Il sanguinoso assedio di Milk Creek

A cura di Sergio Mura

Mentre la maggior parte degli storici del Colorado si concentrava sul “Massacro Meeker”, questa importante battaglia, svoltasi al Milk Creek, è passata quasi inosservata.
Tutto ebbe inizio quel martedì 16 settembre del 1879, quando il telegrafista di Fort F. Steele consegnò con una certa premura un dispaccio al suo comandante, il Maggiore Thomas Thornburgh.
Thornburgh diede un’occhiata attenta al testo e subito si girò verso il suo aiutante di campo, il capitano William Henry Bisbee, per comunicargli quanto c’era scritto.
Nel dispaccio si ordinava a Thornburgh di recarsi urgentemente presso la White River Agency degli indiani Ute per indagare sui venti di rivolta che agitavano gli Ute contro l’agente Nathan Meeker. Nell’ordine, firmato dal generale George Crook, veniva sottolineato che la spedizione doveva essere investigativa piuttosto che punitiva.
Nathan Meeker era diventato agente della riserva degli Ute nel marzo del 1878 e subito aveva provato a darsi da fare per incentivare l’autonomia di quella gente. Perciò aveva preso a insegnare loro le tecniche dell’agricoltura, anche se lo fece in modi un po’ robusti che finirono presto per irritare gli indiani che rifiutavano di trasformarsi in coloni.
Fort Fred Steele, situato ad est di Rawlins nello Wyoming, era di fatto la postazione militare più vicina all’Agenzia White River del Colorado occidentale, ma il termine “vicino” era quanto di più relativo si potesse immaginare, dato che sottintendeva quelle 200 miglia di distanza che separavano le due località. Thornburgh decise di partire immediatamente con 120 dei suoi uomini, lasciando un presidio di altri 50 soldati a Fortification Creek. Data la lunghezza del viaggio, il militare non riuscì ad arrivare a Milk Creek – un piccolo corso d’acqua che segnava il confine dell’agenzia degli Ute – fino al 29 settembre.
Nessuno tra quelli che facevano parte della spedizione si aspettavano la pessima accoglienza che avrebbero di lì a poco ricevuto, anche se Thornburgh era stato avvisato lungo la pista da due capi Ute, Jack e Colorow, di non entrare in forze dentro le terre dell’agenzia indiana. Gli avevano piuttosto chiesto di scegliere cinque uomini fidati e di farsi accompagnare da loro attraverso una via a sud del Milk Creek. Sarebbero stati poi gli Ute a scortarli al quartier generale dell’agenzia per avviare i colloqui.


Guerrieri Ute nel 184 – Ouray è in basso il secondo da destra

In seguito, alcuni scout e ufficiali al seguito di Thornburgh testimoniarono che rimasero interdetti quando il loro comandante decise di ignorare quei suggerimenti ed entrare in forze nell’agenzia, al seguito delle due compagnie di cavalleria. Questo comportamento, tra l’altro, fu la causa della furia dei capi degli Ute che osservarono la scena dalla cima dello Yellow Jacket Pass.
Alle 11:30 di quel giorno, il 29 settembre, il tenente Samuel Cherry, leggermente più avanti della pattuglia del 3° Cavalleria in ricognizione del capitano Joseph Lawson, si tolse il cappello di testa e lo agitò verso gli Ute. Immediatamente dopo a qualcuno mai identificato partì un colpo di fucile… Diversi secondi trascorsero senza che nessuno osasse fiatare e in un attimo lo Yellow Jacket Pass rimbombò del chiasso tremendo del crepitio di scariche di fucileria. Nello stesso momento, ad appena 25 miglia a sud di quel punto esatto, all’insaputa degli uomini presenti in quel passo, era iniziata la battaglia che sarebbe stata conosciuta come il “Massacro Meeker” e che costò la vita all’agente indiano e ad altre sette persone.
Ma anche se l’avessero saputo, quei soldati presenti nel passo non avrebbero potuto fare nulla, visto che a mezzogiorno, tutti gli uomini della spedizione di Thornburgh si trovavano a lottare disperatamente per la vita. Da una fila di alberi di cedro, querce e cespugli posta alla base di Yellow Jacket Pass volava una pioggia di proiettili di fucile. Stando al volume dei colpi e al fumo che riempì ogni luogo, alcuni soldati ebbero in seguito a dichiarare che probabilmente si trovarono in inferiorità numerica rispetto agli Ute in misura di 3:1. Le pattuglie che erano state inviate in ricognizione furono subito costrette alla ritirata pur combattendo durante la fuga.
Gli Utes, utilizzando le alture alla loro sinistra, manovrarono rapidamente per aggirare la cavalleria e tagliare i reparti dal carro delle scorte controllato dal tenente James V.S. Paddock che si trovava a ridosso del Milk Creek. Sentendo gli spari, il tenente Paddock dispose che i carri si mettessero in cerchio e questa manovra, insieme al rientro dei soldati salvò letteralmente la giornata.
Ma il maggiore Thornburgh giaceva morto da qualche parte nel groviglio di cespugli di artemisia che conduceva alla linea di alberi dello Yellow Jacket Pass. Il suo corpo rimase lì per i successivi cinque giorni. Il capitano J. Scott Payne, secondo in comando di Thornburgh, era lui stesso appena scampato alla morte, sia pure a prezzo di due ferite da proiettile al fianco sinistro e alla spalla. Le compagnie di Payne e Lawson riuscirono a raggiungere i carri disposti parzialmente in cerchio.


Il “Massacro Meeker”

Il destino della spedizione restò in equilibrio tra la vita e la morte per circa sei ore. Alcuni sopravvissuti alla battaglia e gran parte degli storici sostennero che se gli Ute avessero avuto la prontezza di coordinare un attacco ben disciplinato e con tutte le forze disponibili contro i carri, la battaglia sarebbe stata molto breve e in favore degli indiani. Ma per buona sorte dei soldati, gli Ute persero la loro occasione. Il comando militare si salvò con la disciplina, la formazione e il coraggio.
I soldati di cavalleria smontarono rapidamente dai cavalli e si gettarono precipitosamente al riparo dei carri. L’unico lato parzialmente scoperto dei carri disposti quasi in cerchio si affacciava su un argine alto circa 20 metri del Milk Creek e dunque era sicuro. I conducenti dei carri si occuparono di staccare i cavalli ed i muli per metterli al riparo, anche se poco dopo quelli divennero l’obiettivo delle prime azioni di disturbo degli indiani. Più di 300 animali da tiro e cavalli delle truppe di cavalleria vennero uccisi, la maggior parte di essi durante le prime sei ore di battaglia.
Il piano di capo Colorow era di fermare la spedizione e di costringere le truppe a far ritorno al forte, dove si sarebbe potuto trattare per spostare dalla riserva l’odiato Meeker.
Intanto le truppe, guidate da ufficiali esperti e veterani delle guerre indiane, stavano lavorando duramente per scavare delle trincee e rinforzare le protezioni offerte dai carri, sia pure in mezzo alle mille difficoltà della situazione e a causa dei moltissimi animali morti o feriti.
Vedendo cosa stavano facendo i soldati, gli Ute vennero condotti all’attacco dopo aver dato fuoco alla prateria. L’incendio venne velocemente spinto verso i carri dal vento e il fumo dell’incendio riempiva l’aria, al punto che i soldati furono costretti a sparare a casaccio in direzione delle urla altissime degli indiani che si gettavano furiosamente contro di loro.
Vedendo che le fiamme divampavano alte sui carri, il capitano Lawson portò alcuni soldati sui ripari cercando di spegnere i fuochi con coperte o con le giacche…
Nello stesso tempo, in direzione nord, il capitano Payne provò ad utilizzare il vento per appiccare un nuovo incendio che bruciando le alte erbe levasse la copertura agli indiani fuori dal cerchio dei carri. I soldati incendiarono anche alcuni carri di rifornimenti appartenenti a dei civili, in modo che non cadessero nelle mani degli indiani. L’operazione riuscì e gli indiani dovettero spostarsi sulla collina adiacente, in posizione più riparata.
Con l’arrivo della sera, lo scambio di fucilate si fece sempre più rado e fu quello il momento per i soldati di poggiare i fucili e, a turno, di scavare dei ripari per i feriti, di seppellire i morti e di spostare le carcasse degli animali morti o feriti che a quell’ora iniziavano ad emettere un tanfo insopportabile. Dopo questo lavoro, Payne fece distribuire agli uomini le razioni fredde, vietando assolutamente qualsiasi fuoco o lampada. Quattro volontari furono incaricati di lasciare in nottata il campo e di andare a ricercare aiuto, approfittando dell’attesa notte di luna piena.
Lo scout Joe Rankin viaggiò senza sosta dalla notte del 29 fino alle prime ore del mattino dell’1 ottobre. La sua direzione era Rawlins, distante 140 miglia. La richiesta di soccorso venne recapitata nelle mani del generale Crook alle 2.25 del mattino.


Il generale Wesley Merritt

Un altro messaggio raggiunse il capitano Francis Dodge della compagnia D del 9° Cavalleria. Il capitano lasciò immediatamente i carri con cui stava trasportando cibo, medicine e munizioni e guidò la sua compagnia verso sud senza fare alcuna sosta, arrivando al campo di battaglia il 2 ottobre senza incontrare alcuna resistenza. L’arrivo di Dodge e dei suoi 30 Buffalo Soldiers servì a sollevare il morale dei soldati che erano assediati, ma non cambiò le proporzioni delle forze in campo. In più, durante la notte la maggior parte dei cavalli dei Buffalo Soldiers venne uccisa dagli indiani.
Il generale Phil Sheridan ricevette il telegramma di Rankin e il 1° ottobre inviò ordini al generale Crook affinché disponesse immediatamente l’invio di una missione di soccorso al comando del generale Wesley Merritt. Non passò più di un’ora che Merritt, comandante di Fort Russell (situato nei pressi di Cheyenne), aveva organizzato le truppe e rifornimenti necessari al viaggio, aveva requisito un trasporto ferroviario e aveva già stilato un piano di intervento. Ciò che aveva impegnato Thornburgh per una settimana, Merritt lo ottenne in qualche ora di duro lavoro. Fece marciare a tappe forzate i suoi 530 soldati per le 160 miglia dal 2 al 5 ottobre senza perdere un solo uomo o animale, una bella prodezza consentita da un’impeccabile organizzazione.
Il capo Jack, prima ancora che il distaccamento di Dodge fosse arrivato, aveva cominciato a parlare ai suoi guerrieri dicendo loro che erano liberi di andar via senza vergogna. Capo Colorow oscillava tra il desiderio di lottare, il compiacimento per il risultato a portata di mano e la rassegnazione per ciò che temeva sarebbe accaduto entro breve tempo. In quelle ore arrivò un messaggero mandato dal famosissimo capo Ouray con un ordine di cessazione delle ostilità.
Il messaggero si diresse poi verso Merritt sventolando una bandiera bianca.
Nonostante questo, però, rimanevano in piedi problemi veramente notevoli. Primo tra tutti, il salvataggio di tre donne bianche e due bambini, gli unici sopravvissuti al “Massacro Meeker”. In secondo luogo, la cattura dei capi Ute ritenuti responsabili degli omicidi degli 11 dipendenti civili presso l’Agenzia White River e per l’agguato del White River.
Assistito da Capo Ouray, l’ex agente degli Ute Charles Adams andò a Los Pinos Agency il 21 ottobre e persuase gli indiani a rilasciare i prigionieri. Adams ascoltò con attenzione gli Ute per cercare di conoscere la loro versione della storia e quindi riferì al Governo quanto segue: “Le mie conclusioni in merito a tutta questa vicenda sono che se il maggiore Thornburgh fosse andato all’agenzia degli Ute semplicemente per indagare l’intero problema sarebbe stato scongiurato. Le bande dei giovani guerrieri guidati dal capo Jack sono andate a combattere all’insaputa dei capi più anziani e questo ha portato all’uccisione presso l’agenzia dei civili… Ritengo che l’attacco a Thornburgh sia stato premeditato e perciò credo che i capi dovrebbero essere puniti.”
Nel frattempo i giornali ci davano dentro con cronache talvolta inverosimili, fatte apposta per stimolare l’odio. In quel marasma trovarono posto anche le testimonianze di una madre e di sua figlia, entrambe prigioniere degli Ute, che dichiararono di essere state violentate. L’odio per gli indiani crebbe a dismisura.


Delegazione di Ute del 1880

Alcuni ricercatori hanno notato che proporzionalmente più soldati hanno ricevuto la Medaglia d’Onore al Milk Creek, con 11 premiati su 175, che in qualsiasi altra singola battaglia nella storia degli Stati Uniti. Nella battaglia persero la vita 13 bianchi e altri 44 rimasero feriti. Capo Jack stimò in ugual misura le perdite registrate dal suo popolo su 300-400 guerrieri.
Due processi – uno all’agenzia Los Pinos e uno alla Camera dei Rappresentanti a Washington – provarono senza successo di trovare dei colpevoli per le morti della battaglia. Il “Massacro di Meeker” avvenne in territorio federale e quindi le leggi penali del Colorado non si poterono applicare.
La battaglia di Milk Creek e il Meeker Massacre fornirono ai politici la scusa tanto attesa per favorire le società minerarie e gli speculatori e abbandonare il trattato Brunot del 1873, sottraendo nei fatti – a partire dal settembre 1881, un anno dopo la morte del capo Ute Ouray – tutte le terre degli Ute del Colorado e assegnandole ai bianchi. Tutti gli Ute vennero allontanati con la forza in Utah.

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