“Mi son fatto fare dei mocassini.” Guerra ed etica del guerriero tra i Crow

Quindi si sceglieva chi sarebbe entrato per primo nel campo nemico e il portatore di pipa innalzava una preghiera al sole, promettendo di erigere una capanna sudatoria in segno di ringraziamento se la spedizione avesse ottenuto successo e se non ci fossero state perdite umane. Gli uomini quindi si avviavano verso il campo nemico e razziavano quanti più cavalli possibile, fino a quando il portatore di pipa non intimava ai suoi uomini di fermarsi e di tornare indietro. Il primo giorno e la seconda notte dopo la razzia si galoppava a gran velocità senza sosta; il secondo giorno si rallentava, per cacciare, mangiare e rifocillarsi. Quando poi ci si avvicinava al campo, i guerrieri trionfanti sparavano in aria e attraversavano tutto l’accampamento con i cavalli rubati.


Plenty Coups (Molti Trofei) e Big Shoulder Blade (Grande Scapola)

Teoricamente, tutto il bottino spettava al portatore di pipa; questi provvedeva comunque a dividerlo in parti uguali tra i suoi uomini (in caso contrario, sarebbe stato accusato di spilorceria). Dopo il leader della spedizione, la maggiore gloria spettava agli scout: questi indossavano le loro pelli di lupo e intonavano dei canti. La sera, tutti i membri della spedizione si radunavano nella tenda del “portatore di pipa”; dietro i guerrieri si sedevano le donne più giovani che, dopo che gli uomini avevano terminato di mangiare e intonare i loro canti, prendevano parte del cibo preparato per l’occasione e lo portavano a casa.
Le spedizioni di guerra in ogni caso non erano certo gite di piacere.
Oltre a “consumarsi le natiche” nella precipitosa fuga a cavallo che seguiva la razzia, c’era sempre il rischio di razziare un numero di cavalli inferiore a quello dei membri della spedizione e lasciare a piedi qualcuno, che sarebbe stato quindi più esposto al rischio di essere raggiunto dai nemici e ucciso. C’erano anche le avversità metereologiche: una volta, quasi un’intera spedizione perì in una tempesta di neve dopo una riuscita razzia in un campo Piegan.
Oltre alle razzie, venivano organizzate anche spedizioni mirate all’uccisione di uno o più nemici per vendetta. Gray Bull (Bisonte Grigio), la cui curiosa “medicina” era un dente estratto dal cadavere di un esperto razziatore di cavalli, cosa che a suo dire gli aveva permesso di mettere insieme una novantina di cavalli rubati, raccontò a Lowie un episodio di questo genere. Era seduto assieme allo sciamano da cui aveva ottenuto la propria “medicina”, quando una donna, il cui figlio era stato ucciso di recente, gli si avvicinò porgendogli una pipa. Lo sciamano gli ingiunse di accenderla e fumarla e Gray Bull obbedì. La pipa fu passata agli altri presenti e solo allora ci si accorse che la donna aveva portato con sé un cavallo carico di regali, che distribuì a Gray Bull e al suo protettore.


Delegazione Crow a Washington, 1880

Gray Bull si era quindi implicitamente accollato l’incarico di vendicare il giovane ucciso e, sotto consiglio del suo mentore, si rivolse alla donna dicendo: “Nonna, domani mi recherò nella capanna sudatoria e il giorno successivo mi metterò in marcia (contro il nemico).” Il giorno successivo Gray Bull si recò effettivamente nella capanna sudatoria, raccomandando alla donna di continuare a ridurre in polvere del legno carbonizzato per otto giorni a partire dalla sua partenza, e di aspettarlo. Sei giorni dopo la sua partenza, Gray Bull e il suo gruppo furono avvistati da alcuni Piegan, che rubarono loro i cavalli. I Crow partirono all’inseguimento e riuscirono a recuperare quasi tutti i cavalli e a uccidere quattro dei nemici. Si diressero quindi verso l’ accampamento, galoppando al massimo della velocità. L’ottava notte, Gray Bull si staccò dal gruppo in modo da poter raggiungere il campo entro il termine di tempo annunciato alla donna. Incontratola, le disse di continuare a preparare il carbone e di smettere di piangere. Nell’accampamento, la gente si era intanto disposta in cerchio, pronta a iniziare la cosiddetta Lunga Danza (baaha’tsgye disu’a). Alla fine, ognuno dei guerrieri invitò gli astanti nella propria tenda, per narrare la spedizione nei dettagli. A ciascuno di questi conviti era immancabilmente presente un parente del ramo paterno del proprietario della tenda, che aveva a suo tempo contato “coup” (a’sa’ke) e che era incaricato di cantar le lodi del guerriero che aveva appena fatto ritorno. Nei giorni successivi si teneva una grande tsuu’ra o celebrazione. I cantanti migliori si riunivano per intonare i canti al suono dei quali le mogli dei migliori “contatori di coup” sollevavano la “medicina” del proprio marito, collocata su un lungo bastone. La danza continuava fino a tarda notte, ma chi era ancora in lutto o aspettava vendetta per un parente seguitava con i propri lamenti fino all’alba. La mattina successiva, diverse persone si introducevano furtivamente nelle tende dei guerrieri appena tornati, scaraventando via le coperte con cui dormivano (e magari scoprendoli mentre giacevano con le mogli). Veniva quindi preparato del cibo e i guerrieri si recavano a danzare con chi era in lutto; venivano cantate di nuovo le lodi dei prodi che avevano ucciso i nemici e chi piangeva un parente iniziava a danzare fino a quando il sole raggiungeva il suo punto massimo.


Una danza notturna in un campo Crow

I guerrieri si annerivano la faccia per simboleggiare l’uccisione di un nemico (da qui l’invito di Gray Bull alla donna di preparare polvere di carbone a sufficienza); “una faccia annerita” era quindi per i Crow sinonimo di ritorno da una spedizione di guerra fruttuosa. Un’altra usanza era quella di utilizzare il sangue di un bisonte ucciso per decorare gli indumenti. A tale scopo, il sangue veniva mischiato con acqua e due diversi tipi di carbone. Quindi gli uomini strofinavano le loro vesti con dell’argilla bianca e poi diversi notabili, dopo aver proclamato le proprie gesta, decoravano le vesti con i simboli corrispondenti ai “coup” contati. La simbologia di queste decorazioni era la seguente:
1) chi aveva contato il primo “coup” e strappato un’arma al nemico, copriva tutta la propria veste o la coperta indossata con la mistura di sangue e carbone;
2) chi aveva contato “coup” sul nemico per secondo o terzo, decorava solo metà dalla propria veste con la mistura;
3) chi aveva contato “coup” per quarto, tingeva con il sangue solo le maniche della propria camicia.

C’erano poi altri tipi di decorazione, quali orme di cavallo, strisce parallele e figure antropomorfe che simboleggiavano i nemici uccisi. Dopo la decorazione, il gruppo si avvicinava all’accampamento e passava la notte all’esterno del cerchio. Il giorno successivo, i guerrieri facevano fuoco con le loro armi, ed emettevano un suono particolare. Poi mandavano chi aveva contato “coup” a prendere un tamburo per ciascuno dei propri compagni. Nel frattempo al campo le donne, udendo gli spari, si erano già abbigliate e avevano tirato fuori i bastoni con gli scalpi, pronte a danzare di fronte ai guerrieri al loro arrivo. Era considerato un ritorno vittorioso (ara’tsiwe) quello di una spedizione di guerra in cui uno dei partecipanti aveva contato “coup”, oppure quando il gruppo riportava dei cavalli razziati. Questo però non era sufficiente perché le donne del villaggio eseguissero la loro danza di vittoria. Quando i guerrieri avevano ucciso un nemico, essi si dipingevano il viso una o due notti dopo il ritorno e iniziavano a marciare per tutto l’accampamento; il loro comandante chiudeva il corteo e un araldo lo seguiva gridando ” Donne, indossate gli abiti e gli ornamenti più belli e recatevi alla tenda del portatore di pipa; faremo una grande festa stasera!” Tutto l’accampamento seguiva il corteo; giunti alla tenda, le donne si sedevano ciascuna dietro il loro guerriero favorito.


Racconti davanti al fuoco da campo

Si intonavano quindi i canti di lode per gli scout e per ogni scalpo preso (ossia per ogni nemico ucciso). Ogni donna prendeva la veste e il tomahawk del proprio guerriero favorito e, recatasi in un posto ben in evidenza nei pressi dell’ingresso della tenda, iniziava a danzare. L’araldo, seduto presso l’ingresso, faceva il nome di chi per primo aveva contato “coup”; questi rispondeva e quindi gli si faceva riempire un piatto con i dolci di bacche portati dalle donne presenti e gli si diceva di darlo a sua moglie. Lo scout che per primo aveva avvistato il nemico poteva scegliere il cibo che preferiva e offrirlo prima a sua moglie e poi alle altre donne presenti. Insieme all’altro scout consumava quindi il proprio pasto e poi serviva gli altri uomini. Dopo il banchetto, gli anziani presenti ordinavano alle donne di portare gli avanzi a casa e di affrettarsi poi a tornare per la cerimonia del “colpo sulla tenda” (ac-ditu’a). Per questa cerimonia, i ragazzi venivano incaricati di tagliare pali di salice e appoggiarli sulla tenda, e poi di aspettare tutti in fila il ritorno delle donne. L’araldo gridava: “Sciogliete i cavalli e portateli lontano; questi giovani stanno per colpire la tenda!”. I cantanti del gruppo iniziavano a battere sui loro tamburi e tutti gli altri (in genere coppie, ogni uomo portava con sé una giovane donna) prendevano dei bastoni di salice.

Pagine di questo articolo: 1 2 3 4

Per i Commenti è possibile usare il nostro forum