Buck Taylor, il re dei cowboys

A cura di Valentina Santoli

Oggigiorno parlando di “cowboys” in genere pensiamo a personaggi romantici, cavalieri solitari senza macchia simbolo di coraggio, onore e libertà. Ma non è sempre stato così: anzi, per la maggior parte del diciannovesimo secolo “cowboy” era un termine dispregiativo, legato ai fuorilegge e ai mandriani buoni a nulla in cerca di lavoro che vagavano per il west. Il radicale cambiamento che portò alla trasformazione del cowboy in un’amatissima icona americana è dovuto in particolare ad una persona, un mandriano di Fredericksburg che rispondeva al nome di William Levi “Buck” Taylor.
Nel 1883, quado il famoso Bill Cody creò il suo “Buffalo Bill’s Wild West Show”, una delle rappresentazioni più conosciute era dedicata all’ultima battaglia del Generale Custer, accaduta appena sette anni prima. Cody aveva affidato il ruolo di Custer, protagonista principale dello show, ad un ragazzo alto e dinoccolato di origini texane: William Levi Taylor, appunto. In un’epoca in cui l’altezza media di un uomo era di circa 1,70 metri, il giovane si imponeva con il suo metro e novanta; era conosciuto anche per il suo grande amore per i biscotti (si dice che un giorno ne mangiò ben 24 in una volta sola).
William Levi “Buck” Taylor nacque a Fredericksburg, Texas il 15 ottobre 1857. Il ragazzo aveva un fratello ed una sorella, Baxter e Mary: i tre bambini persero presto il padre, che fu ucciso durante la Guerra Civile, e malauguratamente anche la loro madre morì di lì a poco, lasciandoli orfani.
Un ritratto di Buck Taylor
Buck imparò a cavalcare e ad occuparsi del bestiame in giovanissima età, così come i suoi fratelli, e divenne un vero cowboy texano. Anche la sorella Mary era molto in gamba, e si costruì la reputazione di essere capace di “domare il cavallo più selvaggio o di legare con la corda la mucca più refrattaria della contea”. Buck, come molti altri che facevano il suo mestiere, era un girovago: uno dei vantaggi del suo lavoro era una vita senza legami, con la libertà di andare e venire come più desiderava. Tale libertà era anche una delle concessioni fatte ai mandriani dai proprietari dei ranch, i quali, dal canto loro, potevano così dare ai cowboys una paga bassa e concedergli ben pochi altri vantaggi.
All’incirca nel 1880, Buck si diresse verso il Nebraska e fu proprio lì che, dopo aver condotto una mandria al Cody-North Ranch sul Dismal River nei pressi di North Platte, grazie alla sua abilità nel domare i cavalli cavalli selvaggi fu assunto da Frank e Luthor North ed incontrò il loro stravagante socio William “Buffalo Bill” Cody.
Cody rimase impressionato dall’altezza del ragazzo texano, che non solo riusciva ad atterrare e legare un manzo scatenato e a cavalcare il mustang più fiero con una scioltezza stupefacente, ma era anche atletico e di bella presenza, con lunghi capelli ondulati sciolti sulle spalle.
Nell’organizzare il suo spettacolo, Cody aveva creato personaggi eroici tra gli Indiani, la cavalleria, e via dicendo. L’unica figura del West che era rimasta fuori era il cowboy che, come accennavamo in premessa, allora era un termine utilizzato in senso dispregiativo, associato ai fuorilegge o ai compiti più sgradevoli dei mandriani, come pulire le vacche ferite dai vermi o trascinarle fuori da paludi e pantani.
Buffalo Bill decise di rivoluzionare l’immagine del cowboy facendone una star del suo show, e Buck Taylor faceva proprio al caso suo. Quel ragazzo alto, divoratore di biscotti, avrebbe avuto un look totalmente rinnovato e sarebbe stato conosciuto come “il Re dei Cowboys”. Con indosso una camicia rossa ed un sombrero ricamato, Buck ebbe fin da subito un enorme successo, e pare che nessuno ne rimase più stupito del suo stesso creatore William Cody. Buffalo Bill gli creò anche un’apposita biografia, secondo la quale Buck era un coraggioso texano rimasto presto orfano, cresciuto tra enormi difficoltà. Incorruttibile, combatteva sempre dalla parte della giustizia: un gigante d’uomo, ma sempre buono ed umile.


Buck Taylor, un primo piano

Buck Taylor seguì Buffalo Bill ed il suo Wild West Show in tournèe in giro per il mondo, eseguendo numeri spettacolari a cavallo e diventandone una delle più grandi star, al pari di Annie Oakley e Toro Seduto. A Londra, Parigi e New York veniva assediato dai fans ogni volta che camminava per strada, e più la sua fama cresceva, più Buffalo Bill si sforzava di migliorarne l’immagine: Buck iniziò ad apparire in pubblico con abiti ricamati alla moda, una pistola sei colpi col manico di madreperla e copripantaloni maculati.
Cody, naturalmente, era interessato a vendere più biglietti possibile, ed inventò delle storie ad hoc per raggiungere il suo obiettivo: fu così che la figura del cowboy iniziò a tingersi di leggenda.
Le vicende raccontate da Cody finirono sui giornali del tempo, che descrivevano Buck come “il coraggioso ragazzo orfano del Texas”, puro di cuore e sempre pronto a combattere per una buona causa, forte ma teneramente timido e, soprattutto, un vero galantuomo col gentil sesso.
Nel 1890 il Colonnello Prentiss Ingraham, scrittore di romanzi popolari western in cerca di ispirazione e già autore di una serie di racconti su Buffalo Bill, fu colpito dalla fama di Buck e pensò che sarebbe stato un ottimo protagonista per le sue storie: scrisse così un ciclo di racconti in cui Buck Taylor, il Re dei Cowboys, era l’eroe indiscusso. In uno di essi, salvava la figlia del Capitano dei Texas Ranger McNally (personaggio probabilmente basato sul vero Capitano dei Texas Ranger Leander H. Mc Nelly). Come ricorderanno i conoscitori dei B-movies western degli anni ’30 e ’40, il tema del giovane eroe che salva una damigella in pericolo era all’epoca molto popolare.
Il cowboy dei racconti di Ingraham non era più un poco di buono, ma una sorta di eroico cavaliere medievale, che uccideva i malvagi e accorreva in soccorso delle fanciulle. Questa nuova visione del personaggio prese ben presto piede ed iniziò a diffondersi a macchia d’olio.
L’immancabile Dime Novel
Contemporaneamente alla messa in stampa ed alla fama dei racconti su Buck Taylor, l’attenzione del pubblico veniva destata dalle immagini romanzate dei cowboys dipinte da Frederick Remington e Charlie Russell. Nel 1902 fu pubblicato “The Virginian”, romanzo di Owen Wister destinato a stabilire lo standard classico del western che sarebbe stato utilizzato sia nei libri che nei film nel corso di tutto il ventesimo secolo; e ancora, i racconti western di Zane Grey hanno venduto 40 milioni di copie ed ispirato ben 112 film nel corso degli anni. In tutta quest’ampia produzione, il cowboy era l’eroe.
Buck rimase per diversi anni con Cody e nel 1887, durante il primo tour europeo, era assieme a lui al cospetto della Regina Vittoria. Nel 1890 decise di costruire un proprio ranch assieme al fratello Baxter e lasciò lo show; continuò tuttavia ad esibirsi, e già nel 1894 aveva fondato un proprio Wild West Show. In seguito fu arrestato a San Francisco per crudeltà verso gli animali a causa di una denuncia della Humane Society, sdegnata per il fatto che prendeva i bovini al lazo e li cavalcava: tuttavia, la giuria stabilì la sua non colpevolezza.
Agli albori del ventesimo secolo, mentre la storia dei veri cowboys volgeva al tramonto, sorgeva il loro mito: negli anni ’50 il cowboy, divenuto una figura leggendaria, incarnava tutti i valori più solidi e positivi della vera America.
E tutto ha avuto inizio con Buck Taylor, il primo e unico Re dei Cowboys.

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