I trading post, avanguardie della frontiera

A cura di Pietro Costantini


Un trading post della Hudson Bay Company

Il termine trading post fa in particolare riferimento a quelle strutture che nel Nord America del XVII e XVIII secolo erano situate lungo le rotte commerciali ed in modo particolare in luoghi di frontiera o scarsamente abitati per commerciare o barattare beni con le popolazioni native.
Il trading post, nato con finalità puramente commerciali, finì per svolgere nel tempo anche un ruolo sociale, sia ai fini dell’integrazione fra colonizzatori e popolazioni native, sia in quanto punto di incontro e aggregazione per lo scambio di notizie sulle evoluzioni politiche ed anche militari.
Alcuni trading post infatti divennero poi dei forti, come alcuni forti vennero adibiti anche a funzioni commerciali. Durante il periodo della Colonizzazione europea delle Americhe, l’istituzione dei trading post fu uno dei principali mezzi utilizzati da Francesi, Olandesi e Inglesi, per commerciare con le popolazioni native. Uno dei commerci che si svilupparono di più fu quello delle pellicce che in Europa erano diventate molto richieste sia per l’abbigliamento che per la produzione di cappelli di feltro. Nei territori coloniali della Nuova Francia, dei Nuovi Paesi Bassi e nelle colonie britanniche, vennero quindi create una serie di compagnie commerciali per lo sfruttamento economico dei territori, che avevano nei trading post i loro terminali operativi. Fra queste, una delle più note, fu la Compagnia della Baia di Hudson, fondata nel 1670 dagli Inglesi per contrastare i Francesi che all’epoca detenevano monopolio nel commercio delle pellicce in nord America in funzione della concessione fatta nel 1603 dal re di Francia Enrico IV all’esploratore e mercante francese Pierre Dugua de Mons.


Un trading post nello Utah

Comunque vi furono anche altre compagnie importanti.
Nel corso degli anni i trading post istituiti dalle varie compagnie subirono delle trasformazioni seguendo l’evoluzione dei territori on cui si trovavano. Alcuni scomparvero del tutto, altri diventarono degli avamposti militari, altri punto di aggregazione per insediamenti abitativi. Ad oggi molti trading post esistono ancora ed alcuni di essi sono diventati monumento nazionale ovvero siti storici censiti nel registro nazionale del Canada o degli Stati Uniti.
Ripercorriamo l’epopea di questi posti di frontiera con la descrizione della storia di quattro centri fra i più importanti.

FORT WILLIAM

Nel 1608 Samuel de Champlain fondò la colonia della Nuova Francia, sul corso del fiume San Lorenzo. La prima cosa che fecero i Francesi fu di spingersi a ovest, alla ricerca del mitico passaggio a nord ovest, che avrebbe permesso di raggiungere i tesori dell’Oriente senza dover incrociare le rotte portoghesi sulle coste africane o quelle spagnole delle colonie americane. Ben presto la Francia trovò un’altra motivazione, oltre a quelle di fondare nuove colonie o cercare il passaggio a nord ovest: l’enorme quantità di animali da pelliccia, soprattutto castori.


Ricostruzione di Fort William

La pelliccia di castoro, considerando non il lungo pelame esterno, ma la morbida peluria interna, era il materiale con cui era fabbricato il cappello di feltro, un copricapo indispensabile nelle più svariate circostanze per chi avesse abbastanza mezzi per permetterselo. Il commercio del feltro aveva comunque un’esigenza primaria: i castori dovevano essere catturati e le pelli conciate; questo poteva essere svolto solo da manodopera aborigena. Le nazioni indiane vennero coinvolte nel grande affare del commercio delle pellicce, in cui entrarono più che volentieri, desiderose com’erano dei beni, ma anche delle “cianfrusaglie” degli Europei. Asce, coltelli, pentole, coperte, acciarini, stoffe, aghi, perline, peltro, spille in metallo e argento, erano oggetti che alleviavano le fatiche delle donne indiane e dei loro uomini. Per ottenerle, gli uni e le altre erano disposti a cacciare migliaia di castori, ermellini, visoni, lontre e altri animali e a conciarne le pelli.
Verso la metà del XVIII secolo il castoro già scarseggiava lungo il corso del basso San Lorenzo e la competizione per i territori di caccia aveva portato alla distruzione di Huronia da parte degli Irochesi nel 1649.


Una tana di castori

Nel 1660 Pierre Esprit Radisson e Médard Chouart des Groseilliers, passando dal Lago Superiore, giunsero al lago Nipigon e lì scoprirono sovrabbondanti colonie di castori. Tornati nella Nuova Francia con un carico di pellicce di prima scelta, essi portarono anche la notizia della presenza di un grande mare interno d’acqua salata, proprio a nord del Nipigon. Invece di premiare i due coureurs de bois per le loro informazioni, gli ufficiali francesi li punirono per contrabbando e non diedero ascolto alle loro storie riguardo alla più felice posizione della baia di Hudson per l’esportazione di pellicce. I due, però, trovarono orecchie più attente a Londra dove, il 2 maggio 1670, re Carlo II garantì “ai Governatori e alla Compagnia di Avventurieri del Commercio tra l’Inghilterra e la Hudson’s Bay” (HBC=Hudson’s Bay Company) una patente reale di possedimento in esclusiva di tutti quei “mari, stretti, baie, fiumi, laghi, torrenti e insenature che si trovano presso l’imboccatura degli Stretti di Hudson”. Il Principe Rupert, cugino del re e primo governatore della Compagnia, diede il proprio nome a quell’immenso possedimento di 1,5 milioni di miglia quadrate, la Rupert’s Land.
La fondazione di Moose Factory sulla parte inferiore di James Bay da parte di Radisson e Groseilliers nel 1672, fu vista dai Francesi come un affronto alla loro supremazia continentale e, per tutta risposta, mercanti e avventurieri della Nuova Francia cominciarono a esplorare le coste del Lago Superiore, per trovare una strada verso ovest. Molti erano gli scopi delle esplorazioni: trovare il passaggio a nord ovest, assegnare nuovi territori alla Nuova Francia, ampliare il commercio delle pellicce e tagliare i legami che ora univano gli Indiani con gli Inglesi stanziati lungo la baie di Hudson e James. Sulle rive del Lago Superiore nord occidentale sfociavano ben quattro fiumi: il St. Louis assicurava una via d’accesso indiretta al lago Winnipeg e ai fiumi Red e Mississippi; più a nord il fiume Pigeon presentava cascate che costituivano una barriera insormontabile alla penetrazione in canoa verso l’interno; vi era poi il fiume Kaministiquia, lungo 66 miglia, che risaliva dalla Thunder Bay fino al Dog Lake; dal Dog Lake il percorso delle canoe entrava nello spartiacque della Baia di Hudson e, passando per il lago Des Mil Lacs, i laghi Croix, La Pluye (o Rainy), il Lake of the Woods arrivava al lago Winnipeg e al fiume Saskatchewan, puntando verso le Montagne Rocciose e il bacino del fiume Athabasca.


Il Canada nel XIX secolo

Il primo a giungere così ad ovest fu Daniel Greysolon (Monsieur Duluth), che, in una data fra il 1679 e il 1683, fondò sul ramo meridionale del fiume Athabasca un forte che chiamò Caministigoya, da una parola probabilmente Cree, non Ojibwa, visto che nella regione i Francesi giunsero prima di questa tribù, che all’epoca non era ancora stata spinta così ad ovest dalla pressione irochese, ma già era in conflitto con i Dakota dell’alto Mississippi. Questi Sioux erano anche in conflitto anche con gli Ottawa, che stavano invadendo le loro terre in cerca di pellicce da scambiare con le preziose merci dei bianchi e che trasmisero ai Francesi, riferito ai loro nemici, l’appellativo nadoussioux (simili ai serpenti), un soprannome che, abbreviato in Sioux, restò loro appiccicato per sempre. Temendo che lo stato di guerra permanente potesse danneggiare gli interessi commerciali e politici francesi, Duluth si adoperò per ottenere una pace temporanea, ma il conflitto tra i Dakota e le tribù algonchine del Lago Superiore restò permanente, con alti e bassi per circa duecento anni.
Nel 1688 Jacques de Noyon, anche se il percorso del Kaministiquia non era agevole, raggiunse il lago La Pluie (Rainy), ma per il ritorno preferì il percorso del fiume Pigeon, attraverso il lago La Croix. Il destino del primo Fort Kaministiquia fu comunque segnato dalle sorti della guerra tra Francia e Inghilterra: nel 1682 la flotta francese si impadronì dei posti inglesi sulla Baia di Hudson e li tenne con fasi alterne fino al 1713. Ciò eliminò la necessità di un forte sulla riva nord occidentale del Lago Superiore e Fort Kaministiquia fu chiuso. Il trattato di Utrecht del 1713 aveva riconsegnato all’Inghilterra la regione della Baia di Hudson, ma la Francia consolidò il suo dominio nel Canada rinnovando i suoi legami con le tribù indiane, mediante generose elargizioni di beni, tabacco brasiliano e cognac, e costruendo Fort Michilimackinac negli stretti fra i laghi Michigan e Huron. Nel 1717 Zacharie de la Noue costruì un secondo Forte Kaministiquia, questa volta sul ramo più settentrionale del fiume.
Il forte aveva due scopi: espandere il commercio delle pellicce ad ovest, cercando anche il mitico passaggio a nord ovest, e impedire ai cacciatori indiani di raggiungere i posti della Compagnia della Baia di Hudson per commerciare. Diderot, nella sua Encyclopedie, sottolinea: «Il commercio delle pellicce fu il principale scopo dei Francesi nello stabilirsi in questo paese (la Nuova Francia)…Né si può negare che il commercio delle pellicce, pur poco costoso in sé, produce grandi ricchezze. Gli Indiani sopportano tutto il peso della caccia e vendono le più splendide pellicce per rozzi attrezzi…».
Nel 1730, Pierre Gaultier de Varennes de la Vérendrye fece del posto la base per la sua spedizione verso ovest, ma ben presto si imbatté un due formidabili ostacoli: le cascate Kakabeka e il Portage du Chien, forse il passaggio più faticoso tra il Pigeon River (“le Fleuve de l’Ouest”, Fiume dell’ovest) e il mare occidentale. Il viaggio dal Lago Superiore al lago La Croix via Pigeon River faceva risparmiare un’intera settimana, rispetto a quello via Kaministiquia e l’unico intralcio era una serie di rapide, indicate nella mappa di Ochagach (la guida indiana di Vérendrye) come “Grand Portage”. Nel 1731 i Francesi adottarono la via Pigeon River – Grand Portage come rotta principale, conservando Fort Kaministiquia come deposito sul Lago Superiore. La famiglia La Vérendrye costruì sette ulteriori forti tra il lago La Pluie (Rainy Lake) e il fiume Saskatchewan, malgrado le scorrerie dei Dakota. La Vérendrye prese il comando di Fort Kaministiquia nello stesso periodo in cui gli Ojibwa giunsero alle rapide di Sault St. Marie e ciò spiega il nome Salteurs (saltatori) dato loro dai Gesuiti. Infatti, intorno al 1669, alcuni gruppi Ojibwa avevano cominciato a spingersi ad ovest, dividendosi i due gruppi, rispettivamente lungo la sponda settentrionale e quella meridionale del lago, spostando le tribù Dakota che le abitavano. Questa migrazione fu l’ultima, come ricorda Freda McDonald, eminente anziana del popolo Ojibwa: «Mia nonna mi disse che molto tempo fa i nostri antenati giunsero a Sault St. Marie dal mare dell’est, prima di dirigersi a ovest».


Pierre Gaultier de Varennes de la Vérendrye

La lunga ostilità franco – inglese giunse alla resa dei conti in quella che è nota come Guerra dei Sette Anni o Guerra Franco – Indiana, che avrebbe deciso quale potenza avrebbe comandato in Europa, in India e in America Settentrionale. In Canada la guerra finì con la caduta di Quebec nel 1759 e Montreal nel 1760. Col trattato di Parigi, nel 1763 la Francia cedeva i suoi territori ad est del Mississippi, dal Golfo del Messico al Golfo di San Lorenzo, restando padrona della vasta area tra il grande fiume e le Montagne Rocciose conosciuta come Louisiana. Alla notizia della capitolazione della Nuova Francia, il comandante di Fort Kaministiquia, François de la Corne, si ritirò, abbandonandolo in mano agli Ojibwa dopo averlo incendiato. Andati via i Francesi, le tribù dei Grandi Laghi continuarono a riscuotere il tributo sotto forma di regali da chiunque si avventurasse in quei luoghi. Intanto la caduta del continente americano in mani britanniche non aveva fatto diminuire la concorrenza tra i commercianti di pellicce stanziati sui poli commerciali del San Lorenzo, della Hudson’s Bay e della zona di Albany (New York). La pratica della libera concorrenza prosperava sotto il dominio britannico, ma ciò non era a tutto vantaggio dei Nativi, nostalgici delle pratiche commerciali francesi e gesuite, che garantivano ai convertiti un trattamento di favore del tutto disatteso dai protestanti anglofoni. Lo stesso anno del Trattato di Parigi, sobillato dai mercanti della Louisiana che promettevano il ritorno francese, Pontiac con un largo seguito di Ottawa, Ojibwa e Uroni occupò tutti i forti ceduti agli Inglesi, eccetto Fort Detroit, Fort Niagara e Fort Pitt (ex Duquesne). Il commerciante di pellicce di Albany, Alexander Henry, assisté personalmente alla famosa partita di lacrosse che portò alla presa e al massacro di Fort Michilimackinac. L’influenza dell’esperto mercante Jean-Baptiste Cadette tenne tuttavia gli Ojibwa del Lago Superiore lontano dall’insurrezione, una presa di posizione che si rivelò fortunata.

Nel 1764, mentre il capitano Roger Rogers, con i suoi veterani Colonial Rangers, occupava Michilimackinac e inviava un distaccamento al Grand Portage, dove si teneva il tradizionale raduno dei commercianti di pellicce, mercanti inglesi cominciarono ad avventurarsi sul Lago Superiore ed oltre. Grazie alla facilità dei trasporti, molti mercanti avevano fatto di Grand Portage la loro base operativa, ma Thomas Corry decise di piazzare la sua base sul Kaminisqtiquia, presso le rovine del forte francese. L’impresa avviata da Corry prosperò per la liberalità con cui donava agli Indiani, «dando beni per niente e tenendo bassi i prezzi», come affermò astiosamente un impiegato della Compagnia della Baia di Hudson. Durante la Guerra dei Sette Anni, la Baia non aveva trovato molta concorrenza nella regione, ma la fine delle ostilità aveva rimesso in gioco i mercanti di Montreal, mentre coloni americani e gli inviati francesi della Louisiana aizzavano gli Indiani. La situazione peggiorò a tal punto che, nel 1774, il parlamento inglese passò il Quebec Act, che escludeva di fatto gli Americani dai territori oltre gli Allegheny, riconosceva il ruolo della Chiesa Cattolica e il sistema delle seigneurie, che ne garantiva le proprietà ed estendeva i confini del Quebec fino alla confluenza dei fiumi Ohio e Mississippi. Il Quebec Act e la conseguente Rivoluzione Americana furono gli eventi che diedero origine alla North West Company. Tra i lealisti che fuggirono in Canada vi erano numerosi highlanders scozzesi, immigrati in America dopo la sconfitta dei clan a Culloden Moor nel 1754 e a causa della pratica delle enclosures (il sistema della recinzione dei campi che aveva mandato in rovina tanti contadini, favorendo la nascita dell’aristocrazia terriera). Molti highlanders si erano stabiliti nella valle del Mohawk, sotto la protezione di sir William Johnson, altri servivano sotto le insegne del Fraser’s Highlanders, un reggimento di veterani. Dalla sua residenza di Johnstown, Johnson controllava parecchi affari, tra cui il commercio delle pellicce; secondo una collaudata pratica scozzese, egli chiamò da Stratherrick, nell’Inverness-shire, il futuro fondatore della North West Company, Simon McTavish.


Grand Portage, adeguatamente protetto da palizzate

Il giovane McTavish già all’età di vent’anni era divenuto esperto di questioni legali e di affari indiani; si avviava inoltre a creare una prospera impresa privata. La Rivoluzione Americana costrinse i lealisti ad emigrare; quelli impegnati nel commercio delle pellicce si trasferirono a Montréal, dove entrarono in concorrenza con Bretoni, Yankees e Franco-Canadesi. La maggior parte di questi utilizzavano la rotta lungo il Pigeon River e avevano i loro depositi a Grand Portage, dove giungevano da Michilmackinac le merci di scambio e che divenne presto il centro dei rendez vous. Nel 1778 Peter Pond, per primo, attraversò l’English River a Methye Portage, entrando nel bacino fluviale dell’Athabasca, al di fuori dei territori garantiti alla HBC; là scoprì una tale quantità di castori da non riuscire a riportare indietro tutto il suo bottino. Sempre nel 1778 due eventi sconvolsero i commerci della HBC: la presa del forte Prince Rupert da parte dei Francesi e un’epidemia di vaiolo che spazzò gli insediamenti dal Missouri all’Athbasca, da Grand Portage alla baia di Hudson. McTavish, che aveva già fondato la North West Company insieme ad altri cittadini di Montréal, cominciò a dirigere i suoi interessi verso sud ovest, in direzione di Detroit e verso nord in direzione dell’eldorado dei castori dell’Athabasca. Conosciuti come “agenti”, i mercanti arruolavano i voyageurs, compravano le merci e trattavano le pellicce; i wintering partners supervisionavano i traffici nell’interno. Ogni anno agenti e wintering partners si recavano al grande rendez vous annuale a Grand Portage. Nel 1783 McTavish chiamò dalla Scozia il nipote diciannovenne William McGillivray per lavorare come primo clerk (responsabile addetto) di lingua inglese della Compagnia. Il fratello Duncan entrò nell’impresa nel 1788, mentre Simon, nato dopo la partenza di William, fu in seguito assunto nel ramo commerciale, prima a New York, poi a Montréal e a Londra. Nel 1784 McGillivray prese possesso di Ile-à-Crosse (oggi Churchill), in posizione strategica sull’English River, dove poteva intercettare gli Indiani diretti ai posti della HBC.
Ad interrompere la serrata competizione che stava sorgendo tra NWC e HBC, intervenne nel 1794 il trattato Jay, che imponeva alla Gran Bretagna di cedere, antro il 1796, i forti ancora in suo possesso in territorio statunitense. Questa disposizione, benché permettesse ancora il commercio britannico n territorio americano, lo caricava di pesantissimi dazi. Ciò costrinse la NWC a trasferire le sue operazioni a Sault St. Marie, in Canada, ma la Compagnia continuò a conservare il posto di Grand Portage. Nel 1797 David Thompson, un astronomo, fu ingaggiato per stabilire la collocazione dei posti commerciali della NWC rispetto al confine internazionale; con sommo dispiacere della Compagnia, Thompson stabilì che Grand Portage era in territorio statunitense. Con riluttanza, la Compagnia accettò l’inevitabile. Frattanto, la vecchia via francese sul Kaministiquia era stata dimenticata, ma nel 1798 una guida indiana condusse un nor’westener, Roderick McKenzie, al Lago Superiore via Kaministiquia, attraverso una strada ora tutta britannica. Questo spinse la NWC a stabilirsi oltre confine, sfuggendo così agli avidi doganieri americani, che già nel 1800 erano giunti a Grand Portage. Nello stesso anno, intanto, Simon McTavish, Joseph Frobisher, John Gregory, William McGillivray e Alexander Mckenzie strinsero un accordo con dieci capi ed anziani degli Ojibwa (Chippewa, per gli Americani) del Lago Superiore a Grand Portage: in cambio di tre sterline gli Ojibwa cedevano un tratto di terra di cinque miglia su entrambe le sponde del Kaministiquia per una distanza di 20 miglia dal Lago Superiore. In cambio gli “agenti” promettevano agli Indiani di «avere, occupare, possedere e godere in pace e tranquillità le suddette terre».
Sulle nuove terre sorse il forte Kaministiquia, secondo un progetto e sotto la direzione di McGillivray. La struttura architettonica del forte seguiva i modelli europei del XVIII secolo, validi sia per i fortini militari che per le factories commerciali: un imponente edificio centrale dirimpetto alla porta principale, aperta in una cinta di ampie mura che circondavano l’intero complesso.


Mappa di Thompson con le postazioni della North West Company nel 1814 (quadri neri) – Clicca per ingrandire

La costruzione principale del forte Kaministiquia, in legno, dove risiedeva il “gentiluomo in carica”, poggiava su una piattaforma sollevata di un metro e mezzo circa dal terreno e possedeva sulla facciata un’ampia veranda; all’interno vi era una vasta sala da pranzo, affiancata da due appartamenti riservati agli agenti di Montréal. Sull’angolo di nord ovest della piazza vi erano 12 alloggiamenti per i wintering partners, mentre a est sorgeva la torre campanaria con altri appartamenti per i clerks di alto grado. Sempre ad est vi erano anche i quartieri per gli altri clerks e per gli interpreti, in genere franco-canadesi, che parlavano lingue indiane. La palizzata era fiancheggiata da bastioni ed era sufficientemente possente da permettere di respingere un eventuale attacco dei Nativi. Benché non avesse scopi militari, Fort Kaministiquia era costruito in modo da dare un’evidente sensazione di potenza; esso era un simbolo di potere che sottolineava la gerarchia all’interno della Compagnia e verso l’esterno; le ostilità tra le Compagnie delle pellicce più che quelle indiane erano la giustificazione per la possente palizzata. Quando Alexander Henry lo visitò, nel 1803, il complesso era ancora in costruzione e fervevano i lavori per la posa in opera di interi complessi di edifici che fungevano da magazzini, quartieri per gli impiegati, camerate per gli artigiani e i servitori. Nel 1810 fu terminata la struttura in pietra e tra il 1811 e il 1816 la rimessa per le canoe. Ben presto il forte fu pronto per divenire la sede dei rendez vous della NWC, dal momento che le canoe non erano in grado di arrivare direttamente a Montréal dai territori di caccia durante l’inverno. Ai primi dell’Ottocento le rotte commerciali erano così estese che Rainy Lake (o lago La Pluie) era divenuto il “giro di boa” per le canoe del bacino dell’Athabasca e Fort Chipewyan, sul lago Athabasca, era il posto di raccolta delle canoe del Mckenzie.
Nel 1803 la Compagnia tenne il suo primo rendez vous, ma McTavish non fu presente; vi erano invece tutti i capi dipartimento (proprietors o wintering partners) della NWC dall’Athabasca al Pembina sul Red River, dal lago Winnipeg alle Montagne Rocciose. Nel 1805 McGillivray fu eletto direttore principale della NWC al posto dello zio McTavish e rimase in carica fino al 1821. In suo onore, durante uno dei rendez vous, il forte Kaministiquia venne ribattezzato Fort William. L’elezione di McGillivray segnò la fine di una delle più violente guerre commerciali dell’epoca, quella tra la NWC e una nuova compagnia, la New North West Company, meglio nota come XY Company, il cui socio principale era Alexander McKenzie, già membro della NWC, scopritore del fiume che porta il suo nome e del passaggio a nord ovest da Fort Chipewyan attraverso le Montagne Rocciose, poi sul fiume Fraser fino al Bella Coola e all’Oceano Pacifico. La grande visione di McKenzie, di una sola compagnia globale che fondesse la NWC, la Hudson’s Bay e la East India Company, non trovava buona accoglienza presso i vertici della NWC. La concorrenza tra le varie compagnie delle pellicce era spietata e non escludeva anche l’omicidio. In particolare, la competizione prevedeva un’ampia distribuzione di liquore ai Nativi. Fino al 1799, infatti, la spesa in liquori della NWC era in media di 9.000 galloni, mentre nel 1802 era di 14.000 galloni, cui bisogna aggiungere 5.000 galloni della XY Company. In effetti nessuna transazione con gli Indiani poteva venire iniziata senza un’abbondante distribuzione di liquore. Poiché i reati commessi in Territorio Indiano erano fuori giurisdizione, il Parlamento votò il Canada Jurisdiction Act, che attribuiva al Justice of the Peace, nominato dal governo del Quebéc, il potere di fare arresti in Territorio Indiano e di inviare i trasgressori nel Canada del sud. Poiché nel 1803 i magistrati nominati furono Duncan e William McGillivray e Roderick McKenzie, tutti della NWC, e sir Alexander Mackenzie e Johston Ogilvie della XY, a Fort William venne costruita una prigione e contemporaneamente entrambe le parti considerarono di porre fine alla loro contesa.
Nel 1804 l’’inattesa morte di Simon McTavish rimosse ogni ostacolo alla fusione delle due società, grazie anche all’attiva mediazione di Edward Ellice, agente della XY, proprietario terriero, mercante e banchiere londinese. Nel frattempo la NWC, spingendosi sempre di più nella regione dell’Athabasca, si scontrava con la Hudson Bay Company nei territori garantiti a quest’ultima. A Londra gli agenti della NWC pregarono per ottenere il diritto di passaggio attraverso la baie James e Hudson, mentre in America tentavano un colpo di mano occupando Charlton Island nella James Bay e costruendo delle stazioni commerciali, ma inutilmente.
Intanto a sud del confine grandi eventi stavano mettendosi in moto: il presidente Jefferson, che aveva letto Voyages di Alexander Mackenzie, per la somma di 15.000.000 di dollari aveva acquistato la Louisiana da Napoleone e aveva inviato una spedizione al comando di Lewis e Clark per esplorare i nuovi territori e tracciare un confine certo fra Canada inglese e USA. Nel frattempo un immigrato tedesco, John Jacob Astor, aveva rimesso in piedi il commercio statunitense delle pellicce iniziato da Alexander Henry, fondando una compagnia con l’ipotesi, appoggiata dal governo americano, di contrastare le mire della NWC sul Pacifico e il commercio con la Cina.
Fu in questo periodo di vivace concorrenza che Fort William raggiunse il suo splendore. Dice lo scrittore Washington Irving in Astoria (romanzo basato sui diari dei viaggiatori e commercianti dell’Ovest): «Per comprendere la North West Company in tutto il suo splendore, tuttavia è necessario essere testimoni di un raduno annuale a Fort William…In queste occasioni si può vedere il cambiamento dagli incerimoniosi tempi dei commercianti francesi. Ora splende in tutta la sua magnificenza il modo aristocratico dei Britannici o, meglio, lo spirito feudale degli Highlanders. Ogni partner che abbia la responsabilità di un posto nell’interno si sente come il capo di un clan delle Highlands ed è altrettanto importante agli occhi dei suoi dipendenti».


Mercanti di pellicce francesi

Un tale senso gerarchico era sottolineato in ogni particolare, dagli appartamenti del personale ai tre tipi di qualità di the, teiere e zucchero. Uno dei motivi dell’importanza di Fort William stava nel fatto che qui era necessario cambiare tipo di canoa nel viaggio da e per Monrtéal: i canots de maitre (le grandi canoe da carico) nel tratto dal fiume Ottawa al Lago Superiore, degli schooner e dei bateaux nei Grandi Laghi e le piccole canoe nordiche per le vie d’acqua interne. Le pellicce, prima di essere inviate ad est, dovevano essere aerate, pulite, controllate, selezionate e reimpaccate. Le merci destinate all’ovest, dopo essere passate alla dogana, venivano portate su carri trainati da buoi fino ai magazzini della Compagnia a Lachine, dove erano impaccate in balle da 90 libbre o in casse adatte ad essere trasportate sui canots de maitre da 10 metri fino a un carico massimo di una tonnellata. Le canoe mercantili viaggiavano in gruppi di tre, superando 36 portage fino a Fort William – un viaggio di circa 38 giorni – dove le merci venivano scaricate e inviate ai forti dell’interno su piccole canoe. Durante l’era della NWC il numero dei voyageurs franco-canadesi cominciò a diminuire gradatamente, mentre cominciava a diventare vantaggioso ingaggiare i figli meticci dei portatori con donne indiane, le cosiddette petites filles o little girls. La Compagnia arruolò anche Irochesi del lago Deux Montagnes e di Caughnawagha, che erano rimasti disoccupati per la scomparsa del castoro bei loro territori. Come tutti gli altri engagées, gli Irochesi avevano contratti scritti, spesso firmati, frutto del buon lavoro dei missionari, e a Fort William risiedevano in un loro proprio accampamento separato da quello dei voiageurs e degli Ojibwa. Assumendo gli Irochesi e portandoli ad ovest, la NWC accese nuove faide e rinfocolò rancori mai sopiti frale varie tribù indiane che gli Irochesi avevano spodestato dai loro ancestrali territori di caccia, ma il gioco valeva la candela perché gli Irochesi erano molto più affidabili e più sradicati degli Indiani locali.


Canot de maitre sulle rapide

Uno dei centri nevralgici di ogni centro commerciale era il “trading post”, dove gli Indiani scambiavano le pellicce in cambio di merci europee. A differenza di altri forti, l’Indian Shop di Fort William non era segregato dal resto degli edifici, né la stanza delle contrattazioni era divisa da un tramezzo dal magazzino, ma gli acquirenti avevano piena vista sulla mercanzia: perline di vetro veneziane o di Canton, tessuto inglese, seta cinese, fasce intrecciate, captains outfits (divise militari di fantasia per i capi), pentole, trappole, moschetti, pallottole, piombo e polvere da sparo, conchiglie wampum, bandiere e quant’altro potesse essere utile o interessare ai Nativi. L’addetto segnava tutte le mercanzie prese a credito dall’Indiano stimando ogni cosa in pelli di castoro di prima scelta – plus, nel gergo della NWC, Made Beaver (MB), in quello della HBC – unità di misura per ogni transazione. Le merci più richieste erano le stoffe, fini cotoni calicò, lana stroud e le famose coperte della HBC; gli Indiani di Fort William, infatti, non vestivano in pelli di cervo, ma con vestiti di foggia meticcia creati con stoffe europee, dal momento che le donne indiane non impararono mai a filare o a tessere.
Uno dei personaggi più importanti di Fort William era il medico; il più famoso fu John McLoughlin che, assunto come apprendista, da clerk a Fort William divenne un partner e poi proprietor prima a Rainy Lake e poi a Fort William stesso. La NWC era molto attenta alla salute dei suoi membri e sottoposti; le principali minacce erano le malattie veneree, l’ernia, le costole rotte, le infezioni e la ague, una forma leggera di malaria provocata dalle zanzare che proliferavano nelle paludi alla foce del Kaministiquia; ma il vero terrore rimaneva il vaiolo. Il medico aveva una parte importante, ma le nascite erano regolate dalla medicina indiana. Fino al 1855, infatti, non vi furono donne bianche al forte e tutti gli uomini che vivevano colà si maritavano à la façon du nord, ovvero secondo gli usi indigeni. Tutte le donne erano indiane o di sangue misto, le bianche non appartenevano al commercio delle pellicce.
Le little girls dei funzionari della Compagnia non partecipavano alla vita del forte nelle occasioni pubbliche, ma restavano in disparte nei loro appartamenti. Per una donna indiana il matrimonio con un funzionario o un engagé era molto profittevole, in quanto le dava accesso a regolari razioni e ad oggetti come aghi, filo, pentole e casseruole, nastri, pizzi, perline, stoffe, che venivano messi in conto al marito, il quale spesso non riusciva più a liberarsi del debito contratto con la Compagnia. Anche per l’uomo il matrimonio secondo l’uso indigeno era vantaggioso, non solo per le evidenti necessità fisiche, ma anche perché la moglie indiana, oltre a garantire la produzione vitto, alloggio, vestiario e manovalanza, garantiva delle relazioni sicure con i suoi parenti sia al suo uomo che alla Compagnia, smussando eventuali malintesi con la società indigena. Tuttavia nel 1806 la NWC, per ridurre i costi, proibì ai suoi addetti di qualunque grado di prendere donne di qualunque tribù alla façon du nord, se vivevano con loro all’interno del forte e a spese della Compagnia stessa. Il matrimonio con le figlie di bianchi – che erano considerate delle donne bianche, come pure le spose indiane dei bianchi – era tuttavia permesso. A Fort William le famiglie di sangue misto di “free Canadians” non si evolvettero in una società autonoma come quella dei Métis del Red River ma, attraverso le generazioni, i continui matrimoni con donne indiane fecero integrare le varie progenie nella Fort William Band, che oggi abita la Fort William First Nation Reserve.
L’uso di prendere mogli indiane era normale anche tra i gentlemen in carica a Fort William: nel 1816 Kenneth McKenzie, per esempio, all’atto di lasciare il forte per tornare a Montréal, garantì a Louisa, madre della sua figlia naturale, una rendita annua finché la bambina era a suo carico o non fosse in grado di mantenersi. Nel 1812 John McLaughlin sposò Marguerite Waddens McKay, precedente moglie di Alexander McKay e figlia di Jean-Etienne Waddens e di una sconosciuta donna Cree.


Trading Post

La guerra commerciale tra compagnie delle pellicce, intanto, proseguiva. Per le grandi aziende due erano gli imperativi categorici: evitare i commercianti indipendenti e ogni tipo di colonizzazione agricola. I primi drenavano risorse dal mercato, i coloni, invece, mettevano in forse il ruolo dei Nativi come cacciatori, togliendo loro spazi e “dando il cattivo esempio”. I metodi utilizzati dalla NWC contro questi pericoli furono brutali. Per rintuzzare la possibile minaccia posta da DeLorme, un mercante indipendente, Alexander McKay con i suoi pugnaci engagés, noti come batailleurs, tagliò tutti gli alberi attorno al Grand Portage, bloccando il transito in ogni direzione. Il portage divenne impraticabile per anni e di conseguenza tutto il traffico nel nord ovest dovette transitare per Fort William o Fort du Lac. Ma forse l’azione più vile condotta dalla NWC fu il massacro dei coloni di Lord Selkirk. Yhomas Douglas, quinto conte di Selkirk, avido lettore di Voyages di Mackenzie, aveva acquistato un gran numero di azioni della Hudson’s Bay Company e nel 1811 aveva acquistato altre azioni per conto di sir Alexander Mackenzie stesso, allora tra i dirigenti della NWC. Ben presto i progetti di Selkirk furono chiari: nel 1803 il lord aveva già concesso delle terre sull’isola Prince Edward ai fittavoli highlander espulsi dalle terre scozzesi; nel 1804 ne aveva ceduto altre a Baldoon, nell’Upper Canada, ma ora si era innamorato dell’idea di creare una colonia ad Assiniboia, nella fertile vallata del Red River, così felicemente descritta da Mackenzie. Il progetto di Selkirk cozzava contro gli interessi della Compagnia su due fronti: tagliava la rotta delle canoe delle pellicce verso l’Athabasca e occupava i pascoli dei bisonti necessari per la produzione di pemmican, il cibo principale delle brigate di canoe della NWC, in quanto sostanzioso e leggero. Appena furono a conoscenza dei piani di Selkirk, Mankenzie, McGillivray e Edward Ellice, in quanto azionisti della HBC, tentarono di bloccare a Londra l’affare, ma nel febbraio del 1811 la stessa Hudson’s Bay Company concesse a Lord Selkirk 116.000 acri del suo territorio in Assiniboia.
La colonia del Red River avrebbe dovuto estendersi tra la baia di Hudson e il bacino del fiume Kaministiquia. Mentre i partners della NWC stavano studiando il da farsi, un inatteso evento scosse i destini della zona: la guerra del 1812. Per gli USA la guerra era il tentativo di cacciare l’odiato inglese dal Nord America, esaudendo così il Destino Manifesto della nazione; per l’Inghilterra, e soprattutto per i mercanti di Montréal, poteva essere la buona occasione per riconquistare i territori perduti nel 1776 e sbaragliare la concorrenza di Astor. I dirigenti della NWC si schierarono perciò subito al servizio della Corona, rendendo disponibile Fort William per ogni azione di guerra che si volesse intraprendere contro Michilimackinac e creando un reggimento di volontari, il Corps of Canadian Voyageurs, di cui i partners erano gli ufficiali. Per riconoscenza dello sforzo bellico della North West Company in favore del re, William McGillivray fu nominato membro del Consiglio Legislativo del Lower Canada. Durante la guerra la NWC perse i velieri tipo schooner Perseverance e Mink, e in seguito anche il Nancy, con tutto il suo prezioso carico; l’unico a salvarsi fu il Recovery. Nel dicembre del 1814 il trattato di Ghent pose fine alla guerra del ’12 con un nulla di fatto: tutti i territori conquistati dalle due parti tornavano ai loro vecchi padroni, una situazione di stallo che durò fino al compromesso dell’Oregon del 1847. Per la NWC la sfortunata cessione del forte e dell’isola di Michilimackinac pose serie apprensioni circa la sicurezza del confine internazionale e la necessità di assicurarsi il favore degli Indiani rimasti in territorio americano. Angustiati dalle clausole della pace, i nor’westners si ritrovarono a fronteggiare la minaccia dei coloni di Selkirk sulle loro primarie fonti di pemmican. Nel 1814 le distruzioni causate dalla guerra avevano reso scarse le risorse alimentari della regione e i voyageurs della Compagnia avevano un gran bisogno di pemmican per superare l’inverno ma, per gli stessi motivi, anche i coloni di Selkirk erano allo stremo.


Metis che preparano il pemmican

In gennaio il governatore di Assiniboia, Miles MacDonnel, emanò un proclama che impediva le esportazioni di pemmican dalle terre della HBC e, in base a ciò, lo sceriffo John Spencer si impadronì di 490 libbre di pemmican della NWC. Nel maggio del 1814, frattanto, vennero rinnovate le cariche militari nella milizia a McGillivray e McLeod e, anche se il corpo dei Canadian Voyageurs era stato disciolto, sir George Prevost autorizzò a conferire degli incarichi in quella formazione, a qualunque gentiluomo fosse raccomandato da William McGillivray. Quest’ordine creò una notevole confusione circa i poteri e le competenze dei funzionari della NWC. Come magistrato, McLeod inviò subito il capitano Cameron sul Red River per arrestare i responsabili del sequestro del pemmican e per persuadere con ogni mezzo i coloni ad abbandonare il territorio per trasferirsi nell’Upper Canada. Cameron arrivò a Fort Gibraltar con una divisa da ufficiale prestatagli da McLeod e, fingendosi un ufficiale dell’esercito regolare, “in nome del re” ordinò ai coloni di evacuare il territorio. Incendiate le fattorie e deportati i coloni, Cameron imprigionò a Fort William Spencer e MacDonnell. Il primo round della Guerra del Pemmican era stato vinto.
Nel 1815 un ex impiegato della Compagnia, ora assoldato dalla HBC, Colin Robertson, con una brigata di canoe ristabilì la colonia di Selkirk sul Red River, arrestando Cameron ed inviandolo sotto processo in Inghilterra. Se la situazione non poteva essere peggiore per la NWC, assediata a nord dalla Hudson’s Bay Company, a sud e sul Pacifico da Astor, con i forti americani chiusi e con la crisi del tabacco brasiliano, così richiesto dai Nativi canadesi, i progetti di lord Selkirk sembravano andare a gonfie vele: i veterani dei reggimenti svizzeri De Meuron e De Watterville, sopravvissuti ai campi di battaglia napoleonici, gli avevano offerto i propri servigi in cambio di terre e del pagamento del viaggi in Assiniboia.


Arrivo dei coloni di Selkirk sul Red River – 1812

Di fronte a tali prospettive, Archibald Norman McLeod, il responsabile della NWC a Fort William, si mosse al contrattacco. Egli era ben conscio di quello che stava per scatenare, quando ordinò ai suoi sottoposti, i clerks William Morrison e Eustache Roussin, di contattare gli Ojibwa di Fond du Lac, a cui il costante stato di guerra con i Dakota aveva fatto guadagnare il nomignolo di Pilleurs o Pillagers (saccheggiatori). Egli disse loro di far presente che «…noi abbiamo alcuni ufficiali del re e dei soldati tra noi e che perciò non vi è il minimo dubbio che la loro causa sia giusta». Benché McLeod giocasse sull’ambiguo spacciando per ufficiali del re i pochi De Meuron ospiti del forte, ebbe poco successo nel convincere i pacifici salteur Ojibwa, i Cree e persino i pilleurs Ojibwa di Fond du Lac e Lac La Pluie ad assalire gli insediamenti. La manovra riuscì invece con i Bois-Brulé (métis, ovvero meticci francofoni) della valle del Red River, la cui vita e cultura ruotavano attorno alla caccia al bisonte e alla preparazione del pemmican e del grasso per i commercianti di pellicce. Essi avevano tutto da perdere se i pascoli dei bisonti diventavano fattorie. Nel marzo 1816 Alexander McDonnel, fondatore di Fort Gibraltar (poi Upper Fort Garry), alla confluenza tra il Red River e l’Assiniboine, scriveva: «Noto con piacere gli atteggiamenti ostili dei nostri vicini (i Brulé)…una tempesta sta addensandosi…essi nulla sanno della situazione. L’anno scorso non è stato uno scherzo. La nuova nazione, sotto la guida dei suoi capi, sta avanzando per ripulire il loro suolo nativo dagli intrusi e dagli assassini». Nel giugno 1816 la nazione métis marciò sotto la guida del capo Cuthbert Grant, clerk della NWC ed ex cameriere di William McGillivray. Quali fossero le reali intenzioni della NWC non è chiaro; certamente i partners lasciarono Fort William per il Red River in giugno, quando il massacro di Seven Oaks era già avvenuto: in quel giorno il governatore Semple e 21 coloni furono brutalmente uccisi e mutilati dai métis, tra cui vi erano i famigerati Deschamps, che poi fuggirono a Fort Union, negli USA.
Daniel McKenzie era uscito da Fort William contro il parere di McGillivray, che – purtroppo troppo tardi – temeva un bagno di sangue, per andare incontro al figlio Roderic, che era alla testa di una banda di Métis e per rinchiudere i sette coloni sopravvissuti nella “prigione” di Fort William, un locale precedentemente usato come toilette, puzzolente e privo di aria e di luce.
Il massacro di Seven Oaks e la complicità della NWC fecero scatenare le polemiche in Canada e a Londra. Lord Selkirk si recò subito a Sault St. Marie con i suoi rinforzi militari e, divenuto Justice of Peace per i territori indiani, si diresse a Fort William, dove i clerks erano impegnati ad alterare i marchi di 30 pacchi di pellicce della HBC razziati dai métis di Cuthbert Grant a Qu’Appelle e a distribuire divise di fantasia (captain’s outfits) come dono ai capi métis. Selkirk giunse a Fort William il 12 agosto 1816 con i suoi veterani svizzeri De Meuron e De Watterville e con il sergente John McNabb e sei soldati regolari del 37° di fanteria inglese, assegnatigli come scorta dall’Ufficio Coloniale. La prima azione di Selkirk fu di liberare i coloni e, sentito il loro racconto dei fatti, come magistrato ordinò l’immediato arresto di William McGillivray per “cospirazione, tradimento e concorso in omicidio”. Anche John McLoughlin e Kenneth McKenzie, che avevano offerto una cauzione, furono messi in prigione, lo stesso miserabile locale in cui precedentemente erano stati rinchiusi i coloni. Poi i De Meuron rintracciarono quei partners che non erano ancora fuggiti all’interno: John McDonald di Fort Dauphin, Alexander McKenzie, Hugh McGillis, Simon Fraser, Alan MacDonnel e Daniel McKenzie. Il tenente Friederich von Graffenried narrò così l’episodio: «Poiché i soldati erano vestiti per metà con la divisa militare e per metà con abiti civili, e noi ufficiali portavamo corte giacchette ed eravamo armati con spade e pistole, sembravamo una banda di predoni…I nostri uomini non avevano voglia di perdere tempo e buttarono giù il portone del forte. Per fortuna nessuno sparò, altrimenti non saremmo riusciti a trattenerli dal saccheggio e in quel frangente si sarebbe potuto spargere del sangue».


Battaglia di Seven Oaks

Dopo aver promesso di non commettere atti illegali, tutti i gentiluomini furono rilasciati sulla parola, ma nella notte i partner ruppero i sigilli e distrussero i documenti. Selkirk, informato, recuperò una parte dei documenti e li fece portare nella sua tenda: in seguito furono usati per il processo. Interrogati i partners, Selkirk decise di inviarli in Canada per il processo, ma trattenne al forte Daniel McKenzie, che inizialmente si mostrò fedele alla NWC. Ma poi avvenne l’impensabile: McKenzie, partner della Compagnia e gentleman, fu messo nel carcere destinato alla gente comune insieme a quattro engagé liberi e a un servitore nero di Fond du Lac, certo Pierre Bonga. Il carcere era la solita fetida ex latrina, dove McKenzie fu sostenuto dal cadere in depressione da abbondanti dosi di brandy. Dopo due giorni McKenzie “non era più in sé” e cominciò a cedere gratuitamente a Selkirk tutti i beni mobili del forte, come era suo diritto fare in quanto dirigente della Compagnia. La cooperazione di McKenzie non si fermò a questo, ma raccontò a Selkirk, che lo aveva prontamente liberato, tutto quello che sapeva sul massacro del Red River. A questo punto Selkirk inviò McKenzie in Canada contro i nor’westners ma costui, rientrato in contatto con i suoi vecchi compagni, finì per ritrattare tutto. Intanto a Montréal tutti gli indagati, grazie alle loro amicizie, furono rilasciati e cominciarono subito ad agire per ritornare in possesso delle loro proprietà e restituire la pariglia. In novembre il conestabile Robinson giunse a Fort William con un mandato di arresto per Selkirk, che si rifiutò di obbedire, affermando che si sarebbe consegnato solo ad ufficiali regolari del re.
La situazione rimase in stallo per tutto l’inverno, finché il governo di Québec non incaricò un commissario di investigare su tutto e revocò tutte le cariche giudiziarie contemplate dal Canada Jurisdiction Act a tutti i contendenti. Selkirk, saputo che sarebbe potuto finire sotto accusa, decise di sottrarsi alla giurisdizione dirigendosi verso il Red River con buona parte del suo entourage. L’arrivo dei veterani De Meuron a Fort William incrementò il mescolamento etnico: Nativi di varie tribù, Franco-Canadesi, Inglesi, Scozzesi, Svizzeri, Tedeschi, Lituani e altre nazionalità europee si aggregarono con rappresentanti del neonato impero britannico dall’India, alla Cina, alle Hawaii.


Uniformi del reggimento De Meuron

Superata la crisi del Red River, la vita riprese come al solito, con la guerra commerciale con la HBC sempre ai limiti della legalità. Tuttavia la lotta per il controllo del mercato delle pellicce non fi decisa né sui Grandi Laghi, né sull’Athabasca, ma a Londra. Per sir Edward Ellice, ora membro del Parlamento, la NWC era solo uno dei suoi molteplici interessi e la competizione con la HBC, di cui era anche azionista, stava diventando un costo. Perciò lui e Simon McGillivray, anch’egli azionista della HBC, convinsero gli altri azionisti della Compagnia ad accettare la proposta di fusione tra la NWC e la HBC, anche in rappresentanza di William McGillivray. Nel 1821, proprio a Fort William, i nor’westners e i loro antichi rivali della Bay si riunirono per decidere i destini della nuova Hudson’s Bay Company. Parte dell’accordo prevedeva il licenziamento proprio di quei fedeli agenti delle due parti che più si erano distinti per la loro feroce intransigenza nella guerra commerciale: Peter Skane Ogden, che divenne poi uno dei capi della Snake Brigade di Fort Vancouver, Samuel Black, poi riassunto dalla HBC, e Alex McDonnel, l’ispiratore del massacro di Seven Oaks, della NBC e Colin Robertson, John Clarke e William Williams, autore dell’imboscata a Grand Rapids, della HBC. Ma altri grandi vecchi nemici furono promossi, tra loro i transfughi della NWC John McLoughlin, con la factory di Rainy Lake, diventato in seguito Chief factor a Fort Vancouver e capo assoluto del Columbia District, e John George McTavish, che Williams aveva spedito a Londra sotto processo, divenne il capo della prestigiosa York Factory, che egli ristrutturò sul modello di Fort William. Questa fusione portò ben presto a un risultato: la maggior distanza dal mare della Thunder Bay rispetto alla Baia di Hudson convinse subito i vertici azionari a trasferire il centro di tutti i commerci a York Factory, declassando Fort William a centro minore.
Mentre lo York Boat rimpiazzava la canoa indigena di corteccia di betulla, nel 1821 due capi Ojibwa entrarono nella gran sala di Fort William, preceduti dalla bandiera inglese e seguiti da tutta la tribù. Nel discorso indirizzato a William McGillivray, i capi sottolinearono come non stessero meglio di quando, nel 1798, essi avevano ceduto con un accordo fasullo parte della loro terra sul fiume Kaministiquia. In ogni caso essi affermarono di continuare ad aver fiducia nella North West Company. McGillivray, tacendo il cambio di nome, promise che, anche dopo la fusione con la HBC, i Nativi sarebbero stati trattati come prima, ma essi non avrebbero dovuto prestare ascolto al richiamo che proveniva da oltre il confine americano. Quando, nel 1821, York Factory divenne il centro principale e Micchipicoten il principale deposito e porto sul Lago Superiore, cominciò la lenta e inesorabile decadenza di Fort William. Nel 1829 McKenzie lasciò il forte con la sua moglie indiana, che sposò poi con una cerimonia protestante. Intanto, malgrado la sorda ostilità delle Compagnie delle Pellicce verso coloni e missionari, la chiesa cattolica aveva cominciato a penetrare nella zona già dal 1816, quando Lord Selkirk, per favorire il suo progetto di colonizzazione, aveva invitato il vescovo Joseph-Octave Plessis a creare una missione sul Red River. I missionari rimasero scioccati dai costumi matrimoniali degli addetti al commercio delle pellicce e dalla libertà sessuale delle donne indiane che, come scrisse scandalizzato un missionario, «erano padrone del proprio corpo».
Le Compagnie delle Pellicce fecero buon viso a cattivo gioco e permisero che le varie confessioni tenessero i servizi religiosi; a Fort William furono celebrate messe e confessioni, benché i Nativi accogliessero in minima parte queste pratiche. Le Compagnie tentarono però di conservare intatti i loro migliori territori di caccia, rifiutando ai missionari ogni passaggio nell’Athabasca: un Indiano convertito poteva trasformarsi in colono e diventare un pessimo cacciatore. La morte di Lord Selkirk, nel 1820, pose fine alla politica morbida della HBC verso i missionari cattolici e la promessa di costruire una cappella cattolica a Fort William fu mantenuta solo nel 1849.
Contrariamente a quanto speravano i capi tribali, la fusione tra la NWC e la HBC nella nuova Hudson’s Bay Company, e la concorrenza di questa contro la American Fur Company di Astor non portò loro né un aumento di beni né di benefici, anzi la popolazione indigena continuò il suo lento declino, tanto che nel 1829 la popolazione indiana nel distretto attorno a Fort William contava 49 maschi, 51 donne e 96 bambini. Nel 1838 il commercio delle pellicce, ormai in declino, fu sostituito da una nuova fonte di entrate: la pesca. Nel 1851 la scoperta di minerali di rame sulla sponda meridionale del lago trasformò Fort William in un emporio e un ufficio postale per i cercatori di metalli. L’accaparramento delle terre minerarie portò però dei conflitti con gli Indiani e le compagnie minerarie decisero di estinguere il titolo di proprietà indiano delle terre. Nel 1849 a Fort William il capo Illinois Peau de Chat chiese in cambio «oltre a una riserva sulle due rive del fiume, 30 dollari a testa (comprese le donne e i bambini) ogni anno fino alla fine del mondo e dovranno essere in oro e non in mercanzia. Inoltre chiediamo al governo di pagare le spese per un maestro di scuola, un dottore, un fabbro ferraio, un carpentiere, un istruttore agricolo e un magistrato». Il sovrintendente agli affari indiani del Canada Occidentale, Thomas G. Anderson, ricordò agli Indiani il loro destino negli Stati Uniti, dove avevano perso tutto e stavano per essere rilocati oltre il Mississippi. Nel 1850 fu firmato il trattato Robinson-Superior, tra la Corona e i principali capi degli Ojibwa della riva settentrionale del Lago Superiore, tramite il quale veniva riconosciuto agli Indiani il diritto di cacciare e pescare nei territori della Corona e garantiva a Peau de Chat una riserva all’interno «a due miglia da Fort William, per non interferire con i diritti acquisiti dalla Onorevole Compagnia della Hudson’s Bay.» Testimoni del fatto furono padre Nicholas Fremiot e padre Pierre Choné, che avevano fondato nel 1848 la missione gesuita dell’Immacolata Concezione sul Kaministiquia presso Fort William, la prima istituzione non legata al commercio delle pellicce sul Lago Superiore.


Wigeman Wansung, donna Ojibwa

Mentre i fasti del commercio delle pellicce sparivano nelle nebbie della storia, la rotta del Kaministiquia cominciò a diventare interessante per gli ingegneri della ferrovia Canadian Pacific e il posto della HBC venne scelto come deposito di materiale ferroviario e per la costruzione di elevatori di grano. Nel 1883 tutti i terreni della HBC vennero trasferiti alla CPR (Canadian Pacific Railway) grazie alla mediazione del principale azionista di entrambe le compagnie Donald Smith, azionista di maggioranza anche della Banca di Montréal. Il 18 luglio 1883 sul Fort William’s Weekly Herald comparve il seguente trafiletto: «Il Posto della Hudson’s Bay a Fort William, che ha operato per più di 100 anni, è stato chiuso perché il piccolo commercio che vi si svolgeva non pagava più le spese».
Come aveva sottolineato un impiegato della Compagnia nel suo libro mastro, gli Indiani da cacciatori di pellicce erano da tempo diventati braccianti nelle città provvisorie che seguivano la costruzione della ferrovia.
Nel 1971, per le pressioni della Società Archeologica Canadese e della Camera di commercio di Fort William, il primo ministro dell’Ontario annunciò la “ricostruzione” del forte, non sulla collina del sito originale (ora indicato solo da un monumento), ma a Pointe de Meuron, un tratto pianeggiante dove il Kaministiquia forma tre meandri. Qui, per il piacere dei turisti, figuranti indiani e bianchi ricreano i tempi gloriosi della NWC.

FORT UNION

Quando i due giganti britannici del commercio delle pellicce, la NWC e la HBC, si fusero nel 1821, centinaia di impiegati e manovali persero il lavoro. Due di questi impiegati erano Kenneth McKenzie e William Laidlaw, che emigrarono verso sud, a St. Louis, negli USA. Qui si unirono ad un altro scozzese, Daniel Lamont, per formare la Columbia Fur Co. Sempre a St. Louis, più o meno nello stesso periodo, John Jacob Astor e Ramsay Crooks stavano tentando di impiantare una base dell’American Fur Co. Alla fine Crooks raggiunse un accordo con McKenzie e i suoi compagni, per cui nel 1827 la Columbia Fur Company si fuse con l’ American Fur Company, dando vita alla Upper Missouri Outfit. Nel 1829 McKenzie stabilì Fort Union alla confluenza dei fiumi Missouri e Yellowstone. McKenzie, uomo abile, ambizioso e spietato, sfruttò la sua esperienza canadese per organizzare il suo impero secondo le linee delle compagnie britanniche. Egli era il bourgeois (il “borghese”, un titolo della gerarchia delle compagnie delle pellicce, risalente ancora alle prime postazioni francesi), il padrone quasi assoluto del forte e delle sue operazioni, nonché agente per tutto l’alto Missouri. Ogni postazione subordinata, come Pierre, Cass e McKenzie, aveva il proprio bourgeois, che era subordinato a McKenzie e ai suoi successori a Fort Union. La maggior parte dei bourgeois di Fort Union erano scelti fra uomini del tutto adatti a quella posizione. James Kipp, un canadese, servì come bourgeois di Fort Union agli inizi degli anni ’40 e di nuovo alla metà degli anni ’50 dell’Ottocento. Sposato con Earth Woman, indiana Mandan, Kipp era conosciuto come costruttore di forti e una persona con cui era facile per gli Indiani avere rapporti.


Fort Union

Comunque non tutti apprezzarono l’opera di Kipp. Quando, nell’inverno 1833-34, il principe tedesco Maximilian giaceva malato a Fort Clark, all’epoca gestito da Kipp, il principe, sofferente e mezzo morto di fame, criticò con violenza Kipp, dicendo tra le altre cose che il burgeois era troppo pigro per costruire un gabinetto esterno e si “liberava” in piena vista di chi passava.
Alexander Culbertson, uno yankee della Pennsylvania che si unì all’Upper Missouri Outfit nel 1833, divenne il burgeois di Fort Union dieci anni dopo. Sposò una Piedi Neri Piegan, per la quale pagò cento dollari, e in seguito Medicine Snake Woman, una Piedi Neri Sangue. Nel 1848 divenne presidente dell’Upper Missouri Outfit e stabilì il suo quartier generale a Fort Union. Quando nel 1853 il governatore Isaac I. Stevens compì il suo viaggio esplorativo per costruire una ferrovia settentrionale, impiegò Culbertson per organizzare un consiglio speciale con i Piedi Neri prima di far passare i suoi uomini attraverso il loro territorio. Anche se Culbertson andò in pensione ricco, nel 1861, investimenti sbagliati lo riportarono sull’alto Missouri, dove si sistemò all’agenzia di Fort Peck. Medicine Snake Woman continuò a vivere con i suoi parenti canadesi. Il successore di Culbertson come burgeois a Fort Union fu il suo buon amico, Edwin Thompson Denig. I due uomini avevano risalito il fiume insieme nel 1833 e Denig aveva servito come clerk (impiegato, di grado inferiore a burgeois) a Fort Union sotto McKenzie. A quel tempo aveva scritto della sua devozione per il suo lavoro e per McKenzie: «Preferirei essere uno stalliere qui che un contabile a Fort Pierre e per obbedire e compiacere McKenzie andrei ovunque e, se dovessi andarmene di qui, sarebbe un gran dispiacere!» Rudolf Friederick Kurz, un avventuriero svizzero che fu clerk a Fort Union, descrisse Denig come «un uomo piccolo di statura dai lineamenti duri, che indossava un cappello di paglia, con l’orlo rivoltato all’indietro». Oltre a essere stupefatto che Denig avesse due mogli, Kurz scrisse che era un tipo piuttosto istruito, ed era vero perché Deing diventò l’intellettuale dell’Upper Missouri Outfit.


Posizione di Fort Union in relazione agli altri forti commerciali del West

Tra i suoi scritti c’è Cinque tribù indiane dell’alto Missouri, pubblicato in seguito a cura di John C. Ewers. Il salario di bourgeois di Denig era di mille dollari all’anno, più una percentuale sulle vendite. Denig sposò Little Deer Woman e alla fine si ritirò nell’insediamento sul Red River. Non tutti i bourgeois furono dei giganti. Probabilmente il peggiore fu Jacob Halsey, che succedette a McKenzie nel 1837 e portò l’epidemia di vaiolo che devastò l’alto Missouri. Il modo con cui condusse il commercio quell’estate ebbe come conseguenza la sua immediata sostituzione. Qualche anno dopo, Helsey, alcolizzato, correndo a cavallo attraverso i boschi, colpì con la testa un ramo d’albero e morì all’istante. Per rango, sotto il bourgeois c’era il contabile (chief, clerk). McKenzie impiegò in questa posizione una personalità assai singolare: James Archdale Hamilton, noto anche come James Palmer; era un inglese di 50 anni, istruito, che faceva il bagno e si cambiava la camicia ogni giorno, aveva in antipatia gli Indiani e, si diceva, era l’unico europeo sull’alto Missouri che non avesse una famiglia indiana. Charles Larpenteur (che lavorò in lungo e in largo per tutto il corso del Missouri) scrisse che Hamilton «aveva abitualmente vissuto con lusso, ragion per cui aveva la gotta, che lo portava ai due estremi: era molto piacevole o molto sgradevole, ma nel complesso la malattia lo manteneva sgradevole; così non era molto amato, anche se era molto rispettato». Quando Hamilton lasciò Fort Union con McKenzie, continuò a lavorare per l’American Fur Co. a St. Louis, come cassiere. Specialmente nei primi tempi, il posto impiegava parecchi junior clarks, che mettevano per iscritto i vari accordi commerciali, segnavano i libri mastri, facevano inventari e tutti i lavori d’ufficio. Alcuni di loro, come Edwin Denig, si dimostrarono anche bravi commercianti.


Edwin Thompson Denig e la moglie Little Deer Woman

Oltre a Denig, un altro clerk degno di nota fu Charles Larpenteur: questo giovane francese era giunto nell’alto Missouri nel 1833 come semplice manovale in una compagnia concorrente, dove guadagnava 16 dollari al mese (quando la Compagnia faceva pagare 15 dollari per una coperta). «Qui sono un regolare carrettiere di Fort William – scrisse Larpenteur – vestito con pantaloni di pelle di vacca, camicia di pelle di cervo, berretto di pelliccia di lupo, biancheria di flanella rossa e sopra una camicia a quadri blu, che cammino dietro il mio vecchio cavallo che traina il carretto». McKenzie lo assunse come clerk per l’Upper Missouri Outfit nel 1834 per 250 dollari l’anno, più un abito completo di ottima stoffa (McKenzie insisteva che i suoi impiegati vestissero bene) e pasti nella sala da pranzo del burgeois. In seguito ricevette un salario di 350 dollari al mese. Quando Rudolph Kurz arrivò a Fort Union nel 1851, il salario di un clerk era aumentato a 800 dollari. Kurz fece la lista dei suoi molti doveri come ckerk agli inizi della carriera, compreso aprire e chiudere i cancelli del forte alla mattina e alla sera, riferire di tutti gli stranieri che passavano, prendersi cura della stanza delle presse delle pellicce, sovrintendere alla fornitura di carne, aiutare a sellare i cavalli ed essere responsabile di tutti gli attrezzi. Riferì di aver imparato i vari termini per carne fresca, carne conservata, mais, lardo, acqua, “apri la porta”, ecc., in sette lingue diverse. I clerk ora, notava, avevano la propria camera, ammobiliata con un letto, due sedie e un grande tavolo. Presto ebbe anche una moglie indiana. Al di sotto degli junior clerks c’erano gli interpreti (di solito di sangue misto), i traders (commercianti) e i mechanics (falegname, muratore, lattoniere, fabbro, bottaio e sarto) e i cacciatori, che rifornivano il forte di carne fresca. Kurz annotò qualcuno dei loro salari nel 1851: traders, tra gli 800 e i 1000 dollari l’anno; interpreti, 500; cacciatori, 400 più le pelli e le corna degli animali uccisi; artigiani e operai, 250; labourers (operai e braccianti), 120. Oltre a ciò, tutti gli addetti godevano di vitto e alloggio gratuito, ma dovevano comprare quello di cui avevano bisogno a presso fisso presso il negozio del forte.
Larpenteur, che fu promosso burgeois in un forte minore nel 1846, riferì che la compagnia gli aumentò lo stipendio da $600 a $700 l’anno. In fondo alla gerarchia del forte c’erano i labourers, chiamati in genere col termine francese engagés. All’inizio molti di questi erano franco-canadesi; Ramsay Crooks credeva che questi canadesi rurali fossero i lavoratori migliori e l’American Fur Co. manteneva un reclutatore regolare in Quebec. Proprio prima che iniziasse la costruzione di Fort Union, arrivò a Fort Tecumseh (poi Fort Pierre) un gruppo fresco di questi uomini. Col passare degli anni, Pierre Chouteau Jr. e la sua compagnia inviarono engagés e mechanics su per il fiume da St. Louis, specialmente dopo che il traffico di battelli a vapore divenne usuale. Anche métis come la famiglia Deschamps vennero a sud dall’insediamento del Red River. Negli anni ’40 era cresciuta una nuova fonte di impiegati: i figli dei traders. Il figlio di Kenneth McKenzie, Owen, salì fino alla posizione di burgeois a Fort Galpin poco prima di essere ucciso.
A Fort Union gli appartamenti erano di varia natura: il burgeois viveva in una casa elegante, che condivideva con il chief clerk e con i visitatori di rango. L’ala abitativa lungo il lato occidentale del forte conteneva sei stanze, ciascuna con un focolare. Nel 1843 i junior clerks occupavano due di queste stanze, i cacciatori una e gli engagés tre. Kurz descrisse i quartieri degli interpreti quando giunse al forte per la prima volta. La stanza di 400 piedi quadri conteneva tre letti di pelli di bisonte per gli interpreti e le mogli. Ogni persona doveva occuparsi del proprio letto, ma poteva prendere a prestito due mantelli di bisonte dal magazzino. E’ possibile che gli artigiani, come il falegname e il fabbro, vivessero dentro le loro botteghe. Di certo il forte, durante i primi anni, era affollato, quando contò oltre cento persone oltre a capi, donne e bambini indiani in visita. Le nazionalità comprendevano scozzesi, inglesi, americani bianchi e neri, irlandesi, tedeschi, francesi, svizzeri, canadesi, russi, spagnoli, italiani e olandesi.


L’edificio principale di Fort Union

La sala da pranzo nella casa del bourgeois sottolineava il sistema di casta del commercio delle pellicce, che era organizzato secondo le linee delle compagnie britanniche. Larpenteur descrisse la scena: «Entrando nella sala da pranzo, trovai una tavola preparata splendidamente, con una tovaglia bianchissima e due camerieri, di cui uno negro. McKenzie sedeva a capotavola, elegantissimo. Le vivande consistevano di ottima carne grassa di bisonte, con abbondanza di burro fresco, panna e latte…Scoprii presto, dal modo in cui i clerks prendevano posto, che il mio sarebbe stato vicinissimo all’estremità del tavolo, perché sembrava andare per grado…». Kurz verificò queste sistemazioni; scrisse che i clerks mangiavano alla tavola del bourgeois, dove venivano serviti «carne ben scelta, pane, spesso zuppa e torta la domenica, mentre cacciatori e operai mangiavano, a un secondo tavolo, carne, biscotto e caffè nero con lo zucchero». Denig scrisse che nella mensa «il bourgeois, a capotavola, fa gli onori e serve le leccornie che questa terra selvaggia offre ai visitatori e ai clerks, che sono seduti secondo il proprio ordine e rango. I mechanics del forte mangiano al secondo tavolo». I visitatori a Fort Union erano stupiti dall’ottima qualità del cibo; scrivevano di aver mangiato latte, panna, burro, formaggio, “il miglior pesce gatto del mondo”, carne e lingua di bisonte, coda di castoro, cacciagione, pancake, bacon, omelette, verdura, pane caldo, cioccolata, caffè, vino Madeira freschissimo e Porto. L’ American Fur Co. incoraggiava scienziati, artisti, preti e principi a visitare l’alto Missouri.; negli anni il cannone di Fort Union salutò l’arrivo di una schiera di ospiti come il principe Carlo, duca di Wuttemberg, Pierre Chouteau Jr., il principe Maximilian zu Wied, George Catlin, Nathaniel Wyeth, John James Audubon, il mountain man Jim Bridger, il governatore Isaac I. Stevens, la moglie di Joseph LaBarge, la prima donna bianca al forte, il geologo F.V. Hayden, una serie di artisti viaggianti, avventurieri ed un assortimento di ufficiali dell’esercito.
Il liquore era sempre presente a Fort Union: McKenzie e i suoi successori lo usavano come ingrediente principale per portare via le pellicce alla concorrenza americana sul fiume e ai commercianti della Hudson’s Bay Co. in Saskatchewan. Allo stesso tempo il governo degli USA deplorava il suo uso e tentava, di tanto in tanto e senza successo, di impedirlo. Quando il governo rafforzò la legge proibizionista del 1832, McKenzie andò a Washington ma non riuscì a far cambiare la legge. Importò allora una serpentina a Fort Union, credendo che la legge non proibisse la manifattura locale, tuttavia si sparse la voce e l’ American Fur Co. per poco non perse la licenza. Un decennio più tardi la compagnia era di nuovo nei guai e Pierre Chouteau jr. ordinò uno stop temporaneo al contrabbando di liquore sul fiume Missouri. Fort Union risolse questa “siccità” alcolica comprando 1775 dollari di “pelli” dai métis del Red River. Charles Larpenteur descrisse con ricchezza di dettagli come riuscì a comprare duecento pelli di bisonte in cambio di due barilotti di whiskey in un accampamento di Cree e Chippewa a Woody Mountain, in Canada.
In un’altra occasione Larpenteur si preoccupò che un commerciante della Hudson’s Bay Co., a nord, avesse abbastanza liquore da tenere il commercio Assiniboine e Cree sul lato nord del confine canadese. Larpenteur notò anche con disgusto che, quando nel 1864 giunsero a Fort Union i Crow, fino ad allora sobri, per ricevere le loro razioni, «qualche gentiluomo Crow venne al forte, due su un cavallo, con una bottiglia in mano, ubriachi; così i Crow sono caduti nella bella abitudine di usare il liquore introdotto dai bianchi». Non che gli abitanti del forte fossero astemi: quasi tutti, dal bourgeois agli engagés erano forti bevitori, specialmente all’arrivo dei battelli a vapore. «Il battello è partito questa mattina presto. – scrisse Larpenteur – Oggi non è stato fatto niente perché la maggioranza era troppo ubriaca per poter lavorare…e a quanto sembra durerà un bel po’». Anche le donne indiane cedevano all’alcool: «Gran risse di notte tra le donne indiane, che avevano fatto entrare un barilotto da 5 galloni di whiskey…si ubriacarono tanto che cominciarono a rompere le finestre. Le buttammo tutte fuori e scoprimmo i 5 galloni e una bottiglia che era stata messa via in cantina».


Tramonto a Fort Union – dipinto di Tom Lovell

Le giornate e le stagioni a Fort Union normalmente si passavano in lavori di costruzione, riparazioni di barche, raccolta di legna da ardere e taglio di legname, preparazione di attrezzature, pressa e spedizione di pelli e pellicce, coltivazione dell’orto, lavori di cava, caccia con il fucile e con le trappole, inventari, intrattenimento degli Indiani e altri ospiti, taglio del fieno, spalatura della neve e altri innumerevoli compiti. Ma c’era anche il tempo per divertirsi. Quando un nuovo magazzino era quasi completato, gli engagés legavano una ghirlanda di frasche ai pali e la prendevano a fucilate. Secondo la tradizione, il bourgeois li ricompensava con un regalo consistente in liquore. Il capo falegname Luteman ricevette una bottiglia intera e il giorno dopo soffrì dei terribili postumi di una sbronza. La sera che John James Audubon e il suo gruppo giunsero a Fort Union, venne dato un ballo, descritto da Audubon nel suo giornale: «Parecchie donne indiane, vestite con gli abiti migliori, erano presenti con tutti i loro ospiti, engagés, ecc. Mr. Culbertson suonò il violino molto bene, Mr. Guèpe il clarinetto e Mr. Chouteau il tamburo…furono danzati cotillon e reel…e la compagnia si sciolse verso l’una». Per intrattenere Audubon, il bourgeois Culbertson, Owen McKenzie e il visitatore Lewis Squires indossarono costumi indiani e, dopo essere stati raggiunti da due donne Blackfeet in abito nativo, si mossero in parata nella prateria. Cavalcarono nelle colline, scovarono un lupo, gli diedero la caccia e lo uccisero, poi tornarono al galoppo al forte. Vennero fatte altre dimostrazioni di abilità a cavallo e con le armi. Alcuni anni dopo Edwin Denig diede un ballo per la gente del forte e gli uomini del vicino Fort William. Scrisse: «Abbiamo decorato la stanza al meglio, con specchi, candele, pellicce preziose e ornamenti indiani». Una settimana dopo Fort William restituì il favore.
Difficilmente la gente di Fort Union osservava la domenica. Scrivendo sul suo diario il 4 luglio 1864, Larpenteur racconta: «Questa mattina siamo stati svegliati molto presto dai colpi di sei cannoni che ruppero parecchi vetri delle finestre per le vibrazioni. Di notte il capitano fece sparare due salve che furono molto apprezzate dalla gente del forte e anche dai Crow. Il resto della serata passò divertendosi con le palle di fuoco». Oltre al 4 luglio, anche Natale di solito era osservato con una sbronza. Il giorno di Natale del 1864 le truppe ricevettero una razione di whiskey e al comandante «mancò pochissimo dall’essere gloriosamente ebbro». Reati e punizioni erano eventi comuni, soprattutto all’inizio. Nel commercio delle pellicce britannico i supposti criminali di solito erano inviati ad est per il processo, ma a Fort Union McKenzie, dopo aver consultato i suoi clerks, imponeva le proprie punizioni. Non era là, però, quando George Sumpter derubò il negozio e fuggì. In seguito fu scoperto che Sumpter lavorava a Fort Pierre e fu prontamente licenziato. Alexander Harvey, un bravo commerciante con un temperamento focoso, si mise nei guai una volta di troppo: licenziato nel 1839, tornò a Fort Union l’estate seguente, andò da Isadore Sandoval, un suo vecchio nemico, lo uccise e sfidò chiunque a farci qualcosa. Nessuno alzò un dito.
Il giorno di Natale del 1838 si ampliò in tre giorni di baldoria alcolica: quando la festa raggiunse il culmine scoppiarono parecchie risse. Il sarto e un falegname ne furono coinvolti e, prima che avessero finito, uccisero Baptiste Marseilles, il cacciatore del forte. Il bourgeois David Mitchell pose i due uomini in catene e organizzò un processo in cui lui stesso era il giudice, e li condannò a subire 39 frustate. John Brazeau, assunto da McKenzie per somministrare punizioni del genere, eseguì le dure sentenze.


Scalo a Fort Union del battello “Yellowstone” sul Missouri – dipinto di Karl Bodmer

La famiglia più famosa della storia del forte furono i Deschamps, che erano stati cacciati in esilio dall’insediamento metìs del Red River, quando François Deschamps Sr. aveva ucciso e derubato il governatore Semple e il suo seguito, mutilando i corpi quando non erano ancora spirati. Il padre e la sua numerosa famiglia erano giunti nell’alto Missouri, dove alla fine erano diventati cacciatori per Fort Union e qui ben presto cominciarono a scatenare l’inferno. Rapinarono negozi e stuprarono donne indiane. Nel 1834 uccisero un giovane dopo che era scoppiata una faida tra Baptiste Gardepie, il vecchio François e uno dei suoi figli, a quanto pare a causa di una donna. I Deschamps minacciarono parecchie volte di uccidere Gardepie, che alla fine li attaccò uccidendo il padre e costringendo il giovane François a supplicare di avere salva la vita. I membri della famiglia si calmarono per un po’, ma quando giunse il battello a vapore nel 1836, subito si ubriacarono, si lasciarono andare alla follia omicida e uccisero Jack Ram, un altro cacciatore. I dipendenti del forte andarono da McKenzie per avere il suo permesso di attaccare i Deschamps e usare il cannone del forte. Ne seguì una battaglia sanguinosa. Sette Deschamps furono uccisi e le loro case incendiate. Larpenteur scrisse anche a proposito di Augustus Bourbonnais, un cacciatore di castori dai lunghi capelli biondi, che venne a Fort Union per trascorrere l’inverno del 1836-37. Le donne indiane, compresa la signora McKenzie, trovarono questo ragazzo molto attraente. Quello che avvenne dopo non è chiaro. Un resoconto sostiene che il bourgeois McKenzie trovò sua moglie e Bourbonnais a letto insieme; un altro afferma che i due avevano dormito insieme ma poi, pentita, la signora McKenzie raccontò tutto al marito. Dato che Bourbonnais era un giovanotto aitante, McKenzie si armò di bastone, batté il giovane e lo cacciò fuori dal forte. La mattina dopo Bourbonnais, armato di tutto punto, era fuori dal muro di cinta che minacciava McKenzie e tutti quelli che erano dentro. McKenzie radunò i clerks e gli interpreti e tenne una “corte marziale”. Gli uomini decisero di dare a Bourbonnais 24 di tempo per andarsene, poi gli avrebbero sparato. Vennero consultati i labourers (varie categorie di lavoratori manuali) che, temendo che Bourbonnais desse fuoco al forte, furono d’accordo. Ventiquattr’ore dopo Bourbonnais non si era ancora schiodato. Una guardia sparò e lo ferì; lo portarono dentro al forte per curarlo e qui, dato che aveva cambiato umore, gli fu permesso di restare fino a che fu guarito.


Mountain men

Malattie e morte erano sempre presenti a Fort Union: è impossibile dar conto di tutte le morti, ma due crisi spiccano, distanti tra loro di circa trent’anni. Nel 1837 Jacob Hasley e la sua famiglia portarono il vaiolo con sé sul battello St. Peter. Prima che l’epidemia si esaurisse sull’alto Missouri, i Mandan erano stati quasi spazzati via e quattro quinti degli Assiniboine e dei Piedi Neri erano morti. Le mogli indiane al forte furono infettate e la maggior, parte, se non tutte, morirono. Larpenteur descrisse l’orribile morte della propria moglie, il cui corpo fu ricoperto di larve prima ancora di spirare. Nel 1864 la Prima Compagnia del 30° Fanteria del Wiscounsin giunse al forte. All’inizio della primavera successiva lo scorbuto colpì e, nel giro di sette settimane, cinque soldati furono sepolti nel cimitero a est del recinto delle abitazioni. Durante lo stesso periodo morirono anche tre bambini del forte.
Il vecchio, grande forte cambiò rapidamente nel 1865. I soldati partirono in agosto e Pierre Choteau jr. e la Compagnia vendettero il forte. L’ultimo bourgeois dell’ American Fur Company, Charles Larpenteur, che era giunto sull’alto corso del fiume più di trent’anni prima, partì. Due anni dopo scrisse nel suo diario: «Il battello Miner arrivò a Union e partì circa all’una dopo aver demolito la vecchia cucina di Fort Union per fare legna per la caldaia. Fort Union è venduto al governo per costruire Fort Buford». Ben presto restarono solo le ombre e i fantasmi. Ma i trentotto anni della sua storia vivono nella memoria: la parole di un visitatore del 1843 echeggiano sul fiume: «Qui, lontano dalla civiltà, i commercianti passano i giorni migliori della loro vita – qualcuno per amore d’avventura – altri per guadagno – e altri per i loro crimini sono cacciati dalla società civile». Il bourgeois Denig la mise in questo modo: i commercianti «godono almeno la somiglianza del vivere come i loro quieti, se non più utili, fratelli negli Stati Uniti».

FORT VANCOUVER

Quando fu fondato nel 1825, Fort Vancouver entrò a far parte di un’antica industria, un sistema di scambio di merci contro pellicce praticato almeno da quando i Vichinghi attraversarono l’Atlantico circa mille anni fa. Per centinaia di anni le pellicce erano state apprezzate come aggiunte isolanti agli abiti o come coperte da letto.


Fort Vancouver

In seguito i mercati europei compresero il potenziale della soffice peluria alla base della pelliccia del castoro, che dava alcuni dei migliori feltri per la manifattura dei “cappelli di castoro”, cappelli da uomo durevoli che divennero un articolo costoso e desiderato. Questi copricapi erano cos’ popolari che, per l’inizio del XVII secolo, erano diventati un’eredità di famiglia trasmessa ai figli. La domanda di pelli di castoro aumentò a livello esponenziale per molti decenni e costrinse le Compagnie delle pellicce ad espandere continuamente i propri territori. Ciò che era iniziato e fiorito nelle porzioni orientali del Canada alla fine si trasferì ad ovest, coprendo la maggior parte dei territori settentrionali del continente: una distesa enorme, dalla costa intorno alla Baia di Hudson nello Scudo Canadese, attraverso il bacino Athabasca, oltre le Montagne Rocciose, per finire lungo la costa del Pacifico. Questo territorio forniva il freddo invernale che sviluppava le folte pellicce degli animali e le vie d’acqua che servivano sia come habitat agli animali stessi, che da vie da trasporto per i trappers. La Hudson Bay Company (HBC) ottenne nel 1670 una licenza reale che riconosceva diritti di caccia esclusivi su tutte le terre i cui fiumi sfociavano nella Baia di Hudson. La sua collocazione, con la base di York Factory sulle rive della Baia, accoppiata ad un monopolio soffocante, diede alla Compagnia un successo relativamente sicuro. La fusione obbligata con la North West Company (NWC) nel 1821, produsse una forza quasi inarrestabile, che nel giro di qualche anno favorì l’espansione della HBC fino alla costa del Pacifico. Nel 1825, quando venne fondato Fort Vancouver, La Gran Bretagna e gli Stati Uniti stavano ancora lottando per il controllo delle aree ad ovest delle Montagne Rocciose.
La giurisdizione politica era incerta e l’HBC si era mossa velocemente per avvantaggiarsi sulle terre potenzialmente ricche di pellicce rispetto alla concorrenza americana, compresa la Pacific Fur Company di John Jacob Astor. Anche se entrambi i paesi mantenevano qui una presenza, la loro ambiguità in merito all’occupazione congiunta del territorio rifletteva l’incertezza che provavano sulla possibilità di realizzarvi profitti. Questo status incerto doveva continuare per molti anni e minacciare qualsiasi piano a lungo termine dell’HBC sui propri forti nella zona. Quando il Dr. John McLoughlin (che doveva diventare il Chief Factor – l’equivalente del Bourgeois dei franco-canadesi – di Fort Vancouver) giunse nel nord ovest del Pacifico, il suo quartier generale era situato a Fort George, sulla foce del Columbia, legalmente un forte americano che, trovandosi sulla riva meridionale del Columbia, era un luogo su cui pesava una sovranità discutibile, in un clima politico in cui correva voce che il Columbia sarebbe diventato il confine meridionale del territorio britannico. Il primo compito di McLaughlin, come amministratore dell’area, fu di scegliere il sito, sul lato nord del fiume, per un nuovo quartier generale. Il quartier generale sovrintendeva l’immenso Dipartimento Columbia della HBC e controllava un’area di 70.000 miglia quadrate (1.800.000 kmq), che si estendeva dall’Alaska russa alla California messicana e dalle Montagne Rocciose fino all’Oceano Pacifico. I forti in quest’area erano difficili da raggiungere da entrambe le vie: navigando da Londra, doppiando Capo Horn, poi fino al Columbia passando per le isole Hawaii, oppure con la brigata annuale per via di terra da York Factory, che mescolava viaggi in canoa e racchette da neve o a cavallo: un viaggio di oltre 2000 miglia che richiedeva tre mesi. Le due principali preoccupazioni nella scelta della località erano la facilità di navigazione e il potenziale agricolo. George Simpson, il Governatore delle operazioni nordamericane della Compagnia, da tempo appoggiava un programma agricolo che aumentasse l’autosufficienza dei forti e diminuisse il costo delle importazioni alimentari e articoli connessi.

La nuova località era situata sulla riva settentrionale del Columbia, leggermente a monte della foce del fiume Willamette, sulla riva opposta. Il forte stesso, dopo quattro difficili anni iniziali su una zona elevata, fu costruito su una pianura con facile accesso all’acqua, ma fuori dalle golene alluvionali. L’area circostante si componeva di ampi tratti di prateria e boschi, che salivano fino a dense foreste di abeti ed era nota come Jolie Prairie o Belle Vue Point, per via della sua grande bellezza naturale. I superiori di McLaughlin erano molto compiaciuti della scelta, non solo per la collocazione, ma soprattutto per i suoi ricchi pascoli e il clima mite. L’Hudson’s Bay Company, facendo tesoro della sua esperienza nel Canada orientale, voleva creare e mantenere un monopolio, superando la concorrenza prima che questa avesse piantato una base tanto salda da danneggiare le riserve finanziarie della Compagnia. L’HBC fu accusata di praticare una politica di terra bruciata degli animali da pelliccia in molte aree del suo territorio, soprattutto intorno al fiume Snake; i suoi trapper avevano istruzioni di prendere più animali da pelliccia possibile, ignorando le pratiche di sostenibilità conservativa che erano obbligatorie altrove, allo scopo di non lasciare animali per le compagnie americane che cacciavano nella stessa area. Quando le navi americane erano nelle vicinanze, furono usate molte pratiche commerciali creative per mantenere lo status di preferenza con gli Indiani che portavano pellicce da commerciare. Questo progetto molto ambizioso, di battere tutta la concorrenza mandandola fuori mercato, fece istituire alla Compagnia un’immensa rete per tutta la regione, una rete che, alla fine, utilizzava due dozzine di forti commerciali, sei navi e circa 600 impiegati maschi durante l’alta stagione. Fort Vancouver era il quartier generale amministrativo e il deposito principale di rifornimenti dell’intero sistema, e anche il punto di raccolta delle pellicce da spedire a Londra.
Fort Vancouver crebbe fino a diventare un centro di intensa attività e influenza. Ogni anno due navi di rifornimenti (più spesso una) arrivavano trasportando merci inglesi da commerciare e per uso interno, oltre che articoli e materie prime dalle Hawaii come il corallo per la malta. Ogni estate, dopo il freddo inverno trascorso nella caccia con le trappole, entrava un’enorme quantità di pellicce, sia portate dalle brigate organizzate di dipendenti della HBC, che da trappers indipendenti europei o indiani. Mentre crescevano sia il desiderio che le possibilità di una maggiore autosufficienza, aumentavano anche le sue industrie e le sue pratiche. La fattoria si espanse fino a coprire quasi 30 miglia lungo il fiume Columbia e 10 miglia a nord del fiume e comprendeva pascoli, coltivazioni su larga scala, giardini ornamentali e frutteti e impiegava più personale che qualsiasi altra attività del forte. Segherie, mulini e laboratori caseari lavoravano sia per il consumo del forte e dei posti sussidiari, sia per produrre un surplus da vendere alle Hawaii e per rifornire la Compagnia Russo-Americana (appartenente all’Impero Russo). Al forte fiorirono molti mestieri, fra cui il fabbro, il carpentiere, il bottaio e il fornaio, che ingrandirono lo spazio fisico del forte mentre producevano gli articoli per rifornire il consumo interno. Sulle rive del Columbia si sviluppò un complesso rivierasco, direttamente a sud del villaggio dei dipendenti del forte; qui sorgevano un cantiere navale, un magazzino per il salmone, concerie e un ospedale, costruito durante il picco di un’epidemia di malaria. A tutto ciò si aggiunsero una chiesa separata ed edifici scolastici, quando il posto divenne una presenza stabile.
Storicamente il commercio delle pellicce, come industria, offriva delle opportunità a un’ampia gamma di persone con vari gradi di dipendenza dalle compagnie organizzate. L’attrattiva economica poteva essere grande, ma il commercio forniva anche una via per quelli che desideravano allontanarsi da casa, sia per amore dell’avventura – il commercio delle pellicce poteva rappresentare una brillante occupazione per quelli che non ne facevano parte, e questa vita avventurosa attirava molti insospettabili giovanotti – sia per sfuggire ai guai, in genere debiti non pagati.


Bandiera della Compagnia Russo-Americana – 1806

Qualche volta varie generazioni di famiglie si univano a questo commercio, dato che le occasioni di trovare un lavoro erano limitate per chi nasceva in una terra di posti di frontiera e comunicazioni sporadiche. Alcuni dei funzionari della Hudson’s Bay Company erano inglesi o scozzesi, ma i Britannici erano in realtà una minoranza nella maggior parte dei forti delle pellicce, come lo erano in generale gli Europei. La maggioranza dei funzionari e dei dipendenti proveniva dalle terre del Lower Canada, una regione che grosso modo corrisponde all’odierno Quebec. I trapper che venivano da questa zona, di origine francese e talvolta scozzese, erano noti come voyageurs, uomini bassi e muscolosi, considerati di taglia ideale per le lunghe ore in canoa o sui portage, quando le canoe erano trasportate sulla schiena tra due corsi d’acqua. Letteralmente spina dorsale del commercio delle pellicce, questi voyageurs rappresentavano una presenza molto visibile sia nelle brigate in giro per il paese che nei forti, quando tornavano per il raduno annuale. La loro occupazione non era di tutto comodo e si diceva che l’aspetto rude ne riflettesse lo stile di vita, ma spesso dichiaravano apertamente di amarlo. Avevano i propri costumi e un codice d’onore al di sopra e al di là delle aspettative della Compagnia, che erano rinforzati dal cameratismo. Riconoscibili dalle fusciacche colorate tessute a mano e dall’inesauribile repertorio di chansons, canzoni di voga, usate per mantenere il ritmo e aiutare a passare il tempo, i voyageurs formavano il forte sistema di trasporto delle compagnie, che trasferivano personale e merci attraverso il continente. Riguardo agli Indiani, la politica della Compagnia variò per molti anni; la HBC aveva capito fin dall’inizio che rapporti buoni e pacifici con gli Indiani erano necessari per mantenere reti commerciali sicure e di successo e aveva tentato di praticare il più possibile pratiche commerciali oneste, interferendo il meno possibile negli affari tribali. Una questione più delicata era quella dell’alleanza fra Europei e Nativi, cosa che divenne più frequente con l’aumento dei forti e del territorio coperto. L’opinione ufficiale della HBC restò a lungo divisa dopo che le alleanze erano diventate una prassi standard sul campo e ciò si rifletteva nelle politiche contradditorie, sia ufficiose che ufficiali.

Quando la HBC comprese quali benefici portavano ai dipendenti le mogli indiane, cominciò ad appoggiare il matrimonio à la façon du pays (secondo gli usi del paese), ma per molti anni ebbe come politica l’invio nel Canada orientale dei dipendenti che andavano in pensione, per impedire insediamenti che potessero contrastare con la fornitura di pellicce. Il risultato complessivo fu che la maggior parte degli impiegati, sia funzionari che membri dei ranghi inferiori, prendevano mogli che erano del tutto o in parte indiane, con vari gradi di impegno. Qualcuno prendeva molte mogli o tentava di abbandonare la famiglia quando lasciava il commercio e se ne andava ad est; la Compagnia spesso costringeva a rispettare gli obblighi del matrimonio ed esigeva che i dipendenti che andavano in pensione provvedessero economicamente alle proprie famiglie. Altri formavano unioni fedeli che duravano per tutta la vita e che sopravvivevano ai trasferimenti e al pensionamento dalla HBC; dopo che la Compagnia allentò le misure di trasferimento forzato dei suoi impiegati nell’ est, diventò molto comune che una coppia si stabilisse in aree adatte vicino ai forti o alle riserve indiane.
Le donne indigene sembravano adattarsi allo stile di vita dei voyageurs più delle donne britanniche e, oltre a fornire compagnia, portavano con sé insostituibili abilità e conoscenze che collaboravano ad assicurare la sopravvivenza dei loro mariti. Fornivano un’alleanza familiare con la propria tribù a favore del marito, un fatto da non sottovalutare nelle aree pericolose e frequentate dalla concorrenza su cui piazzavano le trappole. Mentre viaggiavano con la brigata, le mogli e i figli dei voyageurs pulivano e conciavano le pelli rimosse dalle trappole, riparavano abiti e mocassini, raccoglievano e cuocevano il cibo e, qualche volta, cacciavano e proteggevano l’accampamento con il moschetto del marito. Contribuivano al successo della brigata quanto gli stessi voyageurs. Le mogli indiane fornivano simili benefici domestici ed economici anche ai mariti appartenenti ai livelli superiori della gerarchia o a quelli che stavano nei forti per altri lavori.
Con l’aumento dei matrimoni di questo tipo si creò una cultura sincretistica nota come métis, una popolazione di origine mista che divenne una delle più numerose nel commercio delle pellicce. Alcuni dei figli di queste unioni si aggregarono alle tribù delle madri, altri seguirono l’occupazione del padre, diventando voyageur, clerk o altro funzionario giovane; spesso le donne diventavano mogli di impiegati della Compagnia. Un luogo della grandezza di Fort Vancouver, che offriva non solo opportunità economiche nel commercio delle pellicce, ma anche nella sua necessità di manodopera, attraeva gente diversa come nessun altro posto. Come in tutto il commercio delle pellicce in generale, i Britannici, provenienti dall’Inghilterra, dalla Scozia, dall’Irlanda e dalle isole Orcadi e Shetland, erano una minoranza anche a Fort Vancouver. Talvolta giungevano da più lontano: in momenti diversi il forte ospitò un francese, un portoghese e tre marinai giapponesi naufragati e che erano stati riscattati dagli indiani Makah (che li avevano resi schiavi). Gran parte della popolazione di Fort Vancouver proveniva dal Canada e la lingua principale era il franco-canadese. Oltre alla popolazione locale Chinook, attorno al forte si raggruppavano, per commerciare, trovare lavoro e sicurezza, rappresentanti di molte tribù indiane giunte attraverso le vie commerciali. Con il peggioramento delle epidemie di malaria, molti vennero per avere cure mediche e sicurezza di sepoltura. I registri di battesimi, matrimoni e funerali della chiesa cattolica, una delle fonti documentarie principali per interpretare la popolazione storica del forte, registra Indiani delle seguenti tribù: Cascades, Clallam, Klickitat, Spokane, varie tribù californiane, Cowlitz, Mowatwos, Tillamook, Carrier, Grande Dalles, Nisqually, Tsoomus, Chandieres, Irochesi, Rogue, Umpqua, Chehalis, Kalapuya, Shasta, Walla Walla, Chinook, Kholtl, Snohomish. Oltre a questi gruppi, durante il decennio 1840 circa il 40% dei lavoratori del forte era hawaiano. Poiché le navi inglesi sostavano alle Isole Sandwich, ora Hawaii, per approvvigionarsi di cibo, acqua e merci come rum e corallo, ai Nativi erano offerti (anche con la costrizione) contratti a breve termine rinnovabili con la HBC; montavano a bordo (in effetti, si guadagnarono una reputazione di abili marinai perché, contrariamente alla maggior parte dei marinai dell’epoca, sapevano nuotare) e si univano alla forza lavoro di Fort Vancouver. Il villaggio dei dipendenti del forte, proprio a sud ovest del forte vero e proprio, recintato da una palizzata, divenne noto come Villaggio Kanaka proprio a causa del gran numero di Hawaiani che vi risiedevano, anche se vi abitavano tutti i diversi impiegati della HBC.


Genti diverse a Fort Vancouver – dipinto moderno

Le lingue comuni a Fort Vancouver erano il francese del Canada e il gergo chinook, una lingua franca commerciale basata sul chinook, ma che incorporava elementi di inglese, francese e hawaiano. Quando il forte cominciò ad avviarsi, l’inglese era usato di rado, con i missionari in visita o i superstiti delle avventure commerciali americane fallite. La HBC, fin dall’inizio, aveva appoggiato l’esistenza di una forza lavoro diversificata, nella convinzione che, tra l’altro, la mancanza di una lingua comune avrebbe impedito l’ammutinamento o richieste organizzate. Fosse vero oppure no, negli anni seguenti, mentre la forza lavoro si diversificava sempre più a causa dei matrimoni misti e si diffondeva l’uso della lingua franca, rimasero i problemi che provocavano sia l’amministrazione di tali gruppi nella regione che il mantenimento della pace tra loro. John McLoughlin, il Chief Factor di Fort Vancouver e, in pratica, il capo dell’intero compartimento Columbia, governò su questo conglomerato di gente per quasi vent’anni. Il suo stile di amministrazione era giusto e fermo, ma talvolta propenso a scoppi di rabbia quando era provocato. Il sistema dualistico della HBC era basato su questi principi: rispetta gli Indiani, trattali onestamente e non fare alcuno sforzo per cambiare la loro cultura e modo di vita, ma rispondi con la forza se danneggiano le cose o le persone della Compagnia. Anche se nella pratica questa politica sembra idealista, formò il fondamento sul quale la HBC entrava in nuovi territori e li occupava e su cui basava il trattamento dei propri partner commerciali. D’altro canto, ci si aspettava che gli impiegati avessero un comportamento integerrimo ed essi erano trattati secondo il proprio rango all’interno della HBC.
Fort Vancouver, come la maggioranza degli altri forti delle pellicce, era caratterizzato da un rigido sistema di classi, separate sia spazialmente che socialmente. Le etnie non europee si trovavano, per lo più, nei ranghi inferiori sia per prestigio che per salario e vivevano nel villaggio dei dipendenti. I Britannici o i Canadesi, di solito con le mogli métis, occupavano la posizione di funzionari con salari molto superiori e vivevano all’interno della palizzata del forte con maggiori comfort e beni materiali.
Comunque bisogna aggiungere il fatto che il sistema classista, almeno per i lavoratori non generici (un gruppo che comprendeva i ranghi superiori, come il Chief Factor o il Chief Trader e i ranghi inferiori come il clerk o l’apprendista clerk), nel commercio delle pellicce era più fluido dei sistemi classisti europei o anche dell’Est del Nord America. Il commercio delle pellicce offriva occasioni di avanzamento sociale a una grande varietà di uomini e, in secondo luogo, alle loro mogli, basato più sull’etica del lavoro e le capacità applicate che sull’etnicità. Il sistema di Fort Vancouver, che comprendeva non solo gli impiegati e i commercianti indipendenti, ma anche la popolazione circostante di gruppi indiani, andò avanti in modo relativamente stabile per quasi tutto il periodo di amministrazione della HBC. Come detto prima, all’inizio veniva permesso nella zona un insediamento minimo europeo e la politica di McLoughlin, in assenza di un governo formale, era legalmente vincolante per i sudditi britannici. La sfida al monopolio della Compagnia, sia economico che sul territorio, giunse da un lato inaspettato: i coloni americani, non i mercanti di pellicce. Anche se i “bostoniani” (così gli Indiani chiamavano gli Americani perché i primi a giungere in zona erano stati mercanti di Boston) avevano avuto un successo solo nominale nel commercio delle pellicce all’interno del Dipartimento Columbia, erano tornati negli Stati Uniti con descrizioni allettanti delle regioni ad ovest delle Montagne Rocciose, specialmente le ricche terre agricole della Willamette Valley. L’immigrazione americana, infiammata infine dalle suggestioni del Destino Manifesto, cominciò come un rigagnolo, che crebbe in maniera esponenziale ogni anno man mano che si spargeva la voce delle possibilità offerte e delle nuove strade che si aprivano. Dato che la questione del possesso legale del territorio non era ancora stata decisa, McLaughlin e la HBC non potevano legalmente fermare l’afflusso di immigrati e, poiché Fort Vancouver era il terminal originario della Pista dell’Oregon, gli immigrati giungevano al forte di solito in stato di grande necessità di rifornimenti.


“La Pista dell’Oregon” – dipinto di Albert Bierstadt

McLaughlin, agendo come rappresentante della Compagnia, ma che riceveva le istruzioni dei suoi superiori con molti mesi di ritardo, aveva di fronte un dilemma economico e morale: per amore del commercio delle pellicce non poteva incoraggiare la colonizzazione americana, né pensava di poter rifiutare agli immigrati aiuto sotto forma di cibo, medicine e altri beni di prima necessità. Allo stesso tempo McLaughlin intravide una possibilità di salvare il monopolio della sua Compagnia, portando cioè i coloni dentro il commercio, acquistando i loro raccolti e i prodotti dell’allevamento e rifornendoli di merci. Il risultato fu un compromesso in cui McLaughlin aiutò materialmente i coloni, spesso fidandosi di un credito incerto, mentre si sforzava di mantenere l’influenza e il controllo di cui la HBC aveva goduto in precedenza. I coloni risposero i un modo altrettanto confuso: molti lodarono il suo aiuto e la moralità personale, altri sparsero voci senza fondamento sulle tattiche anti immigrazione di McLaughlin. Qualsiasi fosse la loro reazione rispetto a McLaughlin come persona, tutti volevano far diminuire il potere della HBC, se non farlo finire del tutto, e Fort Vancouver era il simbolo della continua presenza britannica.
Nel 1846 la questione territoriale venne alla fine sistemata dai governi di Gran Bretagna e Stati Uniti, collocando il confine al 49° parallelo, ma lasciando lo stretto Juan de Fuca, il Puget Sound e il fiume Columbia liberamente accessibili ad entrambi i paesi. I sudditi britannici potevano mantenere i diritti territoriali precedenti, importantissimi per i coloni franco-canadesi della Willamette Valley e per lo stesso McLaughlin, che reclamava la città di Oregon City, comprese le terre reclamate dalla Puget’s Sound Agricultural Company, una sussidiaria della HBC che contribuiva alle forniture per conto della Compagnia Russo-Americana. Comunque, le cose non erano così certe come sembrava dal trattato sul confine.


Accampamento di trappers

Nel 1849 l’esercito americano stabilì il posto delle Caserme Columbia (poi Vancouver) proprio sul pendio sopra Fort Vancouver. Con il declino del commercio del forte, gli immigrati americani aumentarono fino a superare i coloni franco-canadesi nella Willamette Valley e il potere britannico svanì con la creazione di un Governo Provvisorio dell’Oregon Country, mentre l’esercito prendeva in affitto gli edifici e i magazzini del Villaggio Kanaka della HBC. Nel 1860 la HBC, che aveva trasferito il suo quartier generale a Fort Victoria, decise di abbandonare Fort Vancouver e la sua presenza si trasferì a nord. L’intensa influenza di Fort Vancouver sulla storia e le popolazioni della regione si riflette nel suo status come sito storico nazionale che oggi, a 188 anni dalla sua fondazione, ha il compito di condividere la storia e l’eredità dei suoi popoli.

LOWER FORT GARRY

Nel 1822, alla biforcazione dei fiumi Red e Assiniboine, venne costruito in legno il primo Fort Garry, così denominato in onore di Nicholas Garry, un importante direttore della HBC, che era stato presente, l’anno prima, alla stipula della fusione fra HBC e North West Company. Nel 1826 il forte venne spazzato via da un’alluvione, per cui il governatore George Simpson, con l’appoggio della HBC, per ragioni politiche e strategiche (in particolare per essere presente in quella zona in modo da affermare la propria autorità presso la comunità del Red River), decise di ricostruire il forte in pietra, vicino a Selkirk, nel Manitoba. Lo spostamento, però, non fu una scelta felice, in quanto in realtà il centro fecondo del commercio delle pellicce era proprio nei pressi delle Forks, la biforcazione dei due fiumi.


Lower Fort Garry

E nel 1835 proprio in quel punto la HBC decise di costruire Upper Fort Garry. In quella zona, tra il 1737 e il 1821 erano esistiti altri forti in legno, situati proprio alla congiuntura tra i due fiumi: vecchi forti franco-canadesi, forti costruiti dai peddlers, i commercianti indipendenti e dai loro successori della North West Company. Erano forti conosciuti con i nomi di Fort Rouge (risalente al 1736 circa), Fort Gibraltar (1806), Fort Douglas (1815). La costruzione di Lower Fort Garry iniziò nel 1831 e venne completata nel 1839; questo forte è l’unico ad essere stato costruito in pietra ed è anche l’unico forte del Nord America ad essere rimasto intatto. Il forte sorge vicino alle rapide St. Andrew, dove molte famiglie di cacciatori e di mercanti pellicce si erano stabilite e fu proprio qui che il governatore decise di costruire quello che è stato definito “un buon stabilimento, solido e confortevole”.

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Venne fatto venire da York Factory un capomastro, Pierre la Blanc, che doveva poi morire tragicamente, annegato con i suoi tre figli nel fiume Columbia, al di là delle Montagne Rocciose, qualche tempo dopo. Con grande spesa la Blanc costruì la Big House, casa padronale con annesso edificio amministrativo che doveva ospitare Simpson e la giovanissima moglie Frances. Per lei, diciottenne figlia di un ricco mercante di Londra, Simpson pareva aver abbandonato le numerosissime mogli indiane e in suo onore era stato cambiato in Fort Frances il nome del vecchio Fort Pierre, fondato dai Francesi sul Rainy River in Ontario e passato poi alla HBC insieme ai forti della North West Company. Il governatore non vi doveva abitare a lungo perché, dopo la morte del bambino avuto da Frances, la giovane non ne poté più della frontiera e preferì tornare in Inghilterra e, dopo essere tornata in Canada, stabilirsi infine a Lachine, vicino a Montreal, la cui società era maggiormente all’altezza delle sue aspettative sociali. Non che Frances avesse tutti i torti: infatti il matrimonio non l’aveva certo entusiasmata e, durante il viaggio in canoa verso Fort Garry, aveva assistito a episodi poco rassicuranti. Nel suo diario raccontava come una volta uno scherzo tra rematori fosse degenerato in rissa a pagaiate, mentre filavano in navigazione sul fiume. “Mr. Simpson dormiva in quel momento, ma il rumore lo svegliò e gli mise addosso quasi altrettanta passione combattiva che egli menò una pioggia di colpi con una pagaia a portata di mano e portò a un’immediata cessazione delle ostilità”. Anche se il paesaggio era splendido, la società locale la respinse, per colpa del marito che aveva abbandonato senza sostegno economico le sue mogli e i figli métis. Simpson aveva pensato la collocazione di Lower Fort Garry in modo strategico: le brigate dei rifornimenti dirette a nord avrebbero avuto un trampolino che avrebbe risparmiato loro un po’ di strada. Ogni primavera le barche di York piene di mercanzie e rifornimenti cominciavano il loro tortuoso viaggio fino a Lac La Loche e Methye Portage. Là la brigata del Red River incontrava quella del nord dei distretti Athabasca e McKenzie, poi si dirigeva verso York Factory sulla Baia di Hudson, attraverso oltre trenta portage (il termine designa il trasporto a spalla delle barche) sul fiume Hayes. Qui ritirava le merci arrivate da Londra e tornava indietro, depositandone una parte a Norway House e poi riprendendo il Red River prima che sopraggiungesse l’inverno.
Tuttavia, nonostante i vantaggi che dava alle brigate, lo spostamento del forte da The Forks era impopolare, perché ci voleva almeno un giorno per raggiungere Lower Fort Garry e tutto il grosso del traffico si svolgeva alla confluenza dell’Assiniboin e del Red River. Così nel 1836 venne ricostruito il forte a The Forks, battezzato Upper Fort Garry, che nel 1853 venne addirittura ampliato per far fronte all’aumento degli affari. Il traffico fra il Lower e l’Upper Fort Garry era considerevole e i carri trainati dai buoi, carri che avevano alte sponde come tipico dei Métis del Red River procedevano fianco a fianco, anziché in fila singola per evitare il formarsi di solchi troppo profondi nella strada, larga circa tre metri e mezzo. Mentre Winnipeg si sviluppava attorno a Upper Fort Garry, che restò soffocato dal suo stesso successo e infine quasi del tutto demolito (resta solo il North Gate – la porta nord), la strada sterrata nota come Garry Street tra i due forti sarebbe diventata, asfaltata, la Main Street, che conserva l’ampiezza originale. Contrariamente a quanto si crede, Lower Fort Garry era noto non per il suo ruolo nella raccolta delle pellicce, anche se in parte ne raccoglieva, ma come uno dei centri principali di rifornimenti agricoli e industriali, che dava impulso al commercio delle pellicce. Le pellicce provenivano dai distretti vicini e qui erano imballate di nuovo per essere spedite in Inghilterra via Norway House e York Factory, ma il grosso del commercio avveniva con i prodotti locali. La gran parte della popolazione della zona era composta da Métis e Indiani; molti Cree e Saulteax Ojibwa della parrocchia di St. Peter’s portavano al forte i loro articoli in cuoio, raccolti e pesce secco. Rappresentavano la forza lavoro di basso livello del forte, semi permanente o temporanea, lavorando come braccianti nei campi della Compagnia ai tempi della semina e del raccolto, come operai nella fabbrica del pesce o come rematori e facchini, domestiche e tessitrici, partecipi di una cosiddetta “economia informale”. All’inizio del decennio 1840 Lower Fort Garry costruì un certo numero di edifici industriali, tra cui un mulino, una segheria, una birreria, una distilleria, una bottega di fabbro e forni per laterizi.


Un portage sulle rapide

La collocazione strategica del forte per il trasporto fluviale era integrativa a queste attività e per un certo periodo Lower Fort Garry diventò uno dei più importanti luoghi di trasbordo delle merci della HBC e uno dei migliori esempi di architettura del commercio delle pellicce, con edifici in legno e pietra e due stili principali: il cosiddetto colombage pierroté e il Red River frame construction, che rappresentano le due anime, quella francese e quella inglese, del commercio delle pellicce canadese.
I liberi mercanti diventarono gradualmente un problema per il monopolio della HBC e nel 1846, per tenere a bada eventuali disordini fomentati dal risentimento covato da questi commercianti e per prevenire possibili difficoltà provocate dai vari avventurieri americani sulla controversa frontiera del cosiddetto Oregon (un vasto territorio che comprendeva gli attuali stati americani di Oregon e Washington, la provincia canadese di Columbia Britannica e le province delle Praterie), la HBC fece arrivare dall’Inghilterra il Royal Warwickshire Regiment (6° di Fanteria) con 150 uomini, che non spararono un colpo, ma in compenso diedero vita a un buon indotto, così, quando i soldati se ne andarono nel 1848, molti ne furono dispiaciuti. Nel 1849, comunque, i liberi mercanti ottennero una storica vittoria legale, rompendo il monopolio della HBC e aprendo la strada alla cessione della Rupert’s Land. Nel 1868 il Dominion del Canada acquistò Rupert’s Land, che comprendeva porzioni del Quebec, dell’Ontario, Nunavut e la maggior parte delle Province delle Praterie, senza consultarne gli abitanti, e l’aprì alla colonizzazione. La prospettiva di un’invasione di coloni anglofoni protestanti allarmò i Métis, una popolazione nuova, frutto delle unioni fra impiegati delle compagnie delle pellicce e Indiani, che parlava un dialetto derivato dal francese, con parole Cree e Ojibwa, di religione cattolica che, al contrario degli Indiani, non poteva vantare nessun diritto sulle terre occupate.
I Métis trovarono il loro leader in Louis Riel, che diede vita alla cosiddetta Resistenza del Red River. Facciamo una breve digressione dalla storia vera e propria di Fort Garry per parlare di quella che fu detta la Rivolta di Louis Riel, o Rivolta dei Métis, argomento che, in ogni caso. È molto legato alla storia del forte.

La Rivolta di Louis Riel Louis Riel e la lotta per la libertà dei meticci del Canada

I meticci, che avevano il loro quartier generale a Saint-Boniface, sulla riva destra del fiume, di fronte a Fort Garry, si sentirono minacciati non solo nella loro cultura e nelle loro abitudini di vita, ma nella stessa proprietà delle terre che occupavano da decine d’anni. I geometri e gli agronomi dell’Est procedevano alle loro misurazioni sui terreni dei meticci come se le loro fattorie non fossero neppure esistite, e i nuovi coloni non tardarono a mostrare tutta la loro arroganza e tutto il loro disprezzo per i vecchi.
Nell’autunno, le autorità di Ottawa designarono un nuovo governatore per la regione, nella persona di William McDougall, e lo inviarono per organizzare il territorio del Red River. I Franco-Canadesi del Québec avrebbero desiderato che la futura provincia del Manitoba, di lingua francese e di religione cattolica già da antica data, ottenesse il riconoscimento della sua personalità culturale, e aumentasse così il peso della minoranza francese nella vita dell’intero Canada. Ma gli Anglo-Canadesi dell’Ontario erano di opposto parere, sia perché temevano, così, di trovarsi accerchiati fra due province francofone, sia per ribadire la supremazia dell’elemento anglosassone nel Dominion. Di fatto il governo di Ottawa, in maggioranza anglofono, sosteneva questo secondo indirizzo.
L’avvicinarsi del governatore Mc Dougall convinse i meticci che i loro diritti erano mortalmente minacciati e, negli ultimi mesi del 1869, decisero di passare all’azione prima che fosse troppo tardi. Alla testa del movimento furono concordi nel chiamare un giovane di appena venticinque anni, ma da tutti considerato come la loro guida naturale: Louis Riel, appunto.
Egli era nato il 23 ottobre 1844 a Saint-Boniface e possedeva un temperamento generoso e irruento, turbato, però – così almeno si diceva – da una certa instabilità psichica. Le sue esperienze e i suoi orizzonti culturali erano assai più vasti di quelli della grande maggioranza dei suoi compagni. Aveva infatti studiato nell’Est, a Montréal, presso le scuole dei gesuiti, poi si era laureato in legge e aveva svolto varie occupazioni, viaggiando di qua e di là dalla frontiera statunitense.


Famiglia Métis – dipinto di Peter Rindisbacher

Riel, chiamato a capo dell’agitazione dei meticci, prese in mano la situazione con tempestività ed efficacia. Per prima cosa bloccò l’accesso al Red River agli agrimensori canadesi e allo stesso Mc Dougall, quindi si impadronì, senza spargimento di sangue, di Fort Garry, sulla riva sinistra del fiume, che era stato il quartier generale della Compagnia della Baia di Hudson. Quivi costituì un Governo provvisorio, del quale fu subito nominato presidente: la sua mossa non era stata priva di abilità, poiché il governatore designato di Ottawa si era incautamente presentato prima della data ufficiale stabilita per il suo insediamento. Né Riel né i suoi seguaci pensavano minimamente a una ribellione guerreggiata contro il Dominion del Canada, sia perché sarebbe stata un’impresa disperata, sia perché nutrivano in buona fede la speranza di un accomodamento pacifico. Quel che Riel si riprometteva, dopo aver preso Fort Garry e aver costituito un proprio governo, era di intavolare trattative con le autorità di Ottawa da una posizione di forza. Se avesse permesso a McDougall di insediarsi quale governatore, presto la fiumana degli immigrati anglo-canadesi sarebbe divenuta tale che i meticci avrebbero perso ogni voce in capitolo circa l’assetto costituzionale della nuova provincia. Adesso, invece, il governo canadese era costretto a prender atto della loro esistenza come gruppo etnico autonomo, tanto più che l’azione incruenta di Riel aveva dimostrato chiaramente come lui e i suoi seguaci fossero capacissimi di mantenere l’ordine nel territorio – ciò che rafforzava, indirettamente, le loro rivendicazioni. Per finire, Riel aveva ragione di sperare che, sventato il tentativo di Ottawa di mettere i meticci di fronte al fatto compiuto, ogni prolungamento dei negoziati avrebbe beneficato del crescente sostegno dell’opinione pubblica francese nel Québec.
In un primo tempo, infatti, le cose parvero mettersi nel migliore dei modi per i meticci. Il primo ministro canadese, sir John Alexander Macdonald, non insistette sull’insediamento di McDougall a Fort Garry, anzi lo richiamò per sostituirlo con un nuovo governatore. Riel, riconosciuto come presidente del governo provvisorio del Manitoba, ottenne le più ampie garanzie circa il futuro politico della regione del Red River. Essa avrebbe formato una nuova provincia e non un semplice territorio, nonostante il piccolo numero degli abitanti, e in essa l’autonomia dei meticci sarebbe stata assicurata dalla parità linguistica dell’inglese e del francese, e dalla costituzione di un sistema linguistico separato per i due gruppi etnici. Era tutto quanto Riel e i suoi seguaci avrebbero potuto desiderare ma, sfortunatamente, i negoziati vennero bruscamente interrotti da un drammatico incidente. I pochi coloni di origine inglese del Manitoba, e quelli che recentissimamente vi erano affluiti dall’Ontario, seguirono con preoccupazione e timore la piega che stavano prendendo gli avvenimenti. Come si è detto, essi erano arrivati nella regione del Red River animati da un palese spirito d’insofferenza e di sopraffazione nei confronti dei meticci, convinti che essi sarebbero stati spogliati rapidamente delle loro terre e spazzati via; e adesso vedevano con raccapriccio la prospettiva di trovarsi abbandonati dal governo di Ottawa in una futura provincia ove essi sarebbero rimasti una minoranza. Temevano, insomma, di poter fare la fine che, secondo loro, avrebbe dovuto toccare ben presto ai meticci. Di conseguenza, le loro relazioni coi vecchi abitanti della regione, che già erano cattive, s’inasprirono ulteriormente. Il clima di rabbiosa intolleranza razziale e religiosa portato dagli immigrati anglo-canadesi è bene illustrato dalla presenza, fra essi, di una organizzazione di fanatici estremisti detta degli Orangemen, il cui scopo era la lotta al cattolicesimo e, per conseguenza, ai meticci di lingua francese. Costoro si rifiutarono di riconoscere l’autorità di Riel e si opposero violentemente alla conclusione dell’accordo fra lui e il governo di Ottawa.


Pesca invernale sul Red River – acquarello di Peter Rindisbacher

La situazione improvvisamente precipitò, poiché per il governo provvisorio di Riel era divenuto impossibile tenere sotto controllo l’agitazione dei coloni di lingua inglese, senza ricorrere alla forza. Riel si spinse anche oltre la semplice difesa dell’ordine pubblico e fece condannare a morte e giustiziare uno dei fanatici Orangemen, un giovane di nome Thomas Scott. Questa azione era di dubbia legittimità giuridica, poiché il governo provvisorio di Fort Garry stava per cedere i suoi poteri al nuovo governatore canadese; dal punto di vista dell’opportunità politica, in ogni caso, costituì un errore irreparabile. È probabile che Riel, a causa dei disturbi psichici che lo affliggevano, sia stato tradito dai propri nervi: fino a quel momento, infatti, era stato in grado di condurre un negoziato politico estremamente arduo e delicato con una notevole dose di abilità. Ma dopo l’esecuzione di Scott, ogni accordo con le autorità di Ottawa divenne, in pratica, impossibile.
L’opinione pubblica angolo-canadese dell’Ontario, non appena venne a conoscenza di quanto era accaduto, fece un grande strepito affinché Riel ricevesse una punizione esemplare e il Manitoba venisse assicurato, una volta per tutte, alla colonizzazione anglosassone indiscriminata. Il governo canadese non aveva mai riconosciuto quello di Riel con un atto formale, come un vero e proprio governo – e sia pure provvisorio. Aveva però, nel marzo del 1870, ottenuto l’approvazione del Parlamento per la costituzione della nuova provincia del Manitoba e per una amnistia generale nei confronti dei meticci che si erano ribellati e avevano occupato Fort Garry. Adesso, sotto la pressione dell’indignata opinione pubblica anglofona, le autorità di Ottawa revocarono l’amnistia nei confronti di Riel e decretarono l’invio di una spedizione militare per occupare senz’altro il Manitoba.
Le truppe si misero in movimento in primavera e, avendo come principali avversari il disgelo e il difficile stato delle piste attraverso le immense foreste, in estate si erano portate nella regione del Red River. Non ci fu praticamente resistenza; il governo provvisorio del Manitoba si dissolse e Riel, sul cui capo pendeva la grave accusa di omicidio, fu costretto a fuggire. Nell’agosto del 1870 Fort Garry era stato rioccupato, il governatore canadese vi si era insediato e tutto era già finito. Questa fu la conclusione del primo atto del dramma dei meticci, che – impropriamente – nella storia canadese è ricordato come “l’insurrezione del Red River”. In realtà, non c’era stata una vera e propria insurrezione: il tentativo dei meticci di tutelare i loro diritti era stato condotto, se non proprio nel pieno rispetto della legalità, in forma comunque sostanzialmente incruenta. Anche il tragico episodio che culminò nell’esecuzione di Thomas Scott dimostra più l’aggressività irriducibile dei protestanti inglesi che la volontà secessionista dei cattolici di lingua francese. Il corpo di spedizione militare canadese, comandato dal colonnello Garnet Wolseley, praticamente non aveva dovuto combattere.
Proprio questo contegno moderato dei “ribelli” indusse il governo di Ottawa a decretare che oltre un milione di acri di terra, nella provincia del Manitoba, fossero assicurati ai meticci. Ciononostante, la gran parte di essi preferirono abbandonare la loro antica patria e migrare più a nord-ovest, sulle sponde del fiume North Saskatchewan. Anche questa regione faceva parte del territorio acquistato dal Canada alla Compagnia della Baia di Hudson, ma in essa non vi erano coloni inglesi, solo pochi meticci e le tribù indiane che vivevano indisturbate da secoli; inoltre, non era ancora stata organizzata amministrativamente in maniera efficiente.
I motivi che indussero i meticci del Red River a questa ampia migrazione possono essere facilmente immaginati. Le terre che erano state loro garantite non avevano alcun valore senza le tradizionali fonti di sopravvivenza, il bisonte e gli altri animali da pelliccia, nonché la possibilità di commerciare liberamente con gli Indiani. Ora, sia le mandrie di bisonti e la selvaggina più minuta, sia le tribù indigene erano state allontanate e distrutte in brevissimo tempo dall’avanzata della “civiltà”. I coloni inglesi erano essenzialmente agricoltori e intendevano introdurre su larghissima scala le colture cerealicole, sconvolgendo il delicato equilibrio ecologico che aveva permesso a meticci e Indiani di vivere così a lungo in piena armonia con la natura. I meticci erano abituati a vivere di caccia e di commercio con gli Indiani, amavano i grandi spazi incontaminati e non intendevano trasformarsi in agricoltori. Il loro dramma era in sostanza il medesimo che stavano soffrendo le popolazioni indigene lungo tutta la frontiera delle Praterie e delle Montagne Rocciose, anche negli Stati Uniti, davanti all’avanzata dell’uomo bianco. Oltre a questo, nel caso del Manitoba vi erano dei motivi specifici per la migrazione massiccia dei métis dopo l’incorporazione nel Canada. Se organizzazioni razziste come gli Orangemen avevano potuto prosperare tra il 1869 e il 1870, ci si può facilmente immaginare in quale stato d’animo fossero ridotti a vivere i meticci del Manitoba all’indomani della creazione della nuova provincia. Dall’Ontario giungevano sempre nuove schiere di coloni, e i primitivi abitanti divenivano ogni giorni di più una minoranza circondata e disprezzata. Non c’era più posto per loro, nel nuovo Canada che andava sorgendo insieme alle ferrovie e al moderno capitalismo. Il loro inserimento nel nuovo tipo di economia e di cultura, già comunque traumatico, diveniva di fatto impossibile a causa del clima di odio razziale e religioso instaurato dai nuovi venuti. Nel Québec la popolazione francese aveva potuto non farsi sommergere poiché costituiva un blocco compatto e numeroso, inizialmente più numeroso, anzi, degli stessi coloni inglesi. Nel Manitoba, però, non c’erano quasi Francesi; c’erano dei meticci di lingua francese, un piccolo gruppo isolato che la legge del più forte si apprestava a cancellare dalla scena della storia. Oggi essi sono quasi scomparsi dal mosaico razziale del Canada.


Métis in partenza per la caccia autunnale

Mentre il colonnello Wolseley prendeva Fort Garry e permetteva al nuovo governatore di insediarvisi, Riel si era messo in salvo attraversando la frontiera statunitense. Per i successivi quattordici anni visse in esilio negli Stati Uniti, ma non – come è stato affermato – per la maggior parte del tempo in una clinica psichiatrica, quantunque l’amarezza dell’esilio, e forse il rimorso per l’uccisione di Scott, possono comprensibilmente aver aggravato la natura dei suoi disturbi mentali. Effettivamente, egli fu ricoverato in un ospedale psichiatrico per un solo anno, a cavallo fra il 1877 e il 1878. In ogni caso, non solo i suoi antichi compagni meticci, ma anche i Francesi del Québec gli conservarono intatta la loro stima e la loro ammirazione. Ciò è provato dal fatto che i primi lo rivollero alla loro testa nell’insurrezione del 1884, mentre i secondi lo vollero eleggere membro del Parlamento canadese, nel 1873. Riel si trovava sempre negli Stati Uniti come esule ricercato dalla giustizia del suo Paese d’origine, ma l’elezione al Parlamento di Ottawa gli spianò insperatamente la via del ritorno in patria. Nella capitale del Canada prestò regolare giuramento, ma la polemica intorno alla sua persona, che non si era mai spenta, divampò con tale violenza che gli fu impossibile prendere possesso effettivo del suo seggio in Parlamento.
Nel febbraio del 1874, sotto la pressione dell’opinione pubblica anglofona che lo riteneva un ribelle e un assassino, venne espulso dal Parlamento; ma, nel settembre dello stesso anno, fu rieletto con i voti dei francofoni. Era evidente che la sua figura costituiva un elemento di divisione insanabile non solo nell’aula del Parlamento, ma nell’intero Paese; e, nel febbraio del 1875, egli venne messo fuori legge ufficialmente per un periodo di cinque anni. Con questa soluzione salomonica gli Inglesi del Canada ritennero di essersi sbarazzati di un personaggio scomodo, senza però aver creato un martire. In effetti, la polemica fra i sostenitori e i detrattori di Riel era stata talmente aspra, che lasciò pesanti strascichi sia dentro che fuori il giovane Parlamento canadese, avvelenando i rapporti tra l’elemento anglosassone e quello francese.
Riel, in verità, aveva dato una ulteriore dimostrazione del genere di sentimenti che nutriva nei confronti della sua patria canadese nel 1871, affinché aveva pubblicamente invitato i suoi vecchi amici meticci a combattere insieme agli altri Canadesi per respingere una nuova scorreria dei Feniani. Costoro erano dei rivoluzionari irlandesi che, dopo la massiccia emigrazione dall’Irlanda in America del 1848, causata dalla micidiale carestia che aveva colpito l’isola, avevano giurato odio eterno alla Gran Bretagna. La loro organizzazione, che prendeva il nome dal mitico eroe celtico Finn, si era costituita a Chicago nel 1858, con l’obiettivo dichiarato ma poco realistico di rovesciare la dominazione inglese nel Canada.
Dopo la fine della guerra civile americana (1861-65) i Feniani s’ingrossarono di un buon numero di soldati irlandesi smobilitati dall’esercito, e il governo di Washington, risentito per l’atteggiamento favorevole agli Stati secessionisti del Sud tenuto dalla Gran Bretagna, non si diede molto da fare per tenerli sotto controllo. Pare che in quel momento i Feniani abbiano toccato il vertice di 250.000 aderenti, e il 1° giugno del 1866 si sentivano già abbastanza forti per invadere il Canada con una colonna di 800 uomini, guidata da John O’Neill. Prima di essere costretti a ripiegare su Buffalo, avevano inflitto seri danni agl’Inglesi di Fort Erie. È evidente che, se Riel avesse nutrito una avversione implacabile per il governo canadese, non avrebbe perso l’occasione di patrocinare l’alleanza tra meticci e Feniani, proprio lui che aveva anche un po’ di sangue irlandese nelle vene. Se non lo fece, ciò può significare una sola cosa, e cioè che, fatti salvi i diritti dei métis, Riel non negava legittimità giuridica e morale al governo centrale. Quanto alle autorità di Ottawa, esse lo ringraziarono per l’atteggiamento tenuto la vigilia della minacciata invasione feniana, ma vedremo come poi – passato il pericolo – gli manifestarono concretamente la loro gratitudine.


Battaglia di Ridgeway (1866) fra Feniani e Canadesi

Dopo l’espulsione dal parlamento, Riel fu ricoverato per disturbi mentali, successivamente, in due cliniche del Québec; dimesso, soggiornò per qualche tempo nello stato di New York, e finalmente, nel 1879, si stabilì nel Montana, ove assunse, nel 1883, la cittadinanza statunitense e rimase fino al 1884, lavorando come insegnante in una missione. In tutto questo lungo periodo della sua vita non aveva mai dimenticato il suo popolo, e si era mantenuto in contatto con gli antichi compagni, impegnandosi – anche politicamente – per suscitare verso la loro causa le simpatie del Partito repubblicano degli Stati Uniti.
Fu così che, quando – nella primavera del 1884 – gli giunse l’accorato appello dei meticci del Saskatchewan perché riprendesse la loro guida, egli accettò senza esitazione, e, nel giugno, era di nuovo in mezzo a loro, nel Canada.
La nuova agitazione dei meticci era stata originata da cause molteplici, tutte, però, riconducibili a quelle stesse che avevano cercato di sfuggire, migrando dalla regione del Red River. La civiltà dell’uomo bianco li aveva inseguiti fin laggiù, sulle rive del North Saskatchewan, questa volta sotto forma della ferrovia transcontinentale, che il governo canadese stava facendo costruire a ritmo serrato, perché la Columbia Britannica aveva condizionato il proprio ingresso nel Dominion al prolungamento di essa fino a Vancouver, sull’Oceano Pacifico. I meticci, che già erano arrivati sul Saskatchewan pieni di risentimento verso coloro i quali li avevano obbligati a lasciare le loro antiche terre, stavano attraversando un momento particolarmente difficile, sia dal punto di vista materiale che spirituale. Pur essendosi convertiti all’agricoltura – il che aveva provocato un totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita e della loro cultura – erano adesso alle prese con una congiuntura assai negativa, sia per la scarsità dei raccolti che per la caduta del prezzo del grano.
I loro amici indiani, i Cree, si trovavano in condizioni anche peggiori. L’ultima grande mandria di bisonti era stata distrutta dai Sioux di Toro Seduto, rifugiatisi in Canada dopo la battaglia contro Custer, nel 1883; e, come se ciò non bastasse, erano esasperati dagli sforzi delle autorità canadesi per rinchiuderli nelle riserve. Sulle prime, comunque, i meticci avevano seguito le vie legali, inviando delle petizioni al governo di Ottawa per far presenti le loro difficoltà e le loro richieste. Ma poiché non avevano ricevuto alcuna risposta, avevano deciso di rivolgersi, ancora una volta, a Louis Riel. Anch’egli, quando fu giunto nella regione del Saskatchewan, batté inizialmente le vie legali, e, nel dicembre del 1884, inviò alla capitale canadese le rivendicazioni del suo popolo e dei suoi alleati. Queste si possono, in pratica, così sintetizzare: concessione di titoli di proprietà delle terre per i meticci; miglior trattamento per gli Indiani; una più ampia distribuzione di appezzamenti coltivabili. Anche questa volta, però, il governo di Ottawa promise che avrebbe provveduto, e poi, in sostanza, non fece nulla. Riel, a questo punto, ripeté la strategia, e purtroppo anche gli errori, di quindici anni prima. Anche questa volta costituì un governo provvisorio, del quale venne nominato presidente; ma anche questa volta non seppe o non volle evitare che si verificasse l’incidente irreparabile. In realtà, le sue condizioni nervose dovevano essere seriamente peggiorate e, pertanto, era inevitabile che la situazione gli scivolasse di mano. Il 26 marzo 1885, pochi giorni dopo la costituzione del suo nuovo governo, il suo luogotenente Gabriel Dumont (1838-1906) uccise in una imboscata quattordici uomini della Polizia a cavallo (le famose “giubbe rosse”), presso il Duck Lake. Come se ciò non bastasse, pochi giorni dopo gli Indiani Cree di Big Bear (“Grande Orso”) lanciarono un attacco che obbligò la Polizia canadese a sgomberare Fort Pitt, seguendo l’esempio di quanto già accaduto a Fort Carlton. Questi drammatici avvenimenti segnarono inesorabilmente il destino di Riel e dei meticci, nonché delle tribù pellirossa loro alleate.


Big Bear a Fort Pitt (1884) per commerciare – Big Bear è il quinto da sinistra

Nell’Est, dove le notizie provenienti dal North Saskatchewan avevano suscitato enorme scalpore, specialmente fra gli Anglo-Canadesi, venne approntato un vero esercito di oltre 7.000 uomini, al comando del maggior generale Frederick Dobson Middleton. Contrariamente a quanto era accaduto nel 1870, quando l’esercito aveva potuto raggiungere la zona di operazioni nel Manitoba solo dopo una difficile marcia di molte settimane, questa volta la ferrovia da poco costruita impresse alle operazioni un ritmo velocissimo. Il numerosissimo corpo di spedizione inviato da Ottawa poté arrivare nella regione del Saskatchewan in qualche giorno appena, perfettamente fresco ed equipaggiato. Dopo di che si suddivise in tre colonne, che si diressero rispettivamente su Edmonton, Battleford e Batoche, quest’ultima la “capitale” dei meticci. Riel fece del suo meglio per concentrare le proprie forze e, in particolare, per congiungersi con i Cree di Big Bear, ma le forze canadesi stavano avanzando con tale celerità che i suoi piani furono sventati. Verso la fine di aprile, la colonna guidata personalmente da Middleton era già in vista di Batoche, ove subì una momentanea battuta d’arresto per un audace e vigoroso contrattacco lanciato da Dumont al Fish Creek. Ma, data la schiacciante superiorità di uomini e mezzi di cui disponeva l’esercito canadese, l’avanzata riprese quasi subito e, il 12 maggio, Batoche venne presa d’assalto. Riel si arrese, Dumont riuscì a fuggire nel Montana; più tardi, sarebbe rientrato in Canada usufruendo di una amnistia.
Restavano i Cree a battersi ancora, ma senza alcuna speranza, per qualche settimana; finché, inseguito implacabilmente, anche il vecchio capo Big Bear dovette rassegnarsi all’idea di deporre le armi e desistere dall’ormai inutile lotta. La capitolazione ebbe luogo a Fort Carlton il 2 luglio, e pose la parola fine all’estrema resistenza dei Nativi del Canada all’invadenza dell’uomo bianco. Pochi anni dopo, col massacro di Wounded Knee, avrebbe avuto termine anche quella dei loro fratelli di razza al di là della frontiera degli Stati Uniti.
Il processo a carico di Louis Riel si tenne a Regina, la città più vicina, e divise l’opinione pubblica canadese in due partiti contrapposti. Nel complesso, le autorità mostrarono una certa moderazione nel punire i responsabili della “rivolta”. Furono pronunziate solo 8 condanne capitali a carico di altrettanti Indiani, che avevano ucciso dei coloni all’inizio della rivolta; 18 meticci, Big Bear e un altro capo di nome Poundmaker furono imprigionati. Ma con Riel si volle procedere severamente, poiché egli era considerato un simbolo dal suo popolo. L’unica speranza di sottrarlo al capestro sarebbe consistita nell’improntare la difesa sulla sua incapacità mentale, ma egli rifiutò questa strategia processuale e volle assumersi pienamente le proprie responsabilità. Fu condannato all’impiccagione. Frattanto, però, i Franco-Canadesi del Québec avevano dato vita a una tale agitazione, che l’esecuzione della sentenza venne rinviata all’ultimo momento e una commissione medica si recò a visitare il condannato. Riel, tuttavia, volle ribadire la propria assoluta lucidità mentale, quasi desideroso di andare incontro al proprio destino. Di conseguenza, venne dichiarato in possesso delle sue facoltà e il meccanismo giudiziario, arrestato in extremis, si rimise inesorabilmente in movimento. Il 16 novembre del 1885, Riel salì con fermezza al patibolo, affidandosi al giudizio della storia. 
La sua morte gettò un’ombra pesante sui rapporti fra i due maggiori gruppi etnici canadesi, la quale si sarebbe protratta per molti anni e, anzi, si può dire che neppur oggi si sia del tutto dissipata. I meticci subirono il loro inevitabile destino e, nel giro di qualche decennio, si confusero con la massa dei nuovi immigrati e cessarono di esistere in quanto gruppo etnico e culturale indipendente. La sorte degli Indiani fu anche più tragica. Nel 1870, quando la Compagnia della Baia di Hudson aveva ceduto la propria sovranità al Dominion del Canada, essi erano ancora parecchie centinaia di migliaia, specialmente a occidente dei Grandi Laghi. Ma il censimento del 1911 ne segnalava appena 111.000 sull’intero territorio nazionale. Per di più, essi ormai erano chiusi nelle riserve stabilite dal governo, dov’erano costretti a vivere non più della caccia al bisonte, ma della carità degli uffici governativi.


Truppe canadesi nel Nord Ovest – 1885

Finita la deviazione di percorso, dedicata alla Rivolta dei Métis, riprendiamo a parlare della storia di Fort Garry…
Il 3 agosto 1871 Lower Fort Garry, chiamato il “Forte di Pietra” dagli Indiani locali, vide la firma dei primi due dei cosiddetti “dieci trattati numerati”, con cui il governo canadese cercava di risolvere i diritti territoriali indigeni nel Canada occidentale, tramite l’antico e onorato metodo del trattato con gli Indiani. Così il Trattato n.1 con gli Ojibwa e gli Swampy Cree e il Trattato n.2 con i Cree del Lago Manitoba dovevano liberare il territorio dai diritti che gli Indiani avevano su di esso, ma le differenze culturali provocarono diversità di interpretazioni e divergenze che durano ancora oggi. Infatti gli Indiani consideravano la tradizione orale più importante, mentre i Canadesi di origine europea davano il primato alla legge scritta e consideravano il passaggio di proprietà definitivo, mentre gli Indiani credevano di aver ceduto solo il diritto di coltivare la terra.
Verso la fine del 1870, il forte svolse altre funzioni istituzionali, come il governo federale aveva richiesto: divenne, infatti, un carcere comune per rei in attesa di giudizio, una prigione provinciale, un penitenziario federale, una prigione militare ed infine, nel 1884, un asilo per malati mentali, questo anche per risolvere il problema per cui – come denunciava Bedson, l’amministratore della prigione – molti di quelli che venivano definiti “pazzi” erano rinchiusi nelle prigioni per mancanza di alternative.
Dopo il 1890 il Lower Fort riacquistò quell’atmosfera “intellettuale” che sembrava avesse regnato negli anni più fecondi del forte, quando cioè risiedevano nella Big House il Commissario della HBC, Clarence C. Chapman, e la sua famiglia, tra cui il figlio Hamolton B. Chapman, che negli anni intorno al 1890 fece della Big House la sua residenza estiva.
Subito dopo la chiusura del forte come stazione commerciale, nel 1911 alcuni imprenditori di Winnipeg lo presero in affitto dalla HBC per una quota annuale di 1 dollaro, allo scopo di riconvertire il luogo in un Motor Club, ristretto ai soli possessori di un’auto. La trasformazione del forte si verificò in concomitanza con la fine del primo conflitto mondiale, tanto che i soci del club svolsero molte attività ad esso ispirate, per esempio mettendo a disposizione automobili per il trasporto di artisti che intrattenessero negli ospedali i militari convalescenti.
La fine delle ostilità della Seconda Guerra Mondiale fece sì che i direttori della HBC decidessero nel 1951 di donare al governo federale una pietra miliare, appartenente al forte, come “dono alla nazione”, a rappresentare quel clima di prosperità e di presa di coscienza nazionale verso quel passato più prossimo. Il Motor Club, all’interno di questo clima, avrebbe dovuto chiudere e chiuse, infatti, nel 1962. Ma quali funzioni svolgeva invece il forte, almeno fino al 1846? Mentre, infatti, l’Upper Fort rappresentava la parte amministrativa della postazione commerciale, il Lower Fort svolgeva la funzione di produzione di manufatti e prodotti alimentari necessari per sostenere il commercio della Compagnia. La struttura stessa del forte e gli edifici in esso contenuti erano abbastanza eloquenti riguardo le attività che al suo interno si svolgevano: esisteva il negozio e il magazzino per le pellicce; il deposito per i prodotti alimentari; la casa residenziale, chiamata anche Men’s House, che serviva come dimora per le coppie sposate di impiegati della Compagnia, nonostante la stessa ufficialmente scoraggiasse i matrimoni; il negozio del fabbro – distrutto da un’esplosione nel 1877 – dove avveniva la fabbricazione e la riparazione di utensili e strumenti di vario metallo (fucili, trappole per animali, utensili per l’agricoltura).


Il deposito delle pelli di Lower Fort Garry

Il Ross Cottage, così come è chiamato adesso, è nato come una parte delle costruzioni industriali nella zona sud del forte. Fu abitato da personaggi importanti, giudici, governatori e ingegneri; il Farm Manager Cottage fu costruito intorno al 1835 per impulso di James Fraser, un colono scozzese, ed infine il negozio per la vendita al dettaglio, ultima realizzazione del forte, fu costruito nel 1873, dopo che il deposito alimentare era stato adibito a penitenziario provinciale e dopo che tutti i prodotti in esso immagazzinati erano stati stipati nel negozio e nel magazzino delle pellicce. Il forte necessitava quindi di un nuovo magazzino, che poi venne chiuso nel 1911, quando la HBC cessò i suoi commerci presso il Lower Fort Garry – smantellato poi nel 1924 per il deterioramento della struttura. La Big House, invece, fu il primo edificio ad essere stato costruito; vi risiedette per primo il governatore Simpson con la sua famiglia.
Le attività commerciali di Lower Fort Garry coinvolgevano gli Indiani insediati a nord e le nuove famiglie di coloni agricoltori del distretto rurale di St. Andrew; solo per rendere la dimensione delle attività commerciali intorno alla metà del XIX secolo, erano circa due o tremila le persone direttamente o indirettamente coinvolte nei commerci e nei servizi offerti dal forte. Questo fino al 1830. Dopo questa data si può dire che Lower Fort Garry cominciò lentamente a perdere il suo primato nel commercio di manufatti europei: infatti, cominciarono ad arrivare manufatti dall’Oriente e dai territori orientali canadesi. Qual’ era comunque la tipologia di prodotto venduto dalla HBC nel commercio con gli Indiani? Si trattava di cappelli, sciarpe, coperte, per quanto riguarda prodotti di sartoria; tabacco in grande quantità, come testimoniato dai ritrovamenti archeologici di quel periodo (le pipe europee di ceramica dal lungo bocchino sostituirono le pipe di pietra indiane); ceramiche per la cucina, differenti a seconda degli stili artigianali, tra i quali ricordiamo quello cinese e quello Blue Italian.
Un’alta domanda riguardava anche i prodotti di metallo, come coltelli o pistole (e fucili), oltre ad altri utensili, come pentole, bricchi, aghi, accette, questo non solo per la loro utilità in quanto tali, ma anche per utilizzare il materiale metallico nella riconversione per oggetti nativi, come quelli per la lavorazione delle pelli. Inoltre, nonostante fosse proibito vendere alcolici agli Indiani, uno dei prodotti tipici scambiati era proprio il rum. Il forte era dunque una struttura con un sufficiente grado di autonomia per la comunità residente: non solo erano presenti numerose industrie (forni, la fabbrica della birra, mulini per la macina del grano, un cantiere navale per la costruzione di barche York e battelli sloop), ma soprattutto campi coltivabili ai quali i residenti si dedicarono assiduamente.
Ma chi lavorava presso le strutture produttive del Lower Fort Garry? Soprattutto impiegati di origine europea, che offrivano la loro manodopera annuale, insieme ad un numero elevato di lavoratori occasionali e stagionali (a seconda del periodo e delle attività da svolgere) presi dai dintorni, abitati per lo più da Indiani e privilegiando tra questi la manodopera femminile giornaliera. In realtà presso il forte esisteva una gerarchia di figure professionali che andavano dalla più prestigiosa, i capi e i manager della Compagnia (chief factor, chief trader) ai funzionari salariati (clerks, postmasters e apprendisti a tali mansioni), ai lavoratori dipendenti che svolgevano compiti differenti (servants, engagés, voyageurs, ecc.), soprattutto di manovalanza: commercianti, magazzinieri, interpreti, trasportatori e operai. All’interno di questa struttura lavorativa, a lato si inserivano le donne, mogli e figlie dei dipendenti del forte; anche qui veniva rispettata la gerarchia, per cui alle mogli dei lavoratori veniva attribuito uno status più basso rispetto a quelle dei dirigenti; alle donne cosiddette di “sangue misto” veniva offerta la possibilità di istruirsi alla maniera occidentale, europea, per perdere ogni traccia di indianità ed essere così pronte a sposarsi con gli uomini del forte.


Un Trading Post della Hudson’s Bay Company

Nella lenta trasformazione cui si stavano avviando i gruppi indiani residenti nei pressi del Red River, si inserì lo scontro fra le varie chiese, quella cattolica, quella anglicana e varie denominazioni protestanti, soprattutto presbiteriani e metodisti.; nel 1849 arrivò il vescovo David Anderson con la famiglia, che si stabilì presso la Big House. Già prima del suo arrivo, il reverendo William Cockran aveva messo in atto un’opera di redenzione e civilizzazione degli Indiani, non solo convertendoli al cristianesimo, ma anche all’agricoltura e allo stile di vita europeo. Il vescovo Anderson promosse il programma della Società Missionaria della Chiesa per introdurre gli Indiani e le persone di sangue misto alla vita da catechisti e da missionari, affinché diventassero anch’essi ministri della Chiesa. Con l’arrivo delle Chiese cominciò la discriminazione dei métis e le mogli indiane vennero sempre più ostracizzate con il passare del tempo, anche se i rapporti economici degli Indiani col forte continuarono.
Che cosa è oggi, Lower Fort Garry? A partire dagli anni ’60 del Novecento il forte, che lentamente si stava sgretolando sotto il peso del tempo, divenne uno dei principali siti di ricerche archeologiche e storiche: l’archeologo William J. Mayer-Oakes dell’Università di Manitoba e lo storico James V. Chism intrapresero, infatti, i primi studi in loco, dove pochi degli originari edifici erano rimasti intatti. Mura, bastioni e sei edifici originali erano le sopravvivenze del forte, come rappresentate in una mappa del 1926, costruita dallo storico locale Robert Watson, incaricato dalla HBC. Il forte ora è diventato un parco nazionale di interesse storico da preservare e da visitare, che ha coinvolto l’impiego di una struttura permanente di persone: amministratori, restauratori, ingegneri, progettisti, manager, ministri della chiesa, ragionieri, staff per l’accoglienza del pubblico, cuochi, guardie di sicurezza, animatori stagionali e altri impiegati. La novità del forte è che le visite guidate non sono un tuffo accademico nel passato, ma una “sperimentazione” guidata delle attività e dello stile di vita degli abitanti del forte nel decennio che parte dal 1850, tra cui il Red River Rendezvous nella prima settimana di agosto.

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