Il massacro Dade

A cura di Sergio Mura


La Seconda Guerra Seminole – che durò fino al 1842 – ebbe un notevole impulso con il cosiddetto “Massacro Dade”, un tragico e terribile evento del 1835 che segnò anche una gravissima sconfitta per l’esercito degli Stati Uniti. L’episodio non è unico nella storia delle guerre indiane, ma ha una sua rilevanza anche per via del numero dei soldati che furono coinvolti nel massacro.
Tutto nacque dall’ennesima contesa tra il governo degli Stati Uniti ed il popolo Seminole sul diritto di quest’ultimo di occupare la terra ancestrale in Florida.
I Seminole reclamavano quel diritto e già ne fruivano, mentre il Governo degli Stati Uniti lo negava decisamente e dopo una serie di confronti verbali decise di procedere militarmente contro gli indiani.
Ad affrontare i Seminole considerati ribelli vennero spedite due compagnie di soldati sotto la guida del Maggiore Francis L. Dade. Si trattava di un distaccamento di ben 110 soldati, regolarmente addestrati per affrontare gli indiani.
Fatto sta che il maggiore Dade e le sue due compagnie caddero in un’imboscata dei guerrieri Seminole mentre erano in marcia. Si trattò di un’imboscata totalmente inattesa, per giunta sviluppatasi in un terreno sfavorevole per le manovre dei soldati statunitensi. Il gran numero di guerrieri Seminole schierati a battaglia fece il resto e quando agli ultimi spari e gli ultimi colpi fece seguito il gelido silenzio della foresta, solo tre soldati erano sopravvissuti e uno di essi morì a causa delle tremende ferite il giorno seguente.


La marcia dei soldati

Il 28 dicembre 1835, due compagnie dell’esercito, per un totale di 110 soldati – tra cui soldati del 2° Artiglieria, 3° Artiglieria e 4° Reggimento di Fanteria – al comando del maggiore Francis Langhorne Dade partirono da Fort Brooke (ciò che oggi è Tampa) e si avviarono lungo la King Highway, una pista militare, con il compito di andare a rinforzare il distaccamento già presento a Fort king (l’odierna Ocala). I nativi americani della Florida – perlopiù Seminole – erano particolarmente nervosi per via della sempre più pressante politica governativa della “rilocazione”. Il Governo americano, in pratica, voleva che tutti gli indiani si spostassero, volenti o nolenti, presso riserve a ovest, ma questa volontà incontrava una quasi completa ostilità dei nativi che erano nati e volevano continuare a vivere nella loro terra.
Il maggiore Dade era stato avvisato di questo stato di cose, tanto che la sua missione era proprio quella di irrobustire la presenza militare al forte di destinazione. Tra le altre cose, Dade sapeva che c’era una possibilità di subire un attacco da parte di bande di guerrieri Seminole. E lo sospettava anche perché la sua lunga colonna di soldati era stata seguita per un buon tratto dagli indiani che però non si erano mostrati ostili e che, comunque, non si erano mostrati, né avevano attuato le consuete tattiche di guerriglia o di schermaglie. Dade si era convinto che se gli indiani avessero voluto tentare la prova di forza con lui ed i suoi soldati, ciò sarebbe certamente accaduto durante uno dei guadi o nei boschi più fitti, quelli maggiormente a sud. Poiché nulla era accaduto in quei frangenti, Dade riteneva di potersi sentire abbastanza al sicuro. Fu a questo punto che commise un grande errore di valutazione e fece rientrare nei ranghi gli scout che fiancheggiavano la colonna dei soldati al fine di accelerare il passo.
I guerrieri invece erano proprio lì ad attendere il momento opportuno per l’assalto. Nonostante i pini e le palme nane servissero in qualche modo a rasserenare i soldati (perché si credeva che un agguato non sarebbe stato possibile in quel contesto), moltissimi indiani erano riusciti a nascondere la propria presenza semplicemente evitando di stare in piedi. Si erano accovacciati o erano semplicemente sdraiati.
I Seminole si erano astenuti dall’attaccare i soldati nei guadi o nei boschi più fitti solo perché stavano aspettando che Osceola arrivasse per unirsi a loro, ma questo non accadde perché il grande guerriero era impegnato nell’uccisione di Wiley Thompson. Alla fine, perciò, i Seminole rinunciarono ad attendere oltre e attaccarono senza di lui.
I guerrieri Seminole si erano riuniti in piccoli gruppi lungo il percorso delle truppe e i loro scout tenevano costantemente d’occhio i soldati per poi riferire puntualmente ai capi.
Le truppe marciarono tranquillamente per cinque giorni dopo il 28 dicembre (data della loro partenza), fino al punto in cui si trovarono appena a sud della odierna città di Bushnell, in Florida.


Il segnale di attacco

Stavano attraversando una zona ricca di querce, pini, palme e palme nane quando riecheggiò uno sparo. Molte fonti sostengono che la prima raffica di spari ebbe l’effetto di una tempesta di fuoco e abbattè il Maggiore Dade e metà dei suoi uomini.
Quel giorno si stima ci fossero non meno di 180 Seminole in agguato in quella boscaglia a circa 25 miglia (40 km) a sud di Fort King. I Seminole hanno avuto il vantaggio del terreno a loro favorevole e, chiaramente, l’elemento sorpresa per i motivi che abbiamo esaminato prima.


L’attacco è devastante

Il Maggiore Dade, che era a cavallo, venne ucciso con il primo colpo e si ritiene veritiero che ad ucciderlo sia stato il capo Micanopy secondo quanto era stato concordato tra i guerrieri prima dell’attacco. Dopo la morte di Dade, il comando passò immediatamente al capitano George W. Gardiner. Molti dei soldati, disposti su due file, vennero uccisi rapidamente tra la confusione generale, le urla, il terrore. Solo pochi tra loro riuscirono ad utilizzare i loro moschetti a pietra focaia, visto anche l’impiccio causato dai pesanti cappotti invernali.


Gli attimi seguenti al primo sparo

Ecco un resoconto di un testimone oculare, il capo guerriero Seminole Halpatter Tustenuggee (Alligator, come veniva chiamato dai bianchi):

“Ci eravamo preparati per la lotta da più di un anno… Sul finire del giorno ci siamo trasferiti fuori dalla palude, nella pineta. Ho contato, secondo gli ordini di Jumper, centottanta guerrieri. Quando ci avvicinammo alla strada, ogni uomo scelse la sua posizione sul lato ovest… Verso le nove del mattino i soldati erano vicini… Quindi, non appena tutti i soldati furono di fronte a noi… Jumper ha urlato il comando e Micanopy ha sparato il primo colpo di fucile. A quel punto, al segnale convenuto, ognuno di noi si è sollevato in piedi ed ha fatto fuoco e in pochi istanti più della metà degli uomini bianchi era morta. il cannone è stata utilizzato più volte, ma gli uomini che lo caricavano e che sparavano furono abbattuti non appena il fumo si diradò. Mentre eravamo di ritorno alla palude convinti che tutti i bianchi fossero morti, un indiano si avvicinò a noi e ci disse che gli uomini bianchi stavano costruendo un fortino di tronchi. Jumper ed io, con dieci guerrieri, ritornammo indietro. Mentre ci avvicinavamo abbiamo visto sei uomini dietro due tronchi posti uno sopra l’altro, con il cannone a breve distanza da quel riparo. Appena ci siamo avvicinati, abbiamo sentito alcuni spari e siamo stati sfiorati dalle pallottole. Quegli uomini avevano armi senza polvere…”

Sull’inizio della battaglia riportiamo la versione di Alligator – che fissa la lancetta alle ore 10 – che quella di uno dei tre soldati superstiti, Ransom Clark, che ricorda che tutto iniziò intorno alle 8 del mattino e terminò intorno alle 14. Gli indiani – secondo il soldato – si ritirarono dalla scena del massacro intorno al tramonto. Dopo la battaglia gli indiani spogliarono i corpi e presero come bottino tutti i loro averi.
Gli indiani della Florida aveva negli anni fornito un rifugio agli schiavi neri fuggiti dal sud e questi venivano impiegati come traduttori oppure si univano definitivamente alla tribù. Secondo il resoconto di Ransom Clark, circa 40 o 50 neri cavalcavano e combatterono a fianco dei Seminole durante la battaglia. Al termine di essa si occuparono di spogliare i cadaveri o di finire i feriti Hanno spogliato e macellati il restante feriti, secondo la dichiarazione di Ransome.
Circa la metà degli uomini di Dade era rappresentati da nuovi immigrati americani, il resto dei soldati uccisi provenivano da molti altri stati.
Come abbiamo anticipato, solo tre soldati americani sono sopravvissuti all’attacco. Ricordiamo il soldato Edward Decourcey, che era finito per essere ricoperto dai cadaveri dei compagni d’armi e il soldato Ransom Clark che sembrò morto con le sue cinque ferite ed i tagli sanguinanti sulla testa. Il giorno dopo, un Seminole li inseguì a cavallo e DeCourcey venne ucciso dopo che i due si erano separati nel tentativo di dividere le forze degli aggressori. Clark riuscì a tornare verso a Fort Brooke, ma crollò a circa un miglio dalla meta, ma per sua grazia venne aiutato per il restante tragitto da una donna indiana che lo notò. Clark fornì l’unico resoconto di parte americana di ciò che era accaduto. Il terzo soldato, Joseph Sprague, riuscì a tornare a Fort Brooke e continuò a prestare servizio nell’esercito. Era analfabeta, e non ha saputo lasciare un rapporto della battaglia.
Nel 1837, Louis Pacheco, lo schiavo mulatto che fece da guida e interprete per il comando del maggiore Dade riapparve e fornì una sua testimonianza della battaglia. Pacheco era parte dell’avanguardia della colonna quando venne fatto prigioniero dagli indiani. Alcuni pensarono inizialmente che fosse un vigliacco o, peggio, un informatore degli indiani. In seguito venne spedito alla frontiera per le guerre indiane, ma tornò in Florida poco prima di morire, nei primi mesi del 1895.


Gli indiani cavalcano nel luogo della battaglia

Dopo la battaglia molte grandi piantagioni vennero bruciate e diversi coloni furono uccisi. Entro la fine del 1836 vennero date alle fiamme tutte le case di quelle che oggi sono le contee Miami-Dade e Broward ad eccezione di una. Gli indiani si sentirono incoraggiati dal successo che ebbero contro il distaccamento di Dade.
La prima notizia della battaglia venne riportata nel quotidiano nazionale “Intelligencer”, di Washington DC, mercoledì 27 gennaio, edizione 1836, come segue:

“Il Maggiore Dade, con sette ufficiali e 110 uomini, ha iniziato il suo viaggio il giorno prima che noi arrivassimo a Fort King. Eravamo tutti pronti a raggiungerli il giorno dopo, quando ci fu un insieme di circostanze che ci ha tenuto bloccati per un giorno e proprio nel corso di quella giornata sono arrivati al forte tre soldati orribilmente feriti che ci hanno raccontato che il maggiore, gli ufficiali e tutti i soldati sono stati uccisi ad eccezione di loro tre. Ci hanno anche detto che i corpi degli uccisi sono stati straziati”.

Le ostilità in Florida tennero campo nei giornali nazionali fino agli eventi di Alamo quello stesso anno. A causa di questa battaglia, il presidente Andrew Jackson richiese l’invio sul campo di volontari provenienti da Florida, Georgia e Carolina del Sud. Il Generale Winfield Scott venne inviato in Florida per assumere il comando di tutte le forze americane della zona. Il Generale Edmund P. Gaines e 1100 soldati raggiunsero il campo di battaglia del “massacro Dade” due mesi dopo, il 20 febbraio 1836 e furono i primi soldati americani ad arrivare. Furono loro ad occuparsi del doloroso e difficile compito di identificare i corpi per la sepoltura.
I soldati morti vennero sepolti nel luogo della battaglia dal generale Gaines. Dopo la cessazione delle ostilità, nel 1842, i resti vennero riesumati e sepolti nel cimitero nazionale di Sant’Agostino presso la caserma di St. Francis. I corpi dei soldati morti nel massacro Dade riposano insieme ai resti di oltre 1.300 altri soldati americani che sono morti durante la Seconda Guerra Seminole.

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