Le pitture di Red Horse spiegano la battaglia del Little Bighorn

La battaglia del Little Bighorn è senza alcun dubbio uno dei conflitti più iconici tra quelli occorsi tra le tribù dei nativi americani delle pianure del nord e l’esercito degli Stati Uniti. La mattina del 25 giugno 1876 il Tenente Colonnello George Armstrong Custer condusse le sue truppe in battaglia contro i guerrieri appartenenti ai raggruppamenti Lakota Sioux, Cheyenne del Nord e Arapaho in quello che ora è il sud-est dello stato del Montana.
Alla fine dell’epica, durissima e sanguinosa battaglia, quel 26 giugno i nativi americani sconfissero Custer e gran parte dei suoi uomini.
La battaglia di Little Bighorn si concluse con una vittoria schiacciante e molto importante per le tribù native americane che lottavano per mantenere i diritti sulla loro terra e per non vedere annientato il proprio stile di vita. Tuttavia, ancor oggi, gran parte dell’immaginario che circonda la storica battaglia non si concentra sui nativi americani, usciti vittoriosi dal campo, ma piuttosto sul coraggio dei soldati bianchi e sulla resistenza di Custer e delle sue truppe. E’ realtà, infatti, che curiosamente, la battaglia si ricorda più spesso come “Custer Last Stand”…
Si dice spesso che la storia è scritta dai vincitori.
Se è vero come è vero che i guerrieri nativi americani sconfissero l’esercito degli Stati Uniti al Little Bighorn River, è altrettanto vero che quella vittoria fu anche l’inizio della fine.

Le truppe governative, subito dopo invasero in forze la zona, costringendo i nativi americani a scappare via o arrendersi. E chi riuscì a scappare finì comunque per arrendersi altrove. Non vi era più alcuno spazio veramente libero per i nativi americani.
Nel corso degli anni molti esperti hanno messo in dubbio il modo in cui la famosa battaglia è stata raffigurata nei libri di storia. Questa è anche la convinzione del professore americano Scott Sagan, un docente di scienze politiche, che ha promosso una mostra presso la Stanford University, in California, per dimostrare che le cose non sono andate come in genere si pensa che siano andate. “Credo che i giovani dovrebbero sempre sfidare le versioni della storia che trovano nei libri”, ha detto Scott Sagan, “perché gli studiosi e i docenti di tutti i tempi presentano diversi punti di vista che meritano di essere approfonditi.”

Red Horse, Sioux, partecipò alla battaglia e ha prodotto numerose pitture del Little Bighorn appena cinque anni dopo che l’evento ebbe luogo, quindi con la memoria dei fatti assai fresca, senza neppure considerare la grande abilità dei nativi americani del tempo di tramandare con la massima precisione i fatti del passato anche remoto per via anche semplicemente orale.
La mostra presenta molti disegni di Red Horse.
Realizzate prevalentemente con matite colorate su fogli di carta assai grandi, queste opere d’arte rappresentano il racconto di Red Horse di ciò che è avvenuto durante la battaglia.

Negli anni che seguirono la battaglia di Little Bighorn molti nativi americani sono stati catturati e gli è stato chiesto di raccontare la loro versione dei fatti. “Red Horse è stato uno dei primi guerrieri a raccontare la sua versione di quello che è successo”, ha detto Sagan. “Ha testimoniato usando il linguaggio dei segni. Storicamente, la sua testimonianza è importante e i suoi disegni rappresentano visivamente quello che stava cercando di dire con linguaggio dei segni; sono la battaglia vista attraverso i suoi occhi.”
In tutto Red Horse ha realizzato ben 42 disegni. Oggi sono tutti raccolti in una sola opera d’arte, intitolata “Racconto pittografico di Red Horse della Battaglia di Little Bighorn”, che si trova presso la Smithsonian Institution, a Washington D.C. La collezione è lì fin dal 1881.

Le versioni elettroniche dei disegni sono disponibili sul sito internet della Smithsonian, ma la nuova mostra presso la Stanford offre una possibilità interessante per condividere i disegni con un pubblico più vasto. “E’ meraviglioso avere le cose facilmente disponibili”, ha dichiarato Candace Greene, etnologo presso il Dipartimento di Antropologia della Smithsonian Institution. “Siamo soddisfatti per l’opportunità che la raccolta riesca ad avere un impatto più grande del consueto.”
Per la mostra di Stanford, Sagan ha selezionato 12 dei disegni che ha pensato possano meglio restituire lo spirito del lavoro realizzato da Red Horse. “Abbiamo scelto i più commoventi tra i disegni, quelli che mostrano il coraggio del guerriero in combattimento”, dice Sagan.

“Si tratta di una collezione che mostra la cronologia della battaglia. Mentre si cammina attraverso la galleria si può andare incontro alla battaglia da prima che si verifichi l’attacco, fino al Last Stand Hill e alle scene finali all’indomani della battaglia.”
I 12 disegni della collezione di Red Horse sono stati selezionati anche con l’ausilio di Sarah Sadlier, una studentessa di Stanford che è anche un membro della tribù Lakota Sioux dello stesso ramo familiare di Red Horse.

Negli anni successivi alla battaglia di Little Bighorn era comune per i nativi americani essere invitati a disegnare immagini dell’evento per venderle nel mercato “dell’uomo bianco”. Queste immagini celebrano le truppe degli Stati Uniti e ritraggono Custer come un eroe. “Ci sono persino disegni che mostrano Custer morire in un tripudio di gloria, ritto in piedi, l’ultima persona a morire”, dice Sagan.

“Ma – continua Sagan – ciò non poteva essere più lontano dalla verità. I Lakota ed i Cheyenne non sapevano che fosse Custer ad attaccarli in quel momento. Quello che notiamo nei disegni di Red Horse è l’immagine dei soldati, rappresentati in modo abbastanza anonimo e, comunque, non c’è traccia di Custer. Questa è la battaglia del Little Bighorn attraverso gli occhi dei Lakota”.

Secondo Sagan i disegni di Red Horse sono importanti per una serie di motivi. Sono documenti storici, belle opere d’arte e reperti archeologici che permettono di comprendere la vita e valori dei nativi americani delle pianure del nord in quel periodo.

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