Le Guerre Coloniali – 1

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.


Per “Guerre Coloniali”, nel Nord America, si intendono quella serie di conflitti tra Francia e Inghilterra (e, in parte, Spagna), sorti per il possesso dei territori del Nord Est e di quelli compresi fra il Mississippi e l’Atlantico, che si protrassero ininterrottamente, solo con pause di pochi anni fra l’uno e l’altro, dal 1688 al 1763. La vittoria finale inglese del 1763 non fu il trionfo definitivo della potenza britannica in Nord America: il furore combattivo dei coloni anglo-sassoni aveva già in sé tutti i germi della Rivoluzione Americana, che sarebbe scoppiata appena 13 anni dopo.
In queste guerre i Nativi agiscono come alleati dell’una o dell’altra Nazione europea. Gli storici anglo-franco-americani hanno attribuito a questi conflitti a volte il nome di “Guerre Coloniali”, a volte di “Guerre Indiane”; i Francesi le chiamano spesso “Guerre Intercoloniali”.

Queste guerre furono le seguenti:

  • Guerra di Re Guglielmo (King William’s War – I Guerra Coloniale o II Guerra Indiana – In Europa: Guerra della Grande Alleanza o dei Nove Anni) 1688–1697
  • Guerra della Regina Anna (Queen Anne’s War – II Guerra Coloniale o III Guerra Indiana – In Europa: Guerra di Sucessione Spagnola) 1702–1713
  • Guerra di Padre Rale (Father Rale’s War – IV Guerra Indiana) 1722–1725
  • Guerra Anglo-Spagnola (“Guerra dell’orecchio di Jenkins”) 1739-1742
  • Guerra di Re Giorgio (King George’s War – III Guerra Coloniale o V Guerra Indiana – In Europa: Guerra di Sucessione Austriaca) 1740-1748
  • Guerra di Padre Le Loutre (Father Le Loutre’s War) 1749–1755
  • Guerra Franco – Indiana (IV Guerra Coloniale o VI Guerra Indiana – In Europa: Guerra dei Sette Anni) 1754–1763

(Per completezza: la I Guerra Indiana fu la cosiddetta “Guerra di Re Filippo”, combattuta tra il 1675 e il 1678)

King William’s war (Guerra di Re Guglielmo, 1688–1697)

Re Guglielmo III d’Inghilterra
La King William’s War, conosciuta anche come Guerra di Padre Baudoin, Guerra di Castin, o Prima Guerra Coloniale, fu il teatro nord americano della Guerra dei Nove Anni, nota come Guerra della Grande Alleanza o Guerra della Lega d’Asburgo. Fu la prima di sei “guerre coloniali” combattute tra la Nuova Francia e la Nuova Inghilterra, assieme ai loro rispettivi alleati nativi, prima che la Francia cedesse definitivamente i suoi territori ad est del Mississippi nel 1763. Per la Guerra di Re William né l’Inghilterra né la Francia si impegnarono ad indebolire la loro posizione in Europa per sostenere lo sforzo bellico in Nord America. La Nuova Francia e la Confederazione Wabanaki, costituita dalle tribù Mi’kmaq, Maliseet, Passamaquoddy, Abenaki e Penobscot, riuscirono a bloccare l’espansione del New England verso l’Acadia, il cui confine era considerato dai Francesi il fiume Kennebec, nel Maine meridionale. Secondo i termini del Trattato di Ryswick, al termine del conflitto i confini e gli avamposti di Nuova Francia, New England e New York restarono sostanzialmente invariati.
All’inizio della guerra i coloni inglesi erano più di 154.000, sovrastando in numero i Francesi nella misura
di 12 a 1. Essi erano suddivisi tra molteplici colonie,
situate lungo la costa atlantica, che non erano in grado di cooperare in maniera efficiente e che risentivano degli effetti della “Rivoluzione Gloriosa” avvenuta nella madrepatria (conflitto tra monarchia e parlamento, che si concluse con la ratifica di molteplici diritti politici prima negati, ma non di quelli religiosi, per cui, ad evitare conflitti in patria, si favorì l’emigrazione di elementi puritani e cattolici nelle colonie), creando tensioni fra i coloni. Inoltre gli Inglesi mancavano di una unione militare ed incontravano difficoltà nel relazionarsi con i loro alleati Irochesi.
La Nuova Francia era divisa in tre entità: Acadia, sulla costa atlantica; Canada, dal corso del fiume San Lorenzo fino ai Grandi Laghi; Louisiana, dai Grandi Laghi al Golfo del Messico, lungo il Mississippi. Nel 1689 la popolazione francese ammontava a 14.000 persone. Benché i Francesi fossero largamente superati numericamente, erano politicamente più uniti e potevano contare su un grande numero di maschi adulti militarmente preparati. Consci dell’inferiorità numerica, essi intrapresero buone relazioni con i popoli nativi in modo da moltiplicare le forze ed applicare le tattiche militari di guerriglia.
Sul finire dell’anno 1688, il re d’Inghilterra, il cattolico Giacomo II, venne deposto con la Rivoluzione Gloriosa, dopo la quale salì al trono il protestante William (Guglielmo III). William si unì alla Lega di Augsburg nella guerra (cominciata all’inizio del 1688) contro la Francia, paese nel quale Giacomo si era rifugiato. Nel Nord America era alta la tensione tra la Nuova Francia e le colonie inglesi, che nel 1686 erano state accorpate al “Dominion” della Gran Bretagna. La Nuova Inghilterra e la Confederazione Irochese combattevano la Nuova Francia e la Confederazione Wabanaki. Gli Irochesi dominavano il commercio, molto importante economicamente, sui Grandi Laghi ed erano entrati in conflitto con la Nuova Francia fin dal 1680.


Situazione in Nord America alla fine del XVII secolo

Su istigazione della Nuova Inghilterra, gli Irochesi interruppero il commercio tra la Nuova Francia e le tribù occidentali. Per rappresaglia la Nuova Francia attaccò le terre dei Seneca, nella parte ovest di New York. Dal canto suo, il New England sostenne gli Irochesi nelle loro incursioni contro la Nuova Francia, come per esempio quella su Lachine.
Ci furono attriti simili sul confine tra Nuova Inghilterra e Acadia, situato, per i Francesi, lungo il corso del fiume Kennebec, nel Maine del sud. I coloni inglesi del Masachusetts (che consideravano propria l’area del Maine) avevano ingrandito i propri insediamenti fino all’Acadia. Per sostenere le rivendicazioni della Nuova Francia sul Maine, i Francesi stabilirono missioni cattoliche nei tre più grandi villaggi nativi della regione: uno sul fiume Kennebec (Norridgewock); uno più a nord, lungo il fiume Penobscot (Penobscot) e uno sul fiume Saint John (Medoctec). Da parte loro, in ricordo e in replica alla Guerra di Re Filippo, le cinque tribù indiane dell’Acadia crearono la Confederazione Wabanaki per dar vita ad un’alleanza politica e militare con la Nuova Francia, allo scopo di fermare l’espansione della Nuova Inghilterra.
La guerra fu molto lunga e coinvolse territori dall’estensione immensa, per cui gli storici sono sono soliti trattarne le vicende considerando separatamente i tre scenari di guerra:
1) Quebec e New York;
2) Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova (in questo teatro gli avvenimenti presero il nome di Castin’s War o Father Jean Baudoin’s War).
3) Baia di Hudson.
Noi invece seguiremo l’ordine cronologico degli avvenimenti, per il motivo che fatti verificatisi in un certo momento a grande distanza da un determinato territorio, hanno spesso avuto conseguenze quasi immediate sulla storia di quest’ultimo. Per ogni vicenda, in ogni caso, segnaleremo all’inizio il pertinente teatro di guerra. E’ il caso di osservare come, in Nord America, questa lunga guerra ebbe inizio nella Baia di Hudson, proprio dove poi ebbe il suo termine.

Spedizione sulla Hudson Bay – Scenario di Hudson Bay

La guerra del re William ha inizio ufficialmente nel 1688. Tuttavia nel 1686 vi fu un prologo che dimostra quale fosse, fin da subito, l’interesse economico di Francia e Inghilterra per la zona artica del Nord America.
Fin dai primi anni ’80 del XVII secolo, la hudson’s Bay Company aveva stabilito avamposti commerciali nella Baia di James e nelle zone meridionali della Baia di Hudson. La spedizione del 1686 (sebbene all’epoca Francia e Inghilterra fossero in pace) fu la prima di molte incursioni lanciate dalla Nuova Francia contro i centri della Hudson’s Bay Company durante tutto il corso della guerra.
Nel 1679 l’esploratore francese Pierre-Esprit Radisson e il finanziere Charles Aubert de La Chesnaye si incontrarono a Parigi e posero le basi per stabilire la fondazione si una compagnia per il commercio delle pellicce, che essi chiamarono Compagnie du Nord. Il suo obiettivo era di introdursi nel commercio delle pellicce nella zona settentrionale del Nord America, dove la Hudson’s Bay Company (HBC) aveva realizzato significativi profitti in quel ramo commerciale.
La prima grande spedizione, effettuata nel 1682, aggredì con successo York Factory. Dopo che i profitti della Compagnie vennero praticamente azzerati dalle tasse imposte dalle autorità della Nuova Francia, Radisson si pose al servizio della HBC, conducendo molte proficue spedizioni navali nella Hudson Bay, compresa la riconquista per la HBC di York Factory e delle pellicce colà depositate. La Compagnie allora convinse il governatore della Nuova Francia, Marchese di Denonville, a organizzare una spedizione militare contro le postazioni della HBC nella Baia di Hudson.


Una mappa della Nouvelle France e della Baia dell’Hudson

A capo della spedizione, composta da un piccolo gruppo di armati che dovevano agire via terra, venne posto Pierre de Troyes, Cavaliere di Troyes, un militare francese. La composizione di questa forza consisteva di 30 Francesi regolari, 70 volontari canadesi e qualche guida indiana. Tra i Canadesi vi erano tre fratelli, Pierre Le Moyne d’Iberville, Jacques le Moyne de Sainte-Hélène e Paul Le Moyne de Maricourt, che più tardi divennero ben noti per le loro imprese.
I posti commerciali inglesi di Moose Factory (per i Francesi: Fort Monsoni) e Rupert House erano stati edificati su fiumi, nel punto dove sfociano nella
Baia di James. Oltre a York Factory, situata nelle vicinanze della foce del Nelson River, erano state stabilite postazioni sui fiumi Albany e Severn, dove essi sfociano nella Hudson Bay nel suo lato occidentale. Tutti questi avamposti erano fortificati con palizzate in legno e dotate di cannoni; Fort Albany (per i Francesi: Fort Sainte Anne) era la meglio difesa.
La spedizione lasciò Montreal nel marzo 1686, e viaggiò per 82 giorni per più di 1300 Km. A nord di Fort Témiscamingue il percorso non era mai stato esplorato da uomini bianchi. Il sentiero seguiva il fiume Ottawa fino al lago Temiskaming, quindi risaliva dei valichi e scendeva verso il fiume Abitibi e Moose. Quando la spedizione arrivò a Moose Factory, nel posto c’erano 16 uomini; il governatore, John Bridgar, era salpato per Rupert House il giorno prima. Prima dell’alba, i fratelli Pierre e Jacques Le Moyne condussero silenziosamente il gruppo dentro il forte, dove misero fuori combattimento i suoi tre cannoni prima di attaccare la guarnigione dormiente. Pierre Le Moyne si introdusse nella ridotta che ospitava i difensori del forte, ma questi chiusero la porta dietro di lui, costringendolo a difendersi con spada e moschetto finché i suoi soldati riuscirono a sfondare la porta. Dopo una battaglia di due ore, la guarnigione si arrese.

Lasciando a guardia del forte 40 dei suoi uomini, De Troyes condusse gli altri verso Rupert House, a più di 120 km a nord est, attraversando la James Bay. Ancora una volta attaccarono una guarnigione nel sonno, trovando l’accesso al forte per mezzo di una scala che era stata lasciata appoggiata ad uno dei muri del forte. Si impadronirono anche della Craven, nave della HBC che aveva trasportato il governatore Bridgar da Moose Factory. De Troyes portò i prigionieri catturati nell’azione a Moose Factory e mandò d’Iberville e la Craven, con le armi pesanti catturate a Rupert House, ad attaccare Fort Albany, sul lato ovest della baia. Fort Albany non era visibile dall’acqua e De Troyes impiegò un po’ di tempo a cercarlo. Infine la sua dislocazione gli fu rivelata quando uno dei cannoni del forte sparò un colpo al tramonto. I Francesi scaricarono i cannoni dalla nave e li trascinarono verso il forte. Secondo una fonte, dopo aver fatto fuoco contro il forte senza aver ricevuto nessuno sparo in risposta, si udirono indistinte grida di “Vive le Roi!” provenienti da dentro il forte; gli uomini del forte si erano rintanati nella cantina. Altri descrivono una resistenza più determinata. Fort Albany prese il nome di Fort Sainte-Anne. De Troyes imbarcò tutti i prigionieri della HBC e li trasportò a Charlton Island, dove alla fine vennero raccolti da una nave mercantile della Compagnia. De Troyes lasciò d’Ibreville con 40 uomini di guarnigione agli avamposti conquistati e tornò a Montreal via terra.
D’Iberville, dopo aver svernato a nord, tornò dapprima a Quebec e poi in Francia. Gli venne assegnato il comando della Soleil d’Afrique, con la quale tornò nella Hudson Bay nel 1687 per caricare le pelli che erano state razziate nella spedizione. Mentre si trovava a Fort Albany, giunsero due navi da guerra inglesi. Finché Inghilterra e Francia erano in pace, gli Inglesi si erano stabiliti su un’isola vicina, senza prendere misure offensive. Invece d’Ibreville lo fece e catturò le due navi, nonostante la superiorità numerica degli Inglesi. Nel frattempo, Giacomo II e Luigi XIV avevano stipulato un “Trattato di pace, buona corrispondenza e neutralità in America” per risolvere il conflitto anglo-francese nella Baia. Esso prevedeva che ciascuna delle parti avrebbe tenuto tutto ciò che “adesso possedeva”. Ma la Francia sapeva di aver preso possesso dei forti della Baia, a quanto pare l’Inghilterra no. Nel 1688 Giacomo II fu detronizzato, fra Inghilterra e Francia scoppiò la guerra europea e anche il trattato di pace nord americano venne messo in discussione.

Prima Battaglia di Fort Albany – Scenario di Hudson Bay

A seguito della spedizione del 1686, i Francesi avevano lasciato guarnigioni a Fort Albany e Moose Factory; avevano quindi necessità di mandare una nave a portare rifornimenti e caricare le pellicce colà depositate. La Hudson’s Bay Company aveva appreso della perdita dei forti nel gennaio 1687 e si era appellata al re. Questo portò a circa un anno di negoziati diplomatici, Nel 1688 la compagnia inviò cinque navi nella Baia. Due si diressero al posto di York Factory (che era rimasto in mano alla HBC), una andò a ristabilire il controllo di Rupert House, che i Francesi avevano incendiato, e due navigarono verso Fort Albany, sulla riva ovest di James Bay. Avevano instruzioni di ristabilire il commercio inglese, senza usare la forza contro i Francesi, almeno fino a che i Francesi non lo facessero per primi. Nel frattempo Pierre Le Moyne d’Iberville aveva ottenuto il comando della Soleil d’Afrique e aveva rifornito Fort Albany. Nel settembre 1688, mentre si preparava a ripartire, apparvero i vascelli inglesi Churchill e Yonge. Questi risalirono il fiume, sbarcarono venti uomini e costruirono una barricata. Gli Inglesi avevano 25 uomini, i Francesi 15 Canadesi e un certo numero di marinai. Quindici giorni dopo gli Inglesi si misero a costruire un forte, perdendo tre uomini, uccisi dai Francesi. Ormai la tregua era rotta; gli Inglesi erano in numero superiore e il governatore Marsh avrebbe dovuto attaccare, ma non lo fece. Ad un certo punto tutte e tre le navi rimasero bloccate in quanto l’acqua era ghiacciata. Nel mese di dicembre gli Inglesi cominciarono a morire per lo scorbuto. Iberville catturò il dottore degli Inglesi nella speranza di innalzare il tasso di mortalità. Venne stabilita una sorta di tregua e cominciò un consistente andirivieni tra i due forti. Quando ritenne che fossero morti di scorbuto abbastanza Inglesi, d’Iberville decise di agire. Preparò un’imboscata ad un gruppo di taglialegna inglesi, catturando venti uomini, poi attaccò il forte principale. L’avamposto resistette per diversi giorni, ma quando restò con soli otto uomini, si arrese. In primavera d’Iberville catturò due navi. In primavera navigò verso Fort Rupert e catturò la Husband. A questo punto Francia e Inghilterra erano ufficialmente in guerra, sebbene quella parola non si fosse ancora udita nella Baia.


La cattura di Moose Factory

Prime ostilità nel teatro di Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova – Raid su Dover

Alla fine della Guerra di Re Filippo, un certo numero di Nativi della costa est (per lo più Wampanoag, e Narragansett), per sfuggire alla milizia della Colonia di Massachusetts Bay, avevano trovato rifugio presso la banda Abenaki che occupava la zona di Dover. Per ordine della milizia, il maggiore Richard Waldron doveva attaccare i Nativi ed aizzare gli Indiani profughi contro di loro. Waldron riteneva che avrebbe potuto catturarli senza ricorrere ad un combattimento impegnativo, così, il 7 settembre 1676, invitò gli Indiani, per metà Abenaki e per metà rifugiati, a partecipare a una battaglia simulata contro la milizia nella vicinanze di Cocheco Falls. Era un inganno; quando i Nativi ebbero i fucili scarichi, Waldron li fece prigionieri. Mandò sia i rifugiati che quei locali che si erano ribellati con violenza a Boston, dove sette od otto di loro furono accusati di insurrezione e condannati a morte. Gli altri furono venduti come schiavi, la maggior parte alle Barbados. Gli altri Abenaki vennero rilasciati, ma non dimenticarono mai l’inganno di Waldron, che aveva violato le loro regole d’onore e di ospitalità. Nel 1683 Waldron venne nominato Giudice Capo (Presidente della Corte di Giustizia) del New Hampshire.
Nell’aprile 1688 il governatore di New York e della Virginia, Edmund Andros, saccheggiò il villaggio francese di Jean-Vincent d’Abbadie de Saint-Castin, sulla Baia di Penobscot, nel Maine. Successivamente, in agosto gli Inglesi razziarono il villaggio di Chedabouctou. In risposta, Saint-Castin e padre Louis-Pierre Thury, insieme agli Indiani della Confederazione Abenaki, iniziarono la “Campagna della Costa Nord Est” del 1688, lungo il confine tra Acadia e New England. Il 13 agosto 1688 uccisero alcuni coloni a New Darmouth (oggi Newcastle). Pochi giorni dopo ci fu un primo scontro a Yarmouth, in cui due abitanti del villaggio rimasero uccisi. In autunno, un gruppo di Abenaki attaccò l’abitato di Kennebunk e uccise due famiglie.
Nel giugno 1689 alcuni membri della appena formata Confederazione Abenaki giunsero a Dover. I cittadini espressero a Waldron la loro preoccupazione, certi che gli Abenaki non avessero dimenticato l’inganno di tredici anni prima. Ma egli disse loro: «Andate a piantare i vostri cocomeri, agli Indiani ci penso io.» il 27 giugno due donne indiane si presentarono presso ciascuna delle cinque porte delle casermette di guarnigione, chedendo il permesso di dormire vicino al fuoco, cosa usuale in tempo di pace. Infatti il consenso fu dato da quattro delle cinque guarnigioni. Nelle prime ore del giorno dopo le donne aprirono le porte, consentendo di entrare ai guerrieri che preventivamente si erano nascosti. I capi erano Kancamagus e Mesandowit. Nonstante brandisse la spada, l’attempato Waldron fu disarmato, e condotto fuori per la torura e la mutilazione. Mentre lo tagliavano sulla pancia con i coltelli, ciascuno diceva: «Ho pareggiato il mio conto.» Furono incendiate cinque o sei case di abitazione, assieme ai mulini. 52 coloni, cioè un quarto dell’intera popolazione, furono catturati o uccisi. Una cronaca successiva scrive: «In un pomeriggio sanguinoso, un quarto dei coloni di quello che è oggi il centro di Dover perirono – 23 uccisi, 29 catturati – in un attacco di ritorsione di guerrieri indiani. In un pomeriggio, 50 anni di pacifica coesistenza fra la tribù Pennacook e i coloni europei finì. Il massacro del 1689 entrò nei libri di storia…»
Fra I prigionieri era la nipote di Waldron, Sarah Gerrish, di sette anni, figlia di Elizabeth e John Gerrish. Questi risulta che fossero i primi prigionieri inglesi che gli Indiani condussero in Quebec per essere venduti come schiavi.
Successivamente, a Saco, gli Abenaki uccisero quattro uomini. In risposta a queste incursioni, venne raccolta una compagnia di 24 uomini per recuperare i corpi degli uccisi e inseguire gli Indiani. La compagnia fu costretta a rientrare dopo aver perso un quarto degli effettivi in scontri con i Nativi.
Nell’agosto 1689, 1500 Irochesi, per ritorsione contro le azioni belliche del Governatore Generale Denonville, attaccarono l’insediamento francese di Lachine.


La cattura del maggiore Waldron

Il conte Frontenac, che aveva sostituito Denonville come governatore generale, attaccò poi il villaggio irochese degli Onondaga. La Nuova Francia e i suoi alleati indiani all’inizio del 1690 attaccarono gli insediamenti inglesi di frontiera, il più importante dei quali fu Schenectady, nel territorio di New York. A questo seguirono due spedizioni inglesi. Una condotta dal generale della milizia provinciale del Connecticut, Fitz-John Winthrop, con obiettivo Montreal; l’altra, guidata da Sir William Phips, diretta a Quebec. La spedizione di Winthrop fallì a causa di malattie e mancanza di approvvigionamenti, mentre Phips fu sconfitto nelle battaglia di Quebec.

1° Assedio di Pemaquid – scenario Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova

Il forte di Pemaquid, l’avamposto più orientale della Colonia del Massachusetts (oggi Bristol, nel Maine), era comandato dal tenente James Weems ed era significativamente sotto organico, dopo che la maggior parte egli uomini della guarnigione aveva disertato sulla scia della ribellione che, all’inizio dell’anno, a Boston aveva scacciato il governatore Andros. Il contingente dei soldati era ridotto a trenta armati e molti di loro erano in stato di ammutinamento. Il 2 agosto 1689 una grossa banda di Abenaki e di Francesi, condotta dal capo Moxus, Jean-Vincent d’Abbadie de Saint-Castin e Padre Louis-Pierre Thury, attaccò l’avamposto. Il forte venne circondato e la maggior parte dei coloni che vivevano nelle campagne vicine furono uccisi o catturati. Il tenente Weems riuscì a difendere la postazione per un giorno, ma dopo aver subito gravi perdite (lui stesso e 23 uomini della guarnigione, rimasero feriti), dovette arrendersi. A Weems e agli altri superstiti fu permesso di raggiungere Boston. Il 4 agosto gli Abenaki incendiarono il forte e il vicino insediamento di Jamestown. La caduta di Pemaquid fu una perdita significativa per gli Inglesi, perché tra l’altro spostò la frontiera indietro fino a Falmouth (Maine).
Il Massachusetts rispose all’incursione mandando 600 uomini al confine della regione. Condotti dal maggiore Jeremiah Swaine, i soldati si riunirono il 28 agosto e quindi setacciarono il territorio. A Falmouth gli Indiani uccisero 10 degli uomini di Swaine.
Uno dei prigionieri che i Maaliset portarono al loro villaggio principale di Medutic, sul fiume St. John, fu l’interprete e soldato John Gyles, che scrisse uno dei pochi racconti di prigionieri scampati alla prigionia in Acadia (Nuova Scozia). Un fratello di John era riuscito a sfuggire all’assedio, mentre un terzo fratello fu catturato nella stessa battaglia dai Penobscot e subito portato a Fort Pentagouet (oggi Castine, Maine), dove fu torturato e bruciato vivo al palo. Racconti di torture di questo genere sono sospetti, perché il potere coloniale tendeva ad inquinare l’immagine dei Nativi nella mente dei coloni. Una popolazione coloniale più comprensiva nei confronti dei locali avrebbe naturalmente rallentato lo sfruttamento delle terre e delle risorse del New England. Il forte di Pemaquid fu ricostruito in pietra nel 1692-93 e ribattezzato Fort William-Henry.

Massacro di Lachine (o La Chine) – Scenario di Quebec e New York

Ogni famiglia di ciascun insediamento della Nuova Francia era armata di moschetti. Questo a causa della minaccia rappresentata dalla Confederazione Irochese, che era stata in lotta con i coloni francesi da quando, nel 1609, Samuel Champlain e i suoi uomini, alleati con Uroni e Algonghini, avevano sconfitto gli Irochesi. All’epoca la Confederazione Irochese era formata dalle Cinque Nazioni: Mohawk, Oneida, Onondaga, Cayuga e Seneca (i Tuscarora si aggiungeranno in seguito). Gli Irochesi erano stabilmente insoddisfatti dell’espansione francese nel loro territorio. Quando, il 19 maggio 1689, Francia e Inghilterra entrarono in guerra fra loro, le colonie inglesi entrarono subito in agitazione e le autorità inglesi di New York incoraggiarono gli Irochesi, che vivevano nella parte settentrionale della colonia, armandoli, a vendicare le perdite subite dai Francesi. D’altra parte gli Irochesi erano ansiosi di vendicarsi della distruzione dei loro campi di mais ad opera dei Francesi.
La notte del 4 agosto 1689 e il mattino successivo, una banda di 1500 guerrieri Mohawk attaccò Lachine. Era questo un insediamento francese di 375 abitanti, sull’Isola di Montreal, 10 miglia a sud ovest della città di Montreal e 25 miglia a sud della cittadina di Lachenaie. Lachine era in posizione strategica, come punto di partenza per i commercianti di pelli francesi diretti a ovest; e questo per i Mohawk era servito da incentivo per attaccare quel villaggio indifeso.
Gli Indiani avevano predisposto due accampamenti: il primo venne posto nelle vicinanze di Frontenac (l’attuale Kingston), il secondo più in basso, sul lago St. Francis. La notte del 4 agosto 1689 pioveva forte. Approfittando del maltempo, gli Irochesi, navigando in canoa sul lago St. Francis, oltepassarono Lachine e sbarcarono nei pressi dell’attuale approdo del Canale di Lachine. Dal punto d’approdo sciamarono verso destra e verso sinistra, circondando ogni casa e ogni frazione della cittadina. Il temuto grido di guerra irochese venne lanciato verso mezzanotte, sovrastando il rombo dei tuoni e i guerrieri cominciarono il loro lavoro di morte. I guerrieri, dipinti con terrificanti colori di guerra, assalirono le abitazioni e trassero fuori i coloni per dar loro la morte o farli prigionieri. Ventiquattro cittadini morirono nell’attacco ed almeno settanta vennero catturati. Tutte le possibili e più indicibili atrocità vennero messe in atto nei confronti di uomini, donne e bambini francesi. L’insediamento venne dato completamente alle fiamme, con alcuni abitanti ancora vivi all’interno delle strutture dove si erano barricati. Nello spazio di un’ora il villaggio di Lachine era distrutto. Molti dei prigionieri vennero portati ai villaggi irochesi, nella zona dei laghi Finger, sottoposti a tortura e bruciati vivi.
Nella sua “Storia del Canada”, il Superiore dei Padri Sulpiciani di Montreal, François Vachon de Belmont, così descrive l’orrore: «Dopo la vittoria totale degli Indiani, l’infelice gruppo dei prigionieri veniva assogettato a tutta la furia che la più crudele vendetta poteva ispirare a questi selvaggi. Essi vennero portati nel punto più lontano del lago St. Louis. I guerrieri gridarono per novanta volte mentre attraversavano il lago, per indicare il numero dei prigionieri o degli scalpi che avevano preso, e dicevano: “Ononthio (nome che gli Irochesi attribuivano al governatore della Nuova Francia), noi siamo stati ingannati, sarai ugulamente ingannato anche tu!” Una volta sbarcati, accesero dei fuochi, piantarono dei pali sul terreno, arsero cinque Francesi, arrostirono sei bambini e ne misero sui carboni ardenti alcuni altri e poi li mangiarono.»
Non tutti i prigionieri vennero uccisi. Alla fine quarantadue di loro tornarono alla colonia: alcuni erano riusciti a fuggire, altri erano stati scambiati con prigionieri irochesi o beni vari. Qualcuno venne adottato dagli Irochesi, tra cui Marguerite Barbary, nata quell’anno, e sua sorella Françoise. Di altri ancora non si seppe più nulla.
I prigionieri avrebbero potuto essere salvati se i soldati, distanti 3 miglia, avessero potuto entrare in azione. Sfortunatamente il loro ufficiale comandante, Subercase, si trovava a Montreal a presenziare ad un ricevimento in onore di Denonville. Ritornato al campo, Subercase maledì i suoi uomini perché non erano accorsi a Lachine senza di lui. Quando le truppe arrivarono al villaggio, l’orrore della scena superava ogni descrizione, ma il chirurgo, che era riuscito a nascondersi, disse a Subercase che gli Indiani avevano catturato una grande quantità di brandy. Subercase pensava che questo fosse il momento buono per attaccare, ma mentre stava per porsi all’inseguimento degli Irochesi, gli giunse l’ordine dal governatore Denonville di mettersi a guardia di Montreal con le sue truppe. Gli Indiani continuarono nella loro furia, assalendo altre comunità e prendendo molti prigionieri, nessuno dei quali poté essere riscattato dai Francesi.


Raffigurazione del Massacro di Lachine

Massacro di Lachenaie – Scenario di Quebec and New York

La sera del 13 novembre 1689, un gruppo di guerra di 150 guerrieri della Confederazione Irochese attaccò la comunità rurale di Lachenaie, nella Nuova Francia.
Lachenaie era una località strategica per la Nuova Francia, ubicata a venti miglia a nord di Montreal, nelle vicinanze della confluenza dei fiumi San Lorenzo, Prairies, Assomption e Mille Îles. L’insediamento si trovava sulle principali vie di commercio delle tribù native e la sua posizione isolata rispetto agli altri centri abitati lo rendeva vulnerabile ad eventuali attacchi. Allo scoppio delle ostilità le autorità francesi avevano ordinato ai coloni di girare sempre armati e di non uscire mai da soli. In ogni caso queste precauzioni non servirono a prevenire incidenti isolati. Il 9 ottobre 1687 il corpo di Pierre Fournier, un abitante di Ile-Jesus (una grossa isola a sud di Lachenaie, tra Riviere-des-Prairies e il San Lorenzo) venne sepolto nel cimitero di Lachenaie, dopo che gli Irochesi lo avevano ucciso durante un’incursione. Il 17 agosto 1689, nello stesso cimitero venne sepolto il corpo di Marie-Therese Huneau (1663-1689), dopo che gli Irochesi l’avevano uccisa nel granaio di famiglia. Dopo questo fatto, la popolazione di Lachenaie si rifugiò nel forte della cittadina. Ma in autunno, approfittando di un periodo di calma, gli abitanti tornarono sulle loro terre.
Imbaldanziti dalla vittoria di Lachine, la sera del 13 novembre circa 150 guerrieri Onondaga, Seneca e Mohawk, comandati dal capo Black Kettle (Chaudiere Noire), attaccarono Ile-Jesus e Lachenaie. Gli attaccanti, sotto la copertura di una forte bufera di vento e neve, sorpresero i residenti nel sonno. Una lettera, scritta dal governatore Frontenac qualche giorno più tardi, informa che la maggior parte delle case e dei fienili posti in vicinanza del forte vennero distrutti e saccheggiati. Poco più di un terzo dei novanta abitanti del villaggio furono uccisi sul posto o torturati a morte più tardi. I resoconti della morte dei componenti la famiglia di François Ethier sono raccapriccianti. François, sua moglie Marie-Jeanne Pilet e i loro due bambini furono presi prigionieri. Gli Irochesi arsero la giovane Marie-Francoise al palo davanti alla sua famiglia. Otto giorni dopo, François subì la medesima sorte, all’estremità settentrionale dell’Isola di Montreal. Una settimana dopo, vicino a Long-Sault, fu la volta del piccolo Jacques, strappato dalle braccia della madre, ucciso con un colpo al cranio e poi gettato nel fuoco.


Coloni francesi nei campi

Jeanne Pilet, moglie di François Ethier, riuscì a scampare alla morte, non si sa se fuggendo o dietro riscatto. Si sa che si risposò nel 1694. Hilaire Girardin (Girardy), detta Sansoucy, era uno degli ostaggi catturati dagli Onondaga. Quando venne liberata, Hilaire riferì i nomi degli ostaggi che erano stati presi, crudelmente torturati e uccisi dopo l’incursione. Il numero ammontava a trentatre.
Il governatore insisteva sulla necessità di ottenere rinforzi militari per “reprimere l’audacia e l’arditezza di questi maledetti seòvaggi.” Ordinava ai suoi soldati di inseguire gli attaccanti, ma i risultati raramente furono soddisfacenti. Offriva dei premi, dieci scudi per uno scalpo (!) e venti per un prigioniero inglese. Le truppe francesi arrivarono fino al Massachusetts per inseguire il nemico. Come già fatto per gli avvenimenti di Lachine, Frontenac esagerava la portata degli eventi per influenzare le autorità della Nuova Francia e ottenere più soldati.
Un ambasciatore chiamato Gagnoton venne inviato a Montreal dagli Irochesi per negoziare la pace col governatore Frontenac. L’inviato dichiarò che, dopo l’incursione, i Mohawk e i Seneca coinvolti nell’azione avrebbero scambiato prigionieri, attribuendo a ciascuno un valore. Le famiglie irochesi adottarono qualcuno dei bambini catturati. Il totale dei prigionieri che sopravvissero è sconosciuto. Diversi abitanti che erano riusciti a fuggire agli Irochesi si rifugiarono nella regione di Québec.
Negli anni seguenti ci furono altre incursion contro Lachenaie. Gli Irochesi attaccarono ancora nel maggio 1691, sotto lo stesso capo Black Kettle, incendiando fienili e case e devastando i campi coltivati. A peggiorare le cose, il 1691 fu anche un anno di carestia. Black Kettle attaccò ancora l’insediamento nel 1692. Nel corso di queste azioni morirono molti coloni e la maggior parte delle terre furono abbandonate. I residenti dovevano vivere sotto la costante protezione dei soldati inviati a difesa della località. Nel 1692 sulla costa di Lachenaie erano in piedi solo quattro abitazioni, con solo sei famiglie ancora ad occuparsi dei campi. Dalle 70 persone che abitavano la zona nel 1683, la popolazione era scesa a 32 persone, e non avrebbe recuperato il livello numerico precedente agli attacchi fino a che, nel nuovo secolo, la Nuova Francia e la Confederazione Irochese non firmarono la Gran Pace di Montreal nel 1701. Questo trattato permise l’insediamento di nuovi villaggi nell’Isola di Montreal. Nel 1739 la popolazione di Lachenaie era cresciuta al numero di 506 abitanti.

Massacro di Schenectady – scenario di Quebec e New York

Dopo gli attacchi contro Lachine e Lachenaie, il governatore del Canada (o Nuova Francia) decise ritorsioni contro i pionieri inglesi. Egli fece radunare 114 uomini della milizia francese e i loro 96 alleati indiani Sault (una banda Chippewa) e Algonchini nelle vicinanze di Montreal (quasi tutti gli Indiani erano stati convertititi di recente al cattolicesimo dai missionari gesuiti). Il gruppo, comandato dai tenenti Le Moyne de Sainte Helene e Daillebout de Mante, lasciò Montreal nella prima metà del gennaio 1690; guadò il fiume San Lorenzo e attraversò il lago Champlain che era gelato. Dopo un viaggio di sei giorni, gli incursori si fermarono e tennero un consiglio di Guerra. Il loro obiettivo primario era Fort Frederick (oggigiorno Albany). Inizialmente gli Indiani sembrarono scettici sulla possibilità di attaccare la fortificazione. Le guide avevano riferito che nelle vicinanze c’era l’insediamento di Schenectady, un villaggio costruito dagli Olandesi come centro commerciale. I Francesi concordarono sul fatto che Schenectady era sì, un obiettivo di minor importanza, ma era pur sempre una buona preda, che poteva essere facilmente colta di sorpresa. Gli assalitori marciarono per 17 giorni, arrivando a circa due miglia da Schenectady nel tardo pomeriggio dell’8 febbraio. A questo punto vi fu un brusco cambiamento delle condizioni del tempo, perché da nord ovest si scatenò una violenta bufera, con venti gelati, temperature glaciali e forti nevicate. Per verificare la situazione, i comandanti francesi mandarono esploratori che, attraversando il fiume Mohawk, dovevano controllare se i coloni fossero in allarme e stessero aspettando truppe nemiche (i Francesi sapevano che le comunità della Mohawk Valley erano state poste in allarme contro eventuali attacchi). Poche ore dopo, verso le 23, gli esploratori riferirono che non c’era nessuno a controllare la palizzata a Schenectady. Anzi, i coloni olandesi avevano perfino lasciato aperto l’ingresso nord dello steccato. Gli assalitori decisero di attaccare subito, nonostante il freddo terribile.


L’avvicinamento a Schenectady

Schenectady aveva una popolazione di 100-150 persone. Il villaggio era circondato da una palizzata alta più di due metri. Nella parte nord occidentale della cittadina era stato costruito un forte, dove alloggiava un gruppo di 24 miliziani del Connecticut.
Marciando velocemente attraverso il vento e la neve, gli assalitori, mezzo congelati, passarono sul fiume Mohawk, completamente ghiacciato, e circondarono l’insediamento poco dopo mezzanotte. Gli attaccanti si erano divisi in due gruppi, ciascuno dei quali doveva entrare da una delle due porte. Ma uno dei due gruppi non riuscì a localizzare l’ingresso a sud, quindi tutti entrarono dalla porta nord, che era già aperta. Gli invasori, a gruppi di cinque o sei, circondarono rapidamente ogni singola casa. Poi un lacerante grido di guerra segnalò l’attacco. Francesi e Indiani irruppero nelle case, uccidendo uomini, donne e bambini. Molti, già vestiti per la notte, non ebbero il tempo di armarsi. I morti vennero scalpati senza pietà, le case e i fienili vennero incendiati, tutte le provviste venero razziate. Qualcuno fra i coloni olandesi riuscì ad imbracciare un fucile e a sparare. Uno di loro, Adam Vrooman, aprì un fuoco molto rapido e riuscì a trattenere gli assalitori sulla baia. Combatté così disperatamente che la sua vita e le sue proprietà furono risparmiate dai Francesi. Fu in ogni caso una tragica resistenza, quella del valoroso Vrooman: sua moglie e un suo figlio furono uccisi, l’altro figlio Barent ed un servo di colore vennero portati via come prigionieri. Un’altra casa venne risparmiata: quella di una vedova con sei figli, che si era fermata ad accudire un ufficiale francese ferito.
Al mattino del 9 febbraio l’insediamento era completamente in rovina, più di 60 abitazioni erano bruciate. La maggior parte dei residenti era morta o prigioniera, mentre qualcuno dei sopravvissuti era riusctito a rifugiarsi a Fort Frederick. Symon Schermerhorn, sindaco di Schenectady, fu uno di quelli. Benché ferito ad una coscia, cavalcò fino a Fort Frederick per avvisare gli occupanti del massacro avvenuto. Altri sopravvissuti, che tentavano di raggiungere amici o conoscenti nelle vicinanze, perirono a causa della terribile tempesta.
Sessanta coloni erano rimasti morti nella neve: 38 uomini, 10 donne e 12 bambini. Gli assalitori ripartirono alle 11 del 9 febbraio, portando con sé 27 prigionieri e 50 cavalli. Avevano perso solo due uomini, più un altro seriamente ferito. Appena Francesi e Indiani ebbero riattraversato il fiume, si fermarono presso l’abitazione di John A. Glen, che viveva nella località di Scotia, al di là del fiume dirimpetto a Schenectady. Glen in precedenza aveva dimostrato gentilezza verso alcuni prigionieri francesi che erano stati catturati dai Mohawk qualche anno prima. Per riconoscenza, il gruppo incursone portò a lui i prigionieri di Schenectady, invitandolo a riconoscere se tra loro vi fosse qualche suo parente.


Una famosa rappresentazione del massacro di Schenectady

Sapendo benissimo che molti dei prigionieri erano praticamente “morti che camminano”, Glen “riconobbe” quanti più prigionieri poté; i Franco-Indiani portarono i restanti in Canada. Solitamente quei prigionieri che erano troppo giovani, o vecchi, o malati per sostenere il lungo viaggio venivano uccisi lungo il cammino.
A seguito della cavalcata di Symon Schermerhorn, 50 uomini della milizia locale e 140 Mohawk partirono da Fort Frederick all’inseguimento di Francesi e Indiani. Dopo qualche settimana, i fuggitivi vennero agganciati appena fuori Montreal: almeno 19 di loro vennero uccisi o catturati prima di trovare la salvezza dentro le mura della città. 13 tra Francesi e Indiani catturati vennero portati ad Albany, dove furono torturati a morte.
I Francesi del Canada verosimilmente considerarono l’incursione come un fallimento, poiché l’obiettivo originale di Fort Frederick era rimasto intatto. Se avessero preso e distrutto il forte, I Francesi avrebbero potuto separare gli Irochesi dagli Inglesi, oltre ad avere la chiave della navigazione sul fiume Hudson. Invece ora l’intera provincia inglese era come un nido di calabroni infuriati a causa della carneficina di Schenectady.

Incursione su Salmon Falls – scenario Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova

Il 27 marzo 1690 un gruppo composto da 300 Francesi, comandati da Joseph-François Hertel de la Fresnière e da suo figlio Jean-Baptiste, e da 300 guerrieri della Confederazione Wabanaki (per lo più Mi’kmaq e Maliseet), provenienti dalla regione canadese del New Brunswick, attaccarono l’insediamento inglese di Salmon Falls (oggi Berwick, nal Maine). L’intento originale era di attaccare Fort Loyal, la sede di Edward Tyng, capitano dell’artiglieria di Boston, ma nel corso del cammino cambiarono i loro piani e si diressero su Salmon Falls. Il villaggio venne saccheggiato, case e mulini, incendiati, 35 residenti furono uccisi e 54, in maggioranza donne e bambini, presi prigionieri e portati in Canada. La milizia si radunò a Portsmouth e si pose all’inseguimento del nemico, ma desistette dopo una schermaglia avvenuta la sera dello stesso giorno.
In proposito, in una lettera diretta alle autorità del Maine, la cronaca di W. Vaughan e Richard Martyn, tratta da The Documentary History of the State of Maine, dagli Archivi del Massachusetts, riporta:
«il nemico cominciò il suo assalto alle prime luci del giorno, quando la maggior parte delle persone erano a letto e non c’erano sentinelle nel forte né nelle case. Gli assalitori di sorpresa presero subito possesso del forte per impedire qualunque nostra azione. I nostri uomini non furono in grado di riunirsi in un corpo di resistenza per fare opposizione, per cui sul posto vennero uccise o fatte prigioniere dalle 80 alle 100 persone, tra le quali una trentina di uomini validi; furono bruciati il forte e circa venti case. Uccidendo la maggior parte del bestiame, il nemico si era poi portato a Quamphegon, dove viveva soltanto Thomas Holmes che, sentito l’allarme, si era allontanato dalla sua casa per rifugiarsi in un fortino costruito nelle vicinanze della segheria, dove anche alcuni abitanti di Salmon Falls si erano rifugiati. Circa 30 degli assalitori circondarono la casa di Holmes, senza trovare opposizione alcuna.»
Quaranta dei nostri arrivarono dalla parte bassa della città senza essere visti dal nemico e cominciarono a sparare sugli Indiani che circondavano la casa di Holmes. Alcuni di loro, che stavano dietro la porta da dove sparavano, videro cadere tre dei nemici. Il resto degli Indiani fece irruzione nella casa e, passando dal retro, essendo più numerosi costrinsero i nostri uomini a ritirarsi; nove dei nostri riuscirono a rifugiarsi nel fortino, avendo solo un uomo ferito nello scontro. Allora il nemico incendiò la casa di Holmes e procedette per un miglio verso il centro della città, incendiando la casa del Ministro. Poi gli Indiani assalirono il fortino di Spencer, ma furono respinti e così si ritirarono. Il comandante in capo degli Indiani, Hope Hood, inviò con una bandiera bianca James Plasted, che era stato catturato a Salmon Falls, a proporre la resa della guarnigione di Holmes con la promessa di lasciar partire liberamente gli assediati, ma Plaisted riportò che non si sarebbero arresi. Plaisted aveva riferito ai suoi di aver visto che in quel momento gli Indiani avevano 150 uomini ben equipaggiati e quasi altrettanti erano i Francesi. Riferì anche che, dopo la presa di Salmon Falls, una decina tra Francesi e Indiani avevano effettuato una danza; che Hope Hood gli aveva riferito che i Francesi erano tutti ufficiali; gli aveva anche riferito che suo fratello Gooden, che viveva a Loves House, aveva ucciso un Francese e ne aveva ferito mortalmente un altro e che c’erano otto imbarcazioni francesi che navigavano sul fiume Pascataqve per andare a distruggere Loves House.
Essendo stato dato l’allarme a tutte le città vicine per ricevere soccorsi, noi mandammo circa trenta uomini di questa città, altrettanti ne mandò Dover e un contingente partì da York, ma prima che essi potesero unire le loro forze si fece notte; marciarono quindi circa 100 uomini sotto il comando del capitano J. Hamond. Quando le guide giunsero in vista di Salmon Falls trovano uno dei nemici, rimasto indietro rispetto al suo gruppo, che stava impacchettando il suo bagaglio. Quando cadde nelle nostre mani si rivelò per un Francese, l’esame del quale rimettiamo formalmente alle vostre mani (delle autorità). Intendiamo inviarvi la persona domattina per via di terra. Le nostre forze procedettero all’inseguimento del nemico. Circa due miglia sopra il forte di Salmon Falls, nelle vicinanze dell’abitazione più discosta, nei boschi, abbiamo agganciato gli Indiani al tramonto, e subito i nostri uomini furono loro addosso, mentre essi resistevano fieramente. Il combattimento durò finché non calò l’oscurità. Noi perdemmo due uomini, uno di York e uno di Cochecho, uccisi sul posto. I feriti sono sei o sette, di cui qualcuno colpito mortalmente; al presente non possiamo dire quale sia il danno da noi causato al nemico.»
Nei giorni seguenti Hertel condusse un’incursione anche contro Portland, nel Maine.


Milizia del Massachusetts – anno 1690

Battaglia di Port Royal – scenario Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova

Dopo gli episodi dell’assedio di Pemaquid e dell’incursione su Salmon Falls, i mercanti di Salem e di Boston fecero una sottoscrizione per scatenare un’offensiva contro i Franco-Indiani, costituita essenzialmente da volontari, stabilendo un’apposita commissione per organizzarla. Ma l’urgenza di por mano all’impresa, accresciuta dopo le incursioni dei primi mesi del 1690, portò ad un maggior apporto pubblico. Per guidarla vennero prese in considerazione molte eminenti personalità fra i coloni; uno dei candidati favoriti, John Nelson, venne respinto a causa dei suoi trascorsi di affari con i Francesi in Acadia. Il comando venne alla fine affidato a Sir William Phips, nativo del Maine, che non aveva esperienza militare e che aveva acquisito notorietà dopo che aveva ritrovato un tesoro in una nave affondata nelle Indie Occidentali. Phips era sopravvissuto ad un’incursione da parte di tribù della Confederazione Abenaki, provenienti dall’Acadia, che avevano distrutto la sua casa natale nelle vicinanze di Portland, nel Maine, nel 1676, durante la Prima Guerra Abenaki (uno scenario che si inserisce nella Guerra di Re Filippo). Il 24 marzo a Phips venne attribuito il titolo di maggiore generale e gli venne affidato il comando della spedizione.
Il 28 aprile 1690 Phips salpò da Boston con una flotta di cinque navi che trasportavano 446 uomini della milizia provinciale. La nave ammiraglia, la Six Friends, era dotata di 42 cannoni, mentre la Porcupine ne montava 16. Queste navi erano accompagnate da imbarcazioni più piccole: la Mary e due “ketch” (ketch= piccolo due-alberi dotato di grande manovrabilità). A Mount Desert Island si incontrarono col veliero Union ed un altro “ketch”. Dopo aver verificato le postazioni francesi nelle baie di Penobscot e Passamaquoddy, Phips veleggiò verso Fort Royal, arrivando nelle sue vicinanze il 9 maggio. Dopo essersi avvicinato alla città, il giorno dopo al mattino presto prese contatto con Pierre Melanson, detto Laverdure, un Francese ugonotto bilingue, per accertare in che condizioni fosse la città. Levò l’ancora e salpò verso l’obiettivo.
Ritratto di Sir William Phips
Il governatore dell’Acadia, Louis-Alexandre des Friches de Menneval, aveva soltanto 70 soldati; la cinta muraria era in stato rovinoso ed era praticamente aperta, con i suoi 18 cannoni che non erano sistemati in posizione di fuoco; in più, 42 uomini di guarnigione erano in quel momento assenti dal forte e quelli rimasti avevano solo 19 moschetti. Nell’ottobre 1689 era arrivato un ingegnere militare e aveva cominciato la demolizione del forte, perché era prevista la costruzione di uno nuovo, nonostante le obiezioni del governatore Luois-Alexandre des Friches de Meneval. Quindi ogni resistenza appariva inutile. Quando, il 10 maggio, Phips inviò un emissario a chedere la resa del forte, Meneval mandò a parlamentare il sacerdote del forte, Louis Petit. Si accordarono sulla protezione delle persone e delle proprietà personali degli Acadiani, nonché alla salvaguardia del loro diritto a praticare il culto cattolico.
Phips rifiutò di mettere questi accordi per iscritto, ma essi furono confermati da molti testimoni quando il governatore Meneval salì a bordo della Six Friends il giorno dopo.
Sir William Phips, dopo aver contestato le violazioni dei termini di resa da parte acadiana, saccheggiò la città e il forte, profanando anche la cappella del forte. Il bestiame venne ucciso.
Secondo il racconto inglese, i soldati francesi e i residenti furono visti portare via le provviste immagazzinate nel forte (che invece, normalmente, dovevano andare al vincitore come preda di guerra) mentre avevano luogo i negoziati di resa. Quando Phips ne venne messo al corrente, si adirò molto, dichiarò nullo l’accordo e permise che avesse luogo il saccheggio.
Il racconto francese riporta una versione leggermente diversa. Il governatore Meneval presumibilmente non lasciò ordini dettagliati quando si recò al colloquio con Phips, e alcuni soldati della guarnigione cominciarono a bere. Quindi entrarono nei depositi appartenenti a uno degli oppositori politici di Meneval, Francois-Marie Perrot, e tolsero i suoi beni dal magazzino. Non è chiaro se essi rimovessero beni di proprietà di qualche altro mercante o del governo. Poiché si presume che solo i Magazzini del Re facessero parte dell’accordo di resa, Baker e Reid, biografi di Phips, notano che c’è “margine di dubbio se i termini di resa fossero stati violati con quelle iniziative.”
Meneval e Petit, quando riferirono gli eventi, dichiararono che Phips, scontento delle condizioni del forte e dell’esiguità della guarnigione che si era arresa, usò l’azione dei soldati francesi come scusa per rompere l’accordo. Comunque, il fatto che Phips si fosse incontrato con Laverdure prima di approdare a Port Royal e aveva quindi ricevuto notizie presumibilmente precise sullo stato della città, rende improbabile questa spiegazione. I biografi di Phips ipotizzano che è più probabile che Phips avesse bisogno di razziare il più possibile. Dalla spedizione ci si aspettava un bottino per poterne pagare le spese, per cui Phips concluse un accordo di resa verbale come se fosse “una comodità della quale poter disporre”, una volta ottenuta la resa.
Le conseguenze della resa di Port Royal furono del tutto diverse da quanto accaduto nelle precedenti campagne contro l’Acadia. La violenza del saccheggio alienò molti Acadiani dalle simpatie verso il New England, ne incrinò la fiducia e rese più difficili le relazioni con i loro vicini di madrelingua inglese. Phips ordinò anche ai contadini acadiani di prestare giuramento di fedeltà a Guglielmo e Maria d’Inghilterra. Poi stabilì di istituire un nuovo governo; organizzò un governo provvisorio scegliendo personalmente i capi acadiani francesi perché costituissero un consiglio. Questo governo non durò a lungo. Uno degli assistenti di Meneval, Joseph Robineau de Villebon, tornò a Port Royal dalla Francia in giugno per rimpiazzare Meneval e ristabilì l’autorità francese. Spostò la capitale dell’Acadia a Fort Nashwaak, sul fiume Saint John, per scopi difensivi e per meglio coordinare gli attacchi militari contro il New England assieme ai Nativi Abenaki del villaggio di Meductic.
Non molto tempo dopo la spedizione di Phips, Port Royal fu soggetta ad un’incursione di pirati, che catturarono la nave che trasportava Villebon, distrussero case e bestiamee, a quanto pare, uccisero anche alcuni abitanti.


L’Acadia nel XVII secolo

Battaglia di Falmouth (o di Fort Loyal) – scenario Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova

La prima guarnigione in Falmouth fu stabilita a Fort Loyal nel 1678, in quello che allora era il centro della città. All’inizio della guerra, il 21 settembre 1689, una prima spedizione in Acadia del maggiore Benjamin Church, forte di 250 uomini di truppa, difese un gruppo di coloni inglesi che cercavano di stabilirsi a Falmouth. I Nativi uccisero 21 soldati, ma l’azione di Church ebbe successo e gli Indiani si ritirarono. Quindi Church era tornato a Boston, lasciando senza protezione il piccolo gruppo di Inglesi. Hertel venne scelto dal governatore francese Frontenac quale comandante di una spedizione che nel 1690 saccheggiò Salmon Falls, al confine fra Maine e New Hampshire, per poi dirigersi verso Falmouth. Nel mese di maggio 1690, quattro o cinquecento armati Francesi e Indiani, appartenenti alla Confederazione Wabanaki (Mi’kmac e Maliseet provenienti da Fort Meductic), sotto il comando di Joseph-François Hertel de la Fresnière e del barone de St Castin attaccarono Fort Loyal e l’insediamento inglese sullo stretto di Falmouth (oggi Portland, nel Maine), che allora faceva parte della colonia di Massachusetts Bay. Il comandante del forte era il capitano Sylvanus Davis. Gli abitanti della cittadina, molto meno numerosi delle truppe nemiche, resistettero all’assedio per quattro giorni, poi si arresero. Gli edifici pubblici vennero dati alle fiamme, compreso il deposito di legname del forte. Duecento persone vennero uccise, altre fatte prigioniere; tra queste Davis, che venne portato a Quebec. Quando Church tornò nella cittadina, in tarda estate, fece cremare i morti.
James Alexander venne catturato, insiema ad altri 100. Venne portato al quartier generale dei Maliseet, Meductic, sul fiume Saint John, nel New Brunswick, dove venne torturato assieme a John Gyles. Due famiglie della tribù Mi’kmac, che avevano perso degli amici, uccisi da pescatori inglesi, percorsero parecchie miglia per vendicarsi di persona sui prigionieri. Dapprima urlarono e danzarono attorno alle loro vittime, le strattonarono, le tirarono per i capelli e le batterono, anche con delle asce; andarono avanti così per tutto il giorno, costringendo anche i malcapitati a cantare e danzare, finché a sera li gettarono a terra. Alexander, dopo una seconda tortura, riuscì a fuggire nei boschi, ma la fame lo costrinse a tornare dai suoi torturatori. Non si conosce la sua fine. Il capitano Davis rimase quattro mesi prigioniero in Canada. Il villaggio di Falmouth e quello vicino di Arrowsic rimasero disabitati rispettivamente fino al 1714 e 1716. In seguito il forte fu ricostruito e chiamato Fort Falmouth.


Tortura dei prigionieri

Battaglia di Chedabucto – scenario Nuova Inghilterra, Acadia e Terranova

Clerbaud Bergier condusse in Acadia altri mercanti da La Rochelle, in Francia, per costituire un monopolio della pesca. Nel 1682, a protezione dell’attività della pesca, la Compagnia dell’Acadia (Compagnie de la Peche Sedentaire) aveva edificato fort Saint-Louis. Il porto principale si trovava a Chedabucto Bay, dove nel 1686 si erano stabiliti 50 pescatori. Il comandante di fort Saint-Louis era Dauphin de Montorgueil. Il monopolio di Bergier era contestato da altri mercanti acadiani, tra i quali era il governatore Michel Leneuf de la Vallière de Beaubassin, che in passato aveva venduto licenze di pesca agli abitanti del New England.
Dietro gli attacchi programmati dal New England contro l’Acadia c’erano varie intenzioni. Per alcuni la spedizione avrebbe dovuto porre le basi per proficue relazioni post-belliche con i Mi’kmac e gli Acadiani, mentre altri vi vedevano solo una punizione per la loro presunta complicità nei recenti attacchi contro il New England. Come corollario all’azione principale di Sir William Phips contro Port Royal, capitale dell’Acadia, era prevista la distruzione di Fort Saint-Louis e delle circostanti attività di pesca francesi. A tale scopo Phips destinò il capitano Cyprian Southack, che con 80 uomini marciò su Chedabucto. Il forte era presidiato da Louis-Alexandre des Friches de Meneval con 12 soldati. Contrariamente a quanto avvenuto a Port Royal, i soldati di Fort Saint-Louis opposero forte resistenza, prima di arrendersi, cercando di difendere il forte per più di sei ore, finché il bombardamento nemico bruciò il forte dalle fondamenta. Southack distrusse un’enorme quantità di pescato. La guarnigione si arrese in termini onorevoli, e le fu consentito di raggiungere la capitale di Terranova, Plaisance.

1° Battaglia di La Prairie – scenario di Quebec e New York

Ad un certo punto le Colonie inglesi stabilirono che un colpo deciso contro gli insediamenti francesi avrebbe prevenuto ulteriori incursioni nemiche, perché avrebbe costretto i Francesi a difendere la loro frontiera. I coloni si incontrarono ad Albany, insieme ai loro alleati indiani, per elaborare un piano di spedizione per l’invasione del Canada. A Sir William Phips venne assegnato il compito di catturare Quebec con un assalto dal mare, mentre un’armata coloniale di terra sarebbe risalita dal lago Champlain a Montreal. Quest’ultimo esercito, comandato da Fitz-John Winthrop del Connecticut, ebbe la sfortuna di imbattersi in una serie di problemi. Dissenteria, scarsità di provviste e litigi nel comando fecero ritardare la partenza della missione. Infine, dopo quasi un anno di ritardo, Winthrop mandò il ventiduenne capitano John Schuyler, con una piccola armata, in quella che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere una decisiva incursione contro il Canada. Con 29 soldati e 120 Indiani, Schuyler attraversò il lago Champlain e discese il fiume Richelieu. Lungo il cammino si incontrarono con Johannes Glen, un superstite del precedente massacro di Schnectady, che aveva 28 bianchi e 5 indiani con lui. Schuyler arruolò 13 dei bianchi e tutti gli indiani, poi continuò fino a Chambly, prima di sbarcare, a circa tre miglia dal forte là posizionato. Il 13 agosto 1690 gli uomini assalirono La Praire, prendendo di sorpresa la guarnigione francese. Il gruppo di Schuyler uccise sei uomini, prese 19 prigionieri e tagliò la testa a 150 capi di bestiame. Dopo l’assalto, Schuyler e i suoi uomini si ritirarono rapidamente, ma non prima di aver dato alle fiamme 16 case con adiacenti stalle e fienili.
L’attacco all’insediamento di La Prairie difficilmente poù essere definito la battaglia strategica che era nelle intenzioni degli assalitori. Un anno di preparazione, con ritardi dovuti a malattie e liti, fecero sì che l’unico risultato della battaglia fu la morte di sei non combattenti, con l’incremento delle tensioni tra coloni inglesi e francesi e le premesse per un’altra battaglia a La Prairie un anno dopo.


Particolare della spada di Fitz-John Winthrop

Battaglia di Quebec – scenario di Quebec e New York
A seguito della cattura di Port Royal, in Acadia, la Nuova Inghilterra sperava di arrivare ad assediare Montreal e la stessa Quebec, capitale della Nuova Francia. La perdita del forte acadiano colpì molto i Canadesi e il governatore generale Louis de Buade de Frontenac ordinò che la città si preparasse subito per l’assedio. Quando gli incaricati riferirono i termini della resa, il governatore generale rispose con la nota dichiarazione che la risposta sarebbe arrivata “dalla bocca dei miei cannoni”. Il maggiore John Walley era a capo dell’armata di invasione che sbrcò a Beauport, nel Bacino di Quebec. La milizia inglese sulla spiaggia veniva costantemente tormentata da quella canadese, finché non si ritirò del tutto, mentre le navi della spedizione, comandate da Sir William Phips, furono quasi tutte distrutte dal bombardamento dei cannoni posti alla sommità della città.
Nel 1690 Sir William Phips venne nominato maggiore generale del Massachusetts e messo a capo di una spedizione contro l’Acadia francese. Egli navigò con sette vascelli che trasportavano 450 uomini del “Foot Regiment”. Port Royal si arrese il 21 maggio. Il governatore del luogo, Louis-Alexandre des Friches de Menneval, aveva solo 70 uomini e nessun cannone in opera e non sarebbe stato in grado di resistere. Phips ricorda: «Il 22 maggio abbattemmo la croce, svaligiammo la chiesa, tirammo giù l’altare maggiore, rompendo tutte le immagini e le statue; il 23 maggio prendemmo la vicina Plunder sia da terra che dal mare e, passando sotto i giardini, anche dal sottosuolo.» Ciò colpì molto i coloni francesi, i quali temevano che la loro capitale sarebbe stato il prossimo obiettivo. Quebec non aveva estese fortificazioni nel 1690 e tutto il lato che volgeva verso terra a ovest e a nord era esposto, particolarmente ai Piani di Abraham.
Il conte Frontenac era ritornato in Canada per un secondo mandato come governatore generale e fece costruire una palizzata in legno per racchiudere la città di Quebec dal forte del Castello San Luigi al fiume Saint Charles. Il supremo responsabile della città (il Provost) sovraintese, lungo questa cinta, alla costruzione di undici piccoli fortini in pietra che avrebbero dovuto fornire protezione contro i cannoni. Delle postazioni difensive lato terra, il punto che si affacciava sul lato ovest era quello maggiormente fortificato; si trattava di un mulino a vento chiamato Monte Carmelo, dove era stata posizionata una batteria di tre cannoni. La linea della palizzata terminava al lato orientale della città, vicino all’ospedale. Furono anche rinforzate le batterie dal lato del fiume, con otto cannoni posizionati a fianco del Castello e sei mortai sulle banchine portuali. Ostacoli mobili erano stati messi sulla strada che conduceva alla parte superiore della città.
Nel frattempo, un gruppo di 150 uomini della milizia di Albany e di querrieri irochesi, al comando del capitano John Scuyler si portava, in parte via terra e in parte su canoe, su Montreal, ad imitazione delle tattiche di petite guerre (spedizioni di largo raggio in territorio nemico), perfezionate dai coloni francesi. La spedizione di Scuyler era stata programmata per un’incursione su Montreal e per bloccare le forze francesi a sud di Quebec, permettendo alla flotta di Boston di navigare verso la capitale senza incontrare opposizione. Il vaiolo, la mancanza di rifornimenti e disaccordi tra gli ufficiali fecero sì che la maggior parte dei militari e degli Irochesi tornassero indietro, lasciando Schuyler con solo una piccola frazione degli 855 uomini promessi dalle autorità del New England. Il 4 settembre gli assalitori inglesi attaccarono gli insediamenti a sud di Montreal, uccidendo circa 50 abitanti in mezzo ai campi coltivati. Troppo debole per rischiare una battaglia con la guarnigione della città, Schuyler interruppe l’invasione e tornò indietro. Così, quando Phips venne avvistato nei pressi di Tadoussac, Frontenac ordinò alle guarnigioni di Montreal e di Trois-Rivieres di marciare in tutta fretta verso la capitale minacciata. Quattro giorni dopo il governatore giunse a Quebec con 200-300 uomini di truppa recuperati a causa del fallimento dell’invasione di Schuyler, ringalluzzendo di molto lo spirito di resistenza della capitale.
L’intera operazione di invasione navale lanciata dal Massachusetts contro Quebec era stata finanziata mediante l’emissione di obbligazioni fondata sulla presunta entità del bottino che la presa della città avrebbe fruttato. La spedizione consisteva di 32 navi (della quali solo quattro erano di una certa portata) e più di 2.300 uomini della milizia del Massachusetts. Il comandante in capo era Phips, il vincitore di Port Royal. La partenza vene ritardata fino alla tarda estate, nella vana attesa dell’arrivo di ulteriori munizioni dall’Inghilterra. Di conseguenza, quando, il 20 agosto, la spedizione di Phips salpò da Hull, aveva un carico di munizioni inadeguato. Tempo cattivo, venti contrari e mancanza di piloti che avessero familiarità con il fiume San Lorenzo ostacolarono l’avanzata e Phips non gettò l’ancora nel bacino di Quebec fino al 16 ottobre.
Phips in vista di Quebec
Frontenac, ufficiale scaltro e di esperienza, raggiunse Quebec da Montreal il 14 ottobre. Quando fu arrivata tutta la milizia che egli aveva convocato, aveva circa 3.000 per la difesa della posizione. I New Englanders confidavano nel fatto che “i codardi e fiacchi Francesi non sarebbero stati all’altezza dei loro forti uomini”, ma in effetti si verificò l’esatto contrario. Frontenac aveva ragione nell’avere fiducia, perché aveva un’armata di tre battaglioni di regolari coloniali (che erano certamente superiori alle compagnie di non professionisti di Phips) da utilizzare nel caso la milizia canadese non riuscisse a respingere la forza di sbarco di Phips. Inoltre, la città di Quebec era situata nella posizione naturale più forte che gli ufficiali inglesi avessero mai visto. Non solo era difesa da scogliere impressionanti, ma la spiaggia era così piatta che le navi non sarebbero potute approdare e sarebbero stati necessari dei natanti da sbarco. Il 16 ottobre Phips mandò il maggiore Thomas Savage come ambasciatore a consegnare una richiesta di resa a Frontenac. L’incontro è stato descritto come una perfetta applicazione di “guerra psicologica”. Prima della discussione, Frontenac condusse gli inviati di Phips ad occhi bendati in mezzo ad una folla vociante per le strade di Quebec, in modo da mascherare la sua inferiorità numerica. Poi, nel castello di Saint Louis, Frontenac e molti dei suoi ufficiali, vestiti con i loro abiti migliori, ascoltarono il messo che richiedeva la resa della città. Intimidito da questa “imponente sala piena di valorosi uomini marziali”, Savage fece del suo meglio per consegnare la richiesta di ultimatum di Phips. Compilato dai Puritani del Massachusetts, il documento cominciava con parole severe: «Le guerre tra le due corone di Inghilterra e Francia non hanno una giustificazione sufficiente. Ma la distruzione effettuata da Francesi e Indiani sotto il vostro comando e incoraggiamento contro le persone e gli Stati delle loro Maestà nel territorio del New England, senza provocazione da parte loro, li ha posti nella necessità di questa spedizione per la loro stessa sicurezza e soddisfazione…» Il rappresentante inglese disse poi che avevano un’ora di tempo per aderire alla richiesta di resa, quindi estrasse l’orologio. L’orgoglioso e sanguigno Frontenac era così furioso che avrebbe voluto vedere l’inviato impiccato prima che apparisse alla vista l’intera flotta inglese; fu solo grazie all’intervento del vescovo di Quebec, François de Laval, che si riuscì a calmarlo. Richiesto di una risposta scritta, Frontenac rispose seccamente: «Non ho altra risposta da dare al vostro generale se non dalle bocche dei miei cannoni e moschetti.» Savage prese atto di questa dichiarazione e fu ricondotto alla sua nave. Il consiglio di guerra di Phips fu estremamente contrariato dalla risposta, poiché si aspettava di trovare una città senza difese e in preda al panico.
Quella sera si udirono tamburi e pifferi di guerra che si avvicinavano a Quebec, seguiti da forti acclamazioni della città: Louis-Hector de Callière era arrivato accompagnato dal resto della milizia di Montreal, consegnando a Frontenac il vantaggio numerico sull’armata del New England.
Gli Inglesi avevano capito che il solo punto possibile dove poter far breccia nelle difese era sul lato nord est della città, dove le mura erano più deboli. Il loro piano era di sbarcare la forza principale sulla spiaggia di Beauport, ad est del fiume Saint Charles, e di attraversare da lì il fiume sulle barche della flotta, portando i cannoni da campo. Quando l’armata da sbarco si fosse trovata sulle alture ad ovest di Quebec, la flotta avrebbe attaccato la città, sbarcando una seconda armata. Frontenac si aspettava che l’attacco delle forze da sbarco provenisse da Beuport e le rive del fiume erano già state rinforzate con palizzate da campo sul versante sud occidentale. Egli si proponeva di condurre in quel punto solo delle schermaglie, tenendo di riserva le forze regolari per una battaglia in stile europeo in campo aperto, ad ovest di Quebac. In effetti, la battaglia in campo aperto non ebbe mai luogo. La forza inglese da sbarco di 1200 uomini comandati da John Walley, comandante in seconda di Phips, non attraversò mai il fiume Saint Charles. Frontenac aveva posizionato un forte distaccamento di miliziani canadesi, al comando di Jacques Le Moyne de Sainte-Hélène, insieme ad alcuni Indiani, nelle aree boscose ad est del fiume. Quando, il 18 ottobre, gli Inglesi effettuarono lo sbarco, furono subito attaccati dalla milizia canadese, mentre i mezzi da sbarco delle navi sbarcarono i fucilieri sul lato sbagliato del Saint Charles. Nel frattempo, quattro grandi navi di Phips, disattendendo completamente il piano d’azione, si ancorarono prima di essere all’altezza di Quebec e cominciarono a bombardare la città fino al 19 ottobre; a quel punto, gli Inglesi avevano consumato la maggior parte delle munizioni. Le batterie costiere dei Francesi avevano dimostrato di essere ben vive e le navi inglesi vennero bombardate finchè non restarono seriamente danneggiati il sartiame e gli scafi; lo stendardo della nave ammiraglia di Phips, la Six Friends, fu abbattuto e cadde nel fiume; sotto le scariche dei moschetti, un coraggioso gruppo di Canadesi pagaiò con una canoa fino alle navi per recuperarlo. Lo stendardo, ripescato intatto, venne trionfalmente portato al governatore. Durante il bombardamento, la forza di terra di Walley rimase inattiva, soffrendo il freddo e lamentandosi per la mancanza di rum. Dopo un paio di giornate inconcludenti, Walley decise di spostarsi dalle posizioni occupate sulla spiaggia e di cercare di oltrepassare le fortificazioni dei Francesi. La sua armata si mise in azione il 20 ottobre, nella miglior tradizione europea, con rulli di tamburi e spiegamento di bandiere, ma avvenne una scaramuccia sul limitare del bosco. La truppa del New England non fu in grado di resistere all’insistente e pesante fuoco dei Canadesi, mentre i cannoni da campo sparavano contro i boschi senza alcun effetto.


Frontenac riceve l’inviato di Phips

Sebbene Sainte-Hélène restasse mortalmente ferito, 150 degli attaccanti rimasero sul campo, mentre gli altri restarono del tutto scoraggiati. Il 22 ottobre si misero in ritirata in uno stato d’animo vicino al panico totale, abbandonando anche cinque cannoni sulla spiaggia.
Il 23 e 24 ottobre fu prima negoziato e poi effettuato uno scambio di prigionieri, mentre le navi facevano vela su Boston. Il racconto della spedizione fatto dallo stesso Phips ammette solo 30 caduti nel combattimento, ma il vaiolo e incidenti vari ne provocarono almento 1000 in più. James Lloyd, di Boston, nel gennaio seguente scrisse: «7 vascelli sono ancora dispersi, altri 3 sono naufragati e bruciati.» Cotton Mather racconta che un brigantino subì naufragio sull’isola di Anticosti; l’equipaggio passò l’inverno sull’isola e a quanto pare venne salvato l’estate successiva da una nave proveniente da Boston. La sconfitta di Phips fu totale e disastrosa; circostanza fortunata per i Francesi, in quanto le provviste sarebbero state insufficienti per la grande armata radunata per difendere Quebec in caso di assedio prolungato.
Lo stesso Phips non aveva dimostrato nessun talento naturale militare per compensare la sua mancanza di esperienza. Si può arguire comunque che l’assenza di soldati addestrati e di adeguati rifornimenti aveva fin dall’inizi destinato l’impresa all’insuccesso. Henry Sloughter, governatore di New York, espresse l’umore nelle Colonie inglesi, quando scrisse:
«L’intero territorio da Pemaquid al Delaware è colpito in modo estremamente negativo dall’ultima spedizione in Canada, mal riuscita e senza risultati, per la quale sono state contratte 40.000 sterline di debito, si sono persi circa 1000 uomini per malattie e naufragi e non si è colpito nessun obiettivo per mancanza di coraggio e di capacità da parte degli ufficiali.»
Il Canada esultava per la vittoria: il 5 novembre il solenne Te Deum risuonò a Quebec, in una cappella rinominata per l’occasione Notre Dame de la Victoire. Quando la notizia degli avvenimenti giunse a Versailles, Luigi XIV ordinò l’incisione di una medaglia con l’iscrizione latina:”Kebeca liberata MDCXC – Francia in novo orbe victix”. Jacques Le Moyne, che morì poco dopo la battaglia, fu pianto dall’intera colonia per la sua abilità e il suo valore. Gli Irochesi Onondaga mandarono una cintura di wampum come manifestazione di simpatia e rilasciarono due prigionieri per onorare la sua memoria. Suo fratello, Charles Le Moyne, acquistò fama per la sua partecipazione alla battaglia e più tardi ricevette una concessione addizionale di terra per i suoi servizi, diventando il primo barone di Longueuil.
Entrambe le parti avevano tratto insegnamenti dalla battaglia. La vittoria francese aveva dimostrato che per prendere Quebec “i cannoni della vecchia Inghilterra avrebbero dovuto essere portati dentro”. Da parte sua, Frontenac aveva capito che le difese avevano bisogno si essere significativamente rinforzate, per cui, nel 1692, diede all’ingegnere del re Josué Berthelot de Beaucours il compito di disegnare una fortezza in grado di resistere ad un assedio in stile europeo. Quest’iniziativa fu ritardata dall’inverno canadese; i lavori cominciarono nell’estate del 1693 con una fortificazione in terra battuta a larghi bastioni per includere tutta la città, con pali di legno appuntiti sulla cima delle mura. Immediatamente dopo l’assedio era stata installata un’intera batteria sulla riva, chiamata “Batteria Reale”. Si presentava come un piccolo bastione ed era costituita da 14 feritoie per i cannoni, che difendevano entrambe le rive del San Lorenzo e il corso stesso del fiume.

2a Battaglia di La Prairie – scenario di Quebec e New York

Nell’estate del 1691 un contingente di Inglesi e Indiani, proveniente da Albany e comandato dal maggiore Pieter Schuyler, mercante di Albany e commissario per gli affari indiani e dal generale Fitz-John Winthrop, marciò verso nord per attaccare Montreal, ma venne respinto con grosse perdite dai Francesi e dai loro alleati Indiani. La spedizione si riunì a Saratoga, dove c’era una guarnigione di 40 Provinciali di New York.
Il giorno 11 agosto 1691, ad un anno dalla prima, infruttuosa, incursione, il New England lanciò un secondo attacco contro il villaggio di La Prairie. Schuyler comandava un contingente composto dai 40 Provinciali di New York e da 100 Indiani, per lo più Mohawk. Secondo il racconto dello stesso Schuyler, la sua armata sorprese, sotto una forte pioggia, circa 420 Francesi. Altre fonti ne citano almeno 800, trincerati subito fuori Fort Chambly. Le truppe di Schuyler approfittarono di un canale posizionato strategicamente, che occuparono per agganciare le forze francesi. Subendo molte perdite, in breve i Francesi vennero spinti indietro, ma riuscirono a ricompattarsi e avanzare ancora verso gli uomini di Schuyler. L’armata di Schuyler ne ebbe pochissimo danno e i Francesi furono respinti ancora una volta. Gli uomini di La Prairie si ricompattarono per la terza volta, spostandosi verso est per impedire che gli Inglesi si trincerassero. Gli uomini di Schuyler lasciarono il loro canale per attaccare la retroguardia dei Francesi , trovando tutti i coloni e soldati francesi in campo aperto.


La Compagnie de Lacorne in difesa di Fort Chambly

Alla fine i Francesi furono costretti a rientrare a Fort Chambly, lasciando tre uomini prigionieri delle truppe di Schuyler. Fonti francesi riferiscono la perdita di 11 coloni, 10 soldati, 3 donne e una ragazza uccisi o catturati. Sorpreso dalla resistenza opposta dalle forze francesi, Schuyler decise di di retrocedere fin dove i suoi uomini avevano lasciato le canoe sulla riva del fiume Richelieu.
Lungo il cammino, gli uomini di Schuyler incontrarono altre truppe francesi: erano 160 uomini, comandati da Valrennes, che erano stati inviati per bloccare la strada di Chambly. I due schieramenti combatterono in un feroce corpo a corpo per circa un’ora, prima che Schuyler riuscisse a forzare il blocco e a ritirarsi. Comunque la forza di Schuyler perse almeno 40 uomini, un numero decisamente elevato per un’armata piccola come la sua. I Francesi dichiararono che le loro perdite erano attribuibili a mancanza di ordine e di comando, ma più probabilmente la vera ragione delle perdite francesi fu la mancanza di familiarità degli ufficiali francesi con il modo di combattere degli Indiani. Gli attaccanti distrussero 16 fra abitazioni, stalle e fienili, uccidendo 150 capi di bestiame.
Il risultato della battaglia fu che per gli Inglesi venne aperta una via di trasporto vitale, ma le perdite erano state considerevoli e i sopravvissuti furono visti rientrare in Albany a testa bassa. Uno degli intendimenti dell’attacco era stato quello di far rivoltare gli insediamenti indiani contro i Francesi, per ostacolarne l’espansione in quell’area. In realtà la battaglia aveva reso del tutto chiaro che i Francesi e i loro alleati indiani erano una forza formidabile e il territorio canadese stava dimostrandosi una chimera coloniale: agli occhi dei coloni inglesi, era al di là delle loro possibilità.

1a battaglia navale di St. John – scenario New England, Acadia e Terranova

Sir William Phips, il conquistatore di Port Royal nel 1690, aveva inviato un vascello, di proprietà di Andrew Belcher e comandato da John Nelson, con a bordo il nuovo governatore dell’Acadia inglese, Edward Tyng, perché questi prendesse possesso della sua carica.
Il 22 settembre, mentre navigava nella Baia di Fundy, al largo di St. John, la nave fu attaccata dal Soleil d’Afrique, un vascello francese a 32 cannoni comandato da Simon-Pierre Denys de Bonaventure, e che trasportava il governatore dell’Acadia francese, Joseph Robineau de Villebon. Gli inglesi capitolarono rapidamente; uno di loro, fatto prigioniero, John Alden, venne mandato a Boston per organizzare uno scambio di prigionieri. I Francesi volevano riscattare 60 soldati catturati da Phips nella battaglia di Port Royal. Il figlio di Alden e il colonnello Tyng vennero trattenuti come ostaggi, mentre Nelson fu tradotto a Quebec. Dalla sua prigione, Nelson riuscì a inviare a Boston informazioni circa i piani francesi per un attacco contro le colonie del Massachusetts. Scoperto, Nelson venne punito con il trasferimento in Francia, nella prigione della Bastiglia. Nel 1702, dopo dieci anni di prigionia, venne rilasciato e poté tornare alla sua sede di Nelson’s Island (oggi Long Island), dove divenne un eroe locale. Alden tornò a St. John da Villebon nel maggio 1692, portando con sé soltanto sei soldati francesi. Il risultato fu che sia il figlio di Alden che il colonnello Tyng vennero immediatamente mandati in Francia. Tyng morì in prigionia a La Rochelle.

Incursione su York (o Massacro della Candelora) – scenario New England, Acadia e Terranova

Per i Francesi gli Abenaki non erano alleati fidati. Dopo la tregua firmata tra i rappresentanti del Massachusetts e i capi Abenaki nel 1690, dopo l’incursione franco-indiana su Falmouth, sia la corte che le colonie francesi erano allarmate. Nel 1691 il governatore dell’Acadia scrisse che se gli Indiani avevano stipulato una pace con gli Inglesi dopo la caduta di Port Royal, il Canada sarebbe stato perduto, vista la possibilità di raggiungere Quebec in dieci o dodici giorni dal fiume St. John e da Pentagouet. Così Villebon si premurava, con rifornimenti e doni, di vincere l’incertezza degli Indiani; e i missionari, di cui Padre Thury era il più influente, vennero incaricati di fare in modo che i loro negoziati con i “bostoniani” si interrompessero. Il piano ebbe successo, tant’è che gli Indiani della missione di Sillery discesero il fiumi Chaudiere e Kennebec ghiacciati per riunirsi con quelli delle missioni dei Padri Bigot e Thury, che erano in attesa allo sbocco del Kennebec. Da qui gli Abenaki partirono per attaccare York.
Il 24 gennaio 1692, sotto gli ordini del sachem della banda Abenaki dei Penobscot, Madockawando, e di Padre Louis-Pierre Thury, con alcuni ufficiali francesi, due o trecento guerrieri indiani assalirono la città di York (allora a cavallo del confine fra la Provincia di Massachusetts Bay e il Distretto del Maine, oggi nello Stato del Maine), uccidendo circa 100 coloni inglesi, prendendone altri 80 in ostaggio e incendiando 40 delle 45 abitazioni del paese. I prigionieri furono obbligati a camminare fino al Canada (Nuova Francia), dove più tardi furono riscattati da John Alden Jr., figlio di John Alden della Colonia di Plymouth e da Benjamin Church. Uno dei prigionieri era Jeremiah Moulton, di soli tre anni, che più tardi avrebbe acquisito notorietà nella Guerra di Padre Rale. Tra le vittime vi fu il padre di Jeremiah, che venne scalpato; si dice che il bambino abbia assistito alla sua morte. Moulton e il fratello, anch’egli prigioniero, tornarono assieme ad altri bambini quando, più tardi, furono riscattati in cambio di alcune donne e bambini indiani in mano degli Inglesi.
Il sachem Madockawando
Il capitano John Floyd, giunto con la milizia da Portsmouth, seppellì 48 persone, tutti gli altri erano bambini i cui nomi non erano stati riportati nei registri della città. Fra gli uccisi c’era il reverendo Shubael Dummer, ministro della Chiesa Congregazionale; Dummer venne colpito sulla porta principale di casa sua, mentre sua moglie Lydia e il loro figlio vennero portati via come prigionieri dove “in mezzo alle nevi e alle avversità, tra questi stregoni del deserto anche lei morì rapidamente”; non si seppe più nulla del figlio di Dummer. Gli Indiani diedero alle fiamme tutte le case indifese della riva nord del fiume York, la principale via di commercio, attorno alla quale era sorta la città. Il capitano Floyd, al suo arrivo, notò che “la maggior parte dell’intera città era stata incendiata e saccheggiata… Il reverendo Dummer era stato barbaramente assassinato, denudato, tagliato e straziato da questi figli del demonio.”
Francis Parkman, nel suo “Resoconto di Frontenac nella Nuova Francia sotto Luigi XIV”, asserisce che il miglior racconto dell’attacco contro York fu quello inviato, nell’ottobre successivo, dall’intendente Champigny, a sua volta basato sul rapporto di un capo indiano che faceva parte della spedizione; il racconto riferisce che, verso la fine di gennaio, più di 150 Abenaki si accamparono appena fuori di un posto chiamato Iarc (York). A sei miglia dalla cittadina trovarono le tracce di due Inglesi, che tre Indiani provarono a seguire, ma invano perché erano tracce del giorno prima. Gli Indiani si accamparono ai piedi della montagna e poi la scalarono, così videro la cittadina che giaceva lungo le rive del fiume. Nel villaggio c’erano forse trecento persone, che vivevano in circa quaranta case. Era domenica. Gli Indiani erano affamati e infreddoliti; la neve cadeva abbondantemente e venne tenuto un consiglio per stabilire se attaccare o attendere un miglioramento del tempo.
La fame spingeva i capi ad un’azione immediata. Si separarono in due bande e ben presto, nella periferia, si impadronirono di un fortino e dieci case; quindi si sparpagliarono e devastarono ogni cosa nel raggio di 3 miglia in meno di due o tre ore. Champigny riferì che tutte le case furono incendiate, ma questo fatto è contraddetto da altre dichiarazioni e dagli inventari fatti subito dopo il massacro. “La nostra gente risparmiò la vita a una dozzina di bambini piccoli e a tre donne anziane, che furono mandate ad un forte vicino con una lettera fatta scrivere ad una delle prigioniere.” La lettera minacciava l’uccisione di tutti i prigionieri se certe condizioni non fossero state pienamente soddisfatte ed evidenziava la grande compassione mostrata nei riguardi di queste donne e bambini, aggiungendo che gli Inglesi non sarebbero stati altrettanto pietosi. Williamson scrive che ciò fu dovuto al fatto che gli Inglesi di recente avevano risparmiato alcune donne e bambini indiani a Pejepscot e che gli Indiani non dimenticavano mai una gentilezza.
Il capitano Floyd scrisse che gli assalitori avevano portato via tutta la polvere da sparo, il piombo e il peltro ed ogni altro materiale potesse servire come proiettile. Un ragazzo prigioniero che era riuscito a fuggire la prima notte dopo la cattura riferì che l’attacco era stato portato da un centinaio di Indiani, ma senza l’appoggio dei Francesi. Parlò di 17 o 18 case incendiate e chiese che fossero rapidamente mandati uomini all’inseguimento e che “senz’altro daranno facilmente un brutto colpo agli Indiani, ma devono indossare le racchette, perché la neve è molto alta…”
Quella notte gli Indiani si accamparono presso il laghetto di Capo Nuttick, a circa 5 miglia da York, lasciando 30 degli uomini più scelti come retroguardia. La neve era così alta che gli Inglesi non riuscirono a seguirli. Prima di dividere il bottino, gli Indiani “cristiani” cantarono un “Te Deum” per la vittoria ottenuta e lungo la marcia verso casa cantarono il servizio mattinale e vespertino, poiché i preti si erano raccomandati di non omettere i sacri uffici se avessero ottenuto la vittoria.
I prigionieri vennero distribuiti nei villaggi, dove vecchi, donne e bambini rimasero stupiti dalla ricchezza del bottino. A metà febbraio i capitani Alden e Converse furono inviati a “negoziare la cosa (il riscatto) con i capi che godono di maggior considerazione; far capire agli Indiani il riguardo che le loro Maestà d’Inghilterra hanno per il loro territorio; devono vantarsi delle navi e delle provviste che arrivano dall’Inghilterra; cercare di sapere il più possibile sui prigionieri catturati dagli Indiani; capire ogni necessità specialmente di quelli portati da York in un secondo tempo: esaminare questo complesso di cose completamente e sollecitarle presso la cerchia di persone di maggior importanza. Suggerite loro che noi non dubitiamo che la benedizione di Dio li obblighi a consegnarci i prigionieri senza porre condizioni; ma a questo punto la rigidità delle condizioni atmosferiche è tale che i timori che essi siano esposti al freddo e alla fame (la maggior parte essendo donne e bambini) ci inducono oltre la mera pietà e compassione verso di loro, per trattare in questo modo per il loro riscatto, cosa che non intendiamo sia la prassi anche in futuro. Dovete insistere sulla consegna di tutti i prigionieri, sia quelli caduti da subito in loro mano, sia quelli catturati successivamente, specialmente quelli portati da York in un secondo momento…facendo presente la loro promessa che sarebbero stati tutti riscattati; ma se alla fine non potrete ottenere la liberazione di tutti, allora accordatevi per quelli che resteranno sul posto nei migliori termini che potrete e obbligate gli Indiani a scrivere di loro pugno l’obbligo alla sicurezza degli ostaggi o altrimenti a restituire tutti i rimanenti in un certo posto al tempo stabilito, dietro una certa somma.”
Una settimana dopo l’emanazione di questi ordini, William Vaughan di Portsmouth invò a Boston un rapporto circa il signor Francis Tucker, un magistrato di Great Island, che era stato catturato a York. Egli era stato portato a Sagadahock, ma era riuscito a fuggire su una barca da pesca dopo che Alden e Converse erano stati sul posto.
Venne riferito che un giorno o due dopo la resa, gli Indiani concordarono sul riscatto di tutti i prigionieri. Gli incaricati avevano già accolto sulla loro imbarcazione 36 prigionieri; gli altri erano sparpagliati,ma dovevano essere raccolti in giornata. Tucker non sapeva che cifra fosse stata pagata. Disse che “i loro accompagnatori li portarono a bordo, ricevettero il pagamento e fecero marcia indietro.” Con loro c’erano circa 200 uomini abili alle armi che erano stati a lungo in prigionia. Riferì anche che un prigioniero, un certo Sandy Beach, aveva detto agli Indiani che Boston stava inviando uomini attrezzati con racchette da neve, e che si trattava di un’armata considerevole; gli Indiani avevano cercato e non trovato queste truppe nei boschi, e allora si erano gettati su York.


Abenaki delle Guerre Coloniali impersonati da Nativi di oggi

Questo non concorda con gli altri racconti. Tucker disse anche che due prigionieri erano stati mandati in Canada “per dare ai Francesi il resoconto veritieri sull’attacco, visto che inizialmente essi non credevano che gli Indiani riportassero il vero su quanto compiuto contro di noi.” In una memoria del 1692, quando vennero resi noti i resoconti degli Abenaki cristiani, venne effettuata una richiesta di inserire gli Indiani di Sillery nelle ricompense garantite dal re di Francia. Nell’agosto dello stesso anno, Madockawando si recò a Quebec, portando con sé cinque prigionieri inglesi. Incontrò il governatore Frontenac e ricevette una ricompensa.
Dopo che l’insediamento era stato raso al suolo, venne in seguito ricostruito in una zona più elevata ed è l’attuale cittadina di York. Oggi a York l’evento è ricordato ogni anno, con rievocazioni storiche e letture a cura della Old York Historical Society.
Infine è da menzionare la “Roccia della racchette da neve”. Si tratta di un masso, situato a Chases Pond Road, non lontano dalla base del monte Agamenticus, sul quale gli Abenaki lasciarono le racchette da neve adoperate nella marcia di avvicinamento a York. Una targa ricorda ancor oggi l’avvenimento.

Incursione nella Mohawk Valley – scenario Quebec e New York

Nel febbraio 1692 Nicolas d’Ailleboust de Manthet era il comandante in capo di una spedizione di Francesi e guerrieri indiani condotta contro tre villaggi Mohawk (alleati degli Inglesi), nella valle del fiume Mohawk. L’esito fu la distruzione dei tre villaggi e delle cruciali riserve di cibo. Molti Mohawk vennero uccisi o catturati; questi ultimi vennero destinati a popolare i villaggi indiani cristiani nelle vicinanze di Montreal. Dopo l’azione, gli attaccanti, appesantiti nella strada del ritorno dalla presenza dei molti prigionieri, furono inseguiti da un gruppo armato misto anglo-irochese, raccolto in tutta fretta e comandato dal maggiore Pieter Schuyler. Le due parti ingaggiarono diverse schermaglie nei giorni seguenti. A causa dell’inseguimento, gli incursori furono costretti a rilasciare la maggior parte dei prigionieri, e dovettero patire la fame a causa della perdita di molte riserve di cibo, prima che riuscissero a ritornare a Montreal.
I Mohawk uscirono seriamente indeboliti come forza militare all’interno della Lega Irochese.

Incursione contro Wells – scenario New England, Acadia e Terranova

Wells era il punto di forza della frontiera nord orientale degli insediamenti inglesi. Eccetto pochi forti e guarnigioni, dopo il fallimento dell’occupazione di Popham Colony nel 1627 e Pejepscot, nel 1628, gli Inglesi avevano rinunciato a tentativi di colonizzare il Maine a nord di Wells. Con lo scoppio della Guerra di Re Filippo, nel 1675, gli attacchi dei Nativi distrussero sul nascere molti insediamenti inglesi. La Nuova Francia era infastidita dagli sconfinamenti del New England in un territorio che considerava proprio e si serviva degli Abenaki per ostacolare la colonizzazione inglese. All’inizio della King William’s war, il 9 giugno 1691, allorché Wells aveva circa 80 abitazioni e capanne di tronchi allineate lungo la Post Road, venne attaccata da circa 200 guerrieri comandati dal sachem Moxus. Il capitano James Converse con la sua milizia difese con successo la guarnigione del tenente Joseph Storer, che era asserragliata all’interno di una palizzata chiusa. Il sachem Madockawando minacciò di ritornare l’anno dopo “per stanare il cane Converse dalla sua tana.” Tuttavia poi si diresse verso York; nei pressi di Capo Neddick gli Indiani abbordarono un vascello, uccidendo la maggior parte dei membri dell’equipaggio. Incendiarono anche un borgo isolato.

Era passato un anno, quando un giorno il bestiame, spaventato e con alcuni capi feriti, fece un precipitoso ritorno in città dai pascoli. Era un chiaro segno che era imminente un attacco indiano, così i residenti cercarono rifugio. Il 10 giugno 1692 un’armata composta di 400 guerrieri nativi e truppe francesi comandate da La Brognerie marciò su Wells, sapendo che Converse si sarebbe trovato nella guarnigione di Storer. Ma, con 15 soldati della milizia e un certo numero di cittadini, Converse resistette agli assaldi portati nell’arco di due o tre giorni. Gli attaccanti alternavano attacchi contro il villaggio a incursioni contro l’angusto porto vicino, dove il capitano Samuel Storer, James Gooch e 14 soldati, mandati di rinforzo, si trovavano a bordo di tre imbarcazioni. Gli Indiani lanciavano frecce incendiarie contro i battelli, ma gli equipaggi riuscivano a spegnere il fuoco. Gli attaccanti prepararono una serie di pali verticali e li fissarono sul retro di un carro, poi lo spinsero contro le imbarcazioni con la bassa marea. La Brognerie con 26 uomini, Francesi e Indiani, si ammassarono dietro lo scudo improvvisato, ma il carrò si impantanò a circa 15 metri dalla barca più vicina. La Brognerie venne colpito da una pallottola alla testa mentre tentava di sollevare una ruota. Gli altri fuggirono, qualcuno cadendo ucciso nella grandine di pallottole. Il giorno dopo i Franco-Indiani trascinarono a valle una zattera di circa 6 metri quadri e la ricoprirono di materiale combustibile, aspettando la bassa marea per spigerla verso le imbarcazioni e così incendiarle. Ma il vento cambiò e la zattera andò alla deriva verso la riva opposta. Essendo rimasti con poche munizioni, gli attaccanti si ritirarono, non prima di aver incendiato la chiesa e qualche casa vuota, uccidendo tutto il bestiame che potevano trovare e torturando a morte John Diamond, che era stato catturato all’inizio mentre cercava di scappare dalle imbarcazioni verso il forte. Essi lasciarono indietro alcuni morti, tra cui La Brognerie. La vittoria di così pochi contro nemici più numerosi portò a Converse fama e promozioni.

Battaglia di Placentia – scenario New England, Acadia e Terranova

Al fine di proteggere la Baia di Placentia, nella penisola di Avalon a Terranova, fra il 1662 e il 1690 i Francesi avevano eretto Fort Plaisance (detto anche Vieux Fort). All’inizio della King William’s War, il 25 febbraio 1690, 45 corsari inglesi, guidati da Herman Wiliiamson e provenienti da Ferryland (che sta dalla parte opposta della stessa penisola) avevano attaccato Plaisance per via di terra. Dopo aver ucciso due soldati e ferito il governatore Louis de Pastour de Costebelle, si erano impossessati della città e avevano distrutto il forte. La popolazione era stata imprigionata nella chiesa per sei settimane, finché gli Inglesi non se n’erano andati, il 5 aprile, portandosi via le provviste della colonia. Nel 1691 Francesi rimpiazzarono il primitivo Fort Plaisance con Fort Saint Louis e lo dotarono di 50 soldati.
Il 16 settembre 1692 cinque vascelli inglesi buttarono l’ancora a Placentia, appena fuori della portata dei cannoni francesi. Circa 500 armati sbarcarono dalle navi, attestandosi sulla riva. Il 18 settembre il commodoro Thomas Gillam, della St. Albans, intimò la resa al governatore Jacques-François de Monbeton de Brouillan. Il governatore rifiutò. Il 19 settembre gli Inglesi fecero fuoco con i cannoni contro il piccolo forte, che aveva la sola guarnigione di 50 soldati.


La penisola di Avalon con Placentia e Ferrylamd

Philippe Pastour de Costebelle, fratello di Louis, il governatore precedente, e Louis-Armand de Lom d’Arce de Lahontan, barone di Lahontan, guidarono la difesa della guarnigione. Nella sparatoria Francesi uccisero sei Inglesi, un soldato francese rimase ferito. I marinai delle navi francesi ancorate in porto in quel momento impedirono l’avanzata degli Inglesi; questi si ritirarono il 21 settembre, dopo aver dato fuoco alle abitazioni di Baia Verde.

Seconda Battaglia di Fort Albany – scenario di Hudson Bay

Nel 1686 una spedizione francese comandata da Pierre Le Moyne d’Iberville era partita via terra da Montreal e si era impadronita di tutti i caposandi inglesi sulla Baia di James, compreso Fort Albany. L’anno successivo i Francesi erano riusciti a difendere la posizione da un assalto inglese, ma nel 1693 una flotta di cinque navi inglesi, al comando di James Knight, ebbe facilmente ragione della resistenza dei cinque soldati francesi, che abbandonarono nelle mani del nemico il forte e le pellicce che vi erano depositate.

Cattura di York Factory – scenario di Hudson Bay

Nella spedizione del 1686, dai posti inglesi conquistati da d’Iberville era rimasto fuori York Factory, troppo lontana e raggiungibile solo dal mare. Nel 1690 d’Iberville condusse un tentativo di assalto con un vascello, ma venne respinto da una nave inglese più grande. Nel 1694 il governatore Frontenac gli affidò la Salamandre e la Poli. Il 14 settembre Iberville raggiunse il fiume Nelson e il forte venne subito assalito. Il 14 ottobre York Facory si arrese ai Francesi (la guarnigione inglese consisteva principalmente di commercianti, impiegati e lavoranti e non aveva abbastanza legna da ardere per resistere al freddo di un lungo assedio). Tra i 53 uomini che si arresero vi era Henry Kelsey, che fu il primo ad esplorare le Grandi Pianure canadesi, facendone una descrizione scritta. La postazione venne rinominata Fort Bourbon. Poiché la cattiva stagione era già avanzata, sia i Canadesi che i loro prigionieri furono costretti a passare l’inverno sul posto. Quando si sciolse il ghiaccio molti uomini di entrambe le parti erano morti per lo scorbuto. Iberville aspettava, sperando di impadronirsi delle navi inglesi che portavano le provviste annuali. A settembre non erano ancora arrivate, così egli lasciò 70 uomini al forte e salpò per La Rochelle con un considerevole carico di pellicce.
La vittoria di Iberville fu annullata da due fattori: la cattura da parte degli Inglesi, l’anno precedente, di Fort Albany, a sud della Baia di James, e il fatto che, 10 mesi dopo la partenza di Iberville, tre fregate della Marina Reale Inglese riconquistarono York Factory.

Incursione contro Oyster River – scenario New England, Acadia e Terranova

Nell’autunno del 1693 il governatore di Quebec, Frontenac, aveva inviato Claude-Sébastien de Villieu nel Maine orientale, per convincere gli Indiani della regione ad una più stretta collaborazione con la Nuova Francia, visti i disaccordi esistenti fra le tribù circa la decisione di attaccare gli Inglesi o meno. Villieu ebbe buon gioco, anche per l’opera di supporto dei padri Louis-Pierre Thury e Vincent Bigot, che furono decisivi nel convincere gli Abenaki, radunati nell’insediamento di Pentegoet (oggi Castine, Maine) a riprendere l’offensiva contro il New England. Altre bande di guerra provenienti da Nari Comagou, Ameseconti e Norridgewock si andavano costituendo a Panawamske (il più grande villaggio dei Penobscot, chiamato “Indian Old Town” dagli Inglesi) per deliberare sull’obiettivo da colpire. Poi si aggiunsero anche i Maliseet di Meductic e i Penobscot: tutti questi gruppi coalizzati alla fine convinsero anche la fazione neutrale di Madockawando a prendere l’ascia di guerra contro gli Inglesi. I favorevoli al trattato temevano per la sicurezza dei clan parentali presi in ostaggio dagli Inglesi a Boston, e resistettero nella loro posizione finché vennero convinti all’azione dal figlio di Madockawando (tornato di recente da un incontro con re Luigi XIV in Francia), dalle ammonizioni di Taxous e dalle argomentazioni di Thury e Villeu. I Francesi asserivano che i passati “tradimenti e bugie” degli Inglesi guidavano il destino degli ostaggi e che si sapeva che adesso erano schiavi in Inghilterra. A questo punto le bande indiane avevano bisogno di un obiettivo. Dopo un approssimativo sondaggio su Pemaquid, Villeu, che fino a questo punto della campagna era stato coinvolto in traffici illegali di pellicce, si appropriò indebitamente di quasi metà dei rifornimenti francesi. Per cui, quando l’armata, forte di circa 250 guerrieri, si mosse verso gli insediamenti inglesi lungo il fiume e i passaggi sui “portage”, la penuria di approvvigionamenti causò ostacoli lungo il sentiero di guerra. Raccogliendo altri guerrieri lungo la strada, la spedizione attraversò il fiume Merrimac in canoa. Quindi, assai vicino alla fame totale, dovuta in massima parte alla corruzione di Villeu, il gruppo di guerra decise che la sua destinazione sarebbe stata la colonia di Oyster River.
Il nome “Oyster River” (fiume delle ostriche) fu dato dai primi pionieri al corso d’acqua abitato dalla tribù Shankhassick, una banda dei Piscataqua, sulle cui rive avevano trovato un banco di ostriche. Questo fiume ha un canale abbastanza largo e profondo da permettere la navigazione fino alle cascate del villaggio di Durham, che dista circa due miglia dal fiume e dieci miglia dal porto di Portsmouth. Comunque nel 1694 qui non vi era alcun villaggio. C’era invece una serie di 12 guarnigioni dislocate lungo le rive del fiume, nelle quali, al primo segnale di pericolo per incursion indiane, i coloni dispersi nei campi trovavano rifugio, in quanto le loro case non possedevano nessun mezzo di difesa. Il luogo di culto, la casa del pastore, la taverna (autorizzata) e il centro degli scambi commerciali si trovavano sulla riva sud del fiume, più di un miglio al di sotto delle cascate, sulla lingua di terra che sta fra l’Oyster e il Piscataqua, dove oggi c’è la località di Durham Point a Dover, nel New Hampshire.
Si trattava di un obiettivo abbastanza facile e nello stesso tempo ricco, racchiuso in poco spazio e con facili vie di fuga. Bomazeen, un giovane capo minore dei Kennebecs, rivestì un ruolo significativo nella formazione della spedizione di guerra e nell’attacco che seguì. Nel 1693 egli aveva firmato il Trattato di Pemaquid. Agendo come emissario di buona volontà, si era recato a Boston molte volte nell’inverno 1693-94. Alla fine di novembre 1693 era stato gettato in prigione per ordine del governatore del Massachusetts, e vi era stato trattenuto fino a metà dicembre. Era stato infine rilasciato, ma di nuovo arrestato ancora due volte, a gennaio e marzo. Amareggiato da questo trattamento, Bomazeen divenne il maggior fautore di un attacco contro gli Inglesi. Nel corso di una riunione a Amasaquonte il giovane capo venne insignito del comando di un contingente di guerrieri per l’imminente attacco.

Dopo aver lasciato le canoe a Penacook ed essersi spostata per via di terra verso Oyster River, il 18 luglio 1694 la spedizione si divise in due gruppi più piccoli che avanzavano lungo le due rive del fiume. Il piano era di circondare tutti gli abitanti e le guarnigioni ed attaccare simultaneamente ad un segnale preventivamente concordato. Ma alle prime luci dell’alba si cominciò a sparare prematuramente, prima che tutti fossero in posizione. Ma anche in quel caos gli assalitori conquistarono rapidamente i piccoli fortini, mietendo 104 vittime e facendo 27 prigionieri. Metà delle abitazioni e delle guarnigioni vennero saccheggiate e rase al suolo, i raccolti distrutti e il bestiame ucciso, causando patimenti per fame e indigenza ai sopravvissuti. Fin dall’inizio, gli Indiani avevano agito indipendentemente e non sotto la direzione di Villieu. Sebbene questi li avesse imbeccati sul da farsi e accompagnati nell’azione, nondimeno non era lui a comandarli. In secondo luogo, gli Indiani concertarono fra loro dove esattamente attaccare. Sembra che il solo reale contributo di Villieu all’attacco fosse il mettere in guardia i guerrieri sul rischio che avrebbero corso se si fossero fermati sul luogo molto a lungo. Villieu era timoroso di venire sorpreso da soldati lanciati all’inseguimento per vendetta. Thury tenne una breve funzione religiosa, in cui chiese a Dio di ricompensare gli uomini a lui affidati per le loro azioni valorose. Il gruppo di spedizione si ritirò quindi su un colle vicino dove potè tranquillamente riposare fino al giorno dopo. Il mattino seguente, nel timore di un inseguimento da parte della milizia, il gruppo ritornò a Penacook. Non del tutto soddisfatti di quella vittoria troppo facile, sebbene fosse stata l’incursione più devastante effettuata dai Franco-Indiani nel New England nel corso della guerra, i Penobscot comandati da Taxous e Madockwando, insieme ad altri fra i migliori Norridgewock (una banda Kennebec) di Bomazeen, continuarono a seguire il sentiero di guerra discendendo il fiume Merrimac fino a Groton.
Dopo il successo dell’incursione su Oyster River, Claude-Sébastien di Villieu andò ad affiancare il governatore d’Acadia, Villebon, nel comando di Fort Nashwaak, capitale dell’Acadia.

Incursione contro Groton – scenario New England, Acadia e Terranova

Oyster River era stato attaccato principalmente dai due gruppi Abenaki dei Penobscot e Norridgewock, comandati dal sagamore (= sachem) Bomazeen. Vi era anche un contingente di Maliseet provenienti da Medoctec, agli ordini di Assacumbuit, che in maggioranza furono dissuasi dal partecipare all’attacco da Padre Simon-Gérard. A seguito del raid su Oyster River, i Nativi di Pentagoet comandati da Taxous e Madockawando si dimostrarono contrariati dallo scarso bottino e dallo scarso numero di prigionieri, per cui con 40 guerrieri compirono un percorso circolare e si diressero su Groton, nel Massachusetts, che attaccarono il mattino del 27 luglio 1694.
Esiste una deposizione, resa da Hezekiah Miles, resa il 31 maggio 1695 davanti al Consiglio di Boston, che descrive l’andamento dell’incursione.
Prima dell’attacco a Oyster River, gli Indiani fecero una riunione beneaugurante con danze e banchetti a base di carne di cane bollita. Gli attaccanti erano accompagnati dai Padri Bigot, gesuita e Thury, sulpiciano. Dopo la razzia, gli Indiani marciarono a sud ovest, verso Groton, a circa 70 miglia di distanza. Venne fatta l’ipotesi che la spedizione richiese tre giorni di cammino per i quaranta agili Abenaki, condotti dal capo Taxous. Verosimilmente, per impiegare quel tempo, gli Abenaki pagaiarono sul fiume Merrimac per avvicinarsi all’obiettivo. I guerrieri raggiunsero i sobborghi di Groton nelle ore serali del 26 luglio. Il breve ma sanguinoso assalto ebbe luogo alle prime luci del giorno dopo. La tradizione orale riferisce che il bestiame dei Longley venne liberato dal suo recinto e disperso in un campo di mais, allo scopo di predisporre un’imboscata. Il capo famiglia, disarmato, corse fuori per radunare i suoi bovini sparpagliati. William e Deliverance Longley vennero massacrati, come anche altri ragazzi (5, dice la tradizione). I loro corpi mutilati furono sepolti in fosse scavate frettolosamente nella proprietà.
Nel raid contro Groton furono uccise 20 persone e altre 13 vennero catturate, seguendo poi destini separati. Tra coloro che erano stati catturati vi erano una bambina neonata, Betty, il dodicenne John e la ventenne Lydia.

Nella fuga la bambina morì per assideramento. Venne sepolta sotto un masso in una zona imprecisata a nord di Groton. Per quello che riguarda la sorte di Lydia e John, una prigioniera di Oyster River, Ann Jenkins, offre un indizio. La sua testimonianza riporta che lei, assieme ad altri nove, erano stati rinchiusi nel villaggio di Penacook e tenuti sotto sorveglianza. Il gruppo di guerra che aveva assalito Groton tornò dopo nove giorni con 12 ostaggi presi in quella città, fra cui erano i fratelli Lydia e John Longley. Gli Indiani li presero tutti ventuno e, viaggiando per canoa e via terra, li portarono a Norridgewock, dove arrivarono in quindici giorni di viaggio. La Jenkins testimoniò anche che gli ostaggi rimasero in prigionia per parecchi mesi, divisi in piccoli gruppi, costantemente in movimento, finché finalmente gli Indiani li consegnarono al capitano March di Fort Pemaquid, eccetto Lydia e il fratello John. Da questo racconto sembra che i due fossero separati dagli altri e condotti in Canada. Da Norridgewock i fratelli Longley avevano viaggiato a piedi sotto sorveglianza. Durante questo viaggio penoso Lydia patì orribili sofferenze. Nelle parole di John Demos, questa esperienza radicalmente nuova potrebbe essere stata una specie di “iniziazione”, da parte degli Indiani, inserita in una “serie di lezioni culturali”. Certamente i prigionieri subirono grandi pene: l’assalto alla loro casa, la perdita dei loro cari e i rigori della “marcia” che seguì. Il cammino, infatti, era una specie di tortura, alla quale si doveva in qualche modo sopravvivere o morire. Se fossero sopravvissuti, si sarebbero resi conto degli esempi dell’impegno degli Indiani all’eguaglianza e alla condivisione, che pur sempre resisteva. Il cibo era diviso scrupolosamente, anche nei periodi di scarsità estrema.
Alla fine del viaggio, i Longley si trovarono in un mercato di scambio a Ville Marie (Montreal). Chiaramente vi era una commissione (vagamente descritta come “les Francais de Montreal”) che facilitava tali scambi, cercando i destinatari adatti. Nel caso di Lydia “…venne messa sotto la protezione della famiglia Le Ber.” Mentre John era stato portato velocemente in un villaggio indiano, i carcerieri di Lydia scambiarono il loro “bottino” con il suo “benefattore”, Jacques Le Ber. Questo benestante mercante di pellicce portò allora l’esausta prigioniera nella sua casa di Montreal. Le Ber era conosciuto a Montreal come “uno dei principali mercanti e uno dei più influenti abitanti della città”. Lui e sua moglie vendevano beni indifferentemente ai bianchi e agli indiani. Per una disputa sul controllo del commercio delle pellicce, era diventato un nemico dichiarato di La Salle. Per accrescere il suo rango, l’ambizioso imprenditore si comprò il prestigioso titolo di gentilehomme. Gli scopi affaristici di Le Ber non interferivano con l’atmosfera religiosa della sua casa. Ed invero fu là che maturò la straordinaria chiamata religiosa della figlia favorita Jeanne. Lei non scelse nessuna delle tre comunità allora esistenti a Montreal: né le Sorelle Orsoline, né le Sorelle di Hotel Dieu, né la congregazione di Notre Dame. Lasciò da parte i suoi pretendenti e rinunciò alle comodità della vita in famiglia. Scelse invece di vivere nel convento di Notre Dame come una reclusa, dietro l’altare della cappella. Prima che lei entrasse in clausura, Lydia e Jeanne, in un breve lasso di tempo, ebbero occasione di conoscersi bene, con la giovane donna riscattata che ebbe modo di dedicarsi ad un’intensa pratica religiosa.
Lidia Longley
Un prete di Montreal – Padre Henry-Antoine Meriel, che parlava l’inglese (una rarità) e che istruì e battezzò almeno 34 prigionieri – agevolò l’adattamento di Lydia al nuovo ambiente. I suoi concittadini sopravvissuti al massacro seppero che era ancora in vita più di un anno dopo l’incursione indiana. La prima volta che il suo nome apparve su un elenco di prigionieri (presente oggi negli archivi dello stato) fu nell’ottobre 1695. Vi si trova scritto che «“Lidey Langly” era fra i 42 rimasti ancora nelle mani dei Francesi in Canada.» Era la sola residente di Groton presente nell’elenco, tutti gli altri erano stati catturati a Oyster River e in altri villaggi del New Hampshire e del Maine.
Lydia, da perfetta ragazza puritana, nella prigionia si trasformò in una fervente cattolica fino a prendere i voti da monaca. Dopo il successo delle due incursioni su Oyster River e Groton, Claude-Sébastien de Villieu affiancò il governatore de Villebon quale comandante di Fort Nashwaak, capitale dell’Acadia.

Seconda battaglia di St. John – scenario New England, Acadia e Terranova

Nal 1696, quando la King William’s War era al suo settimo anno, D’Iberville salpò da Rochefort, nel sud ovest della Francia, diretto a Quebec, con l’intenzione di strigere d’assedio Pemaquid, roccaforte inglese del New England (oggi nel Maine). A Quebec imbarcò 80 uomini, fra soldati e volontari canadesi e procedette per Havre à l’Anglois (la futura Louisburg) a Cape Breton e prese a bordo 30 Mi’kmac; quindi ripartì per il fiume St. John. Giunto nelle vicinanze della Baia degli Spagnoli, D’Iberville venne a sapere che c’erano due vascelli inglesi nella Baia di Fundy e decise di provare a catturarli. Il 5 luglio, 140 Nativi delle tribù Mi’kmaq e Maliseet, con i francesi Jacques Testard de Montigny e Chevalier, si mossero dalla loro sede di Manawoganish e prepararono un’imboscata agli equipaggi di quattro vascelli inglesi. Infatti alcuni di loro erano venuti a riva con una grande barca per procurarsi legna da ardere. Un Indiano uccise cinque dei nove uomini del battello. I Mi’kmac incendiarono il vascello seguendo le direttive di Padre Florentine (missionario tra i Mi’kmac di Chignectou). Il 14 luglio, a cinque leghe dal fiume St. John, D’Iberville gettò l’ancora, sotto una fitta nebbia. Verso le due del pomeriggio la nebbia si diradò e le navi francesi poterono vedere sottovento due vascelli inglesi e una imbarcazione di supporto provinciale, che viravano verso il fiume St. John. Quando giunsero a distanza di una lega, gli Inglesi si accorsero dei vascelli francesi e si diressero contro di loro. Il comandante Simon-Pierre Denys de Bonaventure, capitano della Profond, mascherò le caratteristiche militari della nave, mantenendo in posizione di chiusura oblò e portelli finché non arrivò a tiro. Entrambe le navi inglesi aprirono il fuoco contro i vascelli francesi. Bonaventure fece aprire i portelli della Profond; gli Inglesi, accorgendosi che sarebbero stati superati nella potenza di fuoco, tentarono di fuggire. La Profond cercò di prendere il vento per sopravanzarli, mentre D’Iberville, sulla Envieux, la seguiva, combattendo col vento contrario.
D’Iberville, dalla Envieux, aprì il fuoco contro la fregata inglese Newport, guidata dal capitano Paxen, disalberandola. L’albero, cadendo all’indietro, piombò quasi sulla prua della Envieux, e ammainò la bandiera. D’Iberville la lasciò in custodia a de Bonaventure, che la fece portare fino al fiume St. John; lì la nave venne quasi persa tra le rocce dove si era incagliata. D’Iberville, sulla Envieux, continuò a dare la caccia alla nave più grande, la Sorlings, al cui comando c’era il capitano Eames. Il fuoco della nave francese pressava quella britannica, ma la notte e la nebbia fermarono il combattimento, che era durato tre ore, e la Sorlings riuscì a fuggire.
Il 15 luglio 1696, il giorno dopo la battaglia, D’Iberville entrò nel porto di St. John. Dopo aver scaricato i rifornimenti per la capitale dell’Acadia, Fort Nashwaak, il 2 agosto prese a bordo Padre Simon con ancora 50 Mi’kmac e fece vela verso Penobscot (oggi Castine, nel Maine). Mentre si trovava a St. John, fece riparare la Newport e poi la incluse nella sua flotta. A Penobscot, dove arrivò il 7 agosto, D’Iberville trovò ad attenderlo Villieu, Montigny, St. Castin con 25 Canadesi e 300 Indiani.
La Sorlings, dopo essere sfuggita ai Francesi, navigò verso Boston, dove nel porto trovò due navi da guerra inglesi e un vascello mercantile armato. Le quattro navi allora salparono verso est, per fornire assistenza nel previsto attacco francese contro Portsmouth. Durante la navigazione incontrarono la Envieux e la Profond vicino a Mount Desert, ma i Francesi riuscirono a sfuggire al combattimento.


Vascello francese del XVII secolo, della stessa classe della Profond

Seconda battaglia di Pemaquid – scenario New England, Acadia e Terranova

Per quasi tutto il XVII secolo, Pemaquid (oggi Bristol, nel Maine) rappresentò l’insediamento costiero più settentrionale del New England, mentre Pentagouet (oggi Castine, Maine) era l’abitato acadiano – quindi colonia francese – più meridionale. Nella King William’s War tutta l’area era divenuta un campo di battaglia dove Francesi e Inglesi conbattevano per ottenere il confine più favorevole ai loro rispettivi imperi. Già nel 1689 Pemaquid e il forte Charles (costruito dal governatore Andros nel 1677) erano stati messi a ferro e fuoco dal barone di St. Castin e dagli Abenaki, che nel forte e zone circostanti avevano causato 200 morti fra gli Inglesi. Nel 1692 gli Inglesi avevano riguadagnato il controllo della regione e Sir William Phipps aveva fatto edificare Fort William Henry in sostituzione di Fort Charles, per assicurare protezione al confine nord del New England. La ricostruzione del forte era stata effettuata sitto la direzione del capitano John March, con l’assistenza di Benjamin Church. Si trattava del forte più grande del New England e la sua costruzione – in pietra e malta – era costata un terzo del bilancio del Massachusetts. C’erano diciotto cannoni in corrispondenza di altrettante feritoie poste ad un’altezza da tre a sei metri dal terreno. Il comandante del forte era il capitano Pasco Chubb. Egli aveva violato un incontro che si era tenuto sotto la bandiera di tregua, uccidendo un certo numero di capi Abenaki che erano presenti, incluso il capo Aspinquid. Costui, un Penacook, era il “Sachem di tutte le tribù indiane del Distretto Nord del Nord America”. Si era convertito al cattolicesimo e aveva indotto alla conversione molti altri Nativi. Figura politica di rilievo, l’11 agosto 1693 aveva firmato un trattato col governatore del Massachusetts William Phips. Con la sua morte divenne un martire e venne canonizzato.
D’Iberville sapeva che, per conquistare il forte, sarebbe stato necessario un bombardamento con cannoni sia da terra che dalle navi da guerra. Condotta da Saint Castin, la nazione Abenaki si unì alle forze di D’Iberville a Pentagouet. Il 14 agosto D’Iberville guidò un’armata di 500 uomini all’assedio di Fort William Henry. 500 guerrieri discesero in canoa fino al forte, quindi lo circondarono, bloccando così gli Inglesi al suo interno. Questa mossa permise a D’Iberville, arrivato nel frattempo con tre navi francesi, di entrare in porto e scaricare a terra i cannoni. Il forte era stretto da assedio, ma il capitano Chubb rifiutava di arrendersi. L’assalto di prolungò fino al pomeriggio del giorno dopo, finché gli Inglesi si arresero. Nelle condizioni di resa, Chubb ottenne che i suoi uomini fossero scortati a Boston e scambiati con prigionieri francesi e indiani colà detenuti. D’Iberville uccise tre soldati e mandò a Boston gli altri 92. La vittoria di Pemaquid fu una delle più significative per i Francasi nel corso della guerra.
Chubb venne rintracciato dai Nativi due anni dopo nelle sua casa ad Andover e massacrato con tutta la sua famiglia.

Incursione contro Chignecto – scenario New England, Acadia e Terranova

Gli Acadiani di Chignecto, a seguito della vittoria di Pemaquid-Fort William Henry, avevano apposto sulla porta della loro chiesa un proclama che magnificava il successo delle armi francesi. In risposta alla sconfitta subita, il mese dopo Benjamin Church condusse una devastante incursione contro l’istmo di Chignecto. Church, con 400 uomini, un centinaio dei quali erano Indiani, presumibilmente Irochesi, giunse al largo di Chignecto il 20 di settembre. Quando si avvicinarono, Acadiani e Mi’kmac aprirono il fuoco contro di loro. Church perse un tenente e parecchi uomini di truppa.
Ma gli Inglesi riuscirono a sbarcare e a sopraffare gli Acadiani. Molti di loro fuggirono, mentre uno affrontò Church mostrandogli delle carte che dimostravano che nel 1690 gli Acadiani avevano sottoscritto un giuramento di fedeltà alla corona inglese. Curch rimase scettico, specialmente dopo che scoprì il proclama della vittoria di Pemaquid affisso sulla porta della chesa. Dal 20 al 29 settembre 1696 incendiò un certo numero di edifici, uccidendone gli abitanti e razziando tutti i loro beni e massacrò tutto il bestiame. Il governatore Villebon riferì che «gli Inglesi si fermarono a Baubassin (Chignecto) per nove interi giorni senza sbarcare nessun rifornimento dai loro vascelli e anche quei coloni verso i quali avevano mostrato una parvenza di pietà furono lasciati con le case e i granai vuoti, e nient’altro che i vestiti che indossavano.»
Il 29 settembre, Church e i suoi uomini si spostarono verso la foce del fiume St. John, dove catturò due Francesi e da loro venne a conoscenza che nelle vicinanze c’erano dei cannoni nascosti sotto terra; li fece disseppellire, dopo di che procedette verso Boston. Church, prima di partire, minacciò gli Acadiani di Chignecto di dure ritorsioni se avessero provocato sofferenze agli Inglesi del New England. Effettivamente sarebbe tornato nel corso della successiva Queen Anne’s War. A Passamaquoddy, il gruppo di Church incontrò il colonnello John Harton, che prese il comando dell’intera armata e si diresse verso il fiume St. John. L’intenzione era di risalire il fiume e porre sotto assedio la capitale dell’Acadia, Fort St. Joseph (Nashwaak, oggi Fredericton, nel New Bruswick).


Milizia acadiana pronta alla battaglia

Assedio di Fort Nashwaak – scenario New England, Acadia e Terranova

Fort Nashwaak era un fortilizio quadrangolare protetto da una palizzata di tronchi eretta fra il 1692 e il 1692 dal governatore Villebon, che aveva deciso di spostare la sede della capitale da Fort Jemseg poiché pensava che una sistemazione più a monte lungo fiume St. John sarebbe stata più protetta da eventuali attacchi. Battezzata da Villebon con il nome di Fort St. Joseph, la nuova capitale era posta sulla riva nord del fiume Nashwaak, alla sua congiunzione con il St. John. Il luogo offriva a Villebon ulteriori benefici di tipo strategico, essendo ubicato vicino a Meductic, capitale dei Maliseet, ed inoltre si trovava su un “portage” di un tradizionale itinerario di commercio.
Informato la prima volta il 1 ottobre che un brigantino inglese era entrato nel porto di St. John, il 5 ottobre Villebon mandò Neuvillette con cinque uomini a fare una ricognizione al confine meridionale lungo il fiume e a portare rifornimenti a Sieur Chevalier, che si trovava là. Il 9 ottobre Neuvillette informò Fort Nashwaak che sei vascelli inglesi erano entrati nel porto di St. John e avevano sbarcato 200 fra uomini di truppa e Indiani e che Chevalier era stato attaccato e sconfitto. Il 12 ottobre Neuvillette si avviò per la strada del ritorno a Fort Nashwaak, raccogliendo sette o otto soldati francesi riscattati dagli Indiani a Fort Nerepis (che più tardi divenne Fort Boishebert), che al momento era sotto attacco di forze inglesi. Gli Inglesi continuavano il loro cauto avvicinamento e il 16 ottobre furono avvistati da Neuvillette poco al di sotto di Jemseg. Avvertito, il governatore Villebon aveva preparato le sue difese. Qualche giorno prima, l’11 ottobre, aveva inviato richiesta a Padre Simon-Gérard de La Place di raccogliere i guerrieri Maliseet di Menductic per difendere il forte da un attacco. Padre Simon e l’acadiano Sieur de Clignancourt condussero 36 guerrieri Maliseet a Nashwaak. Villebon passò allora a perfezionare la difesa della posizione: preparò la zona di fuoco demolendo una casa che si sarebbe trovata nella linea di tiro, nascose un maggior quantitativo di polvere in depositi segreti e assegnò le posizioni agli uomini.
Il 18 ottobre le truppe inglesi giunsero in vista del forte e posizionarono tre cannoni (due vennero usati con una certa efficacia, mentre il terzo si rivelò inadatto alla funzione essendo stato posizionato troppo vicino all’obiettivo e soggetto al tiro dei moschetti della difesa di Villebon. Le forze di terra inglesi vennero radunate sulla riva sud del fiume Nashwaak. Pierre Maisonnat, detto Baptiste, era arrivato al forte il giorno prima con dieci Acadiani di St. John per difendere il forte e, nella circostanza dell’assedio, aveva unito le forze con i Maliseet di Meductic. Ci fu un intenso scambio di colpi di cannone per due giorni, con vantaggio del fuoco francese, essendo i suoi cannoni megio posizionati. In aggiunta a ciò, Sieur Clignacourt e Sieur Baptiste con i Nativi loro alleati contrastarono un gruppo di Indiani alleati degli Inglesi che stavano avanzando lungo il fume Nashwaak. Verso il mezzogiorno del secondo giorno di assedio, giunse da Quebec il Marchese de Falaise, che immediatamente rivolse le armi contro gli Inglesi. I Francesi riuscirono a mettere fuori combattimento un cannone inglese e, con l’incessante fuoco effettuato dal forte, a rallentare l’azione dell’unico cannone rimasto al nemico. Alla fine i “New Englanders” furono sconfitti (ebbero 8 morti e 17 feriti) ed abbandonarono la posizione, ritirandosi lungo il fiume. I Francesi continuarono a tormentare la ritirata nemica, facendo credere, con una sparatoria incessante, che gli Indiani li stessero inseguendo. I Francesi riportarono solo un morto e due feriti.
In risposta al fallito asedio di Church, l’acadiano René d’Amour e Padre Simon-Gérard condussero una spedizione di Maliseet contro il New England, ma sebbene fosse una delle più grandi armate di Nativi mai raccolta in Acadia, non ottenne grandi risultati.
Nel ritirarsi dall’assedio di Fort Nashwaak, gli Inglesi avevano abbandonato due imbarcazioni. Baptiste le adoperò per raggiungere Grand Pre. Una volta là, armò i vascelli e reclutò un equipaggio i cui membri erano tutti Acadiani, per condurre un’incursione discendendo la costa del New England. Nel marzo 1697 Baptiste catturò otto imbarcazioni da pesca inglesi a meno di quindici chilometri da Casco Bay. Nell’incursione Baptiste venne ferito tre volte, ma riuscì lo stesso a caturare i tre vascelli e a prendere molti prigionieri. Sulla scena arrivarono tre navi inglesi da guerra, ma Baptiste riuscì a sfuggire loro e a rientrare in salvo a Grand Pre con il suo bottino.

La campagna di Terranova – scenario New England, Acadia e Terranova

Nel 1662 Placentia venne scelta quale capitale francese di Terranova. St. John’s, sulla costa opposta, divenne la capitale non ufficiale degli Inglesi. Durante la King William’s War, la serie di attacchi portati a Placentia dagli Inglesi, nel 1690, 1692 e 1693, aveva reso i Francesi preoccupati per la possibilità di perdere le loro zone di pesca a Terranova. Nello stesso tempo, ancor più preoccupati erano sulla stessa salvezza delle loro colonie in Canada ed Acadia. Sapevano che chiunque controllasse Terranova poteva controllare il passaggio al Golfo di San Lorenzo. Il Golfo era la via principale per le loro colonie, per questo il suo controllo era così importante. I Francesi erano anche preoccupati della forza dell’economia inglese, che stava ricavando enormi ricchezze dall’attività della pesca. Se si fosse potuta indebolire questa attività, si sarebbe potuta indebolire l’Inghilterra.
La maggior parte delle notizie sulla campagna del 1696-1697 proviene dal diario scritto dall’Abate Jean Baudoin, che era un prete francese. Egli venne mandato a Terranova come cappellano delle truppe francesi. Prima di indossare la tonaca era stato un moschettiere e una delle guardie personali del re. Questo probabilmente è il motivo per cui era così interessato agli argomenti militari e scrisse così tanto sulla campagna di guerra.
Nel 1696 il governatore di Quebec, Frontenac, inviò Pierre Le Moyne D’Iberville a Terranova con un’armata di circa 124 fra Canadesi, Acadiani e qualche guerriero Abenaki. Aveva ordine di distruggere ogni insediamento inglese della penisola. Questa campagna era impostata con una strategia nuova, consistente in attacchi ai villaggi sia via terra che via mare. D’Iberville avrebbe attaccato da terra, Sieur de Brouillan dal mare. L’attacco agli insediamenti ideato da D’Iberville per via di terra fu pensato perché i villaggi portuali erano preparati solo ad assalti dal mare.


Le battaglie della campagna di Terranova

La campagna ebbe una brutta partenza. Si dava per scontato che Jacques-François de Monbeton de Brouillan, governatore di Placentia, agisse di concerto con Pierre Le Moyne. Invece, egli decise di cominciare i suoi attacchi prima che D’Iberville arrivasse a Placentia. Pensava che questo avrebbe fatto sì che ogni successo sarebbe stato attribuito al suo merito. Inoltre avrebbe preso per sé i beni razziati negli insediamenti inglesi. Così prese con sé una dozzina di armati dal forte di Placentia e 100 marinai che erano stati inviati dalla Francia in aiuto a D’Iberville e attaccò St. John’s. La presa di St. John’s fallì, ma Jacques-François attaccò Ferryland. Il mattino del 9 settembre, i residenti di Ferryland si svegliarono con una visione allarmante: all’orizzonte, emergente dalle profondità di uno spesso muro di nebbia, stava una piccola armata di navi francesi in assetto di guerra. Arrivati a tiro, i Francesi cominciarono il bombardamento della cittadina con continue bordate dei loro cannoni. Era cominciato l’assedio di Ferryland. D’Iberville arrivò il 10 novembre e con il suo decisivo supporto Ferryland fu conquistata, incendiata e saccheggiata. I 110 abitanti del posto fuggirono a Bay Bulls e cominciarono a eseguire opere di fortificazione.
Vi furono dissapori fra i due capi–spedizione francesi sulle azioni da intraprendere a questo punto: D’Iberville avrebbe voluto attaccare Carbonear con una flotta di canoe, dopo di che attraversate la Conception Bay e attaccare St. John’s per via di terra. Brouillan per prima cosa voleva attaccare St. John’s dal mare; inoltre avrebbe voluto che gli fosse stato assegnato anche il comando delle truppe portate da D’Iberville. I Canadesi presenti nella truppa dichiararono che se ne sarebbero andati nei boschi se Brouillan avesse preso il comando. Alla fine D’Iberville e Brouillan riuscirono a trovare un accordo: si sarebbero diretti a St. John’s, attaccando strada facendo gli insediamenti di Renews, Aquaforte, Bay Bulls e Petty Harbour. St. John’s sarebbe poi stata attaccata per via di terra. Dopo la presa di St. John’s, Brouillan sarebbe tornato a Placentia, mentre D’Iberville avrebbe preso il comando nei successive attacchi agli insediamenti inglesi.


L’attacco francese a Ferryland del 1696 – dipinto di Stewart Montgomerie, 1997

Il piano d’invasione francese procedette come da programma: vennero assalite Renew e Aquaforte; poi Brouillan e D’Iberville, usando le piccole imbarcazioni prese a Ferryland, il 12 novembre prese Cape Broyle e il 24 Bay Bulls, dove catturò anche una nave da carico da 100 tonnellate. Il 24 novembre, dopo una marcia di tre ore da Bay Bulls, D’Iberville incontrò il gruppo di 20 esploratori che aveva mandato per studiare il percorso di avvicinamento a St. John’s. Due giorni dopo, lungo il cammino i Francesi si imbatterono in un distaccamento di 30 soldati inglesi, dislocati sulla cima di una collina vicino a Petty Hatbour. Il 26 novembre D’Iberville ordinò la carica e il nemico si arrese immediatamente. D’Iberville e i suoi si impadronirono del piccolo porto, che si trovava a otto chilometri a sud di St. John’s. Alcuni coloni riuscirono a fuggire da Petty Harbour e si rifugiarono a St. John’s, dove avvisarono i residenti del pericolo. Mentre D’Iberville si avvicinava a St. John’s da Petty Harbour, i residenti della Waterford Valley andarono loro incontro per respingerli. Il 28 novembre a Burnt Wood e sulle Cime di Kilbride avvenne un’intensa battaglia. Degli 88 difensori inglesi ne morirono 34. Gli altri ruppero i ranghi e si ritirarono in tutta fretta a St. John’s. Mentre D’Iberville si avvicinava a St. John’s, i coloni inglesi si dispersero: molti fuggirono via mare, altri si rifugiarono nelle foreste. Un certo numero di coloni e soldati aveva cercato rifugio a Fort William. I Francesi posero sotto assedio il forte per tre giorni. Il 30 novembre il comandante inglese, governatore Miners, si arrese alla condizione che agli Inglesi fosse concesso di abbandonare St. John’s. 230 uomini, donne e bambini si imbarcarono su una nave e a tempo debito arrivarono a Darmouth, in Inghilterra. Ulteriori profughi (circa 80), annegarono quando la loro nave fece naufragio sulle coste della Spagna. Dopo aver distrutto e saccheggiato St. John’s, i Francesi distrussero Torbay e Portugal Cove. I prigionieri catturati dai Francesi vennero imbarcati e mandati in Francia o in Inghilterra, ma qualcuno morì in prigionia a Placentia. Scoppiarono dissidi interni fra de Brouillan e D’Iberville sulla spartizione del bottino e il 25 dicembre Brouillan salpò per Placentia. Il 2 gennaio 1697 i Francesi incendiarono 80 imbarcazioni nel porto di Portugal Cove.
L’obiettivo seguente furono i villaggi della Conception Bay. Il 14 gennaio 1797 D’Iberville e i suoi lasciarono Portugal Cove per via di terra, dirigendosi a sud lungo la Conception Bay e distruggendo ogni insediamento che incontravano lungo la strada. Al momento dell’arrivo a Harbour Main, le truppe erano esauste. I Canadesi e gli Abenaki avevano molta esperienza di campagne invernali, ma era difficile anche per loro spostarsi a piedi nella neve. Avevano le racchette ai piedi, ma scivolavano facilmente sul ghiaccio e le rocce. I loro prigionieri non avevano calzature da neve e i cannoni e l’equipaggiamento pesante ostacolavano l’avanzata. Inoltre la foresta di Terranova era molto fitta e anch’essa intralciava i movimenti. A Harbour Main i Francesi si impadronirono di alcune imbarcazioni del posto e compirono per mare i resto del viaggio verso Carbonear, saccheggiando per via l’abitato di Port de Grave. Qui presero tutte le armi che gli abitanti avevano abbandonato nella fuga. In quei giorni gli abitanti di Brigus, che avevano appreso dell’avvicinamento dei Francesi, chiesero loro se potevano arrendersi. Venne loro ordinato di recarsi a Carbonear, dove si sarebbero incontrati con i Francesi. La resa sarebbe stata accettata dietro consegna di tutte le armi e la promessa di non aiutare nessun’altra città a resistere contro i Francesi. Il 24 gennaio 1797, 200 residenti di Carbonear si rifugiarono nell’Isola di Carbonear, dove giunsero anche abitanti di Harbour Grace, Mosquito, St. John’s e altri porti minori.


Milizia franco-canadese verso il 1700

L’Isola di Carbonear ha alti dirupi ed è molto meglio difendibile del villaggio di Carbonear, per cui da qui i rifugiati si difesero con successo dall’attacco franco-indiano del 31 gennaio. Isola di Carbonear e Bonavista furono le sole località che D’Iberville non riuscì a conquistare. D’Iberville aveva solo 70 uomini, mentre i restanti erano dispersi in schermaglie locali, prendendo villaggi e prigionieri. I villaggi erano ormai allertati dell’arrivo dei Francesi.
L’Abbé Baudoin scrisse: «La costa di Conception Bay è molto più abitata e consolidata di quella che va da Renews a St. John’s, ma nelle case non troviamo niente, poiché la gente ha nascosto ogni cosa nei boschi e nelle isole della Baia prima che cadesse la neve, così non siamo in grado di scoprire le loro tracce.» L’armata prendeva o bruciava quello che trovava e poi si spostava.
Lasciata Carbonear, D’Iberville attaccò in successione Harbour Grace, Salmon Cove, Old Perlican, Bay de Verde, Hants Harbour, Scilly Cove, New Perlican e Heart’s Content. Ognuna di queste località venne razziata e incendiata, eccetto Old Perlican e Bay de Verde. In molti casi i pescatori locali erano fuggiti a Carbonear. L’11 febbraio D’Iberville tornò a Carbonear, frustrato perché non aveva potuto ancora conquistare l’Isola Carbonear e perché alcuni dei suoi erano stati catturati dai coloni Inglesi.
Il 18 febbraio avvene un tentativo infruttuoso di scambio di prigionieri. D’Iberville saccheggiò Brigus e Port de Grave, con gli insediamenti vicini. L’Isola Carbonear continuava a resistere, ma il 28 febbraio D’Iberville saccheggiò e incendiò l’insediamento evacuato di Carbonear, prima di andarsene. Dispose anche un distaccamento a Bull Arm, per tener d’occhio gli Inglesi di Trinity e della Conception Bay, dopo di che si attestò a Heart’s Content e da lì si mosse poi lungo la costa occidentale con un piccolo contingente, raggiungendo Placentia (Plaisance) il 4 marzo per ricevere notizie dalla Francia. Poi, a Bay Boulle, sul collo dell’istmo della penisola di Avalon, con un’operazione durata dal 18 marzo al 18 maggio, radunò il bottino di guerra, le sue truppe disperse sul territorio e circa 200 prigionieri. Vennero dislocati soldati in tutta la penisola di Avalon, per mantenerla in mani francesi. Per tutto il periodo dal 27 marzo al 19 aprile continuarono gli attacchi dal mare contro i restanti insediamenti inglesi. In questo periodo i Francesi attaccarono Trinity e incendiarono Old Perlican e Bay de Verde. Si facevano anche regolari spedizioni via terra da Heart’s Content verso Carbonear per molestare i rifugiati dell’Isola Carbonear.
Quindi D’Iberville si mise a predisporre piani per attaccare Bonavista, l’ultimo degli insediamenti inglesi a Terranova. Aspettò a Placentia per circa 50 giorni. Aveva richiesto che dalla Francia gli fossero inviati rinforzi per attaccare Bonavista. Ma, invece che più uomini, ricevette un messaggio da re Luigi XIV che gli ordinava di tornare nella Baia di Hudson, dove già aveva combattuto, perché gli Inglesi si erano impossessati di alcune importanti stazioni commerciali francesi e lui doveva riappropriarsene.
Re Luigi XIV
Con l’invasione di Terranova, D’Iberville aveva ucciso 200 coloni inglesi, preso 700 prigionieri, incendiato o consegnato alla marina francese 371 imbarcazioni e razziato 193.000 merluzzi essiccati. L’attività peschereccia inglese era stata devastata. D’Iberville non voleva lasciare Terranova, perché pensava che se fosse riuscito a rimanere, tutta Terranova sarebbe caduta sotto il controllo francese. Ciò avrebbe consentito una maggior protezione dell’Acadia e del Canada e avrebbe danneggiato gravemente l’economia inglese. Ma i suoi piani non dovevano realizzarsi: nell’estate del 1697, con un’armata di rinforzo di 1500 soldati, i coloni inglesi ritornarono alle loro città. Trovarono St. John’s e tutti i porti inglesi di Avalon abbandonati, saccheggiati e con gli edifici distrutti. Lentamente cominciarono a ricostruire. Il governo inglese creò una difesa militare permanente a Terranova. In precedenza non avevano costruito fortificazioni né disposto guarnigioni nell’isola di Terranova, poiché era considerata una base stagionale per la pesca. La devastante campagna di D’Iberville aveva dimostrato a che minaccia era sottoposta la colonia, scarsamente difesa. L’anno seguente cominciò a Fort William la costruzione di fortificazioni concepite in maniera scientifica.

Incursione su Haverhill – scenario New England, Acadia e Terranova

Il 15 marzo 1697, dietro ordine del governatore generale della Nuova Francia, Louis de Nuade de Frontenac, il piccolo paese di frontiera di Haverhill (in origine: Pentucket) nella provincia del Massachusetts, venne attaccato da Francesi, Algonchini e Abenaki. Nell’incursione 27 coloni furono uccisi e 13 furono catturati; sei case vennero incendiate. L’episodio divenne famoso per il racconto che Hannah Dustin (o Duston o Dustan) fece della sua prigionia e fuga.
La casa dei Dustin, ubicata all’estremità nord occidentale dell’insediamento, fu la prima ad essere attaccata. Hannah Dustin venne catturata assieme alla sua bambinaia, la vedova Mary Neff, e portata nel New Hampshire. Con gli Indiani viaggiava anche un ragazzo, Samuel Lenorson, che era stato catturato a Worcester due anni prima. Questi divenne amico delle due donne e con loro fu portato a Contoocook Island, mentre gli altri prigionieri di Haverhill venivano portati in Canada. Il racconto che segue è desunto dalle memorie di Hannah Dustin.
Nel 1697 Thomas e Hannah Dustin vivevano in una casa situata sulla riva occidentale del fiume Sawmill, nella cittadina di Haverhill. In vent’anni di matrimonio avevano ottenuto prosperità materiale e avevano avuto 12 figli, otto dei quali viventi. Naturalmente c’era sempre la paura degli Indiani. Ma fino al momento della cattura di Jonathan Haynes e dei suoi quattro figli, avvenuta nell’agosto dell’anno precedente mentre raccoglievano piselli in un campo a Bradley’s Mills, vicino a Haverhill, non era accaduto nulla e le apprensioni per altri eventuali attacchi si erano gradualmente spente. Inoltre, a meno di un miglio da Pecker’s Hill, c’era la guarnigione di Onesiphorus Marsh, una delle sei dislocate in città, che contava su un piccolo numero di soldati. Si riteneva, insomma, di poter essere abbastanza tranquilli. Ma era solo una falsa sicurezza. Il Conte di Frontenac, governatore coloniale del Canada, usava ogni mezzo a disposizione per incitare gli Indiani contro gli Inglesi, come parte del piano per acquisire il Nuovo Mondo alla Francia e in mancanza di rinforzi dalla madrepatria, che aveva tutte le truppe impegnate nella guerra in Europa.
Così, per mezzo della propaganda e dei doni, il governatore francese aveva associato le tribù alla causa francese ed erano state stabilite ricompense per la consegna di scalpi o prigionieri inglesi. Ogni banda di Indiani in movimento era determinata a conquistare la sua parte e, anche ora, una simile banda si trovava nei boschi di Haverhill, preparando un’incursione fulminea contro la città alle prime luci dell’alba. La donne e i bambini erano stati lasciati nella foresta a guardia delle loro cose, mentre i guerrieri avanzavano furtivamente verso la casa di Thomas e Hannah Dustin, la prima ad essere attaccata. Era ancora presto, il mattino dopo, quando Thomas, al lavoro nelle vicinanze di casa, notò l’avvicinarsi degli Indiani. Afferrando subito il fucile saltò a cavallo e corse verso la casa, gridando per dare l’allarme; i bambini corsero verso la guarnigione (che era probabilmente quella di Onesiphorus March), mentre lui si precipitò in casa nella speranza di salvare la moglie e il bambino piccolo. Ben presto si rese conto che era troppo tardi e, senza dubbio spinto da Hannah, corse dietro gli altri figli, pensando di salvarne almeno uno. Nel sorpassarli si rese conto che non avrebbe potuto sceglierne uno, per cui decise che, se possibile, li avrebbe salvati tutti. Un piccolo numero di Indiani si era posto all’inseguimento del gruppo dei piccoli fuggitivi, sparando loro addosso da dietri gli alberi e le rocce, ma Thomas, smontando da cavallo e voltosi all’indietro, respinse i Nativi facendosi scudo del cavallo e minacciandoli col fucile ogni volta che uno di loro si esponeva. Se avesse scaricato il fucile lo avrebbero circondato in un attimo, poiché ricaricare richiedeva un tempo abbastanza lungo. Il suo tentativo ebbe successo, poiché tutti raggiunsero felicemente la guarnigione, con il più grande dei figli che sollecitava gli altri e probabilmente li trasportava per qualche tratto. Nel frattempo nella casa si assisteva a una scena paurosa: la bambinaia, Mrs. Neff, fu catturata facilmente mentre tentava di mettere in salvo il piccino. Invadendo la casa, gli Indiani obbligarono Hannah ad alzarsi e a vestirsi.


Thomas Dustin (o Duston) protegge la fuga dei bambini

Seduta disperata vicino al camino, li vedeva rovistare per tutta la casa in cerca di tutto ciò che potevano portare via; poi fu trascinata fuori, senza una scarpa, mentre loro incendiavano la casa. Un gruppo di Indiani prese Hanna e la signora Neff, che teneva il bambino in braccio, e le portarono verso i boschi, mentre il resto della banda, congiungendosi con quelli che avevano inseguito Thomas e i ragazzi, attaccò le altre case del villaggio, uccidendo 27 abitanti e catturandone 13. Accortosi che la signora Neff cominciava a faticare a tenere il bambino in braccio, uno degli Indiani strappò dalle braccia della donna e, davanti agli occhi inorriditi della madre, gli spaccò la testa contro il tronco di un albero. Gli Indiani, costringendo le due donne a camminare al massimo della velocità, alla fine raggiunsero i boschi e si riunirono alle squaw e ai bambini che avevano lasciato indietro la notte prima. Qui vennero poi raggiunti dal resto del gruppo col bottino e altri prigionieri. Temendo un pronto inseguimento, gli Indiani si avviarono subito verso il Canada. Qualcuno dei prigionieri più deboli venne ucciso con un colpo alla testa e scalpato ma, nonostante le sue condizioni, poveramente vestita e parzialmente calzata, Hannah, assistita senza dubbio dalla signora Neff, riuscì a riprendersi e riferì dopo di aver marciato, quel giorno, “per circa una dozzina di miglia”, un’impresa notevole. Nei giorni successivi percorsero circa un centinaio di miglia attraverso una solitudine selvaggia ininterrotta, seguendo sentieri irregolari, in posti ancora coperti dalla neve invernale, talvolta sprofondati nel fango e attraversando ruscelli ghiacciati, mentre pietre aguzze laceravano i loro piedi coperti a metà e i loro corpi scarsamente vestiti soffrivano per il freddo. Fu un viaggio terribile. Vicino alla congiunzione dei fiumi Contoocook e Merrimack, dodici degli Indiani, due uomini, tre donne e sette bambini, presero con loro Hannah, la signora Neff e un ragazzo di 14 anni, Samuel Lennardson (che era stato preso prigioniero nei pressi di Worchester circa 18 mesi prima), laciarono il corpo principale della spedizione e procedettero verso vicino l’attuale città di Penacook, per raggiungere un posto che oggi si chiama Dustin Island. Qul posto era stato scelto per effettuare una sosta di qualche giorno, prima di proseguire il lungo viaggio verso il Canada.
Questi Indiani erano una famiglia, convertita in passato dai sacerdoti francesi, ed aveva l’abitudine di recitare le preghiere tre volte al giorno – mattino, mezzogiorno e sera – e di norma non permetteva ai bambini di mangiare o andare a dormire senza aver detto le preghiere. Il precettore di Hannah, che aveva vissuto nella famiglia del reverendo Rowlandson di Lancaster (la moglie, Mary Rowlandson era stata catturata dagli Indiani durante la Guerra di Re Filippo e aveva poi scritto un libro sulla sua esperienza), qualche anno prima le aveva detto che «quando pregava alla maniera inglese pensava che fosse una cosa buona, ma trovava che il modo francese fosse migliore.» Comunque essi tentarono di impedire alle donne di pregare, ma senza successo, perché quando erano impegnati nelle mansioni assegnate dal capo gruppo, le donne avevano molte opportunità di pregare.
Mentre il lungo viaggio continuava, Hannah pianificava segretamente la fuga, da effettuarsi alla prima occasione, spaventata dai racconti con cui gli Indiani avevano intrattenuto le prigioniere lungo la marcia, prospettando loro il trattamento cui sarebbero state sottoposte una volta arrivate in Canada: spogliate e sottoposte alla corsa sotto i bastoni (“running the gauntlet”); schernite, picchiate e fatte bersaglio dei tomahawk dei giovani Indiani; e poi quanti prigionieri inglesi erano svenuti sotto queste torture e come spesso essi fossero venduti come schiavi ai Francesi. Queste storie, aggiunte al suo desiderio di vendicare la morte del suo bambino e i maltrattamenti subiti durante la marcia, resero più forti i suoi propositi di vendetta. Quando apprese dove erano diretti, un piano ben preciso prese definitivamente forma nella sua mente, e venne comunicato segretamente alla signora Neff e a Samuel Lennardson. Crescendo, Samuel si era stancato di vivere fra gli Indiani e la presenza delle due donne aveva acuito la sua nostalgia di casa. Il giorno dopo, come per caso, chiese al capo banda, Bampico, in che modo avesse ucciso gli Inglesi. “Colpendoli qui”, disse Bampico toccandosi la tempia e quindi procedendo a mostrare al ragazzo come prendere uno scalpo. Questa informazione fu comunicata alle due donne ed esse si accordarono rapidamente sul dettagli del piano. Arrivarono all’isola prima del 30 marzo 1697.
Dopo aver raggiunto l’isola, gli Indiani cominciarono a diventare meno attenti. Il fiume era in piena. Samuel era considerato uno della famiglia e le donne sembravano troppo indebolite per tentare una fuga, per cui la notte non venne messa nessuna sentinella e gli Indiani si addormentarono profondamente. Hannah decise che il momento era arrivato. Poco dopo mezzanotte svegliò la signora Neff e Samuel. Ognuno di loro, armato di tomahawk, strisciò silenziosamente in una posizione vicina alla testa degli Indiani che dormivano – Samuel vicino a Bampico e Hannah al capo. Ad un segnale di Hannah i tomahawk colpirono e compirono il loro compito di distruzione così rapidamente e con sicurezza che, dei dodici Indiani, dieci furono uccisi sul colpo e solo due – una squaw seriamente ferita e un ragazzo che intendevano prendere prigioniero – riuscirono a fuggire nei boschi.
Una testimonianza del 1739, resa da una certa Hannah Bradley recita: «…la notte successiva arrivò una squaw che raccontò che Hannah Dustin e la sopraddetta Mary Neff collaborarono nell’uccidere gli Indiani del suo wigwam, eccetto lei stessa e un ragazzo, sfuggiti per un pelo alla morte, mostrando a me e agli altri sette ferite che disse esserle state inferte alla testa con un’ascia…». Ammassando in fretta cibo e armi in una canoa, compreso il fucile del capo e il tomahawk con cui Hannah lo aveva ucciso, le due donne affondarono le altre canoe e discesero lungo il fiume Merrimak. Rendendosi conto che senza prove la loro storia sarebbe sembrata incredibile, Hannah decise di ritornare sull’isola a scalpare le loro vittime; avvolsero i loro trofei in una stoffa che Hannah aveva tagliato dal suo telaio al momento della cattura, e di nuovo si avviarono lungo il fiume, alternandosi nella guida della fragile imbarcazione mentre gli altri dormivano. Così, navigando di notte e riposando di giorno, alla fine raggiunsero la casa di John Lovewell a Dunstable, che oggi fa parte di Nashua (New Hampshire).


Hannah Dustin – dipinto di Junius Brutus Stearns

Presso questa abitazione passarono la notte. Il mattino dopo il viaggio riprese e gli esausti viaggiatori approdarono alla fine con la loro canoa a Bradley’s Cove, dove il Creek Brook si getta nel Merrimak. Continuando il viaggio a piedi, alla fine raggiunsero la salvezza a Haverhill. Thomas Dustin accolse la moglie e gli altri nella nuova abitazione che stava costruendo al tempo del massacro e che ora era stata completata. Qui i reduci dalla fuga riposarono per qualche giorno. La paura provocata dal massacro aveva indotto subito Haverhill a costruire nuove case forificate. Una di queste era appunto la casa in mattoni costruita da Thomas per la sua famiglia.
Nel 1694 era stata stabilita una taglia di 50 sterline per la consegna di scalpi indiani, somma poi ridotta a 25 sterline nel 1695 e revocata completamente il 16 dicembre 1696. Hannah aveva impiegato del tempo prezioso per prendere gli scalpi agli Indiani uccisi. La spiegazione data talvolta in seguito, che temeva che la sua storia non sarebbe stata creduta senza prove, è palesemente falsa. Tant’è vero che Thomas Dustin pensava che l’azione delle due donne e del ragazzo fosse stata un atto di gran valore nel distruggere i nemici della colonia, quelli che avevano ucciso donne e bambini, e decise che la taglia dovesse essere in tutti i casi richiesta. Così portò le due donne e il ragazzo a Boston, dove arrivarono con i loro trofei il 21 aprile 1697. Qui Thomas depositò una petizione al Governatore e al Consiglio. Lo stesso giorno la Corte Generale votò il pagamento di una taglia di 25 sterline a favore di Thomas Dustin di Haverhill per conto di sua moglie Hannah, e di 12 sterline e 10 scellini ciascuno a favore di Mary Neff e di Samuel. Mentre era a Boston , Hannah raccontò la sua storia al reverendo Cotton Mather, la cui mente morbosa rimase scossa nel profondo. Egli attribuì alla sua fuga la natura di miracolo e ne fece in Magnalia Christi Americana una descrizione straordinaria, sebbene corretta nei fatti e corroborata dalle prove. La studiosa Kathryn Whitford nota che gli stessi Abenaki non si vendicarono di Hannah, sebbene ne avessero l’opportunità, e conclude dicendo che «sembra quasi che gli Indiani riconoscessero che loro e Hannah affrontassero lo stato di guerra sul confine con lo stesso spirito e che non le portassero alcun rancore».

Battaglia di Hudson’s Bay – Scenario di Hudson Bay

La nave ammiraglia di Pierre Le Moyne d’Iberville, la Pélican, armata di 44 cannoni e con 150 uomini d’equipaggio, faceva parte di una grande squadra navale francese dispiegata nella Hudon’s Bay per contrastare agli Inglesi il controllo della baia. Serigny comandava la Le Profond, una fregata da 32 cannoni; Boisbriant era al comando della fregata Le Vesp, che contava su più di venti cannoni; poi c’era la fregata Le Palmier, comandata da Joseph Le Moyne de Serigny, anche questa con più di venti cannoni; infine l’ Esquimaux, un brigantino che fungeva da nave appoggio, con 10-12 cannoni, comandata da Jean Outelas. Una cronaca riporta che quest’ultima nave rimase stritolata dai ghiacci.
Prima dello scontro con gli Inglesi, la Pélican rimase separata dal resto della squadra francese a causa di una fitta nebbia, ma D’Iberville decise di andare avanti. Navigando verso sud, la Pélican approdò al posto commerciale di York Factory e venne fatto sbarcare un gruppo di soldati per esplorare il forte. Il capitano D’Iberville rimase a bordo del Pélican. Ad un certo punto furono avvistati gli alberi e le vele di navi che si stavano avvicinando. Pensando che stesse arrivando il resto della sua squadra navale, salpò per andarle incontro. D’Iberville si accorse che i vascelli non erano francesi, ma che si trattava invece di una squadra inglese, solo quando un colpo di cannone sparato da quelle navi forò la prua del Le Pélican. La flotta inglese comprendeva la nave Hampshire, sotto il comando del capitano Fletcher e dotata di 50 cannoni; la Royal Hudson’s Bay, del capitano Nicholas Smithsend, che montava 32 cannoni e la Dering, con 36 cannoni e comandata dal capitano Grimington. La “fireship” Owner’s Love (la “fireship” era una nave stipata di materiale infiammabile da introdurre in mezzo alla flotta nemica per provocare, incendiandola, il maggior danno possibile), anch’ essa facente parte della spedizione, rimase imprigionata e stritolata dai ghiacci all’inizio del passaggio dello stretto della Baia di Hudson.
D’Iberville decise di dare battaglia. Lo scontro cominciò con un cannoneggiamento ruggente ma, dopo circa due ore e mezza, D’Iberville lanciò i suoi all’arrembaggio e tra la Pélican e la Hampshire ebbe luogo un brutale scontro fianco contro fianco. Sembrava che gli Inglesi potessero avere la meglio, con molti membri dell’equipaggio del Pélican che si lanciavano in acqua.


Una “fire ship” lanciata contro una nave nemica


La Pélican e la Hampshire a distanza ravvicinata nella battaglia di Hudson’s Bay

Il capitano Fletcher richiese la resa a D’Iberville, ma questi si rifiutò. Si dice che Fletcher stesse sollevando un bicchiere di vino per brindare al valore di D’Iberville, quando un colpo sparato dal fianco della Pélican colpì il deposito delle polveri della Hampshire. La Hampshire esplose e affondò.
Sembra che la Hudson’s Bay e la Dering avessero giocato un limitato ruolo di supporto nella parte finale dello scontro. La Hudson’s Bay era danneggiata e consegnò la bandiera alla Pélican subito dopo l’affondamento della Hampshire.
La Dering si defilò dalla battaglia e fuggì, ma la Pélican era troppo danneggiata nella battaglia per porsi all’inseguimento. Con una falla sotto la linea di galleggiamento, la Pélican dovette essere abbandonata. Le altre tre navi della squadra francese arrivarono al momento dell’evacuazione del Pélican. A seguito degli scontri che avvennero nei giorni seguenti, gli Inglesi dovettero cedere tutti i forti della Baia di Hudson, con la resa del 13 settembre 1697. Si era trattato della più rapida e brillante campagna di guerra di D’Iberville.

La fine della guerra

Il Trattato di Ryswick, firmato nel settembre 1697, pose fine alla guerra fra le due potenze coloniali, riportando i confini allo status quo d’ante guerra. Le spedizioni di Quebec e Port Royal erano state le sole grandi offensive del New England in tutta la King William’s War; per il resto della guerra i coloni inglesi furono soprattutto impegnati in operazioni difensive, schermaglie e incursioni di ritorsione.
Le Cinque Nazioni irochesi soffrirono per la debolezza dei loro alleati inglesi. Nel 1693 e 1696 i Francesi con i loro alleati nativi avevano devastato i villaggi irochesi e distrutto i campi coltivati, mentre i coloni di New York assistevano senza intervenire. Dopo la firma della pace tre Francesi e Inglesi nel 1697, gli Irochesi, ora abbandonati dai coloni inglesi, restarono in guerra con la Nuova Francia fino al 1701, quando venne stipulato un trattato di pace a Montreal tra Nuova Francia e un grande numero di bande irochesi e di altre tribù.


Francobollo celebrativo della “Grande Pace” di Montreal – 1701

Il Trattato di Ryswick era insoddisfacente per i rappresentanti della Hudson’s Bay Company: dal momento che la maggior parte dei posti commerciali nella Baia di Hudson erano caduti in mano francese prima dell’inozio della guerra, la clausola di status quo ante bellum significava che essi rimanevano sotto il controllo francese. La Compagnia recuperò i suoi territori al tavolo dei negoziati quando il Trattato di Utrecht pose fine alla successiva Qeen Anne’s War.

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