Buffalo Bill, il mito eterno

Centenario della morte di Buffalo Bill (10-1-1917/10-1-2017)
Nostra intervista a Domenico Rizzi.

La grande caccia al bisonte del 1895 – clicca per INGRANDIRE

Buffalo Bill è una leggenda della storia del west, uno di quei miti così robusti da poter dire tranquillamente che è quasi impossibile trovare una persona che non l’abbia almeno sentito nominare.
In occasione del centenario della sua morte (10 gennaio 1917) abbiamo pensato di fare una ampia chiacchierata su questo famosissimo personaggio con lo scrittore western Domenico Rizzi, uno degli autori di Farwest.it.
A lui abbiamo posto delle domande che speriamo ci aiutino a comprendere meglio chi c’era realmente dietro la patina mitologica del grande cacciatore di bisonti e di indiani, poi anche imprenditore con il Wild West Show.
DOMANDA. Ad un secolo dalla sua morte, avvenuta il 10 gennaio 1917, Buffalo Bill rimane un mito in tutto il mondo. Ma chi era in realtà?
RISPOSTA. William Frederick Cody è stato un personaggio popolare e complesso. Cominciò come uomo di scorta di convogli che trasportavano forniture per l’esercito, fu uno spericolato cavaliere del Pony Express, un cercatore d’oro senza successo, quindi un cacciatore di bisonti per la Kansas Pacific Railroad, un esploratore, un attore e impresario teatrale. Infine, il creatore del Wild West Show.
D. Come mai la gente dei suoi tempi era tanto avventurosa?
R. Se ci riferiamo a lui in particolare, Bill, rimasto orfano di padre nel 1857 con 5 tra fratelli e sorelle, dovette darsi da fare per assicurare a sé e alla famiglia la sopravvivenza. A 11 anni venne ingaggiato dai fratelli Frank e Bill Mc Carthy per accompagnare convogli fino a Fort Laramie. Durante uno di questi viaggi, abbattè uno degli Indiani che avevano sferrato un attacco di sorpresa. Compì la prodezza, riportata da Frank Mc Carthy nel suo diario, sparandogli con un fucile Jaeger monocolpo ad avancarica.

D. In quali rapporti stava con le tribù pellirosse?
R. Li combatteva perché questo richiedeva il suo contratto con l’esercito. Ne accolse molti nel suo spettacolo, fra i quali Toro Seduto e Alce Nero, quest’ultimo autore di alcuni libri di memorie.
D. Quando la sua fama superò i confini del West?
R. Probabilmente fu nel dicembre 1869, quando il giornalista e scrittore Ned Buntline lo lanciò sulle pagine del “New York Weekly Times” come “Buffalo Bill, il re degli uomini della Frontiera”. A quell’epoca Cody aveva soltanto 23 anni.
D. Cody lavorò con Buntline anche in teatro…
R. Si. Ned Buntline era l’organizzatore, ma scriveva i copioni e figurava sulla scena, benché, a detta di importanti quotidiani, recitasse malissimo e mandasse in scena storie dozzinali. Della compagnia facevano parte anche John “Texas Jack” Omohundro, l’attrice e ballerina milanese Giuseppina Morlacchi, che sarebbe diventata moglie di Texas Jack, e per qualche tempo perfino James Butler Hickok, detto Wild Bill. Lo spettacolo si chiamava “Scouts of the Prairies” e nonostante le stroncature di molti giornali, riscosse successo.

D. Parliamo del duello fra Buffalo Bill e Mano Gialla, nel 1876.
R. Non fu un duello come si intende comunemente e lo stesso Buffalo Bill descrisse come avvenne nella realtà. Cody era aggregato al reggimento del colonnello Wesley Merritt, che tagliò la strada ad una banda di Cheyenne fuggita da una riserva del Dakota. Abbattè con una fucilata il mustang dell’Indiano, poi cadde a terra a sua volta perché il suo cavallo inciampò in una buca. “Il capo ed io eravamo entrambi appiedati, a non più di venti passi l’uno dall’altro. Sparammo nello stesso istante e qui la mia solita fortuna mi aiutò: la sua pallottola passò fischiando sopra la mia testa senza toccarmi, mentre la mia colpì lui in pieno petto.” Cody si chinò sul cadavere del guerriero e lo scotennò, mostrando la cotenna ai Cheyenne, che preferirono ritirarsi. L’episodio accadde a Warbonnet Creek, nel Nebraska occidentale, una ventina di giorni dopo il massacro di Little Big Horn, nel quale erano caduti molti uomini del Settimo Cavalleria, compreso il loro comandante. La leggenda vuole che, alzando in alto la capigliatura della vittima, Bill avesse gridato: “Il primo scalpo per Custer!”
D. Quali erano i rapporti di Buffalo Bill con la moglie?
R. Buffalo Bill conobbe Louisa Maude Frederici nel quartiere francese di Saint Louis, appena terminata la guerra di secessione. Lei era di origine alsaziana e non italiana come ha scritto qualche giornalista. Era anche più anziana di Cody, essendo nata nel 1844 o addirittura nel ’43, ma si trattò di un colpo di fulmine. Louisa fu letteralmente abbagliata dalla personalità dell’uomo. Dopo il matrimonio, avvenuto il 6 marzo 1866, seguito dal viaggio di nozze su un battello fino al Kansas, Cody riprese la sua vita vagabonda nell’Ovest. La coppia ebbe 4 figli, ma 2 di essi – Kit Carson Cody e Orra Maud morirono ancora bambini, mentre Arta Lucille si spense a 37 anni. Soltanto Irma Louise, nata nel 1883, visse fino all’ottobre 1918, spegnendosi nel Wyoming a causa dell’influenza detta “spagnola”. Con la moglie Louisa (che morirà nel 1921) i rapporti non furono facili, perché Bill, divenuto famoso, cedeva spesso alle tentazioni di altre donne. Vi fu anche una causa di divorzio fra loro, ma il giudice di New York non accolse l’istanza.


D. Che tipo era caratterialmente Buffalo Bill?
R. Fondamentalmente un uomo semplice, un po’ ingenuo, che si lasciava trascinare da entusiasmi infantili, perdendo un sacco di soldi in speculazioni sbagliate, come quando acquistò terreni nel Nebraska convinto di poterli lottizzare e vendere a prezzo elevato. Quelli che lo conobbero da vicino, lo definirono generoso e disponibile, ma anche donnaiolo e un po’ troppo amante del whisky. Era molto fiero di sé e del suo spettacolo, il Wild West Show. Quand’era in scena, esibiva con orgoglio il suo grado onorario di colonnello, portando il fregio delle due aquile (simbolo del colonnello nell’esercito americano) sulle spalline della giacca indossata durante gli spettacoli.
D. Ecco, parliamo del suo grado e delle altre onorificenze ricevute. Cody era anche “onorevole”?
R. Questa storia del grado è abbastanza controversa, come quella della Medaglia d’Onore del Congresso, conferitagli il 26 aprile 1872 per i meriti acquisiti nelle campagne contro gli Indiani dal governatore del Nebraska, ma revocata – non solo a lui ma a diverse altre persone – perché il riconoscimento poteva essere concesso soltanto ai militari. Nel 1989, su istanza dei discendenti del colonnello, Cody riottenne la Medaglia d’Onore. Quanto al titolo di “onorevole”, risulta che Bill fu realmente eletto come deputato alla legislatura del Nebraska, sebbene vi ebbe una parte poco attiva.
D. Quando diede vita al Wild West Show e in quale anno attraversò l’oceano per venire in Europa?
R. La data ufficiale della nascita del Wild West Show è il 13 maggio 1883, a Omaha. Cody scelse come manager Nathan Salsbury, ingaggiando Gordon “Pawnee Bill” Lillie, Johnnie Baker ed altri cavalieri famosi che accettarono in seguito, quali il maggiore Frank North e le tiratrici Annie Oakley e Lillian Smith. La Oakley sarebbe rimasta nel circo fino al 1901. Il Wild West Show salpò per l’Inghilterra, a bordo del piroscafo “State of Nebraska”, il 31 marzo 1887: della compagine facevano parte Alce Nero e diversi Sioux. Ciò che spinse Cody alla traversata fu l’esortazione dello scrittore Mark Twain.


Ned Buntline, Buffalo Bill, Giuseppina Morlacchi e Texas Jack Omohundro nel 1872

D. Si racconta in alcuni testi che la Oakley, soprannominata Missy, sia stata una delle amanti di Buffalo Bill.
R. Giornalisti superficiali e storici non molto profondi hanno scritto anche questa. Non che la cosa fosse tanto impossibile: Annie Oakley aveva 24 anni e Cody 38, ma lei era felicemente sposata con Frank Butler e poco incline al tradimento. Comunque, la più clamorosa delle sue relazioni fu con Katherine Clemmons, un’attrice americana che egli aveva conosciuto a Londra. E’ documentato che il colonnello ebbe diversi incontri con lei e che le finanziò alcune esibizioni in teatro, spendendo qualcosa come 50.000 dollari. Louisa ne venne a conoscenza, sorprese il marito e la Clemmons alloggiati insieme in un albergo, ma probabilmente sapeva già delle marachelle del marito.
D. Fra gli Indiani che seguirono lo show in Europa, vi furono anche Toro Seduto e l’avventuriera Calamity Jane?
R. Non risulta. Toro Seduto lavorò per il Wild West Show dal 12 giugno 1885 fino ad ottobre. Quanto a Calamity Jane (Martha Jane Canary) ne fece parte per poco tempo. Lei sostiene, in una lettera alla figlia Janey, di avere seguito il Wild West Show fino in Inghilterra, ma è improbabile. Il regista Ron Hardy, nel suo film “Buffalo Girls” del 1995, dà per scontata questa storia. Toro Seduto lavorò per Cody con una paga molto elevata di 200 dollari al mese, più un premio di ingaggio di 125 dollari. Inoltre vendeva le proprie foto autografate a 1 dollaro ciascuna. Chi ha scritto che per lui fosse un’umiliazione esibirsi come attore da circo, non ha capito nulla del personaggio, anzi, se fosse riuscito a rimanervi, avrebbe vissuto ancora diversi anni. In seguito Cody insistette per averlo di nuovo nel suo staff, ma l’agente governativo della riserva di Standing Rock negò l’autorizzazione al condottiero, da lui definito “bugiardo e troppo vanitoso.” Come sappiamo, Toro Seduto venne ucciso il 15 dicembre 1890, all’età di 59 anni, dalla Polizia Indiana della riserva.


Buffalo Bill (al centro) e Wild Bill (alla sua destra) nel 1873

D. Insomma, fra la storia e la leggenda c’è un bello scarto…
R. Certamente. Vi è troppa gente che vuole occuparsi del West e della sua storia imbastendo articoli e addirittura libri su quattro notizie apprese qui e là, aggiungendovi particolari ricavati da qualche film western e confondendo date e personaggi. Come se io scrivessi che Napoleone, dopo la sconfitta di Waterloo, aprì una discoteca a Parigi!
D. Parliamo delle tournèe del Wild West Show in Italia, che ci riguardano più da vicino.
R. Il Wild West Show sbarcò a Napoli il 26 gennaio 1890 proveniente dalla Spagna e si esibì varie volte nella città partenopea. Successivamente, a febbraio, si trasferì a Roma, quindi a Firenze, Bologna, Milano e Verona. La sfida ai Prati di Castello di Roma, fra i cowboy di Cody e i butteri del principe Onorato Caetani, che gareggiavano nella doma di cavalli selvaggi, ebbe luogo l’8 marzo 1890 e fu vinta dagli Italiani, guidati da Augusto Imperiali, di Cisterna. A Verona Cody ebbe uno spettatore d’eccezione, lo scrittore Emilio Salgari che riassunse l’evento per conto del giornale “L’Arena”, stigmatizzando che i Veronesi, a differenza del pubblico delle tappe precedenti, avesse riservato un’accoglienza piuttosto tiepida al colonnello. Sicuramente trasse da quell’evento lo spunto per scrivere più tardi la sua “Trilogia del West”. Durante la permanenza nella città scaligera, Cody e alcuni collaboratori si recarono a Venezia, dove vennero fotografati a bordo di una gondola. Nel 1906, provenienti dalla Francia, Buffalo Bill e il suo spettacolo tornarono in Italia, per toccare 35 città. Partendo da Genova il 17 marzo, scesero fino a Roma un’altra volta, poi risalirono la penisola, esibendosi anche in molte città di provincia, come Forlì, Rimini, Ravenna, Cremona, Pavia, Como. La tournèe si concluse a Trieste il 15 maggio 1906. Da lì il circo passò in Slovenia e proseguì il suo lunghissimo tour, toccando anche San Pietroburgo. Col tempo, il Wild West si era trasformato in una colossale impresa commerciale, che impegnava almeno 800 persone fra attori, comparse e tecnici e un migliaio di animali, fra cavalli, bisonti e perfino cammelli. Inoltre aveva aggiunto, agli spericolati cavalieri del West, beduini del deserto, cosacchi e gente di diversa provenienza, creando davvero un’equipe multietnica e sovranazionale. Si trasferiva da una località all’altra viaggiando su 4 treni speciali.


Buffalo Bill in uno dei suoi cortometraggi

D. Si dice che durante la visita a Roma nel 1890 Cody incontrò papa Leone XIII, convertendosi poi al Cattolicesimo.
R. E’ vero che Buffalo Bill fu ricevuto dal papa, ma non risulta si sia convertito. Era un massone, come Davy Crockett, Wyatt Earp e diversi altri protagonisti del West. Al riguardo, si racconta che il colonnello si sia convertito al Cattolicesimo sul letto di morte, ricevendo il battesimo da padre Cristopher Walsh, un prete irlandese da lui conosciuto anni prima, ma neppure questa notizia è certa.
D. E la storia che Buffalo Bill fosse di origine italiana?
R. Inventata nel 1942, secondo alcuni, dall’editore G. Nerbini di Firenze, che da anni pubblicava le immaginarie imprese dell’eroe a fascicoli settimanali con copertine a colori. Io ne possiedo qualche centinaio, perché li acquistava mio padre da ragazzo. Secondo questa ipotesi, Cody sarebbe stato un nome adottato in America da Domenico Tambini, un immigrato originario della provincia di Forlì (guarda caso, la stessa di Benito Mussolini!). In realtà il nonno di Buffalo Bill si chiamava Philip J. Cody, nato nel 1770 negli Stati Uniti e sua moglie era Lydia Martin. Dei tre figli avuti dalla coppia, uno era Isaac, padre di Bill, che sposò Mary Ann Bosnell Leacock, generando 7 figli. Le origini più antiche della famiglia sembrano essere ispanico-irlandesi e lo stesso cognome Cody era probabilmente la modifica di quello originario.
D. Come furono gli ultimi anni della vita di Cody?
R. Tristi e funestati da lutti famigliari, sebbene il colonnello non si perdesse mai d’animo. Nel 1901 Annie Oakley lasciò lo spettacolo a causa di un grave incidente; nel 1904 morì la figlia Arta Lucille Cody, di 37 anni; nel 1905 Bill si vide respinta da un giudice di New York l’istanza di divorzio dalla moglie Louise. Tuttavia, dal punto di vista artistico l’attività andò ancora a gonfie vele per qualche anno. Nel 1907 Buffalo Bill entrò in società con Gordon Lillie, il famoso “Pawnee Bill”, con il quale le cose funzionarono bene per un po’ di tempo. Nel 1911gli incassi erano calati vistosamente e i debiti contratti stavano salendo paurosamente, per cui i ranch di Cody nel Wyoming e Nebraska furono posti sotto sequestro. Bill divenne sempre più nervoso e intrattabile e una volta prese perfino a pugni Louis Cooke, il direttore della compagnia. Tentò anche l’esperimento del cinema, creando una società di produzione e realizzando un film basato sugli avvenimenti di Wounded Knee, ma fu un mezzo fiasco. Nel 1913 il Wild West Show era alla bancarotta e Henry Tammen, editore del giornale “The Post” di Denver, fece mettere un’ipoteca sul circo. L’anno seguente, l’eroe era costretto ad esibirsi come semplice attore nel “Sells Floto Circus” di Tammen e di un suo socio, pagato 100 dollari a spettacolo, che poi gli vennero ridotti a 40. Intanto erano cominciati gli acciacchi e problemi di salute più seri: la vista si era indebolita, il cuore non era più quello di un giovane, i reni e il fegato funzionavano male. Per nascondere la calvizie incipiente, il colonnello portava un toupè Nel 1915 Cody fu costretto dal suo disperato bisogno di denaro ad accettare un ingaggio come attore nella nuova compagnia “Miller Brothers & Arlington”, sempre pagato a prestazione, mentre il Sells Floto gli intentava causa. L’11 novembre 1916 cavalcò per l’ultima volta, reggendosi faticosamente in sella, davanti al pubblico di Portsmouth, in Virginia. Stava male e al termine dello spettacolo si rifugiò nella casa dalla sorella May e del marito Louis Decker, a Denver.


Buffalo Bill con Toro seduto, 1885

D. Ormai alle soglie della morte…
R. Infatti. Venne visitato anche dal dottor W.W. Crook, considerato un luminare per le affezioni renali, ma il suo responso non lasciò alcuna speranza: l’uricemia era stata trascurata e il cuore del paziente stava per cedere. Buffalo Bill cessò di vivere il 10 gennaio 1917, vicino a compiere i 71 anni. Contrariamente alla sua volontà, di essere sepolto a Cody City, una cittadina da lui fondata nel 1896 nel Wyoming, la salma fu trasportata a Lookout Mountain, a poche decine di chilometri da Denver. I funerali si erano tenuti a Denver con la partecipazione di migliaia di persone. Tutti i quotidiani della nazione recarono la notizia nelle prime pagine, nonostante fosse in corso la Prima Guerra Mondiale.
D. Hai fatto figurare Buffalo Bill nel tuo romanzo “Prairie Dog Sunset”, pubblicato pochi mesi fa. Ritieni di averne fornito un ritratto attendibile?
R. Credo di sì, soprattutto nei dialoghi di Cody con il protagonista della mia storia, Franklin Lamar. Nei dialoghi fra i due personaggi – l’uno storico e l’altro di mia invenzione – ho messo in evidenza sia i pregi che i difetti di Buffalo Bill. Il loro incontro avviene nel 1905-1906, quando il colonnello, benché oppresso da una serie di problemi anche di salute, si mostra ancora fiducioso riguardo al futuro suo e dello spettacolo che ha messo in piedi. L’ho già detto: era un inguaribile ottimista, che vedeva il bicchiere sempre mezzo pieno.
D. Oltre a questo romanzo, quali altri libri hai dedicato al personaggio storico?
R. Parlo diffusamente di Buffalo Bill ne “I cavalieri del West”, scritto insieme al giornalista Andrea Bosco e pubblicato nel 2011 con l’editrice Le Mani di Genova; “Frontiere del West”, pubblicato nel 2013 con Parallelo45 Edizioni di Piacenza. Marginalmente tratto il personaggio anche in altri miei libri, come “Tremila cavalieri indiani”, che risale a diversi anni fa. Inoltre ho tenuto varie conferenze dedicate a questo protagonista. In particolare, nei due incontri tenuti a Pavia nel novembre 2015, durante i quali mi ha affiancato Daniele Cazzola, un autore pavese collaboratore di Farwest che ha approfondito moltissimo la biografia di Cody, proiettando anche alcuni spezzoni di film originali in cui compaiono Buffalo Bill e il suo entourage. Cazzola ha pubblicato anche un libro illustrato + DVD dal titolo “Buffalo Bill e gli Indiani d’America”.

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