La campagna del Tonto Basin

Brown ordinò a Bourke di andare a prestare rinforzi a Ross con 40 uomini.


Guerrieri Apache in un quadro famoso

“Mentre sorgeva l’alba del 28, in quella gelida mattina di dicembre, una delle peggiori bande Apache dell’Arizona era stata ormai presa in trappola… Venne dato ordine di non attaccare il nemico ma di sparare contro qualsiasi indiano si fosse mostrato. Bisognava risparmiare le donne e i bambini e uccidere tutti gli uomini. Per due volte venne chiesto agli assediati di fare uscire le loro famiglie… ma per sola risposta essi lanciarono grida di sfida. Questi versi si mutarono presto in gemiti di disperazione quando incominciammo a sparare raffiche di pallottole contro di loro. Alcuni di essi compirono coraggiosi tentativi di fuga rimanendo tutti uccisi prima di riuscire ad attraversare il nostro sbarramento. Un indiano dal bellissimo aspetto, alto 1,90 m, dalle proporzioni ammirevoli ma dall’aria estremamente selvaggia, riuscì tuttavia ad attraversare la nostra linea frontale e a filare in direzione del fiume (venne poi colpito da dodici pallottole). Non ho mai visto un luogo così infernale come quella strettoia nella quale si erano concentrati gli Indiani in quel momento. Le pallottole che colpivano l’ingresso della grotta assomigliavano a gocce di pioggia che sferzavano la superficie di un lago”.

“Venne chiesto ancora una volta agli Apache di arrendersi ma questi rifiutarono nuovamente”.
“Quando fu riaperta la sparatoria i soldati rimasero inorriditi alla vista di un bambino di circa quattro anni, completamente nudo, in piedi tra le due linee di fuoco. Lo scout Nantaje si lanciò a salvarlo e lo portò nelle nostre postazioni. Gli uomini cessarono allora per un momento di sparare “per acclamare Nantaje e accogliere il nuovo arrivato”. Questa è l’incoscienza della natura umana. Non devo tralasciare di dire che la compagnia G del capitano Burns riuscì a prendere posizione sulla cresta delle pareti rocciose più alte. Da lì spedì raffiche mortali sugli infelici che combattevano al di sotto (protetti dal parapetto). Non soddisfatti dell’effetto delle pallottole, fecero precipitare su di loro enormi rocce che, rotolando verso il precipizio, schiacciavano tutto ciò che incontravano sul percorso”.
Con l’ultima carica i soldati entrarono nella grotta dove trovarono molti cadaveri ammassati, fra i quali c’era anche quello del capo Nanni-Chadi. In tutto i morti fra gli apache furono 76, di cui 57 nella caverna. Diciotto, fra donne e bambini, erano sopravvissuti sebbene fossero tutti feriti, vennero quindi condotti a Camp McDowell. Gli assalitori persero solo uno scout Pima. Tempo dopo, si venne a sapere che un guerriero era sopravvissuto alla strage: ferito ad una gamba, si era nascosto sotto i cadaveri e aveva visto i soldati assaltare la grotta. Quando questi si furono allontanati, fabbricò delle stampelle con due lance spezzate.


Un gruppo di scout Pima

Dopo molte settimane, trovò rifugio nel lontano massiccio di Turrett Mountain. Sebbene non vi siano certezze in proposito, alcuni ritengono che gli indiani fossero invece Yavapai e che forse non compresero la richiesta di resa perchè venne formulata in lingua Apache. Nantaje, in seguito fu decorato con la medaglia d’onore, per la sua “Gallant conduct during the campaigns and engagements with Apaches… Nantaje was one of ten Indian Scouts who guided Crook’s columns during the winter campaign of 1872-73.”
L’organizzazione sociale degli Apache aveva un carattere così locale che neppure una sconfitta di questa portata ebbe l’effetto di placare la resistenza di quelli distanti ma a livello locale la demoralizzazione fu enorme. I soldati vittoriosi rimasero a Fort McDowell solo il tempo necessario per rinnovare l’equipaggiamento e riassortire i complementi, poi presero la via del ritorno verso Fort Grant passando per i monti Superstition.
Il loro passaggio fu segnato da un breve scontro a fuoco il 15 gennaio, il 18 i nemici nei dintorni cominciarono a dar segno di volersi arrendere. Per primo si presentò al campo un bambino, poi una donna e infine un vecchio. Vennero sfamati e in seguito rilasciati invitandoli a tornare con le loro bande. Brown e Randall ripresero il loro cammino rastrellando metodicamente i settori ancora popolati da bande libere, queste scaramucce causarono decine di morti e feriti. Brown si sarebbe guadagnato la riconoscenza dei superiori per aver ucciso 500 apache nel corso del periplo di 1800 Km percorso dalla sua colonna in 142 giorni (il numero dei morti dichiarato è molto probabilmente sovrastimato).
Gli Indiani continuavano ad arrendersi.
Mentre si consumava la campagna del Tonto, nel febbraio 1873 venne aperta la riserva di San Carlos, che divenne tristemente famosa per il clima inospitale e i soprusi che gli Apache lì concentrati dovettero sopportare.
L’11 marzo una banda di Tonto fornì a Crook l’occasione di cui aveva bisogno per finire la campagna. Un piccolo gruppo di questi indiani si era appostato in un fossato nei pressi di Wickenburg, evidentemente con l’intenzione di assalire una diligenza. Piombarono invece addosso a un gruppetto di bianchi che transitavano, uccidendone due (uno dei quali era un ben noto vecchio pioniere di nome Gus Swain); un terzo, il ventunenne immigrato scozzese George Taylor, il cui padre amministrava una miniera nei dintorni, venne catturato vivo e brutalmente torturato. Nel suo rapporto il capitano Nickerson, che ispezionò il luogo di lì a poco, scrisse che gli Apache avevano ferito con le frecce il giovane Taylor 150 volte in parti non vitali. Il terreno era “tutto schiacciato perchè il giovane vi si era ripetutamente rotolato”. Nickerson non ebbe il coraggio di riferire come fu finito il giovane: si limitò a dire che era “troppo straziante e bestiale” per essere descritto. Le ferite che Nickerson attribuì alle frecce erano in realtà fatte con schegge di legno alle quali, dopo aver trafitto Taylor, gli Indiani diedero fuoco.
Mentre le poche bande ostili che ancora rimanevano, erano intimorite dalla piega che aveva preso la campagna, gli scontri si fecero sempre più frequenti e intensi.
Nelle due settimane che seguirono la morte di George Taylor, 38 guerrieri furono uccisi in 4 distinti scontri. Al 23° Fanteria, comandato dal capitano George M. Randall, venne affidato il compito di scovare i massacratori di Taylor. Randall e i suoi scout rintracciarono le piste abilmente nascoste a nord-est delle sorgenti del fiume New, attraverso il paesaggio accidentato e lunare del bacino del fiume Bloody, sino alla biforcazione del fiume Verde. Quando la meta sembrava vicina, alcuni muli di Randall sparirono e il capitano, avendo visto fili di fumo levarsi nell’aria, ne dedusse che erano stati rubati dagli indiani. La sua presenza era quindi nota al nemico ma il capitano riuscì a non farsi scoprire. Procedendo nella silenziosa e lenta marcia, gli scout di Randall riuscirono a catturare una donna Tonto che, cedendo alle minacce, li condusse alla rancheria.


Una parata a Fort Grant

La colonna si mosse col favore delle tenebre, in un silenzio totale. Era proibito parlare e persino gli stivali dei soldati erano stati fasciati con tela di sacco per attutire il rumore dei passi.
Dopo una lunga marcia, la donna li condusse sotto la cima di una montagna chiamata Turret Peak, circa 15 Km a ovest del Verde, di fronte al punto di biforcazione del ramo orientale del fiume, a circa 30 Km a sud di Camp Verde. Formata da una tortuosa colata di lava, la montagna aveva una cima di forma vagamente cilindrica, con la sommità piatta, da cui il suo nome.
La rancheria a cui li condusse la donna era situata proprio sulla sommità pianeggiante, una posizione apparentemente invulnerabile cui si accedeva solo grazie a un sentiero scosceso in un punto in cui la parete rocciosa era franata.
Il minimo rumore a quel punto avrebbe significato un disastro, ma i soldati, a uno a uno, superarono in silenzio l’ultimo ostacolo, costituito da un masso caduto sul sentiero.
Dopo una sosta per riunirsi in un punto della cima, le truppe assalirono la rancheria alle prime luci dell’alba. Vennero uccisi circa 25 ribelli Tonto, che si ritiene fosse la totalità degli uomini. L’attacco fu così rapido che alcuni guerrieri sarebbero stati presi dal panico e quindi morti cadendo nei dirupi durante la fuga. Alcune donne e bambini riuscirono a sfuggire alla cattura ma i rimanenti vennero presi prigionieri.
La sconfitta di Turret Peak ebbe sul morale dei nemici un effetto devastante e significativo. Probabilmente anche perchè i sopravvissuti in grado di diffondere la notizia erano in numero maggiore di quelli della caverna del fiume Salt. Se le truppe avevano scovato e conquistato la rancheria di Turret Peak, che sembrava inespugnabile, dove avrebbero potuto cercare ancora rifugio i ribelli?
Pochi giorni dopo la battaglia di Turret Peak, gli Indiani sconfitti cominciarono a inviare messaggi di pace ai forti. Un gruppo giunse cautamente a Camp Verde e parlò con Crook, il quale impose un’immediata tregua alla guerra. Crook, esperto com’era nella lotta agli Indiani, non voleva inutili spargimenti di sangue sino a quando non avesse avuto prova della sincerità dei ribelli. Fece lanciare segnali luminosi dalla cima delle colline per richiamare le truppe e inviò degli scout nei labirinti del bacino perchè raggiungessero le altre unità con l’ordine di cessare le ostilità.
La fine della guerra del Tonto fu un grande successo per Crook, che aveva dato prova di non temere la lotta contro gli Apache nel loro stesso territorio. Li aveva sconfitti dimostrando la validità della teoria che occorrevano scout indiani per battere gli altri Indiani. Alla fine i morti raggiunsero un numero stimato tra i 400 e i 500 fra Apache, Tonto e Yavapai (come già scritto, questa cifra è probabilmente esagerata). I sopravvissuti soprannominarono Crook la “Volpe Grigia” e, sebbene la popolazione bianca dell’Arizona premesse per il totale sterminio degli Indiani, egli mise fine alla guerra.
Il primo risultato della campagna di Crook fu la resa del capo Cha-Lipun, avvenuta il 6 aprile a Camp Verde. Vi sono due versioni del discorso pronunciato dal capo: “Vedi, siamo quasi morti di fame e di freddo. Non possiamo dormire di notte per paura di un attacco all’alba. Non possiamo cacciare perchè gli spari attirano su di noi le truppe. Non possiamo cucinare perchè la fiamma e il fumo vi conducono a noi. Non possiamo restare nelle valli perchè possiamo essere scoperti e se andiamo sulle montagne innevate i soldati ci inseguono. Non mi arrendo a te perchè ti stimo, ma perchè mi fai paura”. Ecco la seconda, riportata dal tenente Bourke: “Amico mio, sono venuto con il mio popolo per arrendermi perchè hai troppe pallottole di rame. Voglio essere tuo amico. Voglio che le mie donne e io possiamo dormire la notte e prepararci da mangiare senza che tu lanci i tuoi uomini contro di noi. Gli Americani da soli non mi fanno paura, ma non possiamo combattere i tuoi soldati e insieme quegli indiani che combattono con te”.


Indiani Yavapai

Crook prese la mano di Cha-Lipun e gli disse che se avesse promesso di vivere in pace e cessato di uccidere i Bianchi, sarebbe diventato il suo migliore amico. Gli Apache erano stati uccisi per colpa loro; era la conseguenza del non avere ascoltato i messaggeri inviati per invitarli ad abbandonare il sentiero di guerra e a entrare nelle riserve; pertanto non rimaneva altra soluzione che combatterli finché non avessero cambiato atteggiamento. Era inutile discutere su chi avesse dato inizio alla guerra; c’erano uomini cattivi in ognuna delle nazioni; c’erano messicani malvagi, statunitensi malvagi e Apache malvagi.
Crook, da un lato fece capire a Cha-Lipun che era dispiaciuto per la guerra, che d’altronde era stata provocata dagli stessi Indiani ma che adesso era finita. Lui li avrebbe aiutati a vivere meglio proteggendoli anche dai bianchi ostili; effettivamente diede istruzioni intelligenti ai suoi subordinati per quel che riguardava i rapporti con gli ex nemici. Suggerì che non bisognava essere severi con gli Indiani che commettevano quelli “… che secondo il codice civile sarebbero considerati reati minori, però era necessario sorvegliarli affinché non tradissero gli agenti e gli ufficiali in questioni molto più fondamentali, tenendo presente che andavano trattati come bambini solo rispetto alla loro ignoranza, non certo alla loro innocenza”.
Tre giorni dopo la resa di Cha-Lipun, Crook dichiarò formalmente che la guerra era finita e inviò quindi un messaggio di elogio alle truppe, ben presto seguito da una citazione del comandante di divisone Schofield.
Non tutte le colonne vennero richiamate subito perchè uno dei principali capi nemici, Delshay, non si era ancora arreso. Finalmente, il 25 aprile, la sua rancheria nella zona nord orientale del bacino del Tonto, vicino all’ansa di Canyon Creek, venne circondata e conquistata.
Anziché rischiare di fare la fine degli Indiani di Salt River e di Turret Peak, Delshay si arrese ai primi spari sventolando una bandiera bianca.
Con la sconfitta dell’ultimo dei ribelli, Crook e le sue truppe, furono oggetto delle lodi entusiastiche da parte della stampa locale, di seguito egli ottenne la promozione a generale di brigata.

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