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Storia dei popoli del Nord-America – 2

A cura di Claudio Ursella
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (ultima).


IL PRIMO AMERICANO

Come è noto il termine “indiani”, con cui furono denominati gli abitanti del Nuovo Mondo, fu conseguenza dell’equivoco di Cristoforo Colombo, convinto di essere approdato in quell’ottobre del 1492, sulle coste agognate del Catai o di Cipango, i nomi allora in uso per la Cina e il Giappone, le Indie lontane del tempo; d’altra parte quell’equivoco è forse in qualche modo giustificabile, non solo a causa delle conoscenze geografiche del tempo, ma anche e soprattutto per le caratteristiche morfologiche comuni a tutti i nativi americani, che certo in qualche modo ricordano le popolazioni asiatiche.
Capelli lisci e corvini, scarsa o assente peluria sul viso e sul corpo, colorito più scuro della pelle e spesso un taglio d’occhi leggermente a mandorla, sono elementi comuni in tutto il continente americano, così come nell’est asiatico, dalle Filippine alla Siberia orientale. D’altra parte altri elementi sono assolutamente caratteristici delle popolazioni americane, come un naso prominente e spesso aquilino, difficilmente riscontrabile tra le popolazioni asiatiche e in particolare fra quelle di tipo mongolico, o la statura che presso alcuni popoli era mediamente più elevata, di quanto non sia riscontrabile tra i popoli asiatici; in realtà le differenze fra nativi americani e popoli mongolici sono abitualmente evidenti, salvo il caso degli abitanti del Canada occidentale e delle regioni artiche, il cui arrivo sul continente fu sicuramente più tardo, e le cui relazioni con l’estremo oriente asiatico più recenti. Altrettanto evidenti sono le differenze tra i diversi popoli nativi, differenze che forse furono successive alla colonizzazione del nuovo continente, ma che potrebbero essere già state presenti al tempo in cui i primi gruppi si spinsero in Beringia. D’altra parte a tutte queste differenze, fa da contraltare la sostanziale omogeneità dei gruppi sanguigni, riscontrabile fra gli indiani, gruppi sanguigni che in larga parte non coincidono con quelli presenti tra le popolazioni asiatiche.

In effetti l’attuale prevalente diffusione nell’oriente asiatico del tipo mongolico, è sicuramente successivo all’epoca del primo trasferimento di gruppi umani in America, mentre in in tempi più remoti probabilmente diversi tipi umani, con più variazioni intorno a caratteristiche comuni, colonizzarono le regioni asiatiche a partire dalle regioni meridionali, viaggiando dall’Africa occidentale, lungo le coste dell’Oceano Indiano. In questo primo flusso migratorio, non erano certo individuabili i caratteri che oggi distinguono la maggior parte delle popolazioni asiatiche, ed anzi è possibili che tali caratteri non fossero ancora definiti, e che le differenziazioni a noi oggi palesi, tra popoli caucasici, africani, asiatici ecc… non fossero ancora emerse. Considerando che le regioni siberiane sono ancora oggi abitate da popoli di stirpe turca, e che ancora oggi vive nel nord del Giappone e nell’estremo oriente siberiano, la supestite popolazione degli Ainu, gruppi sostanzialmente diversi dal prevalente tipo mongolico, possiamo immaginare che una diversificata varieta di tipi umani in epoche remote abitasse le regioni asiatiche da cui prese le mosse la colonizzazione dell’America; non mancano poi le ragioni per individuare somiglianze tra alcuni popoli nativi americani e le popolazioni del sud est asiatico, popolazioni che fanno parte dello stesso antico flusso migratorio.
Da queste popolazioni asiatiche, non necessariamente mongoliche, a più riprese e nel corso di millenni, piccoli gruppi si staccarono per spostarsi sempre più a est, raggiungendo la Beringia, fino a produrre con il tempo e l’isolamento il tipo umano o i tipi umani da cui successivamente evolvettero tutti i differenti tipi di nativi americani. Probabilmente fu la Beringia la patria del primo americano, fu in quella terra che nel corso dei millenni, le caratteristiche comuni a tutti i nativi, a partire dal limitato numero di gruppi sanguigni, si selezionò. L’uomo che giunse in America quindi aveva già caratteristiche specifiche e diverse dai suoi parenti asiatici, e per quanti cambiamenti e variazioni si siano prodotti nel corso delle migrazioni, delle divisioni e dell’isolamento di singoli gruppi, i nativi americani sono riconducibili ad una sostanziale omogeneità, più di quanto accade per i popoli di altri continenti.
Una maggiore affinità con il tipo umano mongolico attualmente prevalente in Asia orientale, si riscontra invece tra le popolazioni di lingua Na Dene del Canada occidentale e soprattutto fra gli Inuit della regione artica, il cui arrivo in America è sicuramente più recente. Pur mancando riferimenti precisi, si ipotizza che le genti Atapaskan e gli altri gruppi Na Dene, giunsero in America dopo la fine dell’era glaciale, forse verso l’8.000 a.C., in ogni caso prima della definitiva sommersione della Beringia. Ancora successivo fu l’arrivo degli Inuit, non più di 5.000 anni fa, quando il ponte di terra era ormai sommerso, ma di cui essi potevano fare a meno, avendo già i mezzi e le tecnologie, che permettevano la navigazione attraverso piccoli bracci di mare. Gli Inuit, che giunsero a colonizzare tutta la zona settentrionale del continente, fino alle lontane coste di Terranova, sono ancora oggi presenti nell’estremo est siberiano.

Ciò che è certo è che il grande numero di variazioni morfologiche, intorno a pochi elementi comuni, è così variamente distribuito e mescolato, da rendere difficile se non impossibili la ricerca di un “primo americano” da cui far discendere un’ordinata successione di popoli di colonizzatori del nuovo continente. In America, come nel vecchio mondo, i millenni hanno visto i diversi popoli migrare e confliggere, fondersi e scomparire, lasciando alla fine un panorama di popolazioni, in cui la maggiore o minore condivisione di determinate caratteristiche morfologiche, è irrilevante in rapporto alla quantità dei fattori culturali condivisi. Così la ricerca di un “primo americano” non può seguire le improbabili piste della “razza”, ne d’altra parte può affidarsi alla ricerca di una cultura primordiale, dato che i popoli con la cultura più “arcaica” non sono necessariamente quelli di più antico stanziamento; le genti di lingua Atapaskan del Canada occidentale e dell’Alaska, sono quelle che, anche per ragioni ambientali, possono forse darci un’immagine più vicina al vero del “primo americano” dell’era glaciale, ma in realtà sono anche quelle la cui immigrazione è sicuramente più recente. In realtà ogni cultura è frutto di un tempo e di un luogo, anche se in ogni cultura c’è almeno un elemento che è scarsamente influenzato dal luogo e solo parzialmente dal tempo: tale elemento è la lingua, che un popolo può portare con se relativamente immutata nel tempo, a prescindere dal luogo, e in buona misura da ogni altro cambiamento di natura economica o sociale. Così il primo e più antico tra gli elementi della cultura umana, la lingua, la capacità di evocare con un suono, un oggetto o un concetto, può passare attraverso i millenni senza modificarsi del tutto, e nella radice di un verbo o di un nome, accendere un pallido lumicino sui millenni più oscuri.