Nouvelle France

A cura di Pietro Costantini

“Prima qui in Canada non hanno mai fatto la guerra. Non sono mai stati su un campo di battaglia. Lasciare Montreal con un distaccamento, andare per i boschi, prendere alcuni scalpi, questo è ciò che chiamano guerra, campagna, successo, vittoria” (Louis Antoine de Bougainville (1729 – 1811), aiutante di campo di Montcalm).
La storia politica e militare della Nuova Francia è soprattutto una storia di come un regime feudale autocratico tentò di rispondere alle sfide del mercantilismo e del commercio globale, perdendo clamorosamente la battaglia. Fin dall’inizio della sua avventura coloniale la Francia, inizialmente in opposizione alla Spagna, e poi all’Inghilterra (e all’Olanda), coniò la leggenda del génie coloniale, ossia quella sorta di “intuizione” che permetteva ai conquistatori francesi di entrare in un’atmosfera di sintonia e rispetto con le popolazioni indigene conquistate che, di conseguenza, erano riconoscenti e vogliose di sottoporsi alla missione civilizzatrice della Francia stessa.
Quanto questa propaganda sia stata efficace si può vedere dal fatto che essa è ancora oggi in azione, non solo nel campo politico, ma anche presso parte del mondo accademico e storico divulgativo che continua a incensare il génie coloniale francese in contrapposizione alle leggende nere antispagnole e anti anglo-americane. Il contenimento della potenza spagnola fu in un primo tempo la molla dell’interesse francese in Nord America.
Nel 1562 l’ugonotto francese Jean Ribault costruì, sul fiume St. Johns, Fort Carolina, (attuale Jacksonville, Florida), prendendo possesso di quelle terre che la Spagna rivendicava come proprie. Nel 1564 la colonia militare francese fu brutalmente massacrata da Pedro de Menendez. Jacques Cartier nel 1534 sbarcò sul suolo canadese e nel 1603 Samuel de Champlain risalì il fiume San Lorenzo fondando, nel 1608, Quebec e diventando il primo governatore della Nuova Francia. Inizialmente l’interesse economico francese in Canada si basava soprattutto sul commercio delle pellicce di castoro che erano molto richieste per fare il feltro e questo interesse e i conseguenti mutamenti che l’arrivo di merci europee creava tra le nazioni indiane fu causa delle cosiddette Beaver Wars (Guerre del Castoro), del crollo della potenza urone e dalla contemporanea ascesa della Lega irochese. Mentre la potenza spagnola si avviava verso il declino, accelerato dalla crisi dinastica che portò alla guerra di successione spagnola (King William’s War), la minaccia inglese durante la seconda metà del XVII secolo – soprattutto dopo la sconfitta olandese con la conquista della New Netherland e di New Amsterdam, rinominata New York, nel 1672 spinse la corona francese a occuparsi della colonia il cui principale prodotto, le pelli di castoro, stava perdendo favore sui mercati europei. La riorganizzazione della Nuova Francia da parte di Luigi XIV e del suo ministro Colbert ne forgiò in modo definitivo la struttura sociale. Colbert e poi Maurepas, primo ministro sotto Luigi XV, pensarono infatti di assicurare il potere centrale in una colonia così lontana togliendo i monopoli che fino ad allora avevano garantito alle compagnie private e nel contempo fornendo degli incentivi per trasformare la Nuova Francia (Nouvelle France) in una prospera comunità francese in crescita che potesse fornire grano alle colonie più importanti soprattutto alle Antille francesi e alla loro perla, Haiti, che in quel momento stava vivendo un eccezionale boom grazie al commercio dello zucchero.

In un primo tempo, dunque, Colbert sciolse la Compagnie des Cent-Associés o Compagnie de la Nouvelle France, fondata nel 1628 dal Cardinale Richelieu che le aveva concesso tutti i territori dalla Florida all’Artico, sostituendola nel 1664 con la Compagnie des Indes Occidentales, creata sul modello olandese per cacciare questi ultimi dalle Antille e promuovere lo sviluppo coloniale. Benché la Compagnia fosse un’impresa di stato diretta da Colbert stesso, che ne garantiva il monopolio delle tratte e importanti diritti feudali (seigneries), non attirò mai capitali privati e, avendo fallito il suo scopo, fu sciolta nel dicembre 1674. Colbert decise allora di assumere l’amministrazione diretta delle colonie pensando di promuoverne lo sviluppo riproducendo la struttura sociale francese dell’epoca. L’idea era di trasformare i territori canadesi in lembi di Francia (Nouvelle France) favorendo la crescita demografica e sviluppando colture come quella del frumento che però, per prosperare, avevano bisogno di ampie terre coltivate, fattorie e climi più miti. Questo progetto portava con sé due problemi. Il primo era legato alla struttura sociale che si pensava di utilizzare: il sistema feudale delle seignery. Benché i titoli di possesso dei terreni fossero dati in modo molto più liberale di quanto non avvenisse in Francia e la manodopera per le fattorie venisse procurata attraverso deportazioni forzate o attraverso incentivi per trasformare dei soldati francesi inviati colà in coloni, la questione demografica era preoccupante. La presenza femminile necessaria per creare famiglie di agricoltori che lavorassero la terra venne favorita, tra il 1663 e il 1673, con istituzioni come le filles du roi, giovani donne nubili la cui dote e il prezzo del trasporto erano pagati dal tesoro reale.
Le Filles do Roi sbarcano a Quebec
Il progetto di favorire il popolamento del Canada tramite l’invio di coloni, che funzionò veramente solo tra il 1660 e il 1680, si scontrava tuttavia con altre preoccupazioni della politica francese che ne minavano l’efficacia, primo fra tutti il timore di indebolire il profilo demografico della Francia proprio mentre la politica imperiale del Re Sole pianificava incrementi territoriali in Europa e una nuova serie di guerre europee.
Un altro fattore che agì contro lo sviluppo della Nuova Francia fu la persecuzione degli Ugonotti, cui dopo la Revoca dell’Editto di Nantes fu proibito emigrare nel Canada e che pertanto portarono tutte le loro professionalità nelle colonie protestanti inglesi come pure in Inghilterra e Germania. Il sistema sociale della seignery, inoltre, non diede i risultati economici che Colbert sperava. Benché i membri della nascente nobiltà della Nuova Francia trovassero desiderabile avere delle concessioni reali a sud e a est di Montreal, per il prestigio che possedere e coltivare la terra aggiungeva a quello militare, ben pochi riuscirono a far fruttare i possedimenti. Uno di essi, ad esempio, Pierre St. Ours, un ex ufficiale del reggimento Carignano-Salières, dopo alcuni tentativi, fece una migliore riuscita tornando al servizio militare come ufficiale delle troupes de la Marine (marines) e iniziando la tradizione familiare di ottenere cariche militari di fatto ereditarie nel corpo dei marines. In verità anche nella valle del fiume Richelieu, dove ebbe un certo sviluppo, il sistema feudale paradossalmente funzionava contro i signori: essi infatti non avevano le risorse, né i lucrativi privilegi, che potevano spingerli a sviluppare i loro fondi. La corvée, il lavoro dei servi della gleba, era ridotto in Canada a solo tre, sei giorni, al posto delle decine che ancora sussistevano in Francia, perciò molti seigners preferivano vivere a Quebec o a Montreal piuttosto che nei loro possedimenti. Questa infruttuosità del sistema era dovuta al fatto che, mentre in teoria la corona francese desiderava della terra coltivata e produttiva, in realtà desiderava ancor meno dei seigners che fossero in grado dar luogo a una potente nobiltà che potesse minacciare il re.
Un altro progetto di Colbert per popolare la Nuova Francia prevedeva l’integrazione dei Nativi nella società franco-canadese e i conseguenti matrimoni misti. A tal fine tutta la politica relativa ai Nativi americani e alla loro conversione – civilizzazione fu messa nelle mani degli ordini religiosi, in particolare gesuiti e sulpiciani, cui furono concesse dalla corona le seignery su cui dovevano sorgere i nuovi villaggi degli indiani “delle missioni”. Nel 1632 i gesuiti cominciarono a costruire le loro missioni sui Grandi Laghi, in particolare presso gli Uroni, tra cui sorse St. Marie prés les Hurons. Le missioni uroni furono distrutte nel 1649, quando una spedizione irochese distrusse i villaggi, bruciò le chiese, martirizzò i sacerdoti e deportò molti Uroni come prigionieri. La fine del 1600, che vide la distruzione della Confederazione Urone, segnò l’età d’oro degli Irochesi che divennero la potenza indigena dominante della zona. Nel 1653 i gesuiti aprirono una nuova missione presso gli Onondaga, i custodi del fuoco della grande Lega degli Irochesi, nel cuore dell’attuale stato di New York, chiamata St. Marie prés les Onondagas. Presto fu chiaro che le speranze di stabilire colà una missione erano praticamente nulle ed essi abbandonarono la missione fuggendo nella notte.
Dopo questi due infelici tentativi i gesuiti decisero che le missioni dovevano essere stabilite nel cuore della patria franco-canadese e che gli Indiani dovevano trasferirsi colà, lontano dall’influenza protestante degli Inglesi e dai culti indigeni. In realtà, nei progetti dei gesuiti, nelle missioni gli indiani non sarebbero stati integrati nella società franco-canadese, ma avrebbero costruito delle nuove società, separate anche dalla corruttrice società canadese, sul modello paraguayano delle reduciones boreali. La diversa agenda politica dei gesuiti rispetto a quella della Nuova Francia creò un notevole ostacolo ai progetti demografici governativi e sortì l’effetto opposto a quello desiderato: vi furono molti più canadiens orfani e bastardi che vennero adottati dagli Indiani delle missioni che non Indiani adottati da famiglie di coloni francesi.


L’insediamento di St. Marie prés les Hurons – dipinto di William Armstrong (1869)

Nel 1675 giunse in Canada il nuovo ordine dei Messieurs de Saint Sulpice, che prese possesso spirituale e secolare dell’isola di Montreal; ben presto l’ordine ne ottenne la seignery, mantenendo un’ampia autonomia sia dal vescovo di Quebec che dai gesuiti. Seguendo le direttive del re di Francia, i sulpiciani, di cui molti erano anche membri della ricca e potente Compagnie du Saint Sacrement, una struttura laica fanaticamente cattolica, si proponevano di trasformare gli Indiani in buoni cattolici francesi, insegnando loro la lingua e i costumi della madrepatria. Alla fine la politica mercantilista francese vide il suo maggior successo demografico sfruttando l’idea di usare i soldati francesi come coloni. L’intendente della Nuova Francia, Jean Talon, sosteneva infatti che, «dal momento che gli eserciti erano creati e guidati dalla monarchia, i soldati che diventavano coloni sarebbero stati più obbedienti alla sua autorità. Una volta sistemati sul confine, i soldati sarebbero stati condizionati da una località, avrebbero retto senza problemi le asprezze di postazioni esposte e avrebbero visto le opportunità economiche di sviluppo dell’area». Conseguenza di questa politica fu la sempre maggiore integrazione tra esercito e popolazione canadese, un fatto incrementato già nel 1665, quando per combattere gli Irochesi, vennero inviati 1200 regolari del reggimento Carignano Salières, tenuti all’oscuro del fatto che, finito il servizio, essi sarebbero rimasti in Canada come coloni. Dopo il congedo, 400 regolari, truppa e ufficiali, furono convinti a rimanere con concessioni di terre e seignery sul San Lorenzo e la valle del Richelieu, mantenuti a piena paga per 18 mesi dal ritiro, mentre dissodavano la terra per i raccolti. Molti degli ufficiali del reggimento diedero vita poi alle dinastie familiari che detenevano i posti da ufficiale nei reggimenti delle Troupes de la Marine.
Alla fine le contraddittorie politiche demografiche della corona francese lasciarono l’onere della crescita demografica sulle spalle dei coloni stessi, che peraltro compirono l’opera oltre ogni previsione dal momento che la Nuova Francia segnò i più alti tassi di natalità dell’Occidente, grazie alla propensione al matrimonio, soprattutto delle vedove e ai bassi tassi di mortalità, minori che in Francia, dal momento che la fame era rara e la carestia sconosciuta, almeno fino alla fine della Guerra dei Sette Anni. Dopo il 1730, con la morte di Colbert (1683) prima e di Luigi XIV (1715) poi, con il conseguente contenimento dell’espansionismo francese in Europa, vi fu un cambiamento nella politica francese nella Nuova Francia. I maggiorenti locali erano infatti interessati ad espandere la base economica della colonia che poggiava sul commercio delle pellicce, in lenta ma continua caduta, e sul frumento. Per assicurarsi la spedizione e la protezione di queste merci nel 1719 la corona creò la Fortezza di Louisburg a Cap Breton, Nuova Scozia, che garantiva che il surplus di grano fosse spedito nelle Antille francesi e le pelli in Francia. Per far fronte alle richieste dei mercati, le autorità coloniali cominciarono a guardare a sud verso la valle del lago Champlain e a ovest verso la valle dell’Ohio, che in realtà era considerata territorio della Louisiana settentrionale, scontrandosi però con le colonie inglesi – da sempre in boom demografico grazie all’astuta politica di immigrazione della corona inglese – che guardavano a questi stessi territori come a proprie aree di espansione. I mercanti di Montreal erano favoriti da queste nuove possibilità, che essi vedevano con sempre maggior entusiasmo, dal momento che per loro “il mercato” consisteva nel rivendere al re di Francia la farina sotto forma di approvvigionamenti alle truppe, speculando per strappare il prezzo più alto.


Villaggio di Cap Tourmente, Nuova Francia, nel 1626

Ma un’economia di mercato non si improvvisa. I coloni della Nuova Francia, con grande scorno dei mercanti di Montreal, a causa delle loro origini non erano orientati verso il mercato, ma a una produzione per l’autosufficienza. Inoltre le strade erano impraticabili per carri pesanti e le canoe non garantivano il prodotto e d’altra parte non c’erano intermediari che potessero raccogliere il surplus dalle fattorie disperse e ne stimolassero la produzione. Un altro fattore limitante era dovuto al fatto che i coloni provenivano in buona parte dalle glebi inurbate di Parigi e di La Rochelle che non avevano nessuna esperienza di agricoltura e talvolta anche poco desiderio di farsela, un sentimento in comune con la nobiltà che, viste le sue origini, poneva il prestigio più sull’ethos militare che sul lavoro dei campi e che, come si è visto, era poco incline a vivere sulle terre assegnate con la seignery. Questa cronica mancanza di un mercato interno, la corruzione dei funzionari che vedevano il loro profitto nel rivendere a prezzi da mercato nero al Re di Francia le provvigioni per i soldati che dovevano difendere la colonia stessa e la mancanza di manodopera, dato che gli uomini abili erano sì contadini, ma soprattutto soldati, fornirono le condizioni per il crollo della Nuova Francia. Data l’importanza dell’elemento militare nella costruzione, organizzazione e protezione della Nuova Francia, la catena di comando e la struttura della manu militari assumevano caratteristiche peculiari diverse da quelle della Madrepatria. Passando sotto l’amministrazione diretta della Corona, le colonie francesi vennero affidate da Colbert al Ministero della Marina. Anche questo, come la Compagnie des Cent-Associés era una creatura di Richelieu che l’aveva creata nel 1624 e che, nel 1626, era divenuto “gran maestro” della navigazione e del commercio godendo di ogni autorità senza dover creare una burocrazia permanente.
Colbert, convinto che i commerci marittimi, i porti e le rotte dovessero essere difesi contro le nazioni rivali, ristrutturò il ministero nel 1669 insediandolo dentro il palazzo di Versailles dove poteva controllarlo personalmente. Il ministero della Marina fu diviso in due uffici uno dei quali il Bureau du Ponent (dal 1710 chiamato poi Bureau des Colonies) doveva amministrare i territori nelle Americhe. Per rendere efficace il nuovo giocattolo, Colbert dotò la marina francese della più grande flotta militare dell’epoca, ma dopo la sua morte e in particolare dopo il 1690 a causa delle guerre europee, crebbe il peso dell’esercito e la flotta fu lasciata decadere insieme con la sua capacità di proteggere le colonie. Braccio armato della Marina erano le Compagnie Franche de la Marine, anch’esse organizzate nel 1622 da Armand du Plessis, cardinale di Richelieu. Istituzionalmente il loro compito consisteva nel fornire i fucilieri sulle navi della flotta che era organizzata in tre squadre in base ai maggiori porti francesi (Brest, Rochefort e Tolone), nel proteggere i porti francesi e le colonie ed erano organizzate come compagnie indipendenti: ogni colonia aveva il suo distaccamento militare. Il periodo di ferma era di 6 anni, ma le truppe potevano essere trattenute se il governatore della colonia pensava di essere a corto di uomini. L’equipaggiamento era lo stesso sia per i marines stanziati sulle navi che per quelli nelle colonie e consisteva in una giubba bianco-grigia con risvolti sulle maniche e orli blu, un panciotto blu, biancheria e pantaloni corti (coulotte), calze, cravatta bianca e un tricorno con bordo in passamaneria falso-oro; il tutto doveva durare 2 anni eccetto il panciotto, le calze e la biancheria che venivano forniti annualmente. I cadets à l’aiguillette, un rango di cadetto ufficiale creato nel 1731, avevano le stesse armi, divise ed equipaggiamento dei soldati, eccetto che per l’aiguillette, un cordone intrecciato di seta blu e bianca con punte in ottone che pendeva da una spalla. Gli ufficiali avrebbero dovuto portare l’uniforme ed erano riconoscibili da una placca di ottone portata al collo, ma fino al 1731 non giunse in Canada la stoffa per tale uso
e perciò le uniformi erano personalizzate.


Troupes de la Marine

L’armamento dei marines consisteva nel moschetto militare per la Marina fabbricato a Tulle che aveva un calibro di 16,7 mm, la canna di 113 cm, portati a 119 nel 1729, e la cui precisione nel tiro arrivava a circa 50 metri. Dal 1740 la Marina cominciò anche a rifornirsi dei moschetti fabbricati per l’esercito a St. Etienne, che erano migliori. Il moschetto aveva un aggancio per la baionetta la cui lama triangolare, nel 1734, era lunga 243 mm. L’equipaggiamento era composto da una bandoliera di cuoio, un corno per la polvere da sparo e una giberna (gargoussier), una scatola rettangolare di legno con coperchio in cuoio ornato da un’ancora per le nove cartucce di ordinanza che veniva portata sulla pancia. I sergenti portavano ancora delle alabarde e gli ufficiali delle picche. Ben presto però le tattiche di guerra nelle foreste americane, soprattutto le campagne invernali, fecero modificare l’uniforme di soldati e ufficiali in una stile più “indiano” costituito da mocassini, gambali (mitasses), perizomi, e soprattutto la capot, un cappotto con cappuccio fatto col panno delle coperte navali trattenuto in vita da una fusciacca di lana. Nel 1683 per la prima volta queste truppe sbarcarono in Canada; nel 1699 vi erano 28 compagnie di 30 uomini guidati da 3 ufficiali. Nel 1756 gli uomini furono portati a 65 per compagnia, e poi a 40 nel marzo del 1757, anche se il numero degli arruolati mancava di 250 uomini per colmare i ranghi. Ben presto, anche per incentivi alla colonizzazione concessi agli ufficiali, le troupes de la Marine divennero il gruppo più coeso della Nuova Francia e si assistette al caso unico di battaglioni in cui tutti gli ufficiali erano nati nella colonia, mentre tutte le reclute continuavano a venire arruolate nella madrepatria. I forti legami di parentela degli ufficiali dei marines con le famiglie nobiliari di Quebec e Montreal rendevano inoltre le spedizioni di guerra anche un affare familiare e commerciale; le 32 famiglie franco-canadesi, che in una o due generazioni ottennero la croce di San Luigi, erano tutte dominanti in seno al corpo degli ufficiali dei marines.

Questi interessi facevano dire agli ufficiali metropolitani che i marines erano corrotti e selvaggi. Il rapporto tra gli abitanti della Nuova Francia e le Compagnie franches era particolare. Fin dal 1687 i seigneurs avevano ottenuto dei brevetti nelle compagnie per i loro figli cadetti, in quanto una carriera militare era considerata più onorevole del commerciare o lavorare. La posizione di ufficiale nella colonia non doveva essere acquistata come in Francia, perciò le famiglie agiate canadesi facevano di tutto per iscrivere come cadetti i loro figli quindicenni tanto che, nel 1750, tutte le opportunità di servire come cadetti erano riservate ai figli minori degli ufficiali in servizio. Questo portò a un enorme quantità di ufficiali rispetto ai soldati nelle compagnie – addirittura uno a sei – e contemporaneamente a una continua esperienza di guerra irregolare in cui distinguersi.
L’abitudine alla guerra irregolare fece sì che i marines sviluppassero una grande esperienza nel comunicare con gli indiani, divenendo spesso mediatori nelle dispute tra i villaggi. Ufficiali come St. Ours, Louis Legardier de Repentigny, Joseph-Claude Boucher, Coulon de Jumonville, Saint Luc de la Corne e Gaspard-Joseph Chaussegros de Lery furono il nerbo della forza francese in Nord America, essendo loro che guidavano i raids degli indiani delle missioni in cerca di prigionieri, scalpi e bottino. In barba alla legge francese, infatti, gli ufficiali dei marines traevano il maggior profitto dalla cattura di prigionieri bianchi, neri e indiani da vendere come schiavi. Il più abile fu Luc de Saint Luc de la Corne, la cui casa a Montreal divenne il principale centro canadese della tratta, vantando circa 1000 schiavi panis (pawnee e sioux) e neri in città e nei dintorni, circa metà degli schiavi dell’intera colonia. Il quasi monopolio della tratta degli schiavi di La Corne e di St. Pierre, la cui vedova sposerà La Corne, era strettamente connesso al servizio da loro prestato nei Grandi Laghi e in Ohio e al fatto che, a differenza delle colonie inglesi settentrionali, in Canada i prigionieri indiani potevano essere ridotti in schiavitù gettando così la base per il commercio di esseri umani.
Il sacco di Saratoga Plantation, ad esempio, con i suoi 109 prigionieri poi dispersi tra gli Indiani delle missioni e le carceri di Quebec, fu una dimostrazione di questi interessi commerciali, come pure la cattura e la vendita dei prigionieri inglesi dopo il massacro di Fort
William Henry. Tra gli ufficiali delle Compagnie Franche de la Marine e gli coloni si creavano, inoltre, delle relazioni particolari, data l’abitudine dei militari di acquartierarsi per tutto l’inverno presso le case e le fattorie private, ove il padrone di casa forniva utensili, salario e cibo in cambio di un aiuto con i lavori dei campi. In particolare i soldati provenienti direttamente dalla madrepatria erano arruolati anche per le loro capacità come artigiani, un’attività che svolgevano su scala privata su licenza del loro capitano. Questa attività lucrativa aveva spesso la precedenza sul servizio militare vero e proprio e aveva un gran pregio quando si costruivano forti o postazioni militari, visto che i soldati erano carpentieri, fabbri e anche contadini. I forti coloniali francesi, come Fort St. Frederic, erano perciò più posti commerciali e fattorie “statali” che postazioni militari vere e proprie.
Villaggio della Nuova Francia
In particolare a Fort Saint Frederic il commercio dei prigionieri inglesi era piuttosto lucroso per gli Indiani in quanto, per molti ufficiali francesi, era quantomeno doveroso cercare di riscattare i prigionieri inglesi evitando che fossero adottati o ritualmente uccisi e mangiati. Durante gli anni a partire dal 1750 molti ufficiali francesi avevano schiavi inglesi e anche le parrocchie registrarono molte conversioni forzate. La milizia canadese era un ottimo strumento per i comandanti francesi se, come il governatore della Nuova Francia, Pierre François Rigaud marchese di Vaudreuil, erano dei fautori della petit guerre, la guerra di guerriglia. Nella Nuova Francia, infatti, ogni uomo abile alle armi dall’età di 16 all’età di 60 anni era iscritto in una compagnia della milizia che era arruolata in base alla parrocchia o alla seignery, dal momento che il servizio militare era una delle mansioni che rientravano nella corvée forzata degli habitants, i servi della gleba del regime feudale nella Nuova Francia.
Essendo lavoro coatto obbligatorio, l’arruolamento nella milizia non prevedeva eccezioni né per motivi familiari né per i lavori nei campi, il che diede luogo a lamentele da parte dei maritati – i coureurs de bois nelle lontane regioni del Pays d’en Haut sfuggivano agli obblighi rendendosi irreperibili – ma soprattutto il sistema creò un vero problema alle capacità di autosussistenza della Nuova Francia. Ogni parrocchia aveva una o più compagnie, in genere di 50 uomini, ciascuna comandata da un capitano, dei tenenti e dei sergenti. Le compagnie delle parrocchie erano raggruppate in tre distretti: Quebec, Trois-Rivières e Montreal. I distretti erano comandati da un colonnello con l’aiuto di maggiori; in tempo di guerra il comando passava agli ufficiali coloniali regolari (marines). Nel 1716 la milizia era forte di 4.500 uomini che divennero circa 15.200 nel 1760. Una compagnia della milizia si riuniva una volta al mese per esercitarsi, soprattutto al tiro oppure all’addestramento alle manovre sul campo. A differenza delle truppe provinciali delle tredici colonie inglesi, che erano composte da cittadini contribuenti che prestavano servizio sulla base del binomio “tasse – servizi” o “lavoro – salario” e pertanto si arruolavano su base volontaria, la milizia sembrava forgiata per la guerra; Montcalm ne riconobbe quest’aspetto affermando “soldati nati, dall’età di sedici anni… arruolati nella milizia. Battellieri e buoni tiratori, cacciatori… Essi eccellono nella guerra nelle foreste e nelle imboscate”.
L’idea di una “popolazione” nata per la guerra non era nuova in Occidente e in Europa aveva visto gli esempi delle milizie croate e ungheresi dell’impero austroungarico, dei cosacchi russi e degli highlanders scozzesi. Benché queste truppe non fossero in grado di competere con gli eserciti regolari negli attacchi di linea su vasta scala, erano tuttavia utili come ricognitori e fiancheggiatori dei regolari per le imboscate e la guerriglia di logoramento anche se le scorrerie nei territori nemici e alleati erano spesso causa di sollevazioni contadine nei paesi invasi.


Francesi e Indiani

La milizia canadese si era fatta le ossa durante le Beaver Wars del XVII secolo, combattute tra Algonchini, Uroni e Irochesi ed era emersa come una forza combattente efficace in grado di partecipare a raids di lunga distanza nei boschi anche in condizioni proibitive come quelle dell’inverno canadese. Il rapporto con le parrocchie creò delle relazioni particolari tra la milizia canadese e gli alleati indiani con cui spesso combattevano fianco a fianco e nello stesso modo. Molti habitants dell’isola di Montreal andavano a messa dai gesuiti nella missione di Kanesatake perché più vicina della loro chiesa parrocchiale; i coloni di La Prairie seguivano i servizi religiosi dei gesuiti a Kahnawake dal momento che erano privi dell’edificio della chiesa. A Kanesatake bambini indiani e figli di canadiens andavano a scuola assieme e studiavano le stesse discipline benché i sussidi reali fossero solo per i bambini indiani. Questa stretta comunanza tra milizia e Indiani delle missioni era anche coerente col fatto che molte spedizioni erano guidate o accompagnate dai religiosi, come il famoso sulpiciano padre Piquet, che organizzò il massacro di Saratoga Plantation nel 1745. Nel 1757 Montcalm apprezzava il fatto che “le nostre truppe… vivono la perfetta unione tra canadesi e selvaggi”, ma il suo aiutante Bougainville scriveva: “quando i Francesi hanno vinto la battaglia, torna la fiducia… Essi riguadagnano il loro spirito canadese e si occupano solo del modo con cui possono togliere alle truppe francesi (regolari) la gloria di un’azione che sarebbe difficile attribuire a qualcun altro”. La conclusione di questa relazione tra Indiani delle missioni e habitants fu che per i coloni inglesi spesso i canadiens erano, parafrasando Francis Parkman, più selvaggi dei selvaggi stessi. La milizia non aveva una propria divisa e non riceveva né paga né vestiario in quanto si presumeva che potesse provvedere a tutto mediante il saccheggio del territorio nemico, tuttavia un po’ di equipaggiamento era fornito dalle autorità in caso di campagna.
L’equipaggiamento della milizia consisteva in un berretto di lana, in genere rossa, in un capot che poteva essere blu, marrone, bianco, nero e talvolta verde o vinaccia, in una fusciacca di lana rossa, grigia, nera, verde, talvolta ornata di perline sui bordi, che serviva a tenere chiuso il capot e come cinta per il trasporto, un perizoma o dei mutandoni, dei gambali (mitasses) in stile indiano di stoffa rossa o bianca, ma spesso di cuoio, mocassini e manopole in pelle di cervo. L’armamento consisteva in un moschetto da caccia di piccolo calibro fabbricato a Tulle, usato anche nel commercio delle pellicce che, avendo la canna con una qual rigatura, era più lento da caricare, ma più preciso del moschetto classico (ragion per cui i canadesi erano considerati dei buoni tiratori), un corno per la polvere, una sacca per le pallottole e le munizioni, un tomahawk e tre coltelli: uno nella fusciacca, uno nella giarrettiera al ginocchio e il terzo pendente dal collo. Gli ufficiali erano vestiti allo stesso modo a parte il gorgetto in metallo e, se in pace, una spada e una picca. Il primo distaccamento di truppe regolari francesi, troupes de terre, inviato in Canada fu il reggimento Carignano-Saliéres che giunse nel 1665 e fu sciolto nel 1668. Poi, fino al 1755, non vi furono truppe regolari e tutto il peso delle guerre di Re Guglielmo (King William’s War), della Regina Anna (Queen Anne’s War) e di Re Giorgio (King George’s War) fu lasciato sulle spalle delle Compagnie Franche de la Marine, della milizia e degli alleati indiani che praticavano la guerra di guerriglia, o petit guerre, contro i coloni e le milizie provinciali delle tredici colonie britanniche.
George Washington a Fort Necessity
L’espansione francese nei territori dell’Ohio e nella Louisiana settentrionale, consolidata dalla costruzione di una catena di forti, le continue scorrerie indiane, soprattutto Abenaki, Irochesi delle missioni, aiutati da quelli della Lega, e Algonchini dei Grandi Laghi contro le fattorie e gli stanziamenti in Pennsylvania e Virginia e il malaugurato incidente di Fort Necessity del 1754, all’inizio del 1755 avevano convinto il governo inglese a inviare dei soldati regolari britannici sotto il comando del generale Braddock.
Nello stesso anno, Luigi XV, per rispondere alla nuova minaccia inglese, inviò nella Nuova Francia il nuovo governatore Pierre François Rigaud, marchese di Vaudreuil, figlio del precedente governatore Philippe e nativo della colonia, e sei battaglioni di troupes de terre, sotto il comando del barone di Dieskau, un veterano delle guerre europee, poiché il reclutamento di nuove truppe coloniali aveva tempi piuttosto lunghi. Per la spedizione furono scelti i secondi battaglioni dei reggimenti La Reine, Guyenne, Languedoc, Bearn, Bourgogne e Artois, per un totale di 3336 tra ufficiali e soldati. I battaglioni di Bourgogne e Artois dovevano difendere la fortezza di Louisburg, che aveva un comando militare a parte, mentre gli altri quattro servivano per proteggere il Canada.
Alla notizia dell’invio di truppe regolari in Nuova Francia il governo inglese diede ordine alla Royal Navy di intercettare la squadra navale francese, malgrado la guerra non fosse stata ancora ufficialmente dichiarata. L’8 giugno 1755 al largo dei banchi di Terranova, l’ammiraglio Boscawen sorprese tre navi francesi, catturandone due; l’evento portò alla dichiarazione formale di guerra tra Francia e Inghilterra. L’arrivo delle truppe sfuggite al blocco inglese diede inizio all’intervento diretto di truppe regolari francesi nella guerra.
La spedizione di Dieskau contro Fort Edward sul lago George mostrò subito i limiti della catena di comando francese. Il marchese di Vaudreuil, per carica e per età, era il comandante in capo della colonia e, da buon canadien, era strenuo fautore della petit guerre, la guerriglia franco-indiana che aveva reso così ricca la sua famiglia e le famiglie degli ufficiali dei marines negli ultimi cento anni. Tale tattica si articolava con raids contro avamposti o insediamenti isolati di coloni inglesi e immigrati tedeschi nella Nuova Inghilterra (Massachusetts, Connecticut, Maine), in Pennsylvania, Virginia e giù lungo il Grande Sentiero di Guerra irochese fino alle Caroline (evitando possibilmente New York) con conseguente bottino di beni e prigionieri.


Mortaio francese di Louisburg – 1750

Questa prassi aveva il vantaggio di boicottare l’insediamento inglese nella regione dell’Ohio e in genere l’espansione delle colonie inglesi, teneva buoni i gesuiti che chiedevano la conversione degli eretici, garantiva un buon bottino di merci pregiate inglesi come fucili, coperte, pellicce, creava ricchezza tramite la vendita come schiavi degli inglesi catturati o la loro consegna agli Indiani per le cerimonie del lutto il che favoriva l’alleanza delle tribù e infine non nuoceva al contrabbando con gli anglo-olandesi di Albany nella colonia di New York. Ma la petit guerre benché ottima per sfiancare il nemico porta con sé uno svantaggio: non è in grado di conquistare il territorio. Essa è una tattica “mordi e fuggi” che può avere successo se si trascina nel tempo (molto tempo) e se il nemico non è determinato, dal momento che il costo presso l’opinione pubblica può essere politicamente insostenibile, il che non è il caso con governi assolutistici o dittatoriali, ma se si deve conquistare una nazione, allora è necessario combattere battaglie campali di tutto rispetto o, come si diceva allora, “all’europea”.
Lake George: monumento ad Aroniateka e Sir William Johnson
E’ per questo motivo che l’arrivo delle truppe regolari inglesi e francesi, che poneva come obiettivo la conquista della colonia dell’avversario, fece esplodere i problemi latenti nelle gerarchie di comando francesi e nel loro modo di portare avanti la guerra. Vaudreuil, sponsorizzando la petit guerre anche contro l’evidenza, non riuscì a fare il salto dal suo “piccolo conflitto locale” alla guerra imperiale globale in atto che aveva come posta la conquista di interi continenti. L’esito finale della petit guerre di Vaudreuil si poté intravedere già nella battaglia del lago George, quando Dieskau decise di attaccare il corpo di spedizione provinciale al comando di William Johnson che minacciava Fort St. Frederic. In questa occasione vennero alla luce tutti i problemi tattici e strategici del modo di far la guerra sulla frontiera.
Per prima cosa gli Irochesi delle missioni fecero fallire l’imboscata contro le truppe provinciali e i Mohawk guidati da Hendrick. In seguito gli alleati indiani e parte della milizia si attardarono a depredare i morti e a prendere scalpi, lasciando soli i regolari francesi nell’inseguimento del nemico. Quando la spedizione giunse di fronte alle postazioni degli anglo-americani fortificate con terrapieni e quattro cannoncini, gli Irochesi delle missioni si dimostrarono inaffidabili e altrettanto fecero gli altri alleati indiani e la milizia canadese che, dopo una prima scaramuccia, fuggirono lasciando i regolari esposti al fuoco nemico. Ulteriore corollario di una possibile vittoria trasformata in sconfitta furono quegli Indiani e uomini della milizia che vennero sorpresi ancora intenti a saccheggiare i morti a Bloody Morning Scout e costretti a battere in ritirata lasciando armi, prigionieri e bottino. La battaglia del Lago George scatenò presso i comandi francesi una irrisolta discussione circa la strategia e le capacità dei regolari di condurre la guerra di frontiera. Vaudreuil gettò la colpa del fallimento su Dieskau che, a suo avviso, non avrebbe dovuto attaccare con impeto il campo fortificato inglese superiore per numero di uomini, posizione e cannoni. In quanto canadien, Vaudreuil pensava che Dieskau avrebbe dovuto imparare meglio le tattiche di guerra indiana, tra le quali come fare vantaggiose ritirate. Dieskau si difese dalla sua prigionia a Londra asserendo che tutto il biasimo cadeva sui Canadesi e sugli Indiani per aver avvertito Hendrick, impedendo in tal modo la completa distruzione delle forze nemiche e per non aver appoggiato i regolari sul campo. In realtà la discussione nascondeva il fatto che Indiani e Canadesi avevano obiettivi differenti da quelli del resto dell’armata: i primi volevano solo un po’ di scalpi, prigionieri e bottino, tutte cose che non avrebbero certo fatto vincere la guerra, come la situazione di stallo che di fatto si protraeva da quasi cent’anni dimostrava; i secondi (i regolari) erano stati inviati a conquistare un continente.
Scrive lo storico Corbett (2002): “Durante la Guerra dei Sette Anni il punto focale era adesso eliminare i punti di equilibrio, un fatto che era il risultato di parecchie nuove condizioni. … Man mano che l’influenza europea aumentava, quella americana svaniva; Canadiens, abitanti della Nuova Inghilterra e di New York venivano ridotti a ruoli di appoggio e le mutue relazioni che avevano creato, venivano neglette. Questo era particolarmente vero per i Nativi americani che, agendo come alleati indipendenti, rendevano impossibile il controllo dei generali europei su di loro, per cui i generali cercarono di ridurne il ruolo nelle ostilità”. La perdita dell’Acadie (ora Nuova Scozia) e la strategia di conquista dei forti sull’Atlantico, che era stata una costante dell’azione britannica nel teatro americano, con le continue prese e cessioni di Louisburg, la porta della Nuova Francia, costrinse Luigi XV a inviare un nuovo generale e altre truppe regolari di appoggio.
Granatiere e fuciliere del Rgt. La Sarre
Malgrado il blocco inglese, Louis Joseph marchese di Montcalm-Gozon de Saint-Véran, comandante in capo delle forze regolari francesi, sbarcò a Quebec il 3 aprile 1756 accompagnato da due battaglioni dei reggimenti di Royal-Roussillon e de La Sarre sotto il comando del Chevalier de Levis e del Chevalier de Bourlemanque. Con il suo arrivo il comando nella Nuova Francia venne diviso in tre parti: i regolari sotto Montcalm, le Compagnie franche de la Marine, la milizia canadese e gli Indiani delle missioni sotto il governatore de Vaudreuil e la fortezza di Louisburg sotto il comando del Chevalier de Augustin Drucour. Questa divisione nel comando, che si mostrerà fatale, sottolinea come il teatro americano fosse per il re di Francia di minore importanza rispetto a quello europeo.
Le ambizioni continentali della corte superavano di gran lunga quelle coloniali e per il 1757 la corona aveva deciso per una strategia che privilegiasse l’invasione dell’Hannover (feudo personale dei re di Inghilterra), pensando di poterlo scambiare al tavolo della pace con la Nuova Francia se i britannici avessero conquistato la colonia.
Con l’arrivo di Montcalm la contesa tra guerra all’europea e guerra di guerriglia esplose, ma l’evolversi della situazione non lasciò spazio ai fautori della guerra indiana. Infatti la spedizione Rigaud, composta da 650 uomini della milizia canadese, 300 indiani delle missioni, 300 marines e 250 regolari del Royal Roussillon, portata avanti con le tattiche della petit guerre contro Fort William Henry, non ottenne alcun risultato e permise a Montcalm di imporre una guerra all’europea che, pur lasciando spazio a scorrerie di disturbo della milizia e degli Indiani, poggiava sull’ampio dispiegamento di fanteria regolare su linee e, soprattutto, sull’assedio formale dei forti con il conseguente uso dell’artiglieria da campagna e del genio. Data la scarsa precisione dei moschetti a pietra focaia – l’efficacia del miglior moschetto dell’epoca, la Brown Bess inglese, era di circa 50 metri – il dispiegamento per linee europeo era fatto per massimizzare l’efficacia del fuoco di moschetto. Le truppe erano addestrate in modo ossessivo a stare in linea e a sparare in sincronia la scarica di fucileria (volley) contro le linee nemiche, in questo modo l’inaccuratezza del tiro era superata dalla concentrazione del volume di fuoco a distanza ravvicinata, per cui pochi colpi in effetti andavano persi. Per ottenere la miglior volley le truppe erano addestrate alle tecniche di sparo, a marciare in formazione e all’unisono, con una serie di complicate manovre. Lo spiegamento del fronte delle truppe dipendeva dal terreno e dalla posizione del nemico e ogni comandante cercava di attaccare contro i fianchi che erano esposti. L’esercito francese utilizzava i suoi battaglioni su quattro linee con un fronte di 162 uomini. I battaglioni francesi erano organizzati in dieci compagnie consistenti in otto di fucilieri, una di granatieri e una compagnia leggera. La linea di fuoco variava a sua volta potendo, su comando, i soldati sparare tutti insieme o in successione o su due unità che sparavano alternativamente.


Manifesto di arruolamento per la cavalleria del Rgt. Royal Roussilon

In genere venivano sparate solo una o due volley coordinate, poi il fumo della polvere da sparo e la perdita della sincronizzazione costringevano agli uomini a sparare a volontà. In genere un soldato ben addestrato poteva sparare 3 o 4 colpi al minuto. Ottenuto il panico nelle linee nemico le unità caricavano alla baionetta, una lama di acciaio triangolare lunga 43 cm. Nel XVIII secolo l’artiglieria era utilizzata soprattutto nelle tattiche d’assedio, anche se pezzi di piccolo calibro potevano essere usati anche nelle battaglie di fanteria, il che avvenne in America con minor estensione che in Europa. Dalla seconda metà del XVII secolo dei maestri cannonieri, chiamati commissaires de l’artillerie, furono inviati nelle colonie a sovrintendere all’artiglieria e addestrare la truppa. Nel giugno del 1743 il re creò una speciale compagnia di cannoniers-bombardiers per servire nella fortezza di Louisburg. La strategia di Montcalm si rivelò efficace e, tra il 1756 e il 1758, tutti i forti inglesi assediati sul teatro dei Grandi Laghi e lungo la direttrice dei laghi Champlain e George caddero in mano francese. Alla fine tuttavia ogni polemica tra Montcalm e Vaudreuil divenne sterile di fronte alla realtà del blocco navale britannico che, a partire dal 1756, fermò ogni rifornimento alla colonia e determinò il crollo della Nuova Francia. L’impossibilità di procurarsi merci pregiate con cui fare regali cominciò ad allentare le già fuggevoli alleanze con le tribù indiane, mentre gli ufficiali si risentivano per le “stravaganze” con cui i Nativi erano trattati mentre loro tiravano la cinghia. Il sistema della corvée e il servizio militare, che non aveva permesso ai miliziani contadini di badare ai campi, cominciò dare i suoi cattivi frutti: durante gli inverni 1757 e 1758 gli abitanti della Nuova Francia soffrirono una tragica carestia che portò i germi della ribellione. Durante gli inverni le razioni furono ridotte rendendo impossibili le scorrerie proprio nella stagione più favorevole alla petit guerre. Anche l’arrivo di qualche carico dalla madrepatria era un problema a causa dell’arretrata e corrotta filiera di distribuzione nella colonia.


Fanteria francese

La mancanza di pane bianco era soprattutto critica presso i regolari e le plebe delle città ma, malgrado la farina di grano venisse allungata con piselli e orzo, i forni non riuscivano a sfornare più dei soliti 60 filoni di pane e biscotti giornalieri. Un ufficiale francese scrisse “la pochezza dell’amministrazione e l’avidità dei funzionari e di pochi privati sono causa di questa penuria che si è costruita negli anni”. Alla fine della Guerra dei Sette Anni tutta l’amministrazione francese, dal governatore de Vaudreuil all’intendente François Bigot, al commissario generale Joseph Cadet, fino ai capitani e ai furieri dei forti fu accusata di malversazioni nella distribuzione e di borsa nera. Anche le abitudini alimentari ebbero il loro peso. Né i Francesi – non dimentichiamo che i soldati delle Compagnie Franche de la Marine erano arruolati nella madrepatria – né gli abitanti della valle del San Lorenzo accettavano di mangiare il mais indiano anche se era reperibile presso le missioni. Mangiando solo pane bianco sia i soldati che gli abitanti soffrivano la fame, mentre gli Indiani e le truppe dei forti come Detroit, Duquesne, ma anche Carillon e St Frederic, alimentarmente più flessibili, stavano meglio. La crisi scoppiò a Montreal, il granaio del Canada, nell’inverno 1757 – 58: i prezzi cominciarono a salire, le razioni a ridursi mentre parte delle scorte veniva inviata a Quebec che si trovava in condizioni ancora peggiori. Le quattro compagnie del Bearn, lì acquartierate, mantennero la disciplina, malgrado le rivolte popolari, anche per l’esempio di Montcalm che fece servire carne di cavallo alla mensa ufficiali. Nell’aprile del 1759 le compagnie del battaglione Guyenne di stanza a Chamblis, non avendo più cibo, ebbero il permesso di pescare con reti ed ami per evitare di morire di fame. Mentre i soldati del Bearn accettarono tali rigori, le truppe dei marines a Montreal rifiutarono le loro razioni e invitarono i regolari a unirsi alla protesta. Il Chevalier de Levis impose lo stato d’assedio per evitare l’ammutinamento e offrì carne di cavallo alle donne che protestavano davanti al palazzo del governatore e anche ai marines. Quelli rifiutarono affermando “che il cavallo era il miglior amico dell’uomo e che il cattolicesimo proibiva di mangiarlo”.
Alla fine alcune razzie di salmerie inglesi salvarono la situazione, ma a stomaco vuoto, un popolo e un esercito non combattono per molto. Alla fine del 1758 la caduta della fortezza di Louisburg ad opera di Jeffery Amherst strozzò definitivamente la colonia. Abbandonata dagli opportunisti alleati indiani, scossa da fermenti di ribellione e ammutinamento, priva di rifornimenti, la caduta di Quebec fu solo una gloriosa fine già scritta che permise a Montcalm, caduto nella battaglia, di entrare per sempre nel pantheon degli eroi, ma non esentò le autorità francesi dal biasimo per aver permesso ogni sorta di atrocità agli alleati indiani. Per questo motivo Amherst non concesse l’onore delle armi ai difensori di Montreal e il Chevalier de Levis contraccambiò quello che giudicava un insulto bruciando le bandiere reggimentali per non farle cadere in mano al nemico.


Assedio di Louisbourg

Il Reggimento Carignan-Salières

Le origini del reggimento Carignano in realtà risalgono al 1636: esso nacque per volontà di Tommaso Francesco di Savoia principe di Carignano, figlio di Carlo Emanuele I e capostipite del ramo cadetto dei Savoia-Carignano. Costui aveva combattuto contro i Francesi al servizio degli Asburgo durante la Guerra dei Trent’anni, nel 1642, per poi cambiare alleanze e passare ai Francesi. Con la sua morte, avvenuta nel 1656, il reggimento Carignano passò al figlio, appunto Emanuele Filiberto, il quale nominò lo svizzero Balthazar colonnello e comandante del reggimento. Come succedeva spesso in quei tempi, il Balthazar passò al servizio degli imperiali tre anni più tardi ed il Savoia si vide costretto a sostituirlo con Henri de Chastelard, signore di Salières. Il reggimento assunse quindi il nome di Carignano-Salières. Dopo la pace dei Pirenei le casse del principe Emanuele Filiberto piangevano miseria, così che il Savoia pensò bene di cedere il reggimento al re di Francia, Luigi XIV, che cercava truppe da inviare nelle colonie del Nord America. Infatti, dal 1641, la Nuova Francia  viveva costantemente sotto l’incubo delle feroci scorrerie degli Irochesi, come andava ripetendo al Re Sole con una certa qual insistenza il vescovo di Versailles mons. Laval. Per comprendere l’avversione della Lega delle Cinque Nazioni Irochesi (Seneca, Cayuga, Onondaga, Oneida e Mohawk) nei confronti dei Francesi bisogna fare alcuni passi indietro e spendere due righe sull’adozione del cappello di feltro costituito da peli di castoro, un simbolo di elevata condizione sociale, una necessità mondana imprescindibile per gli elegantoni del tempo.  Si può dire che il castoro fosse alla base del commercio delle pellicce nella Nuova Francia e oltre. Le potenze europee non esitarono a scatenare guerre per il possesso di nuovi territori di caccia, cosa che provocò la rovina di alcune di esse e la scomparsa di diverse tribù indiane che popolavano quelle terre. Quando, nel 1608, Samuel de Champlain fondò, sulle rive del fiume San Lorenzo, la città di Quebec, gli Uroni, stanziati tra il Lago Huron e la Baia di Re Giorgio, furono i primi nativi a commerciare con i nuovi arrivati. Gli Uroni, con l’appoggio francese, costruirono un vero e proprio impero commerciale destinato ad ampliarsi di anno in anno.
Le pellicce di castoro arrivavano ai Francesi attraverso tre vie principali: la prima attraverso il lago Nipissing, lungo il fiume Ottawa e da qui  con un faticoso portage, al San Lorenzo; la seconda seguiva il San Lorenzo sino a Trois Rivières; la terza, a nord, costeggiava la Baia di Hudson, giungeva al Lago Saint Jean e poi discendeva lungo il fiume Saguenay sino a Tadoussac, nel golfo del San Lorenzo. Quando Champlain s’accorse (e non ci volle molto) di avere dei concorrenti nel commercio di pellicce lungo il San Lorenzo, fu costretto a consolidare il patto d’alleanza con gli Uroni i quali gli chiesero in cambio della loro fedeltà l’aiuto militare contro gli Irochesi, loro acerrimi nemici da oltre cent’anni. Il Francese acconsentì e organizzò una spedizione lungo il fiume Richelieu, commettendo un gravissimo errore che determinò in seguito la sconfitta francese in Canada. La battaglia tra le due fazioni avvenne nel luglio 1609 presso Ticonderoga, dove gli Irochesi furono pesantemente sconfitti, ma il loro odio verso la Francia fu da quel giorno inestinguibile. Comunque nel 1664, in seguito alla richiesta del Sovrano Consiglio, il ministro delle finanze francese Jean-Baptiste Colbert dispose che il Carignan-Salières andasse a  rafforzare il contingente di 100 uomini operante nella colonia. Questo invio di truppe a Quebec era anche (e soprattutto) motivato da ambizioni mercantili, più che dalla necessità di soccorrere i coloni della nuova Francia. A quel tempo il reggimento era ridotto a otto compagnie, per un totale di circa quattrocento uomini, certamente insufficiente a soddisfare la domanda del re Luigi XIV che esigeva una grande forza militare. Così i quadri del reggimento furono incrementati a venti compagnie di circa mille uomini, assorbendo altre dodici compagnie francesi, quali quelle di Lallier, Chambellé, Poitou e Broglio.


Posto commerciale della Nuova Francia

Il reggimento Carignan-Salières, che s’imbarcò nel 1665 da La Rochelle alla volta della Nuova Francia, aveva perduto molti degli originali Piemontesi ed era composto per lo più da Francesi, Savoiardi, Liguri, Svizzeri e Irlandesi. Per il trasporto del reggimento furono impiegate sette navi. La prima di queste, la Joyeux Siméon, salpò il 19 aprile 1665 e arrivò a Quebec il 1° luglio. A bordo c’erano le compagnie di La Fouille, Froment, Chambly e Rougment. La Joyeux Siméon era una nave olandese noleggiata da un mercante della Rochelle, tal Pierre Gaigneur.
Le altre due navi che  partirono dalla Francia furono la Paix e l’Aigle d’or. Esse trasportarono le compagnie: Colonelle, de Contrecoeur, Maximy e Sorel. A bordo dell’ Aigle d’or presero posto de Salières, La Fredière, Grandfontaine e La Motte. Queste navi facevano parte della flotta del re e partirono da La Rochelle il 13 maggio 1665, arrivando a Quebec il 18 agosto 1665.
Anche le due navi che salparono il 24 maggio erano navi della Marina Reale: la Saint Sébastien e Le Jiustice. A bordo de la  Saint Sébastien c’era il neo- nominato intendente della nuova Francia Jean Talon, il governatore Daniel de Rémy de Courcelle, oltre alle compagnie di Prat Du, Naurois, Laubia, Saint-Ours, Petit, La Varenne, Vernon. Queste due navi arrivarono a Quebec il 12 settembre 1665.
Infine, l’ultima nave a vela che lasciò la Francia il fu il Jardin de Hollande, che trasportava le attrezzature e tutta la logistica destinata al reggimento. Quattro compagnie arrivarono nella Nuova Francia il 30 giugno 1665 con de Alexandre Prouville de Tracy sulla nave Brézé.  I capitani di queste compagnie erano La Durantaye  per la compagnia Chambellé, Berthier  per la compagnia Allier, La Brisardière  per la compagnia Orléans e Monteil per la compagnia Poitou.


La Saint Sébastien/em>

L’arrivo del reggimento nella colonia canadese venne accolto in maniera piuttosto discordante. Madre Maria dell’Incarnazione, badessa del locale convento, scrisse:
“…Le navi sono tutte arrivate, portandoci il resto dell’esercito, insieme con le persone più eminenti che il re ha mandato in aiuto del Paese…. Le stiamo aiutando a capire che questa è una Guerra Santa, dove le uniche cose che contano sono la gloria di Dio e la salvezza delle anime…”. Con occhi disincantati e senz’altro con spirito più razionale, lo studioso Jack Verney afferma che, in sostanza, la missione del reggimento fu assai più laica che religiosa: semplicemente il ministro Jean-Baptiste Colbert volle sviluppare il potenziale economico della colonia in condizioni di totale sicurezza.
A Montreal il sacerdote sulpiziano François Dollier de Casson reagì assai negativamente all’arrivo del reggimento, dicendo che “dall’insediamento delle truppe i vizi, i problemi e le disgrazie che prima erano quiescenti, erano di colpo risorte e accresciute.” Secondo il Verney, il racconto di padre Dollier è senz’altro attendibile, specie considerando i focolai di disordine e di indisciplina che contrassegnarono il procedere del reggimento verso La Rochelle.
Il servizio del reggimento in Nuova Francia iniziò quando ad un terzo degli effettivi fu ordinato di costruire nuovi forti lungo il Fiume Richelieu, la via principale seguita dagli Irochesi per le loro incursioni: Fort Chambly, comunemente noto come Fort St. Louis a Chambly, Fort Sainte Thérèse e Fort Saint-Jean a Saint-Jean-sur-Richelieu.
Fort Sainte Anne  fu eretto nei pressi del Lago Champlain, vicino alla sorgente del fiume.
Tutti i forti furono utilizzati come stazioni di rifornimento per le truppe, e da lì iniziarono le due campagne in terra irochese nell’ inverno del 1666.
La prima campagna del reggimento fu decisa dal governatore, Daniel de Rémy de Courcelles e dal generale de Alexandre de Prouville Tracy, dopo che i Mohawk si erano rifiutati di far parte di una delegazione dei capi delle Nazioni Irochesi (Oneida, Onondaga, Cayugas e Seneca) recatasi a Montreal nel novembre 1665 per stipulare accordi con i Francesi. Tracy interpretò l’assenza dei Mohawk come un atto di minacciosa intimidazione nei confronti della presenza dei soldati del Carignan-Salières.
Il marchese de Salières non era della stessa opinione dei suoi due superiori. Egli riteneva infatti che la campagna invernale, sostenuta senza un adeguato equipaggiamento, non fosse assolutamente fattibile, come si evince dalle sue memorie: “Quando ho capito e ho visto le condizioni in cui versavano i nostri soldati prossimi a partire per questa impresa, ho visto il carente equipaggiamento dei soldati, che avevano una sola coperta, erano senza racchette da neve, senza attrezzature per il ghiaccio e con un solo un paio di mocassini e di calze. Quando ho visto tutto questo, ho detto ai capitani che solo un miracolo di Dio avrebbe potuto portarci al successo. Alcuni di loro hanno risposto che M. le Gouverneur [Courcelles] ha disposto ogni cosa a suo piacimento, senza chiedere consigli da nessuno”.
Il 30 gennaio 1666, sotto gli ordini di Courcelles, senza attendere l’arrivo delle guide indiane, cinquecento soldati del Carignan Salières, alcuni nativi e circa duecento volontari della milizia si persero tra i boschi per tre settimane, prima di finire alla periferia dell’insediamento Anglo-Olandese di Scehnectady, imbattendosi in un  villaggio Mohawk che devastarono.


Militari del reggimento Carignan-Salières

I rumori della battaglia furono percepiti da una sessantina di guerrieri Mohawk che impegnarono i Francesi in una scaramuccia con un certo numero di vittime da entrambe le parti. Nonostante l’esperienza dei soldati del reggimento Carignan-Salières, le manovre tattiche francesi sperimentate sui terreni di battaglia europei si rivelarono presto inutili di fronte a quelle “mordi e fuggi”, utilizzate da Mohawk. Il combattimento si concluse quando il borgomastro di Schenectady informò Courcelle che i suoi soldati  erano penetrati nel territorio del Duca di York. Il borgomastro rincarò la dose dicendo che se i Francesi non si fossero subito ritirati, avrebbero avuto a che fare non solo con gli indiani, ma anche con le unità inglesi di stanza a Schenectady e Albany ( a meno di 25 chilometri di distanza). Courcelle sospese le ostilità e il borgomastro accettò di fornire ai Francesi viveri per il loro viaggio di ritorno.
Ufficiale del Reggimento Carignan-Salières
In definitiva, la campagna fu un fallimento: nessun obiettivo fu raggiunto e il reggimento subì forti perdite.  Circa quattrocento uomini perirono a causa della fretta con cui fu lanciata la campagna e della durezza del clima; la maggior parte dei decessi si verificò durante il viaggio da e per Fort St. Louis. La seconda campagna del reggimento Carignan-Salières  contro i Mohawk fu organizzata e guidata  dal generale de Alexandre de Prouville Tracy. Il piano prevedeva di penetrare nel territorio Mohawk, situato a nord-ovest di Schenectady, lungo quello che oggi è il fiume Mohawk. Questa campagna si deve collocare nel contesto di quella che fu la Seconda guerra Anglo-Olandese nell’estate del 1666. Re Luigi XIV, schierato con l’Olanda, volle  che lo stesso generale de Tracy guidasse i soldati francesi nella stessa zona d’operazioni dell’anno precedente, vicino ad Albany e a Schenectady. Per i Francesi era indispensabile sottomettere i Mohawk per evitare la costituzione di più fronti da parte delle forze inglesi e dei loro alleati Irochesi. La distruzione di quattro villaggi Mohawk fu il risultato più eclatante dell’impresa; tuttavia non ci fu nessun reale combattimento dato che i villaggi furono abbandonati dai Nativi al sopraggiungere del reggimento francese.
Il reggimento avrebbe dovuto riorganizzarsi a Fort Sainte Anne il 28 settembre, per poi spingersi in territorio Mohawk il giorno successivo. Il ritardato arrivo al forte di diversi elementi costrinse il reggimento a muovere su tre colonne con tre giorni di ritardo rispetto al piano di marcia. Il numero di uomini impiegati nella campagna fu di circa centoventi soldati reggimentali, volontari civili costituenti la milizia e guerrieri nativi. Il generale de Tracy scelse di utilizzare in questa fase della campagna l’elemento sorpresa e, per potersi muovere rapidamente nel territorio nemico, ordinò ai suoi soldati di viaggiare leggeri.
Così, fin dall’inizio delle operazioni, la situazione del reggimento Carignan-Salières, sotto il profilo logistico assunse una condizione precaria: i soldati avevano al seguito viveri insufficienti e non avevano trasportato le attrezzature necessarie per un eventuale assalto di lunga durata. Come se non bastasse, l’inclemenza del tempo si aggiunse alla difficoltà della missione, minacciando ulteriormente il successo della campagna.
Come si mosse nell’entroterra, il reggimento incontrò quattro villaggi Mohawk che erano stati abbandonati. Ciò fu un tocco di fortuna, dato che il Carignan-Salières  non operava al completo e i soldati erano distribuiti su una vasta area. In questa situazione, infatti, il reggimento probabilmente non sarebbe stato in grado di resistere ad un attacco su larga scala. Nei villaggi abbandonati in fretta le truppe francesi trovarono cibo, utensili, armi e altri rifornimenti. Il reggimento si raggruppò nell’ultimo dei quattro villaggi e il de Tracy ordinò ai soldati di tornare verso Quebec, bruciando e saccheggiando ciascun villaggio Mohawk attraversato. Il 17 ottobre 1666, le terre e i campi che circondavano i villaggi Mohawk furono rivendicati come territorio francese e a tale scopo furono erette croci a simboleggiare quelle proprietà. Tuttavia i Francesi non si curarono, in futuro, d’intervenire per far rispettare quella pretesa territoriale. Sebbene le truppe francesi non avessero impegnato in combattimento Mohawk o soldati britannici, la campagna fu considerata un grande successo e i Francesi acquisirono una posizione di superiorità tattica nei confronti dei Mohawk e  dell’intera Confederazione irochese, cosa che diede loro un notevole vantaggio diplomatico nei susseguenti colloqui di pace che si conclusero nel luglio 1667,  con la ratifica da parte irochese dell’accordo dopo un vertice durato cinque giorni.


Abbigliamento civile nella Nouvelle France

Ebbe fine così la Seconda Guerra Franco-Indiana. L’obiettivo principale dei Francesi, durante le trattative, fu quello di consolidare il loro controllo sul commercio di pellicce a scapito degli interessi Anglo-Olandesi in Albany, sorvegliando posizioni strategiche di tale traffico nella regione. Conquistato tale obiettivo, furono in grado di collocare commercianti di lingua francese e gesuiti  in numerosi villaggi irochesi.
Per garantire il successo dell’accordo nonché la sicurezza dei commercianti e dei missionari fu implementato un sistema di ostaggi: ad ogni villaggio irochese fu imposto di inviare due membri di una famiglia leader a vivere nella Valle di San Lorenzo. A seguito della ratifica dei trattati del 1667, la pace fu mantenuta nella regione per i successivi vent’anni, segnando la fine delle operazioni del reggimento Carignan-Salières in Nuova Francia.
Con la fine della minaccia irochese, re Luigi XIV decise di offrire agli uomini del reggimento Carignan-Salières l’opportunità di sistemarsi nella Nuova Francia per contribuire ad incrementare la popolazione della colonia. Come incentivo venne loro corrisposto un premio in denaro e viveri per un anno inoltre agli ufficiali furono offerte concessioni terriere sotto forma di signorie. Anche se la maggior parte dei componenti il reggimento ritornò in Francia nel 1668, circa quattrocentocinquanta uomini decisero di stabilirsi definitivamente in Canada. A costoro vennero offerti appezzamenti di terreno nonché un bue, una mucca, una coppia di maiali, un gallo, una gallina, due barili di carne salata ed alcune armi qualora avessero deciso di metter su famiglia, ma restava ancora un nodo da sciogliere affinché questo progetto si potesse realizzare: mancavano le mogli! Nessun problema: giunsero nella Nuova Francia un certo numero di ragazze per lo più orfane o indigenti fino ad allora vissute in collegi o in istituti finanziati dal Re, ad ognuna delle quali il Re stesso assegnò per questo loro destino una “consistente” dote matrimoniale e conosciute come Filles du Roi. L’incontro tra le nuove arrivate e gli effettivi del reggimento avvenne sotto la gestione delle suore Orsoline: le più ricercate, a quanto si legge nelle relazioni del tempo, sono le donne robuste, ritenute più resistenti alle condizioni ambientali del luogo.

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