- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

Alabama 30 agosto 1813, il massacro di Fort Mims

A cura di Renato Ruggeri


Una scena del massacro di Fort Mims
I Creek erano un popolo numeroso e potente che abitava le fertili pianure dell’Alabama e della Georgia, tra verdi colline e boschi di noci americani, aceri e querce. Le loro città, o talwas, si trovavano sulle rive dei fiumi e erano circondate da campi coltivati a mais, zucca, fagioli e patate dolci.
Il termine Creek non aveva, però, alcun significato per i nativi del sudest americano nel diciottesimo secolo.
La parola Muskogee, la preferita tra gli storici e gli antropologi, deriva da una parola algonchina che significava, probabilmente, “popolo delle terre umide o paludose”.
Il nome Creek fu usato, per la prima volta. alla fine del 1600 dai mercanti inglesi del South Carolina per indicare gli Indiani che vivevano presso il fiume Ochese in Georgia, gli Ochese Creek, appunto.
Negli anni successivi gli Inglesi estesero il termine a tutti i popoli della Georgia e dell’Alabama che non erano Cherokee, Choctaw o Chickasaw. Secondo gli storici all’inizio del 1700 la nazione Creek (anche se il termine nazione era, allora, sconosciuto ai nativi) era composta da un centinaio di gruppi autonomi che abitavano circa 80 città.
Gli Inglesi distinguevano gli Upper Creek, che vivevano in Alabama vicino ai fiumi Coosa e Tallapoosa, dai Lower Creek che risiedevano più a est, in Georgia, presso i fiumi Chattahoochee e Flint.
I due gruppi seguivano, spesso, politiche differenti. I Red Sticks, i Bastoni Rossi favorevoli alla guerra, avrebbero trovato un gran seguito tra gli Upper Creek, che avevano meno contatti con i bianchi e vivevano in modo più tradizionale proprio a causa della loro collocazione geografica. a differenza dei White Sticks che volevano vivere in pace con i bianchi e adottare il loro sistema di vita.
I Creek, o Muskogee, erano una confederazione o, meglio, un’aggregazione di popoli che parlavano linguaggi differenti.


Un villaggio di indiani Creek

Tra i Muskogee che si esprimevano in Muskogean o lingue correlate vi erano gli Abihkas, considerati come i guardiani della frontiera settentrionale, che vivevano nella valle del fiume Coosa, al confine coi Cherokees.
Nella loro città più importante, Aubecoochee, era conservato un antico tamburo che, si dice, fosse appartenuto a un soldato della spedizione di Hernando de Soto.
A sud degli Abihkas vivevano i Coosas. La loro talwa più famosa era Ocheaupofau o Hickory Ground, adagiata su una fertile pianura sulla riva orientale del fiume Coosa. Durante la guerra Creek del 1813-14, questa città, che rivestiva un ruolo di grande importanza religiosa fu, per l’esercito americano, il principale obbiettivo da distruggere.
Tra i fiumi Coosa e Tallapoosa si estendeva una regione di basse colline e innumerevoli corsi d’acqua dove si erano insediati tre gruppi Muskogee: gli Hillabee, i Wakoka e gli Eufaula
Hillabee sorgeva su un fiume con lo stesso nome, circa a un miglio dal Fiume Tallapoosa, Eufaula si trovava sul lato occidentale del fiume Tallapoosa, in una regione di verdi colline coperte da foreste di pini.
Un po’ più a ovest vi era Wakoka su un fiume che si gettava nel Coosa river.
Sulla riva del fiume cresceva del muschio salato e si diceva che i cavalli portati da Wakoka in altre parti della nazione erano così ghiotti di questo muschio che, se riuscivano a fuggire dai loro proprietari, percorrevano grandi distanze per tornare al fiume e nutrirsi di questa succulenta vegetazione.
Sul basso Tallapoosa sorgevano tre delle principali talwas Muskogee. La più settentrionale e la più importante dell’intera confederazione era Tuckabatchee. Il capo di questa città era noto ai bianchi come Big Warrior, un guerriero gigantesco e dal carattere collerico. A 5 miglia da Tuckabatchee vi era l’antica città di Atasi il cui nome, in Muskogee, significava “mazza da guerra”, raggiunta dalla spedizione di De Soto diretta a Mabila.
Durante la guerra Creek questa talwa e l’accampamento americano sul fiume Calabee furono il teatro di due sanguinose battaglie. Molti dei guerrieri che vi parteciparono venivano da Hoithlewaulee, a 4 miglia da Atasi, sulla riva opposta del Tallapoosa. Hoithlewaulee era una war town, aveva, cioè, il potere di dichiarare guerra per l’intera confederazione e poi faceva conoscere la decisione a tutte le città.
Le principali città della confederazione Muskogee nota come Lower Creek erano situate sul medio corso del fiume Chattahoochee. Le due più importanti talwa erano Coweta e Cussetah. I Cussetahs erano il più numeroso gruppo Muskogee tra i Lower Creek. La loro città più importante sorgeva sulla riva orientale del Chattahoochee. I Cussetahs furono amici dei bianchi, e i loro capi si lamentavano che i giovani guerrieri erano diventati così corrotti a causa dei loro contatti con gli Anglos da essere, praticamente, ingovernabili. Sulla riva opposta del Chattahoochee si trovava Coweta, popolata dalla tribù con lo stesso nome. Uno dei leader più influenti al tempo della guerra Creek, William McIntosh, possedeva una grossa piantagione coltivata da schiavi appena più a nord della città.
I principali gruppi non Muskogee della confederazione furono gli Alabama, gli Uchee o Yuchis, i Natchez e gli Shawnee.
Tra questi, i più importanti e potenti erano gli Alabama. Le loro talwas erano situate sul corso superiore dell’Alabama River. Nei due anni che precedettero la guerra Creek questa tribù fu al centro del movimento nativistico e profetico ispirato da Tecumseh e dai suoi seguaci. Il leader di questi profeti, Josiah Francis, aveva fatto costruire una nuova città, nota come Holy Ground, in una zona remota sul fiume Alabama vicino all’odierna Montgomery. La città era circondata da una barriera magica che nessun uomo bianco avrebbe potuto attraversare rimanendo vivo.
Gli Uchees vivevano sul fiune Chattahoochee vicino a Coweta. Erano rinomati guerrieri e parlavano un linguaggio incomprensibile agli stessi Creek.
I Natchez risiedevano nella parte nord-orientale della nazione, dove si erano rifugiati dopo il fallimento della rivolta contro i Francesi della Louisiana. Un piccolo numero di profughi si era stabilito presso gli Abikhas nella Talladega Valley.
All’inizio del 1700 un gruppo di Shawnee in fuga dagli Irochesi si era insediato tra i Creek che vivevano sul basso Tallapoosa, mantenendo lingua e costumi.
La loro città più importante era Sauwanogee. I genitori di Tecumseh vissero qui, lungo il fiume Tallapoosa, prima di tornare in Ohio dove, poi, Tecumseh nacque.
William McIntosh
I Creek, favoriti dalla loro posizione geografica che li poneva tra la Louisiana francese a ovest, la Florida spagnola a sud e la Carolina inglese a est, avevano tenuto, per la prima parte del 1700 , una posizione di neutralità e indipendenza. Non si erano apertamente schierati e avevano commerciato e dialogato con tutte e tre le potenze europee, ospitando i mercanti all’interno del loro territorio.
I mercanti scambiavano, soprattutto, pelli di cervo, usate in Europa, per fabbricare selle, guanti, rilegature di libro e scarpe con moschetti, polvere da sparo, asce, coltelli, coperte, perline e vestiti colorati, rum e brandy.
Nel 1763 il quadro politico cambiò drasticamente. Il trattato di Parigi eliminò la Francia dal Nord America e la Spagna, che perse la Florida, rimase solo a ovest e in Louisiana.
Gli Inglesi approfittarono della nuova situazione per impadronirsi di tutti i commerci coi Creek, promuovendo un elaborato sistema di agenti e mercanti che avevano il compito di mantenere relazioni pacifiche e favorire gli scambi commerciali. Charleston e Savannah erano state, fino a allora, le principali basi operative ma, dopo l’annessione della Florida, Pensacola e Mobile divennero più importanti.
Gli Inglesi stavano portando avanti, a poco a poco, il loro piano di conquista, , annettere la Louisiana e Cuba.
La Rivoluzione Americana mandò a monte il progetto. Gli Inglesi si ritirarono dal sudest e i Creek furono costretti a fronteggiare migliaia di coloni che dalla Georgia e dalle due Caroline si spingevano all’interno del territorio indiano.
Nel 1790 Alexander McGillivray, uno dei più influenti leader Creek dell’epoca, guidò una delegazione di 27 capi a New York per discutere un trattato con George Washington e la sua amministrazione.
Il trattato di New York, ratificato dal Senato il 13 agosto 1790, prevedeva la cessione di una parte del territorio Creek in Georgia compreso tra il fiume Ogeechee a est e il fiume Oconee a ovest in cambio di 10000$ e di una somma annuale di 2000$. Per molti Creek le terre vendute rappresentavano il più importante territorio di caccia invernale della nazione.
In due altre occasioni, a Coleraine nel 1796 e a Washington nel 1805, alcuni leader Creek cedettero un’altra porzione delle loro terre in Georgia comprese tra i fiumi Oconee e Ocmulgee.
I firmatari di questi accordi furono, soprattutto, capi dei Lower Creek, mentre gran parte degli Upper Creek si rifiutarono di accettarli.
Si formarono, in questo modo, due fazioni all’interno della confederazione; i Bastoni Rossi o Red Sticks (chiamati così per il colore della mazza da guerra di legno, l’atassa, pitturata di rosso ), ispirati dai profeti, che volevano continuare a vivere in maniera tradizionale, secondo i vecchi costumi, e i Bastoni Bianchi, i White Sticks, favorevoli alla politica di assimilazione con i bianchi e all’accettazione del loro sistema di vita (piantagioni e schiavi, agricoltura estensiva e allevamento del bestiame e dei cavalli).


I Creek intrattengono relazioni con i bianchi

A metà settembre dell’anno 1811 il grande capo Shawnee Tecumseh arrivò dal lontano nord, insieme al suo entourage, a Tuckabatchee, una delle principali città della confederazione Creek. Attraverso uno spettacolo pirotecnico di canti di guerra, danze e messaggi profetici, Tecumseh voleva unire in una vasta alleanza tutte le tribù a ovest dei monti Appalachi contro gli odiati Americani.
Il suo arrivo coincise con il Creek National Council. A Tuckabatchee si erano riuniti alcune migliaia di Indiani da tutta la nazione. Tecumseh tenne un discorso pubblico davanti a un’assemblea di circa 5000 persone, nelle piazza principale della città.
Il discorso ebbe inizio a notte inoltrata, e cominciò con l’arrivo di Tecumseh, alla testa di 24 compagni, in mezzo alla folla riunita. Gli Shawnees erano quasi nudi, dipinti di nero, e portavano tomahawks e coltelli da scalpo.
Il grande capo parlò per circa un’ora, incitando i Creek alla rivolta.
“Uccidete i vecchi capi, amici della pace, uccidete il bestiame, i maiali, il pollame, distruggete le ruote e i telai per filare, gettate via gli aratri e tutte le cose che usano gli Americani. Cantate le canzoni degli Indiani dei laghi del nord e ballate le loro danze”.
Tecumseh affermò di avere il potere soprannaturale attraverso Hisagitamisi, Master of Breath, la suprema divinità dei Creek. ”Quando l’uomo bianco si avvicinerà alla vostra città, la terra si aprirà e lo inghiottirà. Presto vedrete il mio braccio di fuoco attraversare il cielo. Allora saprete che sono sceso sul sentiero di guerra. Quando giungerò a Detroit, picchierò per tre volte il mio piede sul terreno e la terra tremerà!”
Prima di partire dal Canada Tecumseh aveva appreso dagli Inglesi che una cometa sarebbe apparsa in cielo. La profezia sembrò confermata dal terremoto di New Madrid del 1811-12, una serie di più di 2000 scosse durate tre mesi che colpì il Midwest fino al vicino South. I fiumi strariparono e gli edifici crollarono.
Tecumseh invitò i Creek riuniti a abbandonare il loro amore per il liquore dell’uomo bianco, un veleno usato dagli Americani per distruggere lo spirito indiano, e promise armi, che sarebbero arrivate attraverso l’oceano a nord a Detroit, a sud a Pensacola.
Quando partì da Tuckabatchee, lasciò presso i Creek un cugino. Conosciuto come Seekaboo, era considerato un grande profeta, ma era anche un interprete e sapeva molte lingue, comprese il Muskogee e l’Inglese. Il suo compito era convincere i Creek a partecipare alla crociata.
Alcune settimane dopo Tuckabatchee fu colpita dal terremoto. E prima era apparsa la cometa. Seekaboo disse che era la prova del potere di Tecumseh.
Tecumseh
Il messaggio di Tecunseh fu accolto con paura e scetticismo dai capi più anziani, fu, invece, recepito con entusiasmo dai giovani guerrieri e diede grande impulso al movimento conosciuto come Red Sticks, Bastoni Rossi, dal nome della mazza da guerra pitturata di rosso, la atassa.
I Bastoni Rossi, che si opponevano agli Americani, risiedevano, in gran parte nei villaggi Upper Creek localizzati sui fiumi Coosa, Tallapoosa e sul corso superiore dell’Alabama River. I Lower Creek erano visti con ostilità dai Red Sticks, come i sostenitori del Creek National Council, formato di recente. Il Council era l’evoluzione dei tradizionali incontri tra i capi delle varie città e era supervisionato dal Colonnello Benjamin Hawkins, l’agente indiano che viveva in Georgia. Hawkins incoraggiava i Creek a intraprendere il sistema di vita dell’uomo bianco attraverso una pacifica assimilazione. Questa politica aveva, però, provocato un forte risentimento tra i molti Creek che non volevano abbandonare la loro cultura tradizionale. La costruzione della Federal Road attraverso i territori di caccia dei Creek, dalla Georgia a Fort Stoddert, in Alabama, nella regione del fiume Tensaw, aveva portato benefici a alcuni Indiani, soprattutto mezzosangue, con l’incremento dei commerci, ma l’aumento del flusso di coloni aveva fatto infuriare molti altri e gli incidenti al confine tra la Georgia e il territorio Creek si erano moltiplicati.
Anche la predicazione di Seekaboo, il profeta Shawnee, cugino di Tecumseh, aveva fatto proseliti tra gli Upper Creek, soprattutto tra i selvaggi Alabama, e presto i Red Sticks furono ispirati e supportati da un’elite di profeti Creek che sostenevano di possedere poteri soprannaturali e miracolosi.
Il più importante tra questi fu Josiah Francis, Hillis Hadjo (il nome muskogee è tradotto, curiosamente, in “medico pazzo“).
Francis era il figlio di un mercante scozzese e di una donna Creek. Il padre, David Francis, aveva aperto un trading post nel villaggio di Autauga, sul fiume Alabama. Lavorava l’argento e fabbricava gioielli e ornamenti per i nativi. Il figlio Josiah ereditò il suo lavoro ma, quando le relazioni tra i Creek e gli Americani si deteriorarono, si schierò dalla parte materna.
Di Francis ci rimane un’unica immagine, uno schizzo fatto da lui stesso mentre si trovava in Inghilterra a perorare la causa del suo popolo. È un disegno rozzo, che sembra fatto da un bambino. Mostra un uomo magro e alto, con un volto allungato e un paio di baffi, che fuma una lunga pipa.
Francis passava molta parte del suo tempo a dialogare con le divinità dei fiumi e, qualche volta, rimaneva giorni nell’acqua, apparentemente sott’acqua. Probabilmente nuotava sott’acqua fino a un luogo nascosto, poi riaffiorava in superficie e si nascondeva nei boschi. Alcuni giorni dopo riemergeva dal fiume, impressionando, in questo modo, gli altri Creek.
Josiah Francis
Affermava, inoltre, di poter uccidere i suoi nemici, attraverso uno spirito amico, solo desiderando la loro morte, e di avere la capacità di volare in aria, scatenare i tuoni e i fulmini, di trasformare la terra in sabbie mobili e tracciava cerchi magici che non potevano essere oltrepassati dai non credenti, pena la morte.
Francis diceva, anche, che Master of Breath l’aveva istruito nell’arte di comprendere e scrivere le lingue europee, e cercò di darne prova. Scrisse una lunga lettera al comandante della guarnigione spagnola di Pensacola con la richiesta di armi e munizioni. Quando il comandante iniziò a leggere, scoppiò in una risata, sulla carta vi erano, solo, scarabocchi incomprensibili.
Un altro importante profeta fu Paddy Walsh.
Walsh era un full blood adottato, da bambino, da un Tory del South Carolina che si era rifugiato presso i Creek dopo la Rivoluzione. Era piccolo di statura (5 feet, 1 e 50 circa), con la fronte bassa e una bocca enorme. Un contemporaneo lo definì “brutto tanto da non sembrare umano”.
Era, però, un oratore formidabile, conosceva la maggior parte dei dialetti indiani della regione e diceva di avere il potere di rendere invulnerabili i guerrieri alle pallottole.

Il 16 maggio 1812 una piccola banda Creek (il numero è indicato tra 8 e 11) assalì una fattoria sul Duck River, in Tennessee. Un uomo, una donna e 5 bambini furono brutalmente uccisi.
La donna, Mrs Manley, sperimentò la crudeltà indiana. Un guerriero le sparò alla mandibola, un altro la ferì a un ginocchio. Fu scalpata e poi i Creek scagliarono alcune frecce nelle parti intime. Malgrado le orribili ferite la donna sopravvisse per alcune settimane. Mrs Crawley fu, invece, presa prigioniera e condotta a sud nel territorio Creek. Dopo un mese riuscì a fuggire, si nascose nei boschi e fu trovata da un mercante bianco. Non aveva subito violenze ma i giornali pubblicarono false notizie su come era stata picchiate e spogliata davanti ai guerrieri danzanti. L’oltraggio e le morti dovevano essere vendicate, e così Hawkins chiese al Creek National Council di punire i colpevoli. I responsabili del crimine furono inseguiti e uccisi.
Queste esecuzioni sommarie violavano, però, il modo tradizionale con cui i Creek amministravano la giustizia. La tensione aumentò e molti indecisi scelsero la causa dei Bastoni Rossi.
Nel mese di febbraio 1813 un gruppo di Upper Creek guidati da Little Warrior, un giovane capo di Hickory Ground, che si erano recati a nord per parlare con Tecumseh, falsamente informati dell’inizio delle ostilità tra i Creek e il loro popolo, assalirono e sterminarono sette famiglie di immigrati bianchi sul fiume Ohio. L’azione fu accompagnata da atti di estrema brutalità. A una donna gravida fu aperto l’addome e il feto estratto fu infilzato su un palo, con lo scopo di terrorizzare la popolazione bianca. Anche questa volta Hawkins chiese giustizia al National Council.
Un war party firmato da Upper e Lower Creek si riunì a Tuckabatchee, i colpevoli furono inseguiti, trovati e otto di loro, compreso Little Warrior, furono messi a morte.
“Uccidete i vecchi capi, amici della pace!”, gridarono i profeti. Leader favorevoli alla pace furono assassinati, e ai Creek neutrali fu chiesto di prendere posizione. Tuckabatchee, la città di Big Warrior, fu assalita dai Red Sticks. L’assedio fu spezzato da Lower Creek che venivano dal villaggio di Cussetah.
I coloni americani e i loro alleati mezzosangue e indiani, temendo di essere i prossimi, abbandonarono le loro case e costruirono “stockades”, insediamenti difesi da palizzate.
Nel mese di luglio 1813 un grosso contingente di Creek, circa 300 guerrieri, scese dal nord lungo il Wolf Trail, un sentiero indiano che raggiungeva la città portuale di Pensacola, nel West Florida. Lo scopo di questo viaggio era procurarsi armi, munizioni e provviste dagli Spagnoli. Per questo motivo gli Indiani erano accompagnati da un convoglio di cavalli da soma.
Il capo della spedizione era Peter McQueen, un mestizo, figlio di un mercante scozzese e di donna Creek. Nato nel 1780 nel villaggio Upper Creek di Tallassee sul fiume Tallapoosa, in Alabama, Peter aveva ereditato, dal padre, l’acume per gli affari, era diventato un trader, un mercante stimato, si era arricchito col commercio e aveva acquistato una piantagione e molti schiavi neri.
Malgrado lo status sociale raggiunto, si era identificato con il popolo di sua madre, abbracciando la causa. dei Bastoni Rossi.
Quando giunsero a Pensacola, i Creek formularono le loro richieste. Pretendevano armi, munizioni e provviste.
Il governatore spagnolo, Gonzalez Manrique, non voleva, però, inimicarsi gli Americani e così, dopo qualche esitazione, offrì agli Indiani 1000 libbre di polvere da sparo (circa 450 chili), una quantità proporzionata di pallottole, provviste, soprattutto mais e farina, tabacco, 3 barili di sale, coperte, forbici e coltelli, ma non armi e si rifiutò di far riparare quelle che i Creek avevano portato con loro.
McQueen non prese bene il rifiutò e minacciò di bruciare Pensacola. Manrique rispose chiamando a raccolta l’intera guarnigione e la milizia. Questa dimostrazione di forza impressionò i Creek e li rese più accomodanti. McQueen, parzialmente soddisfatto. ordinò di caricare le merci sui cavalli e i Creek iniziarono il cammino inverso verso nord, seguendo il Wolf Trail.
A Pensacola vi erano almeno 3 spie americane e la notizia del ritorno della spedizione raggiunse il Colonnello James Caller di Washington County, Territorio del Mississippi. Senza perdere tempo, Caller radunò 150 uomini della milizia territoriale, a cui si aggiunsero 30 metis di guarnigione a Fort Mims, guidati dal Capitano Dixon Bailey. Le truppe erano tutte montate e ben armate, ma mancavano di disciplina. Fiduciosi nel loro numero, gli uomini di Caller si mossero verso il Wolf Trail con lo scopo di intercettare il nemico.


Un raro documento firmato da James Caller

La mattina del 27 luglio 1813, alle 11 circa, gli esploratori di Caller ritornarono dicendo di aver visto alcuni Creek accampati su una piccola penisola formata da una curva del Burnt Corn Creek.
Caller divise i suoi uomini in tre gruppi, li mise in posizione su un rilievo che sovrastava la penisola e ordinò la carica immediata.
Sebbene colti di sorpresa, gli Indiani riuscirono a ritirarsi attraverso il fiume. Gli Americani li inseguirono fino alla riva, ma non attraversarono il corso d’acqua.
Questo gruppo di Creek era poco numeroso, una dozzina di guerrieri, ma aveva con sé la maggior parte dei cavalli da soma. Il resto della banda si trovava sparpagliato nei boschi e nei canneti circostanti.
I Creek, dopo aver attraversato il Burnt Corn Creek, si attestarono in una palude formata da giunchi e erba alta. Dietro questa copertura aprirono il fuoco sui bianchi. Molti altri Creek che si trovavano nelle vicinanze, udendo gli spari, entrarono in azione. In pochi minuti nella palude ci furono 60-100 Indiani che sparavano contro il nemico.
Nel frattempo gli uomini di Caller, credendo di aver ottenuto una facile vittoria senza spargimento di sangue, presero possesso dei cavalli che portavano polvere, munizioni e provviste. Mancando, però, di disciplina, iniziarono a litigare sulla spartizione del bottino e non si preoccuparono dei Creek nascosti nella palude. Fu un grosso errore. Improvvisamente gli Indiani uscirono dal canneto, gridando selvaggiamente e brandendo i tomahawks e le mazze da guerra. I miliziani, sorpresi dall’attacco, furono presi dal panico e abbandonarono il campo di battaglia e i Creek li inseguirono per un paio di miglia. Quando gli uomini di Caller raggiunsero una collina, due ufficiali cercarono di fermarli e raggrupparli per organizzare una difesa. Solo metà degli uomini fu trovata. I Creek avevano, però, desistito dall’inseguimento, e così i miliziani riuscirono a ritirarsi senza ulteriori perdite.
Il contingente non fu più riunito, gli uomini, semplicemente, tornarono a casa seguendo la via più breve. il Colonnello Caller si perse nei boschi e fu trovato due settimane dopo, quasi impazzito.
In mezzo a tale confusione, fu impossibile stabilire con certezza l’esatto numero dei morti.
Lo storico A. J. Pickett, che pubblicò nel 1851 un libro diventato, poi, famoso “History of Alabama and Incidentally of Georgia and Mississippi” e che parlò con alcuni dei partecipanti, concluse che 2 Americani furono uccisi e 15 feriti. George Stiggins, un mezzosangue che scrisse una storia dei Creek tra il 1831 e il 1844, affermò che 5 Americani perirono e 10 furono feriti, mentre i Creek ebbero 2 morti e 5 feriti (i 2 morti furono, probabilmente, una donna e uno schiavo nero).
Buent Corn Creek fu la scintilla che fece divampare l’incendio.
I Creek, infuriati per un attacco che consideravano ingiustificato e proditorio, decisero di vendicarsi.
Scelsero, come obiettivo, la regione del delta del fiume Tensaw, nella parte occidentale dell’odierna Alabama, una zona poco popolata, non più di 10000 anime disorganizzate e raccolte in alcuni forti che erano stati frettolosamente edificati. Alcune centinaia di guerrieri, usando la tattica della guerriglia, avrebbero potuto tenere in scacco sia i coloni che la milizia territoriale.
Inoltre molti dei mezzosangue che avevano combattuto a Burnt Corn Creek erano di stanza a Fort Mims, la guarnigione principale.
Nel 1797 Samuel Mims, un esperto uomo di frontiera, aveva acquistato una concessione terriera di 524 acri vicino alla Federal Road, 14 miglia a est di Fort Stoddert e 40 miglia a nord di Mobile. Si era arricchito con una piantagione coltivata dagli schiavi e con un traghetto che trasportava i viaggiatori attraverso il fiume Alabama, che scorreva a un miglio dalla sua casa.


Battaglia a Burnt Corn Creek

La Mims House era un grosso edificio in legno con un piano superiore, forse una soffitta, sotto il tetto, e due verande ai lati. Intorno alla costruzione principale vi erano altri edifici che si trovavano, tipicamente, in una prospera e autosufficiente azienda agricola di frontiera; una cucina, una “spinning house” dove si filava il cotone, scuderie per i 21 cavalli di Mims, depositi di grano e una bottega del fabbro. Oltre ai cavalli Mims possedeva 100 pecore, 200 maiali e 415 capi di bestiame.
Con l’aumentare della tensione i coloni e la milizia avevano costruito una stockade, una palizzata, che circondava gli edifici.
Secondo lo storico Albert Pickett la palizzata era stata costruita con tronchi disposti in orizzontale. Ma questa descrizione è stata smentita da moderni rilievi archeologici, secondo cui i tronchi furono collocati in posizione verticale.
Numerose feritoie era state, poi, intagliate attraverso la palizzata a un’altezza di 4 piedi, 1 metro e 20 circa, dal suolo (c’è qualche dubbio su questa distanza, probabilmente erano a altezza d’occhio).
Pickett affermò che erano 500, ma il numero è, forse, esagerato.
Samuel Mims era famoso per la sua accoglienza e molti ospiti avevano trascorso serate di grande baldoria danzando e bevendo nella sua casa.
La piantagione di Mims era situata su un piccolo rilievo a un quarto di miglio da uno specchio d’acqua chiamato Tensaw Lake. La terra intorno era bassa e piatta, solcata da paludi e canneti e coperta da boschi di pini che si perdevano all’orizzonte. Era un territorio selvaggio, dove i coloni potevano lasciare liberi il bestiame e i maiali, abitata da cervi, orsi, lupi e puma, mentre nei fiumi nuotavano alligatori di dimensioni enormi.
Dappertutto strisciavano serpenti velenosi lunghi fino a 3 metri e grossi come la gamba di un uomo.
Ancora oggi è una landa inospitale, visitata, non senza pericolo, solo da cacciatori e pescatori.
I residenti locali di tutte le età e razze, bianchi, mezzosangue e indiani, durante il mese di luglio si erano rifugiati a Fort Mims e avevano iniziato la costruzione del forte intorno agli edifici della piantagione.
Nel clima torrido dell’agosto 1813 l’area aveva assunto l’aspetto di una fiera regionale.
Vi erano due dozzine di famiglie che avevano portato i loro beni e gli animali domestici.
Il solo Dixon Bailey, che aveva combattuto a Burnt Corn Creek, aveva condotto con sé 260 capi di bestiame, 50 maiali e 2 cavalli.
Le famiglie non si erano, poi, dimenticate del bene più prezioso, gli schiavi neri, circa un centinaio.
Fort Mims fu quasi completamente distrutto durante l’attacco. Ricostruire, quindi, la disposizione degli edifici non è semplice. Fortunatamente ci è giunto un disegno dettagliato del fortino fatto, probabilmente, da uno degli ufficiali del Generale Ferdinand Claiborne, il comandante della milizia del Territorio del Mississippi, che fece parte del “burial party”, la spedizione che andò a seppellire i morti. Questo ignoto cartografo disegnò la mappa basandosi sui resti bruciati e, forse, sulle testimonianze di alcuni superstiti.
Mancando la firma, lo schizzo è conosciuto, impropriamente, come “Claiborne Map”.
Vediamolo in dettaglio.


La mappa di Fort Mims – Fai clic per ingrandire

Samuel Mims occupava, secondo i testimoni del periodo, “an expensive frame structure made of sawn boards”, “una robusta e opulenta casa fatta con assi di legno”, una costruzione inusuale per quell’epoca. La casa aveva un piano inferiore, con due verande ai lati, un camino, una upper room, una stanza superiore (non sappiamo se era una camera da letto o una soffitta) e un tetto formato da tegole in legno.
Vicino all’abitazione e a un albero, immediatamente a sud-ovest, vi era la cucina. Per il problema del fuoco, era staccata dalla casa principale. Viene anche chiamata “kitchen and smokehouse”, cucina e affumicatoio. Probabilmente l’edificio era diviso in due stanze.
In una diagonale nord-ovest rispetto alla Mims House possiamo osservare quattro capanne di legno.
La casa di Dyers era la più vicina, poi la piccola casa di Steadham, non si conosce il nome delle altre due.
Il forte aveva due gates, due entrate. L’entrata occidentale (nella cartina in alto) era protetta da due cancelli. Il più esterno, aperto al momento dell’attacco, si trovava al centro di un piccolo rettangolo di tronchi che era stato aggiunto alla palizzata principale che conteneva, al centro, un secondo cancello, chiuso al momento dell’assalto. Nello spazio tra le due staccionate vi era la guard-house.
Un poco all’interno rispetto alla palizzata più lunga, verso il lato nord, si vede un edificio in tronchi, probabilmente la casa di Dixon Bailey, il comandante dei miliziani, quasi tutti mezzosangue, reclutati tra i coloni che si erano rifugiati nel forte.
Nell’angolo sud-occidentale si trovava la block-house, la torretta, l’unico edificio non bruciato dall’incendio. Nel disegno appare incompleta. Probabilmente era una costruzione in tronchi di legno disposti in orizzontale e aveva un secondo piano con feritoie per i fucili, dal momento che nel forte non vi erano cannoni. Forse i Creek pensarono che fosse la polveriera e non appiccarono il fuoco.
A due terzi della palizzata sud ( a sinistra nella mappa) vi è uno spazio rettangolare che si estende all’esterno del muro principale. All’interno si trovava l’abitazione del Capitano William Jack, uno degli ufficiali del comandante della guarnigione, il Maggiore Beasley.
Più in basso inizia una staccionata interna che corre da sud a nord. Si tratta della palizzata orientale più interna (in basso nella cartina). All’angolo sud-est, a sinistra di un albero, si nota un piccolo edificio, probabilmente la bottega del fabbro.
Quando il Maggiore Beasley giunse al forte, il 3 agosto 1813, fece costruire, per prima cosa, una seconda palizzata più esterna, con un gate al centro, aperto al momento dell’attacco. Nello spazio interno vi era la capanna dello stesso Beasley e le tende delle compagnie del Capitano Jack e del Capitano Middleton.
Al centro della palizzata orientale più interna vediamo una seconda entrata, aperta al momento dell’assalto. Vicino alla bottega del fabbro, a destra rispetto all’albero, erano disposte, in fila, le tende che appartenevano al Capitano Middleton, al Lt Randon, all’Ensign Gibbs e all’Ensign Chambliss.
La fila finisce al cancello più interno. Sul lato nord di questa entrata vi sono due capanne senza nome, e poi la casa di John Randon.
A metà della palizzata settentrionale (a destra nella cartina), il lato dove si concentrò la difesa dei soldati e dei civili, la staccionata protrude verso l’esterno. All’interno del rettangolo vi era un altro edificio in tronchi chiamato “the bastion” o “Patrick’s loom house”. Per qualche storico si trattava della spinning house, l’edificio in cui si filava il cotone.
La milizia di Dixon Bailey era accampata davanti a questa costruzione.
I difensori godevano di una buona visuale di tiro. Avevano disboscato il terreno intorno al forte per circa 80 acri.
Vicino al lato sud vi era un campo di patate dolci, “Potatoe Patch”, e tre capanne che appartenevano agli schiavi, “Negro Cabins”.
Esternamente al forte, 70 metri a sud-est del gate orientale, si trovavano le scuderie di Mims.
Dopo Burnt Corn Creek, quando la guerra sembrava, ormai, inevitabile, il Generale Claiborne, il comandante della Milizia Territoriale del Mississippi, decise di rinforzare le guarnigioni dei forti che si trovavano nella regione del Tensaw. Uno di questi era Fort Mims.
Il 3 agosto il Maggiore Daniel Beasley arrivò da Fort Stoddert insieme a 102 soldati di fanteria e 10 dragoni a cavallo del 1st Regiment Mississippi Territorial Volunteers, con l’ordine di proteggere i coloni che si erano rifugiati nel forte e potenziare le strutture di difesa.
Nato nel 1766 o 1768 (la data non è precisa), Beasley era un virginiano che si era trasferito nel Territorio del Mississippi. Fu descritto come”un uomo alto 1, 75, con capelli e occhi scuri, un aspetto piacevole e un carattere determinato”. Aveva studiato legge e era una persona istruita.
Nel 1805 fu nominato sceriffo della Jefferson County. Il suo compito era arrestare i banditi, catturare gli schiavi fuggiti, espropriare i beni di chi non pagava le tasse e consegnare ingiunzioni, ordinanze e comparizioni del tribunale. Nel 1807 fu eletto capitano della milizia della Jefferson County e nel 1809 legislatore del territorio.
Nel 1810, quando era ancora sceriffo, uccise in duello un giovane avvocato, Samuel Freye. L’uccisione ebbe luogo in Louisiana, in territorio spagnolo, per bypassare la legge che impediva i duelli nel Mississippi. Aveva un ruolo pubblico importante ma, forse , proprio per questo, molti lo considerarono valoroso, schietto, ardito, un vero uomo d’onore.
Come per molti uomini della frontiera, soprattutto al sud, il suo carattere era un misto di coraggio, intelligenza, romanticismo e profondo senso dell’onore ma aveva, anche, un lato più oscuro fatto di razzismo, arroganza e senso di invincibilità, mischiati con la passione per il whiskey. Tutto questo avrebbe portato al disastro di Fort Mims.
Una volta giunto alla piantagione, Beasley rilevò il comando dal Lt Spruce Osborne, che era già arrivato al forte con 16 soldati 5-6 giorni prima.
Osborne aveva studiato medicina all’università del North Carolina. Fu nominato chirurgo. Pensava, però, che Fort Mims non fosse il posto giusto per un soldato che voleva combattere. Così scrisse al Generale Claiborne chiedendo il trasferimento in un luogo dove ci fosse più azione.
Nel frattempo curava con whiskey e salassi i soldati e i civili che si ammalavano di febbre e dissenteria a causa del clima caldo-umido, delle paludi e delle condizioni igieniche (nel forte non sembra ci fossero latrine).


La mappa degli eventi del periodo dell’assalto al forte

Tre giorni dopo il suo arrivo, il Maggiore Beasley scrisse al Generale Claiborne informandolo di aver reclutato alcuni uomini della milizia locale formata tra i coloni che si erano rifugiati a Fort Mims (41, 42 o 45 secondo i libri che ho consultato). Beasley ordinò alle nuove reclute di scegliere gli ufficiali.
Fu nominato Capitano Dixon Bailey, un mezzosangue Creek che si era distinto per valore durante la battaglia di Burnt Corn Creek.
Bailey era nato nella città Upper Creek di Atasi. Aveva studiato a Filadelfia e, una volta tornato nel Territorio del Mississippi, aveva deciso di intraprendere la via dell’uomo bianco e si era stabilito nella regione del Tensaw, diventando un facoltoso agricoltore e allevatore. Fu descritto come un uomo robusto, di forte temperamento, onesto, intelligente, coraggioso, un vero gentleman. Queste qualità lo rendevano un bersaglio perfetto per i Bastoni Rossi che volevano vendicarsi di tutti i metis che si erano schierati con gli Americani e vivevano come loro.
In tutto, tra soldati e miliziani, la guarnigione del forte era composta da 170-175 uomini.
Il numero dei civili e degli schiavi è, invece, più difficile da stabilire.
Il giudice Toulmin, che intervistò alcuni dei superstiti, scrisse “Nel forte vi erano 24 famiglie, uomini, donne, bambini, circa 160 povere anime, e quasi tutti sono morti. Credo che 6 famiglie fossero mezzosangue e 7 indiane. Vi erano, poi, un centinaio di negroes, in gran parte periti”.
In tutto all’interno del forte, al momento dell’attacco, dovevano esserci, tra soldati e civili, 430-450 persone, tra cui alcuni soldati Spagnoli fuggiti dalla guarnigione di Pensacola.
Dopo aver deciso di colpire i forti e gli insediamenti del Tensaw, i Creek prepararono la grande spedizione di guerra. Furono reclutati guerrieri da 13 città diverse e stabilito un punto di ritrovo, Flat Creek, 50 miglia a nord-est di Fort Mims.
I gruppi si misero in marcia seguendo sentieri diversi. A causa dello spopolamento della regione, i Creek riuscirono a viaggiare per centinaia di miglia, dai loro villaggi sui fiumi Coosa e Tallapoosa, senza essere scoperti.
Era un war party molto numeroso. Per il Generale Claiborne 725 guerrieri, per George Stiggins 726.
Come capi militari della spedizione furono scelti William Weatheford, Peter McQueen e Hopoie Tastanagi (Far Off Warrior). con Paddy Walsh e Seekaboo nel ruolo di “consulenti religiosi”.
Nato nel 1780 o 81 nel villaggio Upper Creek di Coosada, William Weatheford era un metis, figlio di Charles Weatheford, un mercante scozzese che si era arricchito con una piantagione di cotone e un allevamento di cavalli, e di Sehoy, una Creek aristocratica membro dell’influente Clan del Vento. Anche Sehoy era una half breed, quindi si può affermare che William fosse molto più bianco che rosso (aveva solo un quarto di sangue indiano nelle vene).
Secondo le testimonianze dell’epoca Weatheford era un bell’uomo, con un colorito di pelle olivastro che gli aveva fatto guadagnare il soprannome, probabilmente a carattere razzista, di Yellow Billy. Aveva occhi scuri e capelli neri tagliati corti, come i bianchi. Era alto 1, 88 e aveva in fisico scolpito.
Fu educato alla maniera indiana e non sapeva né leggere né scrivere. Parlava, però, fluentemente l’Inglese e, discretamente, il Francese e lo Spagnolo.
Lo zio materno era Alexander McGillivray, uno dei più influenti leader Creek dell’epoca. William lo accompagnava alle cerimonie religiose e alle riunioni dei clan che si tenevano a Coosada e Hickory Ground.
Era un grande atleta e eccelleva, tra i coetanei, nel gioco della palla Creek, lo stickball, ”little brother of war”, mentre cacciava, con gli adulti, cervi e orsi.
Il padre allevava cavalli di razza. William li amava profondamente ed era un eccellente cavallerizzo.
Lo status sociale di figlio di un ricco possidente gli consentiva di frequentare la società bianca più esclusiva, ”first class society”, ed era particolarmente apprezzato dalle signore. Si presentava alle feste danzanti vestito con un abito di fine panno nero, un cappello con una fascia ornata di perline, una cintura riccamente decorata, un paio di scarpe nere con fibbia d’argento e un anello prezioso al dito.
La prima moglie, Polly Moniac, era morta nel 1804. Si era risposato nel 1813 con Supalamy, una grande bellezza dalla voce melodiosa, che si era, però, avvicinata alla causa dei Red Sticks. La coppia si era stabilita in un villaggio noto come”Weatheford Town”, vicino a Holy Ground.
William Weatheford è meglio conosciuto agli americani e, in generale, come Red Eagle, Aquila Rossa. Questo nome apparve, per la prima volta, in un poema pubblicato nel 1855, 31 anni dopo la sua morte, e ci sono dubbi che sia autentico.
Aveva un altro nome Creek, Hoponicafutsahia, tradotto come Truth Teller, colui che dice il vero.
Era considerato una persona sincera o, forse, era un abile oratore.
I motivi che lo portarono a scegliere la causa dei Bastoni Rossi non sono del tutto chiari.
George Stiggins che lo conobbe personalmente, affermò che non aveva intenzione di unirsi alla rivolta, ma i Red Sticks presero in ostaggio la sua famiglia e minacciarono di ucciderla. Weatheford fece buon viso a cattivo gioco, finse di aderire, sperando di avere un’occasione per liberare i famigliari ma, dopo il massacro di Fort Mims, si trovò troppo compromesso e gli fu impossibile cambiare lato.


Una scena dell’orribile eccidio

Albert Pickett crede, invece, che fu un Bastone Rosso fin dal principio.
All’inizio dell’estate 1813 portò una mandria di bestiame a Chickasawhay, la città Choctaw più meridionale. Mentre si trovava lì. ebbe un incontro segreto con il leader Choctaw Mingo Mushulatubbee e lo invitò a unirsi alla rivolta. Il capo rifiutò, ma Weatheford aveva fatto, probabilmente, la sua scelta prima di Fort Mims.
Anche se aveva assorbito lo stile di vita dei bianchi, era stato educato come un Creek e non potè abbandonare il suo popolo.
Dopo essersi riuniti a Flat Creek, i Bastoni Rossi iniziarono la marcia di avvicinamento a Fort Mims. Ci misero quattro giorni a coprire le 50 miglia che li separavano dall’obbiettivo, volevano avvicinarsi lentamente, senza essere scoperti, per avere dagli esploratori un quadro completo delle difese.
Viaggiando solo di notte attraverso le paludi e i canneti, i Creek si cibarono del raccolto trovato nei campi e dei viveri lasciati dai coloni nelle fattorie abbandonate.
Il 29 agosto i Bastoni Rossi si fermarono sul Little River, a sei miglia da Fort Mims, si riposarono e poi verso sera mossero il loro campo, seguendo la Federal Road, fino a un miglio dal forte.
Quella stessa notte Weatheford e due compagni, approfittando delle tenebre, si avvicinarono alla palizzata e sbirciarono all’interno del forte attraverso le feritoie. Non videro quasi nulla. L’area era debolmente illuminata dal fuoco dei bivacchi e dalla luna in fase crescente.
Si sentivano pochi rumori, uomini che giocavano a carte, qualcuno che beveva whiskey, un cane che abbaiava.
Weatheford fece, però, alcune scoperte interessanti.
La palizzata non era sorvegliata attentamente, e non vide trincee o ostacoli fuori le mura. Ma, cosa più importante, l’entrata principale a est era completamente aperta e le feritoie intagliate nella staccionata non si trovavano su una piattaforma rialzata ma, bensì, a poca distanza dal terreno e ciò significava che gli attaccanti potevano sparare attraverso di esse nello stesso modo dei difensori.
Dopo aver terminato la ricognizione, Weatheford ritornò al campo dei Red Sticks e discusse con gli altri leader la strategia da attuare il giorno seguente.
Fu elaborato un piano d’attacco. La sorpresa era l’elemento cruciale.
Seguendo il consiglio di uno schiavo negro di nome Joe, catturato giorni prima, i capi decisero che il segnale d’attacco sarebbe stato il rullo di tamburi che preannunciava il rancio di mezzogiorno.
Una colonna mobile guidata da Peter McQueen e Far Off Warrior avrebbe avuto il compito più importante, cavalcare a spron battuto verso l’entrata principale a est senza sparare un colpo, occupare i cancelli e entrare all’interno del forte.
Il resto dei Bastoni Rossi, sotto la guida di Weatheford, doveva precipitarsi a cavallo e a piedi verso la palizzata, prendere possesso delle feritoie e sparare all’interno prima dei difensori.
Secondo la leggenda Weatheford chiese di risparmiare donne e bambini, ma i guerrieri si infuriarono e lo accusarono di avere un cuore bianco e di volere risparmiare parenti e amici.
Paddy Walsh, il profeta, volle dare una dimostrazione del suo grande potere. Scelse quattro guerrieri e li rese invulnerabili, con la magia, alle pallottole. Il loro compito era penetrare all’interno del forte, combattere il più a lungo possibile e poi ritirarsi illesi, protetti dagli spiriti. Il loro esempio avrebbe contagiato tutti gli altri. Per potenziare la sua forza promise di cavalcare per tre volte intorno alla palizzata, in modo da paralizzare e rendere innocui i difensori alzando una specie di nuvola soporifera.
All’alba del 30 agosto 1813 i Creek lasciarono l’accampamento e si misero in posizione intorno al forte, in attesa del momento dell’attacco.
Gli scout avevano localizzato , a 350 metri dall’entrata est, una “ravine”, un avvallamento o una depressione del terreno coperta dalla vegetazione, abbastanza ampia da accogliere decine di guerrieri. Lì si posizionò il gruppo che aveva il compito di assalire il cancello est. Presto l’intera “ravine” fu piena di Bastoni Rossi pronti a sopportare il caldo torrido della tarda mattina, la terribile umidità e le punture degli insetti.
Contemporaneamente centinaia di loro compagni si nascosero nei boschi intorno all’entrata ovest e alle palizzate sud e nord, in attesa del rullo di tamburi.


Gli indiani sfondano le resistenze presso la porta del forte

I Creek si prepararono alla battaglia ingerendo un potente emetico, una bevanda ricavata da due piante, una chiamata red root (Salix Humilis) e l’altra button snake root (Eryngium Yuccifolium).
Provocando il vomito pensavano di ridurre il rischio di infezioni causate da ferite all’addome.
Si spogliarono, poi, nudi, tranne un perizoma intorno ai fianchi, in modo da impedire che frammenti di tessuto potessero penetrare nelle carni, spinti da una pallottola o da un colpo di spada.
Poi si dipinsero i corpi di rosso e le facce di nero. Quest’aspetto grottesco serviva a terrorizzare il nemico.
Portavano un mix di armi;fucili, mazze da guerra, tomahawks, archi e frecce e il coltello da scalpo (gli Inglesi avevano promesso 5 dollari per ogni scalpo americano).
Albert Pickett ci ha lasciato una fantasiosa, ma vivida, descrizione dei guerrieri in attesa.
“Si erano nascosti in una gola boscosa a 300 metri dal cancello orientale, assetati di sangue americano. Nessuno li vide, tranne gli uccelli innocenti che cinguettavano sui rami sopra di loro. Il sole di mezzodì filtrava, a volte, attraverso il fitto fogliame e si rifletteva sulle loro pelli bronzine e subito si ritirava, come se avesse il timore di contemplare più a lungo l’orda assassina. Lì vi erano i profeti, ornati di piume, con le facce dipinte di nero, somigliavano a mostri per metà bestie e per metà uccelli. Accanto a loro le borse della medicina e i bastoni magici. Il bosco era pieno di selvaggi nudi e dipinti”.
Più reale è, invece, il racconto del dottor Holmes, uno dei superstiti.
“Tranne poche eccezioni erano tutti nudi, intorno al bacino era stretta una fascia da cui pendeva, fino al terreno una coda di mucca. È impossibile immaginare gente così orribilmente dipinta. Alcuni erano pitturati metà in rosso, metà in nero. Altri erano ornati di piume, la faccia dipinta in un ghigno mostruoso”
Il Generale Claiborne suggerì, in seguito, che fossero code di bisonte e non di mucca indossate dagli Shawnees che combattevano a fianco dei Creek.
Malgrado le precauzioni, l’arrivo dei Creek non era passato inosservato.
Solo il giorno prima dell’attacco due “negro boys” che stavano pascolando il bestiame, avevano visto un gran numero di Indiani vicino a Pierce’Mill, un edificio fortificato due miglia a sud del forte.
Beasley inviò in perlustrazione alcuni esploratori che tornarono dicendo di non aver trovato alcuna taccia di ostili. Il Maggiore bollò il racconto come fantasia e, per evitare altri falsi allarmi, fece frustare uno dei due ragazzi neri.
Il giorno dopo, lunedì 30 agosto, mentre i Bastoni Rossi si preparavano all’assalto, non furono prese precauzioni di alcun tipo.
I due cancelli sul lato est rimasero aperti, forse per far entrare la brezza mattutina, come pure il cancello esterno sul lato ovest e la blockhouse non fu presidiata.
La mattina del 30 James Cornells, un metis vide, mentre stava cavalcando verso il forte, una grossa banda di Indiani pitturati come diavoli e pronti per la battaglia. Cornells si precipitò all’interno del forte e gridò a Beasley che un attacco era imminente. Il Maggiore, forse ancora instupidito dal whiskey bevuto durante la notte, lo dileggiò “Hai visto solo un gruppo di vacche rosse”.
Quando risuonò il rullo di tamburi a mezzogiorno, la sentinella all’entrata est stava guardando due soldati che giocavano a carte. Alcuni soldati riposavano nelle tende, altri erano sdraiati a terra coi fucili scarichi o distanti.
Improvvisamente si sentì il rumore di centinaia di zoccoli e lo scalpiccio dei mocassini. La sentinella si voltò e vide, con orrore, decine di Creek che cavalcavano o correvano verso il cancello. ”Indiani!” gridò e sparò in aria un colpo di avvertimento, prima di fuggire all’interno.
Il grido “Indiani” si propagò per tutto il forte. Daniel Beasley recuperò un po’ di lucidità, con la spada in pugno uscì dalla sua capanna e si precipitò verso l’entrata aperta. Spinse il cancello con tutte le sue forze, ma il pesante battente era affondato nel terreno, reso soffice dalle piogge dei giorni precedenti.


L’attacco degli indiani

La strettezza dell’apertura limitava il numero dei guerrieri che potevano passare all’interno, ma furono sufficienti a circondare Beasley, che fu ucciso a colpi di tomahawk e di mazza da guerra.
I soldati impugnarono le armi, ma molte erano scariche o buttate in disordine sul terreno.
Ci fu, subito, un grande parapiglia nello spazio compreso tra le due palizzate orientali, dove i soldati del 1st Mississippi Territorial Volunteers avevano piantato le tende. Metà dei Volunteers furono uccisi nei primi minuti della battaglia.
Il Lt Osborne fu ferito due volte. Due donne coraggiose lo trascinarono all’interno del forte, in una capanna che si trovava vicino al cancello interno. Osborne pregò di riportarlo fuori, così da poter combattere. Le due donne, pur riluttanti, acconsentirono e lo lasciarono vicino a un soldato morto. Osborne morì poco dopo, dissanguato.
Anche il Capitano Middleton fu ucciso, dopo essere stato ferito 4-5 volte mentre combatteva, corpo a corpo, con i Bastoni Rossi, e la stessa sorte toccò ai “misteriosi” disertori Spagnoli, colpiti coi tomahawks mentre pregavano in ginocchio vicino a un pozzo.
Nello stesso momento un altro gruppo di Creek assalì l’entrata ovest. La guardhouse fu subito occupata e i soldati all’interno della prima palizzata uccisi. I guerrieri furono, però, fermati dal cancello interno, chiuso, ma non si persero d’animo e scalarono le pareti della blockhouse, non presidiata. Dalle feritoie potevano sparare all’interno del forte.
Altri guerrieri trovarono degli attrezzi da falegname, soprattutto asce, nella guardhouse e iniziarono a colpire il cancello interno e a abbattere i tronchi che formavano la staccionata vicino alla blockhouse.
Mentre divampava la battaglia per il controllo delle entrate a est e ovest, altrui gruppi di Creek uscirono dai boschi diretti verso la palizzata sud.
Erano guidati da un capo della città di Wewocau. Nonostante il fuoco serrato che proveniva dal forte, alcuni Bastoni Rossi raggiunsero rapidamente la staccionata. La battaglia in questo settore del forte era per il controllo delle feritoie e della blockhouse nell’angolo sud-ovest.
Dal momento che il terreno intorno alla palizzata non offriva coperture, il possesso delle feritoie era cruciale per i Creek. Ora, però, erano i Red Sticks a dover soffrire, e presto il campo di patate dolci si riempì dei loro cadaveri. Il capo di Wewocau disse, in seguito, che quando raggiunse le feritoie si guardò indietro e vide che un gran numero di Indiani era stato falciato dal fuoco nemico.
Durante la battaglia per il controllo delle”loopholes”, gli attaccanti e i difensori si trovarono dal lato opposto della stessa feritoia, e spesso si spararono simultaneamente.
Sul lato nord le cose andavano diversamente. Qui stazionavano i miliziani del Tensaw, i metis del Capitano Dixon Bailey. I difensori avevano costruito delle barricate intorno a un robusto edificio conosciuto, in seguito, come “the bastion” o “Patrick’s loom house”. Dietro questa posizione fortificata, Bailey aveva organizzato una difesa strenua e spiratata. Aveva rifornito i suoi uomini, nei giorni precedenti, con un surplus di fucile e alcune “double barelled shotguns”, doppiette, che si rivelarono micidiali, grazie alla rosa di pallini, nel combattimento ravvicinato. Quando un fucile, dopo aver sparato, veniva ritirato da una feritoia, era rimpiazzato da una doppietta, che faceva piazza pulita.
Inoltre i metis avevano pianificato un sistema per aumentare l’intensità e il volume del fuoco. Dopo che un uomo aveva scaricato il fucile, lo passava a una donna o a un ragazzo dietro di lui, che lo ricaricava.
Grazie a questa fucileria continua, i difensori avevano mantenuto il controllo delle feritoie della palizzata nord.
Approfittando di una pausa nel combattimento, alcuni miliziani erano saliti al piano superiore della Mims House, il più alto edificio all’interno del forte, e col calcio dei fucili avevano rotto le tegole del tetto.
Da quella posizione elevata godevano di una chiara visione dei Bastoni Rossi che si trovavano oltre la palizzata.
Inoltre il Capitano Jack, benchè ferito a un braccio, aveva organizzato con i soldati rimasti un attacco contro i Creek che occupavano la blockhouse e li aveva messi in fuga.
Un soldato, probabilmente un cecchino, era salito al piano superiore e con un fucile Jaeger a lunga gittata aveva iniziato a bersagliare i Bastoni Rossi che si trovavano nel perimetro ovest, uccidendone una dozzina.


Il caos allo scoppio della battaglia

La sorpresa iniziale era parzialmente riuscita. I Bastoni Rossi avevano occupato il perimetro tra le due palizzate a est e le feritoie della staccionata sud ma, ogni volta che tentavano di penetrare all’interno del forte, venivano inesorabilmente respinti dal fuoco dei difensori e uno dei loro capi, Far Off Warrior, era stato ucciso nelle prime fasi della battaglia.
Bisognava ricorrere alla magia.
I quattro guerrieri scelti da Paddy Walsh, forse anche loro profeti, resi invulnerabili alle pallottole, entrarono attraverso il cancello a est. Una volta all’interno, sotto lo sguardo incredulo dei difensori, iniziarono a danzare, invitando i bianchi a sparare. Erano convinti che gli spiriti avrebbero fermato o disperso in cielo le pallottole americane. Ma la sorpresa durò solo un attimo, poi i proiettili presero a fischiare come missili e tre degli invulnerabili caddero a terra stecchiti.
Il quarto riuscì, miracolosamente, a fuggire e si guadagnò il nome di Nahomahteeathle Hopoie, ”l’uomo più in pericolo durante la battaglia”.
Il capo di Wewocau vide, da una feritoia, un ufficiale che con la spada faceva a pezzi uno dei profeti a terra.
Paddy Walsh non poteva perdere la faccia e mise in atto quello che aveva promesso. Cavalcò intorno al forte con lo scopo di paralizzare i difensori. Durante il terzo giro fu colpito da uno sparo proveniente dalla staccionata nord e cadde da cavallo. Malgrado la ferita si rialzò furibondo, e gridò ai Red Sticks di gettare i fucili e entrare nel forte con i coltelli da scalpo e le mazze da guerra.
“Come and try”, ”Vieni e provaci” gli risposero i metis.
Alle 2 del pomeriggio la situazione era in stallo. La facile vittoria promessa dai profeti non si era realizzata, era necessario riordinare le idee.
I Bastoni Rossi si riunirono intorno alla capanna di Mrs O’Neal, 300 metri a nordest del forte.
Il consiglio di guerra durò circa un’ora. Secondo la leggenda (o forse la verità) Weatheford propose di abbandonare la battaglia. Molti bianchi erano stati uccisi e i morti di Burnt Corn Creek vendicati. Era il momento di ritirarsi con il bottino.
Ma gli altri leader rifiutarono. Gli odiati metis del Tensaw, i loro fratelli di sangue che avevano abbandonato le tradizioni, rifiutato la nuova religione e combattuto il proprio popolo a fianco dei bianchi erano ancora vivi. Bisognava ucciderli.
George Stiggins affermò, in seguito, che un gruppo di schiavi negri incitò i Bastoni Rossi a riprendere l’attacco, accusandoli di codardia. Ma è poco credibili che gli altezzosi micco Creek si siano fatti intimidire o influenzare da alcuni schiavi.
A questo punto Weatheford lasciò il campo di battaglia e cavalcò fino alla piantagione di David Tate, un suo fratellastro.
Il Dottor Holmes affermò, invece di averlo visto mentre, montato su un grande cavallo nero, arringava i guerrieri esortandoli a combattere.
Alle 3 del pomeriggio la battaglia riprese, con una nuova strategia.
Alcuni Bastoni Rossi (probabilmente Seekaboo, il profeta Shawnee e un gruppo di schiavi negri che combattevano a fianco dei Creek) avvolsero stracci di cotone intorno alla punta delle frecce, li incendiarono e scagliarono le frecce contro gli edifici del forte.
La cucina, la casa del Capitano Jack vicino alla palizzata sud e, forse, la bottega del fabbro presero subito fuoco, erano costruiti con tronchi di heart pine, pino palustre, ricchi di resina, e scoppiarono come bombe.
I detriti incandescenti, portati dal vento, appiccarono il fuoco a altre capanne e al tetto della Mims House, fatto con tegole di legno. Coloro che si trovavano all’interno degli edifici furono costretti a scegliere tra il morire tra le fiamme o fuggire, sfidando le frecce e le pallottole.
Il fratello di Samuel Mims, David, fu colpito al collo mente correva verso la palizzata nord. Qualcuno lo portò all’interno della Patrick’s loom house, dove spirò. La quantità di sangue colata dalla ferita sul pavimento ricordò, a un testimone, un maiale a cui era stata tagliata la gola.
Altre persone bruciarono tra le fiamme. La temperatura divenne così elevata da fondere le stufe di ferro.
I Creek approfittarono del fuoco e del caos per entrare nel forte, abbattendo pezzi di staccionata. Anche la blockhouse fu riconquistata. Il valoroso cecchino armato di Jaeger fu trovato morto, colpito alla testa, con il cervello che usciva dalla ferita.
I difensori si riunirono nell’area del forte dove non vi erano fiamme. vicino alla loom house e alla staccionata nord. Bailey organizzò una nuova difesa, ma lo spazio era troppo angusto e le persone troppo vicine. Per i Creek costituivano un facile bersaglio.
Pickett descrive i difensori, a questo punto della battaglia, come “beeves in the slaughter pen of the butcher”, buoi nel mattatoio del macellaio.
Ore di battaglia disperata sotto il sole di agosto combinate al terribile calore del forte che bruciava provocarono una sete tremenda in tutti i combattenti, bianchi, rossi e neri. Ma i difensori non potevano raggiungere i pozzi nel forte senza esporsi al fuoco nemico, mentre i Bastoni Rossi potevano rinfrescarsi nei vicini canneti e paludi e riposare.
Molti erano i feriti, compreso Bailey, tutti erano esausti, fradici di sudore, ustionati, terrorizzati,
circondati da colonne di fumo e fiamme e storditi dall’eco continuo delle grida di guerra.
Sul terreno erano sparse pozze di sangue “profonde come una scarpa” e l’odore dolciastro si mischiava a quello acre del fumo degli spari e al profumo resinoso dei pini che bruciavano.

I Creek aspettarono circa un’ora, fino alle 4 del pomeriggio, prima di portare l’assalto finale.
Uno dei superstiti della battaglia, William Jones, disse che i Bastoni Rossi attesero fino a quando gli edifici furono consumati dal fuoco. Poi emersero dal fumo, urlando come lupi assetati di sangue. Nonostante la stanchezza e il terrore, i difensori opposero ancora una strenua resistenza, le donne e i ragazzi ricaricavano i fucili più fretta che potevano.
Ci furono molti episodi di eroismo. Un “large and powerful negro man”, mulinando il fucile come Davy Crockett a Alamo, uccise più Indiani di qualsiasi altro, e un Indiano amico di nome Jahomobtee sparò a tre Bastoni Rossi che erano in procinto di colpire coi tomahawks le donne bianche.
Ma anche di viltà.
Il Sergente Mathews, paralizzato dalla paura, si era accucciato in un angolo della palizzata belando come una pecora. Una donna infuriata lo percosse sulla schiena con una baionetta, spronandolo a combattere.
La situazione divenne, presto, disperata e anche il valoroso Capitano Dixon Bailey, mostrando il lato umano della leggenda, gridò che tutto era perduto.
Il Dottor Holmes aveva aperto un varco nella staccionata nord, e dal pertugio passarono lo stesso Holmes, Bailey, la schiava Hester e lo schiavo Tom, che portava sulle spalle il figlio di Bailey, Ralph, che era malato.
I quattro fuggitivi iniziarono a correre a perdifiato verso i boschi distanti un centinaio di metri.
Dixon Bailey aveva con sé il suo fucile preferito che aveva caricato con pallottole avvolte in pelle di cervo e poi bollite in olio per renderle più scorrevoli, Holmes la sua doppietta. Un gruppo di Indiani li vide e cercò di fermarli. I cinque disperati riuscirono a raggiungere gli alberi ma Bailey, ferito mortalmente, si accasciò sotto un cipresso e morì.
Lo schiavo Tom, inspiegabilmente, invece di fuggire più all’interno del bosco, tornò indietro e si consegnò ai Bastoni Rossi, che uccisero e scalparono subito il figlio di Bailey e poi lo condussero in un’area del forte dove stavano radunando altri schiavi neri come una mandria di bestiame.
Master of Breath aveva ordinato ai Creek di uccidere solo bianchi e mezzosangue.
L’Ensign Chambliss fu il solo ufficiale che si salvò. Anche lui scappò attraverso il varco nella palizzata, ma fu colpito da due frecce prima di raggiungere gli alberi. A causa della perdita di sangue collassò al suolo. Si riprese verso mezzanotte e riuscì a raggiungere il fiume.
Secondo lo storico Gregory Waselkov furono 37 le persone che scamparono al massacro, esclusi i prigionieri, tra coloro che fuggirono attraverso la staccionata e quelle che si trovavano fuori le mura al momento dell’attacco. Tra queste Peggy Bailey, la sorella di Dixon, che stava lavando i panni sulla sponda del lago.

Per coloro che rimasero intrappolati all‘interno del forte, la morte non fu rapida.
Pickett ci ha lasciato una descrizione efficace degli eventi “Tutte le case bruciavano, la loom house era crollata, i feriti massacrati e sangue e cervello ricoprivano il terreno. I bambini furono afferrati per le gambe e uccisi, fracassando il loro cranio contro la palizzata.
Le donne furono scalpate, le gravide sventrate mentre erano ancora vive e il feto estratto dal grembo”.
I Bastoni Rossi si misero al lavoro con le accette, le mazze da guerra e i coltelli da scalpo. Tutti furono scalpati , alcuni mentre erano ancora in vita e gli scalpi tagliati in molti pezzi per ricavare più dollari dalla vendita.
I bambini furono afferrati per i piedi e le gambe e sbattuti contro gli oggetti più duri o infilzati su quelli appuntiti.
Alcuni feriti furono gettati all’interno degli edifici che erano ancora in fiamme.
Si disse, persino, che, sotto l’influenza degli Shawnee, i profeti Creek tagliarono gli arti dei morti dei moribondi e li alzarono sopra la testa come trofei.
Le donne gravide furono “disemboweled”, eviscerate e il feto appoggiato al fianco della madre agonizzante, nel caso di Sarah Summerlin i suoi due gemelli, a entrambi i lati del corpo, come un macabro dipinto.
Nancy Bailey incontrò la stessa fine. Un guerriero si avvicinò e le chiese chi fosse. La donna rispose, indicando Daniel Bailey “Sono la sorella di quel grande guerriero che avete assassinato”.
Il Creek, infuriato, la colpì con la mazza da guerra e poi, mentre giaceva al suolo, le aprì l’addome e sparpagliò gli intestini sul terreno.
Alle 5 del pomeriggio la mattanza finì. I Bastoni Rossi lasciarono le rovine fumanti portando con loro un numero imprecisato di prigionieri, forse 50, forse 100 tra donne, bambini e schiavi neri.

Portata dai fuggiaschi, la notizia della caduta di Fort Mims si diffuse in tutto il sud dell’Alabama provocando sgomento e terrore. Il Generale Claiborne fu informato dell’accaduto solo il 2 settembre, ma aspettò ancora qualche giorno prima di inviare una pattuglia. L’8 settembre un piccolo contingente composto da otto soldati guidati dal Capitano Joseph Kennedy si mise in marcia per raggiungere il luogo dell’eccidio. Possiamo immaginare l’ansia e il nervosismo con cui i soldati percorsero le poche miglia che li separavano dalla piantagione di Mims, mentre scrutavano i boschi che fiancheggiavano la Federal Road.
I soldati raggiunsero, dapprima, l’entrata est. Nel perimetro tra le due palizzate giacevano corpi nudi di tutte le età, sesso e razza, ammucchiati in una pila di carne in decomposizione. Tra di loro vi era il Maggiore Beasley, caduto nel tentativo di chiudere il cancello.
Un altro mucchio di 45 corpi, nudi e mutilati, fu trovato all’interno del forte, a sinistra dell’entrata est.
La casa di Mims era un cumulo di cenere, decorata dal bianco delle ossa di coloro che erano bruciati all’interno. All’esterno di ciò che rimaneva del forte, la blockhouse e parte della palizzata adiacente, il terreno era disseminato di corpi che giacevano singolarmente o in gruppi fino al limitare dei boschi.
I soldati contarono 40 bambini, tra cui 10 neonati, 71 uomini, 29 donne e 9 “negroes“, separati anche nel conto dei morti.
Trovarono, anche, due capi e 22 Indiani vestiti con abiti militari (?), riconosciuti tra i caduti per il taglio dei capelli e gli ornamenti.
Due settimane dopo, il 22 settembre, una spedizione molto più numerosa formata da 300 soldati del 1st Mississippi Territorial Volunteers, guidata dall’appena promosso Maggiore Kennedy e dal Capitano Uriah Blue arrivò a Fort Mims per seppellire i cadaveri.
Il luogo era avvolto in quella che un testimone definì “nebbia rancida”. L’odore che proveniva dai corpi insepolti fu descritto come”un campo di uova marce”, e provocò il vomito più violento in tutti i soldati.
Il luogo del massacro era coperto di cani randagi e maiali che stavano mangiando, probabilmente i loro stessi proprietari, e di uccelli, per la maggior parte avvoltoi e corvi “ grossi come non si erano mai visti”. All’arrivo dei soldati gli uccelli si sollevarono in volo formando una nube nera gigantesca prima di posarsi sui rami in attesa di completare il festino.
I soldati scavarono due fosse, una nel campo di patate dolci e l’altra vicino alla palizzata nord e vi trascinarono, o fecero rotolare, i corpi e poi li coprirono di terra.
Il Dottor Holmes, che prese parte alla spedizione, fu particolarmente impressionato dal numero dei bambini e dei ragazzi morti, 12 in una sola famiglia e da alcune donne stuprate con pezzi di staccionata.
Kennedy scrisse, nel suo secondo rapporto a Claiborne, di aver dato sepoltura a 247 uomini, donne e bambini e di aver trovato, mentre perlustrava i boschi insieme ai soldati in cerca di superstiti, almeno 100 Bastoni Rossi coperti da sterpaglie e tronchi della palizzata, riconosciuti per gli indumenti da guerra, le armi e gli amuleti.


La porta a occidente del forte in una ricostruzione

Com’era lo stato dei cadaveri quando furono sepolti, 3 settimane dopo il massacro?
Il maggiore Kennedy affermò che erano ancora riconoscibili per razza e sesso, ma io ho qualche dubbio.
La decomposizione del corpo è un fenomeno legato a numerosi fattori. Alcuni esterni, i cani randagi, i maiali, i ratti, i carnivori della foresta, gli uccelli, gli insetti, mosche e vermi, altri interni come gli enzimi che iniziano a disgregare i tessuti subito dopo la morte e la flora batterica intestinale che produce gas che gonfiano i corpi, a volte fino a farli scoppiare, e mutano il colore della pelle da rosa a verde. viola e anche nero.
Poi ci sono le variabili climatiche, temperatura e umidità. Più sono elevate, più veloce è il processo di decomposizione, e queste due condizioni furono, probabilmente, presenti per settimane dopo la distruzione di Fort Mims il 30 agosto 1813.
La mia impressione è che molti corpi, durante la seconda visita di Kennedy, fossero ormai ridotti a scheletri, a ossa tenute insieme da qualche tendine e ricoperte da brandelli di carme putrefatta.
Alcune vittime erano state mutilate, altre erano state gettate o erano bruciate all’interno degli edifici in fiamme.
Credo, quindi, che la stima ufficiale di Kennedy secondo cui 247 uomini, donne e bambini furono sepolti nelle due fosse, sia da rivedere in eccesso. Probabilmente furono 300, o forse più, coloro che morirono durante l’attacco.
Stabilire con un minimo do precisione il numero dei Bastoni Rossi caduti a Fort Mims è ancora più difficile.
Benjamin Hawkins, l’Agente Indiano, disse di aver saputo dai suoi informatori Creek che le perdite erano state tra i 30 e 40 guerrieri, mentre un capo Creek di Coweta, un oppositore dei Red Sticks, dopo aver interrogato uno schiavo che era stato catturato a Fort Mims ed era fuggito giorni dopo, affermò che i caduti erano tra i 40 e 50.
Il Capitano Kennedy, nelle due sue visite, contò prima 24 e poi almeno 100 guerrieri.
Secondo il Generale Claiborne furono tra i 150 e i 200, una stima corroborata da Sam Jones, un metis che sopravvisse alla battaglia.
George Stiggins scrisse, anni dopo, sulla base dei conti fatti dai capi Creek dei vari villaggi. che il numero dei guerrieri uccisi, tra i caduti durante il combattimento e coloro che morirono in seguito per le ferite, era stato di 202.
Abbiamo, così, cifre che variano da 24 a 202.
A causa di una forbice così ampia tra le diverse informazioni, è impossibile stimare, con una certa precisione, il numero dei caduti Red Sticks a Fort Mims (e anche quello dei feriti).
L’eccidio di Fort Mims provocò l’immediata reazione dell’esercito americano e la guerra Creek del 1813-14 che finì con la sconfitta dei Bastoni Rossi a Horseshoe Bend.
William Weatheford combattè fino alla fine a fianco dei Red Sticks. Nell’aprile 1814 entrò da solo, a cavallo, nell’accampamento di Andrew Jackson e si arrese al Generale.
Pensava di essere impiccato ma Jackson, colpito dal coraggio e dalla sua fierezza, lo perdonò, a condizione che lavorasse per la pace.
Weatheford accettò e prese parte, alla testa di 75 “friendly” Creek alla spedizione del Colonnello Pearson che aveva il compito di setacciare una vasta area dell’Alabama centrale dove si erano nascosti molti ostili.
La missione fu un successo e portò alla resa di circa 500 Bastoni Rossi.
Molti bianchi volevano, però, la sua testa, lo consideravano il principale responsabile del massacro di Fort Mims e così l’esercito decise di proteggere Weatheford nascondendolo, per qualche tempo, a Fort Claiborne. Una leggenda racconta che Jackson lo invitò nella sua residenza in Tennessee, the Hermitage, in attesa che si placassero le acque.
Poi tornò tra i bianchi e visse in una prospera piantagione coltivata da 300 schiavi nella contea di Monroe, Alabama.
Ma non aveva, però, dimenticato il suo lato indiano.
Nel 1824 Weatheford partecipò a una battuta di caccia sul Lovet’s Creek, nella contea di Monroe. Durante la caccia fu ucciso un cervo bianco. Weatheford ne fu molto impressionato, abbandonò i compagni, tornò a casa e disse alla sua terza moglie, Mary Stiggins, che qualcuno tra i cacciatori sarebbe, presto, morto, che il cervo era un token, un segno, un presagio. Il giorno seguente si ammalò, forse di polmonite, e morì tre giorni dopo, il 4 marzo 1824. Durante la breve malattia disse di vedere, vicino al letto, Supalamy, la seconda moglie, che l’attendeva per accompagnarlo nei beati territori di caccia.


Il cippo che in Alabama ricorda il massacro di Fort Mims

Peter McQueen si rifugiò in Florida, come molti Bastoni Rossi.
Nell’aprile 1818, durante la Prima Guerra Seminole, il suo villaggio sul fiume Econfina fu attaccato dai soldati di Andrew Jackson. McQueen riuscì a fuggire e, per mettere più miglia possibili tra se e l’odiato nemico, si rifugiò nell’estremità meridionale della penisola.
Morì nel 1820, sempre che la notizia sia vera, su una “barren island”, un’isola desolata e sconosciuta vicino a Cape Florida, presso l’odierna Miami.
Paddy Walsh perse gran parte del suo prestigio dopo Fort Mims, ma non smise di odiare i bianchi. Fu ferito una seconda volta durante la battaglia di Calabee Creek, si rintanò con alcuni seguaci nelle paludi di Standing Peach Tree e continuò una personale guerriglia contro civili e soldati. Fu, però, tradito dal suo stesso popolo e consegnato ai soldati che lo imprigionarono a Fort Claiborne e lo impiccarono all’inizio del 1815.
Seekaboo, il profeta Shawnee, si rifugiò in Florida e di lui non si seppe più nulla.
Nel 1816 un capo Choctaw, Pushmataha, si recò nella penisola per commerciare con i Seminole. Chiese Seekaboo come interprete, ma i Seminole risposero che era morto tempo prima, probabilmente nel 1815 (secondo un’altra versione il viaggio avvenne all’inizio degli anni 20 e la morte due o tre anni prima).

NOTE FINALI

Il mio interesse per Fort Mims è iniziato da ragazzo, quando lessi “Davy Crockett sul sentiero di guerra” (1965), un libro pubblicato dalla gloriosa casa editrice Capitol di Bologna.
Nel libro di David Hamilton, che comincia con l’attacco a Fort Mims e il tomahawk di Peter McQueen che si conficca nella fronte del Maggiore Beasley, Crockett è il principale protagonista della vittoria dell’esercito americano sui Bastoni Rossi. Nella realtà Crockett prese parte alla guerra in qualità di esploratore per il Colonnello John Coffee. Partecipò alla battaglia di Tallushatchee il 3 novembre 1813 e raccontò di 46 guerrieri che si erano rifugiati in una capanna a cui i soldati appiccarono il fuoco, di un ragazzo ferito che cercava di trascinarsi lontano dalle fiamme che quasi lo lambivano senza proferire un lamento e delle patate dolci, trovate sotto il pavimento dell’abitazione, cotte dal grasso colato dai corpi dei Creek che erano arrostiti nell’incendio. Da quel momento Crockett non mangiò più patate.

– Ho tratto la maggior parte delle notizie di questo articolo da “A Conquering Spirit” (2006) di Gregory Waselkov, un libro interamente dedicato agli eventi di Fort Mims, e dai recenti “Jackson, Crockett and Houston on the American Frontier” (2016) di Paul Williams e “A Paradise of Blood” (2016) di Howard Weir.
Ho ricavato ulteriori informazioni da “ Struggle for the Gulf Borderlands” (1981) di Frank Lawrence Owsley, e da “Massacre at Fort Mims” (1975) di David Mason, una storia romanzata dell’eccidio.
– Fort Mims è stato parzialmente ricostruito, si trova 15 miglia a nord dell’Interstate 65, una moderna striscia d’asfalto che ha sostituito la vecchia e polverosa Federal Road e ogni anno, a fine agosto, si tiene una rievocazione storica per ricordare tutti coloro che persero la vita in un giorno torrido e infuocato di due secoli fa.