Toro Seduto il guerriero indomito

A cura di Giovanni Marino per Repubblica


Un colpo alla testa non è bastato. Toro Seduto (in realtà Bisonte seduto) non è mai morto. Da quando, nel 1890, la polizia locale della riserva dove lo avevano confinato cercò prima di arrestarlo insieme al figlio e poi lo assassinò per la fiera resistenza, la sua figura, già imponente nella Nazione indiana, divenne inesorabilmente una icona di orgoglio e libertà in ogni angolo del mondo.
Anche e soprattutto tra i “bianchi”. Nelle nuove generazioni che si sono succedute. E oggi è spesso citato e richiamato per la coerenza con cui si oppose all’esproprio del territorio, alle stragi, alle meschine furberie e alle vili angherie che in nome del governo americano furono commesse ai danni del “popolo degli uomini”.
E nell’anno del 125esimo anniversario della sua morte – in realtà un delitto – i social network grondano di ammirazione e di ricordi della sua leggenda.
Perché la storia di Thathanka Lyothanka (dalla lingua originale Lakota) è uno splendido, appassionante, realissimo romanzo. La vicenda di un vero capo, forte, saggio, che non volle mai piegarsi davanti all’ingiustizia. Mai. Era un uomo completo.
D’azione (già a 14 anni partecipò a una missione di guerra) e, soprattutto, di pensiero (tanto da meritarsi, tra i vari soprannomi, quello di “Lento”, perché non rispondeva mai di getto a una domanda ma esaminava a lungo ogni questione prima di esprimersi).
Presto per la sua lungimiranza, la capacità di capire e vedere lontano, divenne anche, ancora giovane, un uomo santo dei Sioux e fu venerato come tale. La sua gente lo ascoltava e seguiva sempre convinta del suo influsso positivo e dell’alta possibilità che le sue visioni sul futuro fossero assolutamente fondate. Un capo che fondava la sua leadership sull’autorevolezza, non sull’autorità.
Ma la figura di “Sitting Bull” è naturalmente ancorata alla resistenza indiana contro l’invasore bianco di cui diffidò sempre. E con ragione. Ogni trattato che veniva faticosamente sottoscritto era violato unilateralmente e non da quelli che, con spregio, a Washington definivano “pellerossa selvaggi”.


Il giovane Toro Seduto
Il suo capolavoro da Capo fu più di natura strategica che militare. Non partecipò direttamente (in battaglia) alla vittoria di Little Bighorn sul coraggioso e presuntuoso generale George Armstrong Custer, ma ne fu l’artefice in quanto costruì il presupposto di quella vicenda poi narrata in mille modi da cinema e tv. Thathanka riuscì a mettere in piedi un vero e proprio esercito indiano coagulando il dissenso esterno verso i “bianchi” e tacitando i dissidi interni (sempre presenti nelle varie tribù). Così la tribù Cheyenne accettò di combattere fianco a fianco con i Sioux e i nativi furono in grado di far scendere in campo qualcosa come tremila e cinquecento guerrieri disposti a tutto.
Il resto lo fece la supponenza di Custer, di cui a Washington si parlava come di un candidato alla presidenza, che sottovalutò le capacità tattiche indiane e finì per consegnarsi, in clamorosa inferiorità numerica, a quell’ondata che lo spazzò via assieme ai suoi uomini. In quel preciso istante divenne il nemico numero uno di Washington, subito seguito da Nuvola Rossa, Cavallo Pazzo e dagli altri protagonisti di quella battaglia.
Inutile ogni tentativo di blandirlo o, peggio, “comprarlo” con concessioni e offerte varie, quasi tutte tendenti a strappargli la sua amata e sacra terra. Ai suoi interlocutori e al suo popolo ribadì sempre: “Non venderò mai neppure una zolla della nostra terra ai bianchi e non concederò loro la possibilità di fare legna dove ci sono i nostri fiumi”.


Il capo e il popolo
Toro Seduto non si arrese mai. Consapevole che avrebbe solo accelerato la fine del suo popolo. Fu costretto a emigrare in Canada dove visse di stenti. Ma quando si accorse che che il manipolo di uomini che lo aveva seguito fin lì era ormai stremato e condannato alla morte rientrò negli Stati Uniti e finì nella riserva indiana di Standing Rock. Ormai avanti con gli anni, triste e malinconico, fece parte del circo di attrazioni western con Buffalo Bill che si esibì anche in Europa. Ma persino in quelle serate “Sitting Bull” continuò in qualche modo la sua lotta: parlando la sua lingua, incomprensibile se non ai nativi, si rivolse ogni sera al pubblico rievocando l’eccidio di cui il suo popolo era vittima e insultando i “bianchi vili invasori” in ogni modo. Ma questo, si seppe solo dopo.
Dopo qualche mese nella compagnia del Wild West Show Toro Seduto ritornò nella riserva del Dakota dove lo attendeva l’ultimo capitolo della sua vita.


Il Wild West Show a Napoli
Napoli fu una delle ultime città europee che vide. La tournée europea del Wild West Show con Buffalo Bill, Toro Seduto, Calamity Jane e Alce Nero approdò in città nell’anno in cui venne ucciso, nel gennaio 1890. Uno spettacolo che rievocava la battaglia di Little Big Horn e la morte del Generale Custer. Il circo fu allestito in una vasta area del Corso Meridionale. Ad assistere alle imprese di cowboy e pellerossa accorsero quasi seimila spettatori.
Un grande successo di pubblico raccontato anche da Matilde Serao sulle colonne de “Il Corriere di Napoli”: “La tribuna da cinque lire è stata subito piena e coloro che sono giunti in ritardo, hanno dovuto occupare le tribune da tre e da due lire; e non vi era un sol posto libero in quel grandissimo anfiteatro”. Dopo l’iniziale successo, lo spettacolo, per le spese molto onerose, dovette spostarsi a San Giovanni a Teduccio, fino all’ultima esibizione del 17 marzo del 1890. Attorno all’evento si registrò anche un fatto di cronaca: furono stampati 2000 biglietti falsi per assistere allo show.
Rientrato negli Stati Uniti, ancora temutissimo dal governo americano, spiato dagli ufficiali dell’esercito convinti che in qualche modo potesse influenzare un ultimo disperato colpo di coda della Nazione Indiana, il vecchio irriducibile capo venne assassinato per essersi opposto a un arresto in realtà immotivato. Fu proprio la polizia locale, composta da indiani rinnegati, ad ucciderlo all’alba del 15 dicembre 1890.


La notizia dell’uccisione di Toro Seduto
Fatale, un colpo di pistola alla testa. Un proiettile che lo ha consegnato all’immortalità. Centoventicinque anni dopo, Toro Seduto è ancora tra noi.

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