Il grande Narbona, l’indomito guerriero Navajo

A cura di Marco Aurilio

Nel 1766, dal clan Navajo Tachìì’nìì nacque un ragazzo di nome Narbona, (spesso chiamato Narbona Primero) sarebbe diventato famoso come un importante leader, un grande guerriero ma anche come un fermo sostenitore della pace. La sua famiglia viveva sul versante dei monti Chuska che oggi si trovano nel Nuovo Messico e dominava la regione fin quasi al Rio Chaco.
Per il ragazzino Navajo i tempi di pace non erano molti.. spesso infatti sentiva gli esploratori annunciare l’arrivo di nemici Ute e Pueblo e ben presto dovette imparare a cavalcare grazie agli insegnamenti del padre e degli zii.
Nel 1773 iniziò un periodo di intense incursioni da parte di indiani nemici verso i territori da lui frequentati e nella primavera seguente 50 donne Navajo furono catturate da una spedizione di guerra dei Pueblos di Laguna e Acoma. L’adolescente Narbona vide quindi suo padre organizzare moli raids di vendetta contro gli insediamenti Spagnoli lungo il Rio Grande ed il Rio Puerco, colpevoli di spingere in guerra le altre tribù, che come spesso lo stesso genitore gli ricordava “una volta erano amici”.
Prima di compiere i 16 anni aveva già costruito il suo primo arco, imparato tutti i sentieri dei monti Chuska, tutte le valli ed i fiumi,le mesas dei Pueblo, i sentieri di caccia ad est del suo territorio ma soprattutto i “war trail” e le tattiche della guerriglia. All’età di 21 anni conobbe Bikee’dijoolí che viveva con la sua famiglia alla base dei monti Tunicha, dove dopo le nozze si trasferì. Nei 12 anni a seguire trascorse gran parte del suo tempo in guerra e durante una delle tante spedizioni catturò una ragazza Zuni che sarebbe diventata la sua seconda moglie, aveva poco più di 30 anni.


Lo sguardo penetrante di Narbona

Quando morì il padre della sua prima moglie, Narbona ne raccolse l’eredità ed a 34 anni circa divenne un leader conosciuto e rispettato. Nel 1800 quando gli Spagnoli decisero di occupare l’area alla base del Monte Taylor per farne un avamposto militare, si oppose con forza.
In un primo momento cercò il dialogo ma non ottenendo nulla decise di scatenare un grosso attacco radunando un migliaio di guerrieri per recuperare la Montagna Sacra. Nonostante combatterono con molto vigore non riuscirono a scacciare i nemici e così il Capo decise di rivolgere le sue attenzioni verso la città di Cebolleta. L’onda d’urto dei Navajos fu terribile e la città fu abbandonata. Qualche tempo dopo il Comandante Generale Nemesio Salcedo, oltre a rinforzi dal Sonora, fu costretto ad inviare da Nueva Vizcaya anche il tenente Nicolas Tarín ed i suoi uomini per proteggere la popolazione dai Navajo. La fama di Narbona si diffuse velocemente tra il suo popolo e molti altri capi vollero unirsi a lui. Con il tempo sembrava desiderare la pace e l’abbondanza dei campi coltivati più che la guerra, ma avrebbe dovuto combattere ancora. All’età di 52 anni riunì molti capi di guerra e dal 1818 iniziò una serie di attacchi contro gli odiati Spagnoli, dopo però aver costruito la sua “stronghold” sulla cima di Yoo Tsoh (Beautiful Mountain), dove raggruppò piante medicinali, viveri e materiali per armi e scudi. Scese nelle valli attaccando tutti gli insediamenti che incontrava, indovinando anche il periodo giusto, quando cioè gli Spagnoli erano alle prese con la ribellione Messicana a sud ed avevano lasciato sguarnite le postazioni del nord del Nuovo Messico. Qualche tempo dopo fu firmato un trattato anche se spesso violato da entrambe le parti. Narbona seppe anche combattere contro la fame e le intemperie della sua terra.


Il guerriero Navajo Narbona Primero Segundo

A causa della siccità sulle Chuska, nel 1820, condusse il suo popolo dall’area Toatchi-toadlena, verso ovest, lontano dalla pressione spagnola e in territori meno aridi. Si stabilirono prima a Ganado, Arizona, poi nei pressi dei pueblos degli Hopi. In seguito a forti nevicate sui monti Tunicha, parte delle Chuska, Narbona decise di tornare verso il Nuovo Messico, dove fu raggiunto da un giovane proveniente dalla Cedar Mesa, Utah, chiamato Manuelito, che sposò poi una delle figlie del capo. Sotto la sua guida aveva radunato molti altri Navajos provenienti da altre aree di Dinètha, ai quali spesso amava raccontare le battaglie vittoriose con gli spagnoli, che con le loro armature ornate di bottoni dorati, si vedevano da grande distanza “come si vedono le stelle” diceva. Narbona portò tre volte il genero a Santa Fè, per fargli conoscere il valore dei negoziati, ma lo istruì anche sull’arte della guerra. A Manuelito piacevano poco i colloqui nella stanza di adobe dove venivano ricevuti dal governatore, ma Narbona si divertiva nel vedere le reazioni spaventate dei cittadini quando il suo giovane ed imponente guerriero passava, affermando in seguito “quei piccoli messicani saltavano come conigli”. Nel 1835 Narbona e Manuelito attaccarono e distrussero 1000 Messicani a Bèèshlichì’ ii Bigiizli, il Copper Pass, in seguito chiamato Washington Pass e dopo la battaglia Narbona Pass, ma la guerra non era ancora finita.
Mesi dopo muovendo verso nord, lungo il Rio Chaco, la banda di Narbona si stabilì’ su di un alto promontorio di arenaria presso la grande curva del fiume. Da qui osservarono nuove truppe messicane avanzare disordinatamente, scherzando e ridendo in gruppi di due o tre uomini, capitanati dal famoso Blas de Hinojos. Quando furono abbastanza vicini per essere bersagli delle frecce dalla punta di ferro dei suoi Navajo, Narbona colpì. Attaccarono in maniera fulminea, prendendo il nemico completamente alla sprovvista. Anche in questo caso la vittoria fu rapida per il Capo ed i suoi guerrieri e se pur molti degli uomini più giovani erano ansiosi di inseguire i soldati in ritirata, sapendo che ciò li avrebbe potuti portare contro altri micidiali fucili dei messicani rimasti più indietro, Narbona saggiamente li tenne a bada.


Un bel ritratto del guerriero Navajo Ganado Mucho

Il 22 Novembre 1846 insieme a Manuelito, Ganado Mucho, Zarcillos Largos, Cayetano, Josè Largo e Archuleta firma il primo trattato con gli USA della storia dei Navajos, con il colonnello Doniphan, il trattato di Bear Springs. Il 31 Agosto 1849 il Capo incontrò l’esercito guidato dal colonnello John Washington e dall’agente indiano James Calhoun. A fine consiglio un soldato riconobbe, o credette di riconoscere, il suo cavallo tra quelli dai Navajos. Washington ordinò agli indiani di restituirilo e al loro rifiuto fece aprire il fuoco. Narbona fu colpito a morte insieme ad altri sette guerrieri, aveva 83 anni. Dopo ciò Manuelito dichiarò “questi Americani sono peggio di quei ladri di Messicani… non voglio più avere a che fare con loro”. Durante la sua vita Narbona guadagnò una fama leggendaria grazie alle tante qualità mostrate, dall’abilità e coraggio in guerra, alle capacità diplomatiche al carisma da leader ed il suo marchio è rimasto impresso per sempre nella storia del suo popolo.

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