1997, p. 18
  7. L. Barbieri, La strana, triste (e dubbia) storia di “Calamity Jane”, https://www.farwest.it/?p=552
  8. L. Barbieri, La strana, triste (e dubbia) storia di “Calamity Jane”, https://www.farwest.it/?p=552
  9. J. Calamity, “Lettere alla figlia”, Mimesis edizioni, Milano-Udine, 2013, p.7
  10. Una famiglia rispettabile e intelligente. Indossava un vestito di pelle di cervo lavorata attentamente, sul gilè c’erano frange di pelliccia di visone, indossava spavaldamente un sombrero spagnolo, i suoi piedi delicati indossavano stivali di pelle verniciata che arrivavano fino alle ginocchia, il suo viso era un po’ bruciato dal sole, ma mostrava tracce di una bellezza che neanche una vita di eccessi poteva dissipare. I suoi occhi erano neri e perforanti, la bocca decisa e risoluta senza nessuna espressione sensuale, i capelli neri di una lunghezza notevole.
  11. J. D. McLaird, Calamity Jane: The Woman and the Legend, University of Oklahoma press: Norman, 2005, pp.91-92
  12. G. Shirley , Belle Starr and Her Times: The Literature, the Facts, and the Legends, University of Oklahoma press: Norman, 1982, p. 95