Cochise

A cura di Cesare Bartoccioni

Un ritratto di Cochise
Nell’estate del 1872 uno sviluppo davvero inatteso si verificò nella capitale della Nazione. Il Presidente Ulysses S. Grant, sperando di mettere fine alla guerra Apache nell’Arizona del sud est, inviò il Generale di Brigata Oliver O. Howard in Arizona per fare pace con Cochise, il celebrato condottiero della banda Chokonen degli Apache Chiricahua (1). Che le sue attività occupassero i pensieri dei capi militari e civili d’America sarebbe stata una sorpresa per l’anziano capo, il quale era per natura modesto e senza pretese.
Tuttavia, la reputazione di Cochise aveva convinto i maggiori leader di Washington che egli fosse la chiave per ottenere una pace duratura con gli Apache Chiricahua.
In quel tempo – eccetto forse per Nuvola Rossa, il grande capo Lakota – Cochise era forse l’Indiano più famoso del West. Tale designazione non lo avrebbe adulato. Dopo 12 anni di guerra contro gli Americani – un conflitto sanguinoso e senza pietà che era iniziato dopo che le truppe Americane lo avevano tradito nel 1861 – Cochise era giunto alla conclusione che doveva fare la pace per assicurare la sopravvivenza del suo popolo.
La moglie di Cochise
L’età stava iniziando a farsi sentire, la sua salute stava deteriorando, e la lunga guerra che aveva scatenato contro il Messico e gli Stati Uniti aveva preso le vite di molti della sua gente. Quindi, quando il Generale Howard entrò nell’accampamento di Cochise nelle Dragoon Mountains nell’Arizona del sud est, accompagnato dal suo aiutante, il Tenente Joseph A. Sladen, e da Thomas J. Jeffords, un uomo della frontiera che godeva della fiducia di Cochise, essi trovarono il capo pronto a fare la pace.
Cochise e la sua banda Chokonen erano sparsi per tutta l’Arizona del sud est, il New Mexico del sud ovest e il Messico del nord. Nato intorno al 1810, era cresciuto durante un periodo relativamente pacifico nei rapporti Apache-Messicani. Nel 1831, tuttavia, le relazioni erano deteriorate sensibilmente, ed il tradimento e la guerra si sostituirono all’armonia ed alla tranquillità. Questo precario stato di cose con il Messico sarebbe continuato per tutta la vita di Cochise, sebbene tregue ed armistizi avrebbero interrotto occasionalmente le ostilità.


Il Tenente Joseph A. Sladen (il secondo da destra seduto)

Di tanto in tanto, le autorità Messicane, incapaci di sconfiggere i Chiricahua in combattimento, si rivolgevano a mercenari e cacciatori di scalpi per sterminare gli Apache. Gli infami massacri di Johnson e Kirker del 1837 e del 1846, nei quali i mercenari massacrarono circa 175 Chiricahua, lasciarono segni indelebili in Cochise.


Una vista delle Dragoon Mountains

Egli perse suo padre, un importante capo banda, in uno di quei massacri premeditati, probabilmente durante il massacro di Kirker. Naturalmente, tali crudeltà e inganni servirono solo ad esacerbare le ostilità, poiché la vendetta era un fattore importante nell’idea della guerra degli Apache. Nel 1856 Cochise divenne il principale capo guerriero della banda Chokonen dopo la morte del suo capo, Miguel Narbona.
Naichè, figlio di Cochise
Due anni più tardi ebbe il suo primo contatto con gli Americani all’Apache Pass (nell’odierna Arizona), dove incontrò l’agente Apache Michael Steck. Non aveva motivo di agire militarmente contro questi nuovi venuti, che non avevano fatto nulla per guadagnarsi la sua ostilità e non erano allora una forza significativa nell’Arizona meridionale. Le relazioni divennero difficili nel 1860 a causa di alcune razzie di bestiame – razzie che gli Apache non consideravano essere azioni di guerra.
Nel febbraio 1861, la guerra tra gli Apache Chiricahua e gli Americani scoppiò con uno scontro violento ed insensato all’Apache Pass. Il Primo Tenente George N. Bascom, con un distaccamento di soldati, arrivò all’Apache Pass e richiese di parlamentare con Cochise. Bascom, alla ricerca di un ragazzo catturato di recente dagli Apache Occidentali, credeva che la gente di Cochise fosse responsabile. Bascom ordinò ai suoi uomini di circondare la tenda quando Cochise e la sua famiglia fossero venuti a parlamentare. Cochise, rendendosi conto di essere prigioniero, tagliò la tenda e guadagnò la libertà (i Chiricahua si sarebbero per sempre riferiti a questo evento con le parole “Taglia la Tenda”). Ma cinque membri della famiglia di Cochise non riuscirono ad evadere. Pochi giorni dopo, Cochise catturò un impiegato di diligenza e subito dopo attaccò un convoglio merci, uccidendo tutti i Messicani del convoglio e catturando tre Americani. Offrì di scambiare gli ostaggi per i suoi parenti, ma Bascom rifiutò di acconsentire a meno che Cochise non restituisse il ragazzo. Frustato, Cochise torturò i suoi prigionieri a morte. Bascom rispose impiccando il fratello e due dei nipoti di Cochise. In seguito, Bascom rilasciò la moglie ed il figlio di Cochise.
Il Tenente George N. Bascom
L’esecuzione dei suoi parenti suscitò in Cochise un odio viscerale contro gli Americani e fece scoccare il duro conflitto che sarebbe durato per tutti gli anni ’60 del 1800. Importava poco che solo pochi Americani lo avessero tradito; li odiava tutti. All’inizio razziò ed uccise per vendetta; più tardi, anche se la sua rabbia si stava placando, continuò a fare la guerra, poiché il conflitto si era evoluto in un sanguinario ciclo di vendette – contrattacchi Americani e rappresaglie Apache. Cochise assunse un atteggiamento aggressivo per i primi cinque anni di guerra ottenendo l’aiuto di altre bande Chiricahua, come i Bedonkohes ed i Chihennes sotto il comando di suo suocero, lo stimato capo, alto quasi due metri, Mangas Coloradas (2) (anch’egli spinto alla guerra dagli Americani). Durante l’estate del 1861, i Chiricahua tesero imboscate a diversi gruppi nel Cooke’s Canyon nel Territorio del New Mexico e, il 27 settembre 1861, assaltarono apertamente la città mineraria di Pinos Altos, New Mexico, ma i minatori respinsero il loro attacco. Per quell’epoca la maggior parte degli angloamericani aveva abbandonato l’Arizona meridionale, lasciandola praticamente disabitata dai bianchi con l’eccezione di coloro che vivevano a Tucson ed in qualche miniera isolata. Cochise ritenne naturalmente che la sua gente aveva scacciato gli Americani dal suo territorio. “Alla fine i vostri soldati mi fecero un grande torto, ed io e la mia intera tribù andammo alla guerra contro di loro”, disse. “All’inizio avemmo successo, ed i vostri soldati furono scacciati via e la vostra gente fu uccisa, e noi ?possedemmo la nostra terra di nuovo”.


Gruppo di guerrieri Chiricahua

Nel giugno del 1862 la Colonna della California sotto il comando del Generale di Brigata James Carleton si fermò a Tucson prima di continuare il suo viaggio verso est per ricacciare le forze Confederate nel Texas. Il percorso della Colonna attraversava l’Apache Pass. Cochise e Mangas Coloradas, credendo che le truppe fossero arrivate per punirli, prepararono un’imboscata, sperando di impedire ai bianchi di rifornirsi di acqua alle Sorgenti Apache. Il Capitano Thomas Roberts guidò un distaccamento in avanscoperta che si scontrò con i Chiricahua il 15-16 luglio 1862. Cochise aveva posizionato la maggior parte dei suoi uomini sulle colline che dominavano entrambi i lati della sorgente. Gli Americani scacciarono infine gli Indiani dai loro contrafforti quando Roberts scatenò due Howitzers da montagna che spararono diverse granate vicino alle posizioni Indiane. Entrambi gli schieramenti lottarono duramente, ed entrambi persero uomini.?La furia di Cochise venne riaccesa nel gennaio del 1863 quando gli Americani persuasero Mangas Coloradas a venire a parlamentare e lo giustiziarono – ciò, per i Chiricahua, “fu il maggiore dei torti”. Per Cochise, la perdita del suocero ed alleato fu una pena profonda ed insanabile. L’esecuzione di Mangas ricordò a Cochise che non poteva fidarsi degli Americani, specie se soldati.


Cannone Howitzers

All’inizio del 1865 la banda di Chihenne nel New Mexico, al comando di Victorio, discusse i termini di pace con gli Americani, ma Cochise si rifiutò, dichiarando che non avrebbe mai fatto la pace. Temeva ancora il tradimento dei bianchi. Infatti, il 1865 era destinato a divenire uno degli anni della sua maggiore attività in Arizona. Attaccò ranch, viaggiatori e truppe su entrambi i lati del confine. Tuttavia con il finire della Guerra di Secessione la situazione militare in Arizona stava cambiando, e Cochise si rese presto conto che le truppe ed i cittadini Americani erano più determinati e meglio armati rispetto alle loro controparti a sud del confine. Quindi, tra il 1866 e il 1868, egli fu costretto ad adottare tattiche di guerriglia contro Americani e Messicani. Sul finire del 1868, comunque, le campagne Messicane lo avevano spinto a nord in Arizona, ed ora, per la prima volta, considerò con riluttanza la prospettiva di far pace con gli Americani. Nel corso dei successivi quattro anni (1869-1872) Cochise comprese chiaramente l’inevitabilità della pace. Eppure stava combattendo la sua propria battaglia interiore. Non era mai stato un Indiano della riserva, e non si fidava ancora degli Americani. Il suo primo incontro con gli Americani dal tempo dell’Affare Bascom avvenne nelle sue amate Dragoon Mountains agli inizi del febbraio del 1869. Voleva la pace, ma si rifiutava di andare vicino ad un avamposto militare per concludere un trattato. Quell’autunno la sua gente combatté due grandi battaglie nelle Montagne Chiricahua contro truppe provenienti da Fort Bowie, che costarono la vita a diversi Chokonen.


Fort Bowie

Subito dopo, Cochise fece giungere la voce all’agente indiano degli Apache nel New Mexico che avrebbe discusso una tregua se si fosse convinto della buona fede degli Americani. Nell’estate del 1870 visitò Campo Mogollon in Arizona ed ammise lì ad un ufficiale Americano che aveva ucciso “più o meno tanti quanti ne aveva persi” e che ora egli era “più o meno pari”. Due mesi più tardi raggiunse i suoi parenti Chihenne a Cañada Alamosa, vicino all’odierna Monticello, e tenne colloqui con William Arny, agente indiano speciale per il New Mexico. Cochise confermò il suo desiderio per una tregua con gli Americani, dichiarando: “Se il governo parla con lingua dritta io voglio una buona pace”. Tuttavia rivelò anche la sua contrarietà alla vita nella riserva dichiarando che il desiderio del suo popolo era “di spaziare liberi come un coyote; non vogliono essere messi in un corral”. L’idea di una riserva, con le sue implicite restrizioni, era completamente aliena alla visione che il guerriero Apache aveva del suo universo. Dopo un mese di permanenza, Cochise lasciò Cañada Alamosa nel novembre del 1870, evidentemente con l’intenzione di raccogliere ulteriori membri della sua banda. Tuttavia, mentre era assente, Washington nominò un nuovo agente, e a Cochise arrivarono delle voci secondo cui i responsabili americani stavano pianificando il raggruppamento dei Chiricahua con i Mescalero a est del Rio Grande.


Prigionieri Chiricahua a Fort Bowie

Rimase quindi in Arizona dove, durante la primavera e l’estate del 1871, le truppe non gli diedero, secondo le sue parole, “nessun riposo, nessuna pace” (3). Alla fine di settembre ritornò a Cañada Alamosa e vi restò fino alla fine del marzo 1872, quando il governo trasferì l’agenzia a Tularosa, a nord dei Mogollon. A quel punto egli tornò nelle Dragoon Mountains in Arizona, dove nell’ottobre del 1872 il Generale Howard lo incontrò e stipularono un trattato, uno che Cochise mantenne fino alla fine, avvenuta in quelle stesse montagne Dragoon l’8 giugno 1874. Ai suoi tempi, Cochise era la personificazione dell’essenza dell’idea Apache della guerra. Ma era più che un semplice guerriero – molto di più. Era un Indiano che amava così tanto la sua famiglia, la sua gente e le montagne nelle quali era stato costretto, che avrebbe lottato fieramente per proteggere e preservare tutto ciò che era Apache. Indubbiamente era capace di crudeltà indicibili e violenti atti di vendetta su bianchi innocenti. Il fatto che Cochise subì gravi ingiustizie ed equivoci e che fu obbligato a vedere la scomparsa della sua terra natale e della sua gente non può forse, nella visione storica, giustificare tutto ciò che fece. Comunque egli è la personificazione della naturale resistenza di un popolo all’invasione della sua terra.


Il Generale Oliver Otis Howard

Il guerriero conosciuto come Cochise occuperà per sempre un gigantesco posto nella storia del Sud Ovest Americano. In un modo profondamente eroico, prese il suo posto alla testa del suo popolo minacciato attraverso anni violenti. Le sue abilità fisiche erano così straordinarie che tali abilità da sole lo avrebbero condotto alla testa della sua banda Chokonen. Un Americano della frontiera che lo conosceva bene insisteva che Cochise “non aveva mai incontrato eguali nell’uso della lancia”; un altro assicurava che nessun Apache “può incoccare una freccia e spedirla più lontano e con più facilità di lui”. Ed abbiamo molti resoconti di testimoni oculari che confermano l’abilità di Cochise come cavaliere. Durante un furioso scontro a cavallo, uno scout Americano cercò a più riprese di abbattere Cochise, ma i suoi sforzi furono del tutto vani, poiché l’Indiano “scivolava lungo il lato del suo cavallo, aggrappandosi al collo dell’animale”.


Apache in fuga

Tuttavia fu più della sua forza e delle sue abilità fisiche ad ispirare i guerrieri di Cochise. Il capo Chiricahua aveva spesso espresso il suo grande rispetto per coloro i quali mostrassero due attributi: coraggio e devozione alla verità. Nessuno li mostrava entrambi in modo più persistente e profondo di Cochise stesso. Il suo coraggio negli scontri e nelle battaglie è ora leggendario. Conduceva sempre di persona i suoi uomini in combattimento ed era frequentemente la figura centrale per tutta la lotta. Un ufficiale Americano affermò che “molti sforzi venivano fatti per uccidere Cochise che guidava i suoi guerrieri a cavallo” in diverse cariche. Sempre durante uno scontro, non importa quanto caotico e confuso, Cochise raggiungeva il pieno controllo dei suoi uomini. “Sarebbe più facile per un soldato semplice disobbedire ad un diretto ordine del Presidente piuttosto che per un Apache Chiricahua disobbedire a un comando di Cochise”, dichiarò un osservatore.?Il capo guerriero rispettava ed ammirava molto il coraggio anche quando appariva nei suoi nemici. Una ragione del fatto che la sua amicizia con il Generale Howard e con il Tenente Sladen si sviluppasse così velocemente e solidamente fu che essi ebbero il “coraggio di visitarlo quando fare ciò avrebbe potuto causare la loro morte”.
Ancora un ritratto (dubbio) di Cochise
E Cochise non sopportava i mentitori. Si manteneva fermo ad una semplice filosofia sulla verità: “Un uomo ha solo una bocca e se non dice la verità dovrebbe essere messo fuori dai piedi”. Aveva evidentemente un grande istinto per la verità ed una chiara capacità di distinguere l’inganno e la falsità. Con solo poche notabili eccezioni, non si fidava di nessun Americano, per istinto o esperienza. Questa sfiducia per gli Americani gli impedì di rivelare molti dettagli della sua vita ai curiosi bianchi. Tenne fede al suo credo rifiutando categoricamente di parlare del passato. Se pressato, diceva semplicemente: “non voglio parlare di questo”. Alla fine, Cochise raggiunse i migliori termini che fossero possibili per lui. I suoi ultimi anni furono un tempo di pace in America, il tipo di pace che si ottiene solo perché la lotta è finita. Ottenne una riserva nei suoi territori ancestrali, un agente nel quale poteva riporre fiducia completa e assoluta, e la promessa di libertà dall’interferenza dei militari. Oggi occupa un posto venerabile nella storia del grande Sud Ovest Americano: Cochise, l’Apache Chiricahua, il capo del suo popolo.

NOTE FINALI

  1. Uno dei gruppi principali in cui erano divisi gli Apache; ogni gruppo era poi suddiviso a sua volta in sottogruppi. I gruppi principali erano gli Apache Occidentali, i Mescalero, i Jicarilla, i Chiricahua, i Lipan, e gli Apache Kiowa. Il nome “apache” deriva dalla lingua Zuni, col significato di “nemico”. Gli Apache si chiamavano Inde, o Nde, che significa “il popolo”. Insieme ai Navajos, fanno parte del gruppo linguistico Athapascan (N.d.T.)
  2. In spagnolo: Maniche Rosse (N.d.T.)
  3. Il gioco di parole è evidente nell’originale inglese: “no rest, no peace”, con riferimento alla comune epigrafe scolpita nelle tombe: “rest in peace”, riposa in pace (N.d.T.)

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