Da St Louis al Pacifico per conoscere il West

A cura di Anna Di Lellio

Lewis, Clark e Sacagawea
Prima ancora degli avamposti dell’esercito, prima ancora della ferrovia del Pacifico, e prima ancora dei pionieri, un gruppuscolo di uomini viaggiò nell’Ovest americano in quella che rimane una delle più straordinarie e singolari spedizioni della storia: la prima conquista “illuministica” del West, voluta dal presidente Thomas Jefferson per ottenere una “conoscenza utile” del territorio. Era il 1804 quando i capitani Meriwether Lewis e William Clark e il loro “corpo di esploratori” partirono da St. Louis e risalirono il fiume Missouri, attraversarono le Montagne Rocciose, raggiunsero il Pacifico e tornarono indietro.
Durante questo viaggio, che durò 2 anni e mezzo, Lewis e Clark furono i primi uomini bianchi a incontrare bisonti, coyoti e orsi grizzly, disegnarono la prima mappa dell’Ovest americano, e scoprirono centinaia di nuove piante.
Ma soprattutto incontrarono tribù indiane totalmente sconosciute e con una sola eccezione intrattennero rapporti civili e pacifici con “i selvaggi”.


La mappa del lunghissimo viaggio di Lewis e Clark

E non c’è dubbio che l’immensa popolarità del racconto di quella che possiamo definire la storia antica della Nazione americana sia dovuta all’ammirazione dei moderni per i protagonisti: due individualisti, coraggiosi, studenti di scienze “virili” come la botanica, la geografia e l’astronomia, e dotati di carisma. Eroi, insomma, tipicamente indigeni, per di più non ancora macchiati dalla febbre dell’avidità e della conquista. Lewis, che per due anni era stato segretario personale di Jefferson, ne divenne l’ambasciatore per quel che riguardava la politica nei confronti degli indiani. E seguì diligentemente le istruzioni dell’amato Presidente ogni volta che incontrò i primi abitanti del West, anche i temutissimi Sioux. A questi annunciò che Jefferson era “il nuovo padre dei figli rossi”. Li ammonì del grande potere statunitense. Promise la costruzione di centri di scambio commerciale, e offrì loro posti di lavoro e un reddito sicuro, se invece di fare la guerra e prendere scalpi avessero cacciato animali da pelliccia.


Un momento della spedizione

Ma il piano di Jefferson guardava anche più lontano. Il Presidente era convinto che gli scambi commerciali non sarebbero durati a lungo perchè, facendo eco alla sua politica agraria monocolturale, pensava che anche la caccia avrebbe presto esaurito le sue risorse. Nel futuro, riteneva che ai bianchi dovesse essere proibito stabilirsi a Ovest del Mississippi, territorio riservato agli indiani nella prospettiva di una loro assimilazione alla Nazione. A differenza degli africani, che Jefferson non pensava fossero completamente umani, gli indiani sembravano avviarsi verso l’integrazione nella società civile.
Questa politica era però solo ancillare a quella dell’espansione. Dopo l’acquisto della Louisiana da Napoleone, proprio in quegli anni, Jefferson intendeva estendere il potere degli Stati Uniti sul Continente. Per questo era necessario, data l’assoluta arretratezza a quel tempo della tecnologia dei trasporti, trovare il passaggio fluviale a Nord Ovest che connettesse le due coste.


Si viaggiava a piedi e in barca

E così iniziò la spedizione di Lewis e Clark. Entrambi trentenni, alti quasi due metri, robusti, i volti abbronzati dalla lunga esposizione al sole e al vento, gli abiti di pelle dalle lunghe giacche sfrangiate e i cappelli di castoro, i due uomini erano il ritratto dell’avventuriero americano.
Di famiglie benestanti e appartenenti alla elite del Paese, erano entrambi irrequieti e avevano preferito l’incognita dell’esplorazione al matrimonio e alla direzione delle piantagioni in Virginia e Kentucky. Partirono con due dozzine di uomini, provvigioni e un fondo spesa del governo per 2 mila e 500 dollari.
Le difficoltà dell’impresa furono enormi. In primo luogo l’inclemenza del tempo, caldissimo durante l’estate e rigido in inverno. In secondo luogo le zanzare, un problema serissimo nella navigazione del Missouri che gli esploratori riuscirono a combattere solo cospargendosi il corpo di grasso di orso. E poi il problema del cibo, spesso scarso o limitato a carne di alce nella migliore delle ipotesi, radici nella peggiore. Da ultimo, l’incognita degli indiani, per i quali Lewis aveva una politica, ma di cui non sapeva assolutamente nulla. All’epoca si pensava che fossero i discendenti di una tribù di Israele, e che alcuni fossero di origine gallese. Questa fantasia era stata creata da isolati cacciatori al primo avvistamento dei Mandan, dalla pelle e gli occhi più chiari, e fu confermata dall’incontro con Grande Bianco, il capo che seguì Lewis a Washington e conobbe Jefferson.
I primi indiani, Clark e Lewis li incontrarono nelle grandi pianure a Ovest del Mississippi, una terra che avevano subito battezzato il Giardino dell’Eden per la sua ricchezza. Lì avevano cacciato il primo bisonte, fino allora noto solo a qualche francese oltre che agli indiani.


Lewis e Clark

Quando entrarono in contatto con gli Oto, proprio un francese che conosceva la loro lingua tradusse il discorso di Lewis, una tirata di mezz’ora per presentare ai capi indiani la sua spedizione e il governo degli Stati Uniti. E sempre chiamandoli “figli”, Lewis spiegò che, se non si fossero comportati bene, il grande padre a Washington non avrebbe più inviato uomini bianchi a incontrarli. Allora quella era veramente una minaccia, per quanto oggi ci possa sembrare strano. Senza commercio, gli Oto avrebbero sofferto forti privazioni e sarebbero stati in balia delle tribù provviste di armi e munizioni, come i Piedi Neri. Parsimoniosamente, Lewis distribuì agli Oto i suoi regali: un pò di tabacco, lettere firmate dal Presidente e medaglie senza valore con la faccia di Jefferson, il grande padre. La stessa cerimonia Lewis la ripetè con tutte le altre tribù, anche i più terribili Sioux Yankton del South Dakota e Sioux Teton.


Si effettuano rilevazioni necessarie alla creazione di una mappa

Dai Teton, gli esploratori osservarono per la prima volta la danza dello scalpo, e furono accolti con grandi cerimonie da Bisonte Nero, che offrì loro le giovani donne del villaggio. Ma i Sioux non divennero mai amici, e un tentativo di derubare la spedizione fu sventato solo perchè dei prigionieri Omaha svelarono i dettagli del piano all’accompagnatore- interprete francese. Lewis e Clark non persero mai il proprio senso di superiorità nei confronti degli indiani, anche se senza di loro probabilmente non avrebbero completato con successo la loro avventura.
Cruciale fu soprattutto la presenza di Sacagawea, la Shoshone quindicenne compagna del quarantacinquenne Touissant Charbonneau, un franco-canadese che viveva con gli Hidatsa e l’aveva vinta in una scommessa dal guerriero che l’aveva fatta prigioniera anni prima. Charbonneau fu ingaggiato come interprete da Lewis e la donna lo seguì, nonostante fosse incinta. Saca gawea ebbe un effetto civilizzatore sul manipolo di soldati ed esploratori isolati nel territorio selvaggio del West, ma in modo più pratico fu essenziale in situazioni drammatiche.


La spedizione in visita ad una tribù

Quando la spedizione si ridusse a mangiare del vecchio mais, Sacagawea raccolse i carciofi che i topi della prateria avevano accumulato sotto terra. Insegnò a Lewis il valore nutritivo di certe radici e della liquerizia. E in un momento di forte tensione con gli indiani Shoshone, che avrebbe potuto risolversi in uno scontro armato, Sacagawea salvò la situazione riconoscendo nel loro capo Cameah walt il fratello che non vedeva da anni, da quando era stata fatta prigioniera dagli Hidatsa. Anni dopo, William Clark adottò il figlio di Sacagawea, Jean Bap tiste, nato durante la spedizione, gli dette una raffinata educazione e lo mandò a visitare l’Europa.
Ma il ruolo di Sacagawea non fu mai riconosciuto dai capitani e dal governo americano. E così quello di York, lo schiavo cresciuto con Clark che lo accompagnò e lo servì durante i due anni del viaggio, ma non fu mai compensato per i suoi servizi. Di ritorno a casa, York chiese di essere messo in libertà ma Clark trovò la richiesta impertinente. E non accettò neanche di acquistare la moglie di York, schiava in una piantagione distante, per riunire la sua famiglia. Nonostante la statura da eroi che fu conquistata dai due capitani con la spedizione, Lewis non riuscì a profittarne. Incline alla depressione, alcolizzato e dipendente dalle droghe che curavano la sua malattia – alcuni dicono sifilide – non fu troppo contento di dover annunciare a Jefferson che il famoso passaggio a Nord Ovest non esisteva.
Il fiume Missouri, il più lungo del Paese, scendeva certo dal Continen tal Divide verso l’Ovest, ma era un fiume traditore, e la sua parte superiore non era affatto navigabile.


Una statua eretta in onore della spedizione di Lewis e Clark

Lewis non riuscì mai a riordinare le migliaia di pagine di diario scritte durante il viaggio, nè a pubblicare la pletora di scoperte scientifiche da lui realizzate. Fallì anche come Governatore della Louisiana, e durante un viaggio da St. Louis a Washington per conferire con il suo amico e Presidente, si uccise in una modesta taverna del Tennessee. Prima si sparò due volte senza successo, poi si tagliò tutto il corpo con un rasoio, e dopo poche ore morì dissanguato. Aveva solo 35 anni ed era stato il primo uomo bianco ad attraversare l’America, uno degli ultimi a incontrare gli indiani senza volerli sterminare.

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