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Osceola, capo dei Seminole

A cura di Isabella Squillari

Osceola
Per capire la vita di Osceola e i tempi in cui visse (e il suo rapporto con essi) è necessario dare uno sguardo alla situazione degli Stati Uniti del tardo ‘700 – inizio ‘800, e ai loro rapporti con i Seminole. Durante questo periodo, i Seminole combatterono per mantenere le loro terre in Florida, e si opposero al tentativo del governo statunitense di costringerli a ritirarsi ad ovest nei territori indiani, l’attuale Oklahoma. Originariamente i Seminole facevano parte della confederazione dei Creek, e vivevano nei territori che oggi sono l’Alabama e la Georgia.
Tuttavia, all’inizio del 1700 la tribù mosse verso la Florida, che in origine era stata occupata degli spagnoli. Stabilitasi in Florida, la tribù divenne conosciuta con il nome di “Runaways” (Fuggitivi) o Seminole.
Nel tardo 1700, gli inglesi occuparono la Florida, e spesso incitarono i Seminole ad attaccare i coloni statunitensi. Durante questo stesso periodo, i Seminole accolsero spesso gli schiavi neri in fuga. Per queste due ragioni, nel periodo di tempo a cavallo tra il 1817 e il 1818, gli Stati Uniti invasero la Florida, dando inizio alla Prima Guerra Seminole. Le truppe USA, comandate dal generale Andrew Jackson, sconfissero gli indiani.


Un bel quadro che ritrae Osceola
Nel 1819, gli Stati Uniti acquisirono la Florida, e iniziarono ad insistere affinchè gli indiani vendessero le loro terre e si spostassero ad ovest nei territori indiani insieme ad altre tribù del sudest. Nel 1932 alcuni gruppi di Seminole accettarono l’offerta degli Stati Uniti e si trasferirono nei territori indiani. Altri gruppi, invece, opposero resistenza agli States, e si rifugiarono nelle paludi della Florida. Di conseguenza, nel 1835 venne combattuta la Seconda Guerra Seminole per costringere gli indiani ad andare verso ovest.
Questa guerrà durò sette anni, e costò agli Stati Uniti più di mille vite umane e decine di milioni di dollari. Osceola guidò la nazione Seminole durante questo conflitto, finchè non venne ingannato mentre portava avanti un negoziato di pace durante una tregua, e successivamente imprigionato. Osceola morì in carcere nel 1838, ma il suo desiderio di mantenere intatta la terra dei Seminole e di resistere al trasferimento imposto dagli Stati Uniti venne portato avanti nella regione degli Everglades fino al 1842.

Infanzia e giovinezza
Fare delle ricerche sulla vita di Osceola può essere paragonato al tentativo di mettere insieme un puzzle al quale mancano molti pezzi. La sua vita si intreccia inestricabilmente con gli eventi culturali, economici e politici del suo tempo. Da un punto di vista storico la sua infanzia, la sua giovinezza e la sua vita di adulto sono state influenzate da tre guerre: la guerra Creek (1813-1814), la Prima Guerra Seminole (1817-1818), e la Seconda Guerra Seminole (1835-1842).
Osceola bambinoUn bellissimo ritratto di Osceola bambinoI Seminole erano una tribù della famiglia Muskogee, stretti alleati delle tribù Hitchiti e Creek. Un tempo vivevano nella Georgia del sud e nella Florida del nord. Generalmente si pensava abitassero le zone semitropicali e paludose della Florida, anche se in realtà essi non si spinsero nelle Everglades se non dopo una lunga e crudele guerra contro l’uomo bianco.
Generalmente gli uomini Seminole erano alti di statura e ben proporzionati. Indossavano abiti a righe lunghi fino al ginocchio, legati alla vita con una corda alla quale era appesa una borsa o una sacca. I Seminole vivevano cacciando cervi e nutrendosi di tacchini, pesci e tartarughe che essi arrostivano direttamente nel loro carapace. Le abitazioni tradizionali seminole erano costruite prevalentemente da foglie di palmetto, ed erano aperte su tutti i lati, molto simili a piattaforme coperte.
Il leader più grande, così come anche il più famoso della tribù Seminole, fu Capo Osceola.
Osceola era nato nel 1804 (circa) a Tallahassee, una città appartenente ai Creek del nord, nei pressi dell’attuale Contea di Macon in Alabama, a nordovest di Montgomery.
Osceola nacque da padre scozzese e madre seminole a Tallahassee, una cittadina che a quei tempi vedeva convergere varie culture come quella Indiana, irlandese, inglese, scozzese e africana. Osceola, essendo un Creek del nord, parlava la lingua Muskogee.
Non esistono documenti che certifichino che Osceola si chiamasse così dalla nascita, perché molti ragazzi Creek ricevevano nascendo un nome collegato a qualcosa che gli adulti presenti potevano aver visto o vissuto in quel momento. Il nome definitivo, o da adulto, qualche volta veniva loro assegnato al raggiungimento della virilità, spesso dopo un atto di valore o qualche volta per qualche loro caratteristica particolare. Il nome adulto di Osceola derivava da “Asi”, che significa “Bevanda scura” e da “Yaholo”, che significa “Cantore”.
Durante uno dei rituali indiani, la “Green Corn Dance”, gli uomini usavano bere una bevanda scura, e l’officiante gridava ad alta voce “Asi Yaholo”. Così, il nome Asi Yaholo significava Cantore della Bevanda Scura. I bianchi lo pronunciavano Osceola, e così questo divenne il suo nome definitivo.
Molti storici sostengono che Osceola, conosciuto in gioventù come Billy Powell, fosse figlio di William Powell, un commerciante bianco della zona Tallasse, e di una donna Indiana di nome Polly Copinger. Osceola denunciò più tardi il cognome Powell, dichiarando però con convinzione che “Nelle mie vene non scorre sangue straniero. Io sono un purosangue Muskogee.”
La spiegazione più credibile delle origini di Osceola è data da T.S. Woodward, il quale ha risalito la stirpe di Osceola fino a James McQueen, uno scozzese, e a Sally, una principessa Indiana.

James McQueen (scozzese) sposò Sally (principessa indiana Tallahassee)
Ann McQueen (figlia) sposò Copinger (un bianco)
Polly Copinger (figlia) sposò William Powell (commerciante bianco)
Osceola (figlio)

Osceola non ricopriva ruoli ufficiali nella sua tribù, dal momento che suo padre non era stato un capo. La sua adolescenza trascorse come quella di tutti i giovani maschi Seminole, e vi sono molte prove che Osceola fosse davvero bravo nel praticare tutti gli sport Muskogee. Egli era un abile lottatore, corridore, giocatore di pallone, saltatore; insomma, un atleta completo nella pratica di tutti gli sport indiani. Benché Osceola non avesse ricevuto un’educazione formale, riuscì ugualmente a crearsi un discreto bagaglio culturale, derivante principalmente dall’osservazione, dall’imitazione e dai tentativi fatti per imparare…nonché dagli errori.


Osceola il guerriero ormai adulto
Nel 1813, quando aveva all’incirca nove anni, Osceola insieme a sua madre Polly e a sua nonna Ann, furono costretti a lasciare la loro casa e a fuggire nelle paludi della Florida del nord, perchè un gruppo di soldati e di White Creek assaltarono e incendiarono il loro villaggio. Questo episodio rimase per lungo tempo fortemente radicato nella giovane mente di Osceola, e fu la causa dei continui spostamenti della famiglia.
Durante questo periodo di vagabondaggio, Osceola e la sua famiglia cercarono rifugio a Fort Negro, un forte britannico abbandonato dove molti fuggitivi, negri e indiani, erano sopravvissuti senza troppi problemi finchè le truppe statunitensi non lo avevano attaccato. Ancora una volta, Osceola, Polly e Ann furono costretti a fuggire nella palude. Il loro vagabondare giunse al termine quando essi si unirono alla banda di Peter McQueen (lo zio di Polly), un gruppo composto da circa mille Red Stick, insieme al quale essi emigrarono in Florida. Alla fine, alla ricerca continua di una sistemazione sicura, la famiglia si stabilì nella zona centrale della Florida.
Ma le truppe statunitensi riuscirono a scoprire dove si trovava Osceola con la sua famiglia, e guidate da una banda di White Stick, attaccarono l’accampamento uccidendo molti dei guerrieri di McQueen. Alcuni dei guerrieri sopravvissuti fuggirono nella boscaglia, mentre Osceola, sua madre, sua nonna ed altri guerrieri furono catturati. Nonna Ann tentò di assicurare la libertà ai suoi cari promettendo che, se Osceola e Polly fossero stati liberati, avrebbe cercato di convincere McQueen e gli altri sopravvissuti ad arrendersi…. una promessa che non avrebbe potuto essere onorata vista la necessità che le truppe USA avevano di rimanere all’inseguimento dei vari gruppi di guerrieri in fuga.
Durante gli anni in cui visse come un fuggitivo, Osceola imparò a diffidare dei bianchi, ma molta della sua rabbia era diretta ai Creek del nord che nel 1814 avevano firmato il trattato di Andrew Jackson durante la Creek War. Il suo risentimento era diretto anche verso i Creek del sud che si erano alleati con i bianchi, come ad esempio i guerrieri Creek che avevano preso parte all’attacco a Fort Negro insieme a Jackson. A causa di tutti questi avvenimenti, ormai Osceola considerava sé stesso un indiano Seminole. Iniziò anche a rendersi conto che l’unica differenza tra Seminole e Creek consisteva nel fatto che i Seminole erano indiani Creek che si erano stabiliti in Florida.
Osceola ebbe due mogli, come usavano gli indiani. La sua prima moglie era una donna Indiana molto dolce di nome Rugiada del Mattino o Che cho la. Osceola la incontrò mentre si stava dissetando ad un torrente quando ella aveva soltanto 15 anni. Rugiada del Mattino parlava inglese, e spesso fece da interprete al marito (questo particolare ha fatto sì che ella abbia contribuito a scrivere la storia dei Seminole). Suo padre era un Seminole e sua madre una donna di colore fuggita dai bianchi e rifugiatasi tra gli indiani molti anni prima.
Osceola doveva avere più o meno 22 anni quando incontrò e sposò la sua prima moglie, Rugiada del Mattino. Purtroppo non vi sono molte informazioni circa la sua seconda moglie. Si pensa che questa carenza di dettagli possa essere dovuta in parte al fatto che le donne Seminole evitavano quasi sempre i contatti con i bianchi. Ricerche svolte recentemente indicano che Osceola avrebbe avuto circa 30 anni quando, nel 1834, sposò la sua seconda moglie, prima dello scoppio della Seconda Guerra Seminole.
Ci si potrebbe domandare in che modo le due mogli di Osceola avessero potuto coesistere, e quale fosse la natura dei loro rapporti. Di sicuro, le sue due “metà” vivevano in perfetta armonia dal momento che dividevano la stessa tavola, ma dormivano in dimore separate.
Dall’unione di Osceola con Rugiada del Mattino nacquero quattro figli. In ogni caso, molte delle ricerche svolte sulla sua vita parlano di due mogli e due figli che sarebbero stati al suo fianco durante le ostilità e la prigionia che seguì. Si dice anche che le mogli e due figli fossero accanto a lui quando nel 1838 morì all’età di 34 anni.

Strategia militare e tattica
Osceola acquisì molte conoscenze di tipo militare osservando i soldati nelle postazioni militari statunitensi, in particolar modo ai Forti Brooke e King. Il suo talento in campo militare era così spiccato che alcuni soldati credevano fosse un graduato di West Point.
Molti storici hanno scritto del genio militare di Osceola. La sua tattica di rapide schermaglie seguite da altrettanto rapide ritirate era spesso in contrasto con la lenta e scomoda tattica dei soldati bianchi.


Osceola ed i Seminole trattano con gli Americani
Lo storico McNeer riassume così una delle schermaglie di Osceola “Ebbe luogo un combattimento che mise in giro l’incredibile voce che Osceola fosse un graduato di West Point… in un luogo dopo l’altro si videro esplodere dal nulla episodi di guerra … sono passati nove mesi da quando le truppe si sono scontrate con gli indiani in un combattimento vero e proprio… e all’improvviso vi fu uno di quei rapidi attacchi a piedi che iniziavano con un’imboscata e finivano di lì a poco con la sparizione degli indiani nella foresta o nella palude. Per le truppe si era trattato di una lunga marcia affiancate dai carri carichi di bagagli e provviste; un’avanzata durante la quale i soldati avrebbero dovuto scovare i predatori indiani ma che in realtà si rivelò un fallimento…”
Durante la sua prigionia a Fort Moultrie, nel corso di una conversazione con il dott. Weedon, il medico che si occupava di lui, Osceola, in modo scherzoso e con un po’ di presunzione, descrisse le strategie militari adoperate dagli indiani e dai bianchi. Lo storico McNeer descrive in questo modo la conversazione di Osceola con il dottor Weedon : “Egli si alzò ed iniziò ad imitare i soldati. Dapprima mostrò come combattono i bianchi, caricando e facendo fuoco. Poi mostrò in che modo gli indiani organizzano le schermaglie e le ritirate.”
Vi sono altre testimonianze del genio militare di Osceola e degli effetti che provocò sul consiglio dei capi: “Osceola divenne lo spirito guida delle guerre lunghe e disperate. Audace e risoluto nelle azioni, letale e sistematico nella vendetta, freddo, ingegnoso e perspicace durante i consigli, nel corso dei quali parlava pochissimo. Egli faceva degli altri capi i propri strumenti, e quello che essi mostravano in pubblico non era altro che il risultato dei suggerimenti segreti dell’invisibile maestro.”
Il generale Jesup, un ufficiale statunitense che aveva portato avanti con Osceola un negoziato ingannevole, credeva che “un ufficiale USA e i suoi uomini sarebbero stati in grado di sconfiggere una banda eterogenea di ex schiavi con i loro alleati. Nessun ufficiale dell’esercito statunitense avrebbe negoziato con esseri tanto inferiori.”
In nessuna occasione Osceola fu alla guida di un gruppo di più di 1500 guerrieri Seminole per combattere contro almeno 40.000 soldati statunitensi. In una guerra costata agli Stati Uniti 40 milioni di dollari, ed un numero di morti superiore a 1500, Osceola combattè una guerriglia mirata ed efficace durante la quale sconfisse i migliori ufficiali dell’esercito USA, compresi i generali Duncan Clinch, Winfield Scott, E.P. Gaines, e Thomas S. Jesup.

Leadership
Anche se non aveva una posizione specifica all’interno della sua tribù, Osceola fu in grado di diventare un leader molto apprezzato tra la sua gente.
Quando ebbe all’incirca 18/20 anni, egli si recò più volte a Fort Brooke in Florida per osservare gli addestramenti delle truppe bianche. Ma mentre Osceola guardava attentamente i soldati, dal canto loro essi osservavano lui. Louis, un nero che faceva l’interprete al forte, venne mandato da un capitano ad accertare l’identità di Osceola. Questo è quello che Louis riferì al capitano dopo aver parlato con Osceola: “Egli è un Mickasukee, un Red Stick e il miglior cacciatore, corridore e guerriero che ci sia.”


Ancora una trattativa
In seguito, ai Seminole venne proibito di avvicinarsi alle coste. Osceola, dovendo stare lontano da Fort Brooke che si trovava nella baia di Tampa, si trasferì vicino a Fort King. Qui, egli si unì ad una banda di Red Stick che vivevano in un villaggio nella palude Wahoo, situato 100 miglia a nord della baia di Tampa. È in questo luogo che i giovani guerrieri iniziarono ad ascoltare Osceola, ed egli iniziò a guadagnarsi il loro rispetto e la loro obbedienza.
Quanto fosse grande l’abilità di leader di Osceola divenne evidente nel corso degli anni. Egli ostacolò i generali USA nei loro tentativi di eliminazione della polizia Indiana, come nel caso del generale Thomas Wiley. Wiley, consapevole della crescente influenza che Osceola possedeva come leader, nel novembre 1835 interrogò il Capo Charlie Amethla circa le intenzioni e l’autorità di Osceola, proprio mentre Capo Amethla si stava preparando a lasciare il suo villaggio sul fiume Withlacoochee per raggiungere i Seminole alla baia di Tampa. “Charlie, parlami di quell’indiano selvaggio di Powell (come egli chiamava Osceola). Ha molta influenza sulla sua gente? I capi sono d’accordo con lui?”.
La risposta di Charlie fu semplice: “Osceola ha molti giovani guerrieri con sè. E molti capi stanno ascoltando la sua voce adesso”.
Osceola fu anche un leader che seminò il terrore nei cuori dei soldati bianchi. Questa situazione fu testimoniata anche dal generale Call, che era stato inviato da Washington D.C., alla guida di un esercito di volontari, per proteggere i coloni. Quando il generale Clinch, insieme al generale Call, stava progettando la strategia per l’attacco al quartier generale dei Seminole nella Baia del Withlacoochee, Call, parlando dei volontari che lo avevano seguito, disse: “Hanno paura di Capo Jumper, di Capo Alligatore e di Osceola”.
Correva l’anno 1836 e la guerra divampò in tutta la Florida. In questa occasione, Osceola non venne riconosciuto soltanto come “leader di guerra” famoso in tutto il Paese per la sua audacia, la sua energia e la sua abilità, ma anche e soprattutto per la sua etica. Ad esempio, quando Osceola sferrava un attacco alla guida dei suoi guerrieri, non aveva alcuna pietà per i nemici, ma a nessuna donna o bambino venne mai fatto del male. “Io faccio la guerra ai soldati bianchi,” disse con orgoglio, “perchè sono un guerriero. Non combatto donne e bambini”.


La cattura di Osceola
Osceola, più di ogni altro leader nativo americano, incarnò lo spirito della resistenza indiana alla dominazione dei bianchi. Egli venne descritto come il George Washington dei Seminole. Anche i rituali indiani, come la Danza del Grano Verde, ebbero un ruolo importante nello sviluppo della sua posizione di leader. La sua figura e la sua autorità erano sentite in modo particolare tra i giovani Seminole, che a tempo debito lo seguirono ad occhi chiusi. Osceola, in qualità di leader, affrontò i suoi doveri con riverenza, fermezza e con quel fair play diplomatico che invitava all’obbedienza.
Osceola, il coraggioso e accanito guerriero Seminole, guarda dritto negli occhi di chi osserva questo dipinto di Christopher M.Still.
La sua mano destra punta verso una nave adibita al trasporto degli indiani verso una riserva dell’ovest; l’altra mano impugna un coltello la cui lama è conficcata con determinazione in un foglio che simboleggia un documento USA.
I volti che si possono scorgere sui tronchi delle palme evocano gli spiriti di tre capi indiani, uno per ogni guerra combattuta da Osceola.
Questi e altri simboli richiamano le lotte alle quali i Seminole della Florida presero parte durante il Periodo Territoriale (1821-1845)
Osceola, così profondamente ammirato dalla sua gente, ebbe tuttavia l’unico merito di perseguire e ottenere il totale coinvolgimento del suo popolo. Cosa strana per quei tempi, egli ebbe modo di inserire le donne nell’organico dei commissariati comunali, ottenendo così da esse cibo e altri generi di sostegno per i guerrieri. In questo modo, anche se spesso le donne non partecipavano alle azioni di guerra, Osceola ebbe la capacità di trarre vantaggio da questa situazione.
Egli attraversò anche periodi di solitudine e di dubbi riguardo alla sua capacità di leadership. Su cosa si interrogava e in che modo Osceola valutava la propria abilità? Una volta, mentre insieme ai suoi guerrieri si era accampato a Withlacoochee Swamp, Osceola uscì dal cerchio di fuoco, e si mise a fissare una stella nel cielo buio della notte. La sua gente era tutta intorno a lui. Egli vide donne, bambini e guerrieri spinti dall’uomo bianco verso una potenziale distruzione. Osceola pensò che “tutto ciò non aveva senso. Il Paese era grande abbastanza per tutti. Gli indiani non avevano mai chiesto altro se non poter vivere in pace.”
Si dice che, mentre tornava al suo accampamento, egli sentì forte dentro di sè la solitudine del comando, della posizione di capo che ricopriva per la propria gente. Pensò a quanto avesse desiderato di essere un leader, guardando però al comando sempre con la passione che lo legava al suo popolo. In quel momento però egli era per loro la figura più importante in una guerra crudele che avrebbe potuto rivelarsi sbagliata. Arrivò alla conclusione che, tra i Seminole, nessuno poteva vantare il carisma che egli aveva sulla sua gente. Il coraggio che essi dimostravano combattendo proveniva principalmente da lui; di conseguenza, egli avrebbe dovuto essere un leader fermamente deciso a vincere.
“Forse dovremo dare la vita per ottenere la vittoria, ma i figli dei miei figli cammineranno su questa terra”.
Gli storici affermano che Osceola, nel suo ruolo di leader, abbia ispirato alla sua gente, e in modo particolare ai giovani, un forte senso di identità tribale.
Tutto il suo popolo giunse a percepire di essere parte di una nazione unificata, piuttosto che un conglomerato di bande o clan. Egli aveva dato loro un obiettivo: la difesa dei loro diritti tribali nella loro madreterra.
Come molti grandi leader rivoluzionari americani, Osceola rischiò di dimostrarsi sciovinista guidando la sua gente verso questo obiettivo, ma era profondamente sincero. Egli pensava che fosse molto importante che agli indiani venisse restituita la loro condizione umana.
Prima di essere guidati da Osceola, i guerrieri Seminole e i loro capi erano stati umiliati dall’uomo bianco, accettando il suo aiuto sotto forma di cibo e denaro, sentendosi così in debito per questo. Benché Osceola non riuscì a cancellare completamente questa dipendenza, la ridusse drasticamente.

La cattura
Nel 1837, le battaglie e le schermaglie proseguirono sotto il comando del generale Jesup. Durante uno scontro gli uomini di Jesup presero d’assalto il quartier generale di Osceola e catturarono cinquantacinque dei suoi uomini; cinquantadue dei quali erano neri. Osceola, tuttavia, sfuggì al generale Jesup, il quale stava subendo forti pressioni dai ricchi padroni degli schiavi affinché proteggesse la loro terra, e dal governo statunitense al fine di concludere quella guerra troppo costosa.


Osceola prigioniero dei soldati bianchi
Il 6 marzo 1837, le parti in guerra firmarono un trattato che garantiva ai Seminole il diritto di “tenere i loro negri, dei quali potevano considerarsi, in buona fede, i legittimi proprietari, e accompagnarli verso ovest”.
Tuttavia, Jesup sentì che avrebbe potuto adottare una strategia militare mirata ad interrompere l’alleanza razziale che si era creata, anche perchè egli credeva che “i negri dominassero gli indiani”. Verso la fine del 1837, il cappio si stava stringendo intorno al collo dei Seminole, ma l’intera nazione non mostrava alcuna volontà di arrendersi. I guerrieri che erano fermamente decisi a combattere, si raccolsero intorno a Osceola e ad un altro capo guerriero, capo Gatto Selvatico.
Durante gli ultimi mesi del suo incarico, Jesup fece ricorso all’inganno e al sotterfugio, catturando anche degli ostaggi. Egli prese il padre e il fratello di Gatto Selvatico, King Philip e John Philip, e usò la loro cattura per forzare i negoziati con Gatto Selvatico. Quando quest’ultimo giunse per ottenere il rilascio dei suoi parenti, Jesup lo costrinse a recarsi dagli altri leader seminole per convincerli a negoziare con i bianchi il loro traferimento.
Per recarsi all’incontro con il generale Jesup, Osceola indossò i suoi abiti da cerimonia, e, soffermandosi a salutare un vecchio amico, pronunciò queste parole “Potremmo non vederci più”.
La conferenza si teneva a Fort Peyton, che si trovava a circa otto miglia a sud di St. Augustine, in Florida. Osceola giunse all’appuntamento accompagnato da un gruppo di circa settanta guerrieri, seguiti da mogli e figli. Al suo fianco camminava un guerriero che portava una bandiera simbolo di armistizio. Ad attendere la delegazione indiana vi era il rappresentante di Jesup, il generale Hernandez, alla testa di duecento soldati. Non appena Osceola si avvicinò, il generale avvertì un senso di pericolo. Hernandez iniziò a domandare a Osceola se gli altri leader seminole si fossero riuniti in consiglio, e se avessero deciso di trasferirsi in Oklahoma nelle terre che erano state loro assegnate dal governo USA.
Osceola fu sorpreso dalle parole di Hernandez, e si domandò perchè gli altri capi seminole non gli avessero parlato di questa opportunità, e soprattutto perché avessero deciso di arrendersi. Confuso, egli mormorò qualcosa sottovoce che venne interpretato come “Mi sento soffocare… non riesco a rispondere a questa domanda…”.


Osceola cammina guardato a vista dai soldati
A quel punto, il generale Hernandez sollevò bruscamente un braccio in un segnale prestabilito; i suoi uomini circondarono immediatamente gli indiani, li disarmarono e li fecero prigionieri.
Osceola venne afferrato così violentemente tanto da cadere a terra.
Il generale Jesup, che aveva organizzato questa sleale cattura ai danni di un popolo che portava una bandiera di armistizio, arrivò quando Osceola e i suoi guerrieri stavano marciando verso St. Augustine sotto la sorveglianza dei soldati.
Osceola camminava in silenzio tra due file di soldati, il suo volto era impietrito dal dolore e i suoi occhi bruciavano di collera e di odio.
Un soldato eccitato galoppò verso la città per annunciare agli uomini di stanza a Fort Marion che i prigionieri erano in arrivo. La notizia passò di casa in casa: “Osceola è stato catturato! Lo stanno portando al forte. È stato preso su ordine di Jesup nonostante la bandiera di armistizio”.
Osceola e i suoi guerrieri furono portati nel cortile di Fort Marion, un vecchio castello spagnolo, e rinchiusi in una cella. Da quel momento erano ufficialmente prigionieri.

La malattia e la morte
In seguito alla sua sleale cattura e alla sua prigionia a Fort Marion, Osceola, insieme alle sue due mogli, ai suoi figli e a circa 250 indiani, venne trasferito e imprigionato a Fort Moultrie, a Charleston, in South Carolina. Fort Moultrie in origine era chiamato Fort Sullivan dal nome dell’isola sulla quale si trovava.
Ancora un primo piano di OsceolaIl 1 gennaio 1838 il folto gruppo arrivò sull’isola a bordo del piroscafo Poinsette; tra gli altri vi era anche il dottor Frederick Weedon, che si era recato a Charleston su richiesta di Osceola, e che lo seguì durante il periodo della sua malattia, dal 26 al 30 gennaio 1838.
Secondo il dottor Weedon, il 26 gennaio egli venne svegliato ed esortato da un interprete indiano ad occuparsi di Osceola. Quando il dottor Weedon giunse dal paziente, egli giaceva a terra disteso sulle sue coperte di fronte al debole fuoco del camino. Accanto vi erano le sue due mogli e due dei suoi figli. Il medico diagnosticò immediatamente ad Osceola un violento attacco di tonsillite. Queste le sue indicazioni: “Egli ha notevoli difficoltà di deglutizione e di respirazione, accompagnate da forti dolori e da una seria infiammazione alle tonsille. Per prevenire il soffocamento e il dolore è necessario sistemare il paziente in posizione eretta. Le pulsazioni sono molto veloci. Ordino un prelievo di sangue immediato e prescrivo un emetico (una sostanza che induce il vomito)”.


Vista sul cortile di Fort Marion
Il dottor Weedon proseguì “In quel momento un indiano entrò nella stanza, e, solo successivamente, io seppi che quella persona godeva di alta considerazione in qualità di profeta e dottore. Subito egli rifiutò ogni approccio con il paziente, trovandosi escluso dalla ricerca di rimedi adeguati, delegando a me tutte le responsabilità del caso. Io chiesi al professor B.B. Strobel, chirurgo e professore di anatomia al Charleston Medical College, di visitare il paziente insieme a me. Il dottor Strobel acconsentì e fece di tutto per convincere Osceola a sottoporsi a trattamenti medici come la scarificazione (che consiste nel praticare numerosi piccoli tagli superficiali sulla cute del paziente), il salasso e altri, ma egli rifiutò”.
Il 29 gennaio Osceola disse addio al pittore George Catlin che era diventato suo amico. Più tardi chiese al dottor Weedon di descrivere gli ultimi attimi della sua vita all’amico Catlin che era dovuto partire per Filadelfia. Il 30 gennaio Osceola realizzò di essere giunto al termine della propria esistenza, e sebbene non potesse parlare, chiese (usando i segni) al dottor Weedon di radunare i capi e gli ufficiali del forte. Chiese quindi alle mogli (sempre usando i segni) di portargli gli abiti che indossava in guerra, così da poter ricevere gli ufficiali vestito in modo adeguato.


La cella di Osceola a Fort Marion
Egli si alzò e si vestì di tutto punto, ponendo particolare attenzione a tutti i dettagli e agli accessori, indossando i gambali, i mocassini, la cintura da guerra, la cartucciera, il corno per la polvere da sparo ecc… e sistemando il suo coltello accanto a sé sul pavimento. Si applicò, con molta difficoltà, la pittura rossa da guerra che per tradizione veniva utilizzata prima della battaglia, e ripose il coltello dentro la cintura. Vestito così, egli rimase sdraiato per qualche minuto per riprendere le forze prima di sedersi, per dire addio al dottor Weedon, ai capi indiani, agli ufficiali del forte, alle sue mogli e ai suoi figli.
Quando tutti furono riuniti accanto a lui, Osceola sorrise e strinse la mano ad ognuno di loro. Poco dopo venne accompagnato verso il suo letto, dove si coricò dopo essersi tolto la cintura da guerra e il coltello. Subito egli afferrò il coltello con la mano destra e lo appoggiò sul torace. Un attimo dopo, Osceola accennò un sorriso, ed esalò in silenzio il suo ultimo respiro.
Il 31 gennaio 1838, il giorno dopo la sua morte, ebbero luogo le esequie militari. La sua salma fu accompagnata da due dottori, dagli indiani Seminole con tutti i loro capi, dagli ufficiali locali, e da un distaccamento di truppe navali venute da Charleston nonostante il mare grosso, che avevano trasportato anche gente comune che desiderava essere presente al funerale di Osceola. Molte persone rimasero immobili nonostante il freddo vento salato, chinando il capo quando i soldati spararono a salve per l’ultimo saluto ad un prode e valoroso guerriero.


La lapide che ricorda Osceola
Osceola fu sepolto a Sullivan Island vicino al forte dove morì. Sulla lastra di marmo accanto alla sua tomba si legge:

OSCEOLA
PATRIOTA E GUERRIERO
MORTO A FORT MOULTRIE
30 GENNAIO 1838