Fiamme nel Montana: la ribellione di Sword Bearer

A cura di Anna Maria Paoluzzi

La fine di settembre preannunciava un nuovo, freddo inverno nella riserva Crow del Montana. Le giornate si accorciavano sempre di più e, già intorno alle sette di sera, il sole iniziava a calare infreddolito dietro le montagne.
Quel venerdì 30 settembre 1887, l’agente degli Absaroka Henry Williamson e sua moglie, seduti nella veranda della loro residenza, erano così presi dai loro sforzi volti a catturare l’ultimo filo di luce che non prestarono molta attenzione alle grida e al rumore di cavalli in corsa proveniente dalla zona opposta dell’agenzia. Il giorno dopo era prevista la distribuzione settimanale delle razioni e gli indiani, sempre affamati e pronti a protestare per la scarsità dei beni distribuiti, dovevano evidentemente già aver iniziato a radunarsi intorno ai carri in attesa di essere scaricati.
La sensazione di noia e fastidio che stava già iniziando a impadronirsi dell’agente fu però all’improvviso raggelata da una serie di spari accompagnati da urla che potevano essere di rabbia come di trionfo. Il rumore dei cavalli al galoppo si fece sempre più forte e in pochi minuti un gruppo di ventuno giovani Crow dipinti con i colori di guerra si fermò con aria minacciosa davanti agli uffici dell’agenzia, sparando a mo’ di sfida un’ultima raffica in aria. La porta dell’ufficio si aprì di colpo e Tom Stewart, l’interprete mezzosangue dell’agenzia mosse alcuni passi esitanti per poi arrestarsi, come fulminato, alla vista dei guerrieri armati. Uno di essi – evidentemente il loro capo – si voltò ridendo verso i suoi compagni e, smontato da cavallo, avanzò deciso verso Stewart, affondandogli la propria pistola nel ventre.


La scorreria di Sword Bearer e dei suoi guerrieri nell’agenzia Crow

Quindi, con un movimento brusco e nello stesso istante in cui la bocca dell’interprete indifeso si spalancava in un grido, il giovane indiano rivolse la pistola in alto e premette il grilletto. Lo sparo fu seguito da un nuovo scoppio di risa degli altri guerrieri che, non appena il loro capo fu risalito in sella, iniziarono a sparare ai tetti degli edifici dell’agenzia, distruggendo camini e grondaie. Gli spavaldi giovani , il più anziano dei quali non poteva avere più di venticinque anni, cavalcarono quindi via soddisfatti, dirigendosi a sud, ma non abbastanza in fretta perché lo sbalordito e furibondo Williamson non riconoscesse almeno uno di loro, Knows His Coups (Conosce i Propri “Coup”), il figlio scavezzacollo di un indiano turbolento, un capo di nome Crazy Head (Testa Pazza) che si era affermato come leader di una fazione di “scontenti”.
Crazy Head era un noto guerriero, che già intorno al 1880, all’inizio dei primi, timidi tentativi di convincere gli Absaroka ad abbandonare la loro esistenza nomade per diventare pacifici agricoltori, si era rivelato come un elemento riottoso e ostile. Arruolatosi poi nell’esercito come scout, si era sempre dimostrato un guerriero valoroso, anche se la sua ostilità nei confronti di politiche quali l’affitto delle terre non coltivate della riserva a rancher bianchi non lo potevano far considerare “un buon indiano”. La sua personalità estroversa ed esuberante lo portava anche a clamorose scenate come quella in cui, nel 1886, aveva sbeffeggiato il famoso capo degli Hunkapapa Lakota Toro Seduto. Questo incontro, o scontro che dir si voglia, aveva però permesso ( almeno a detta del precedente agente dei Crow, Henry Armstrong) a Toro Seduto di raggiungere il vero scopo della sua visita, ossia quello di “indurre i Crow a far fronte comune nell’opposizione [all’agente americano]”.
Pretty Eagle
Crazy Head, più o meno in incognito si era successivamente recato insieme ad altri capi “scontenti” come Spotted Horse (Cavallo Pezzato) e Bear Wolf (Orso Lupo), in visita alle riserve dei Lakota e dei Cheyenne, incontrandone gli elementi “ostili”, ossia quelli che contrapponevano decisamente l’autorità dei capi tribali a quella degli agenti indiani, che dovevano aver rafforzato la loro convinzione secondo cui l’unica ragione della presenza dei burocrati americani nelle loro terre era di fatto quella di annientare i vertici della tribù e con essi l’intera nazione Absaroka. Spotted Horse e Bear Wolf si erano già opposti decisamente nel 1885 a nuove concessioni di pascolo nelle terre Crow ai coloni bianchi, arrivando a minacciare fisicamente l’agente e i suoi impiegati e scontando per questo due mesi in carcere a Fort Custer, ma Crazy Head non aveva mai dato seri guai fino al giugno precedente, quando aveva minacciato la polizia indiana e l’agente che impediva l’ingresso nella riserva a una delegazione di certi suoi amici Brulé in visita dalla riserva di Rosebud. Tra i giovani guerrieri che avevano dato man forte a Crazy Head c’era appunto suo figlio, Knows His Coup, e un giovane sciamano carismatico che aveva dimostrato di saper tener testa da solo, a parecchi dei guerrieri di stanza a Fort Custer.


Bull Nose

Henry Williamson riconobbe senza dubbio il giovane sciamano nello spavaldo leader che aveva spaventato a morte Tom Stewart e sconvolto la quieta e ordinata agenzia Crow. Molti lo chiamavano ancora con il suo vecchio nome, Chesh-ta-pah, Wraps Up His Tail (Riavvolge la Sua Coda), ma due mesi prima, dopo una sua esperienza mistica durante una Danza nel Sole nella riserva dei Cheyenne Settentrionali e un ritiro in solitudine nelle Big Horn Mountains, il giovane aveva iniziato ad esibire una sfavillante sciabola dell’esercito, a suo dire affidatogli dai suoi sovrannaturali protettori, che gli aveva fatto guadagnare il suo nuovo nome, Sword Bearer (Portatore di Spada).
L’occasione propizia per imporsi nella tribù come leader dei “malcontenti” si era presentata a Sword Bearer con l’incursione nella riserva e il furto di alcuni cavalli da parte di una banda di Blackfeet. Alla testa di un gruppo di giovanissimi Crow, Sword Bearer aveva inseguito i Blackfeet e, oltre a recuperare i cavalli, era riuscito a sottrarre ai suoi avversari anche i loro cavalli, contando in questo modo “coup”. Inebriato dal proprio successo, Sword Bearer era rientrato in trionfo nell’agenzia, dove le grida di trionfo del suo seguito e i colpi esplosi in aria avevano terrorizzato l’agente e gli impiegati bianchi.
Medicine Crow
Il giorno successivo all'”incursione” Pretty Eagle (Bella Aquila), il capo Absaroka a cui il governo di Washington aveva conferito l’autorità di parlare a nome di tutto il suo popolo, aveva assicurato l’agente che la cavalcata selvaggia dei giovani Crow non era stato altro che un rituale tradizionale di vittoria, senza alcune intenzioni ostili; Williamson, convinto che il gesto fosse un’implicita dichiarazione di ostilità a nome di tutti gli elementi “reticenti” della tribù, aveva inviato la sera stessa dell'”attacco” alcuni membri della polizia indiana a Fort Custer a chiedere rinforzi all’esercito.
La risposta da Fort Custer non si fece attendere: già la mattina del 1 ottobre 1887 inziarono ad arrivare i primi soldati. Alla vista del primo drappello, composto solo da otto militari, alcuni giovani seguaci di Sword Bearer su avvicinarono con aria minacciosa e i soldati si ritrovarono ben presto circondati. Presi dal panico, i militari avrebbero forse fatto fuoco; lo scontro aperto fu però fortunatamente evitato grazie all’intervento di alcuni capi, tra cui gli ex-scout dell’esercito Bull Nose (Naso di Toro) e Medicine Crow (Corvo Magico) che ricacciarono via gli ostili e scortarono il drappello fino alla sua postazione.
La tensione non si era tuttavia spenta del tutto: nemmeno un’ora dopo il luogotenente di Sword Bearer, Knows-His-Coup e un ragazzo di appena 18 anni di nome Big Hail (Grossa Grandine) si presentarono allo spaccio dell’agenzia dove si impadronirono di un grossa scorta di munizioni. Quindi uscirono e iniziarono a sparare alle finestre dell’edificio; la polizia indiana, prontamente accorsa, riuscì ad allontanarsi senza grossi incidenti ma la situazione era ormai apparentemente compromessa.


Una veduta dell’Agenzia Crow

Per tutta la notte le grida di guerra dei giovani ribelli risuonarono nella vicinanze dell’agenzia. Le notizie sugli incidenti verificatisi nell’agenzia cominciarono a raggiungere gli insediamenti urbani (probabilmente ad opera dello stesso agente Williamson) e già la mattina del giorno seguente, 2 ottobre 1887, comparve sulla prima pagina della Billings Gazette il seguente titolo:

SOMMOSSA NELLA RISERVA CROW!

L’agente H.E.Williamson minacciato di morte! Richiesta la protezione dell’esercito.

Un titolo del genere non era evidentemente solo frutto del momentaneo panico causato da un improvviso incidente: nello stesso articolo della Billings Gazette si poteva leggere infatti:
Bisogna farla finita con i sentimentalismi; la mano severa della legge non deve allentare la presa su questi indiani fino a quando l’intera tribù dei Crow non mostrerà il rispetto dovuto alle disposizioni che verranno opportunamente inculcate nei loro cuori di rivoltosi.
Articoli del genere contribuirono a infiammare ulteriormente gli animi dei coloni che popolavano sempre più numerosi gli stanziamenti ai confini della riserva degli Absaroka, già malcontenti per la reticenza di grosse frange della tribù a conceder loro i diritti di pascolo; iniziarono a circolare storie su misteriosi pow-wow di guerra tra gli indiani, cacce agli scalpi bianchi e – paradossalmente – di un nuovo e ancor più sanguinoso massacro del Little Big Horn. Le famiglie residenti nelle vicinanze dell’agenzia Crow cominciarono a barricarsi in casa e gli uomini a coricarsi vestiti con il fucile a portata di mano; nessuno sembrò far caso al fatto che nessuna delle bande residenti all’agenzia si era di fatto unita a Sword Bearer, che poteva far conto su nemmeno un centinaio di seguaci.


Mappa dell’agenzia Crow

L’agente Williamson ritenne fosse arrivato il momento di agire e telegrafò al Dipartimento per la Guerra a Washington, chiedendo ufficialmente l’intervento dei militari (il generale Dudley, responsabile di Fort Custer, si era rifiutato di inviare truppe in massa senza precise disposizioni da Washington). L’appello di Williamson suscitò reazioni contrastanti: il generale Alfred Terry, veterano della grande guerra Sioux del 1876-77, dichiarò:
Trovo difficile da credere che i Crow abbiano potuto fare qualcosa del genere: personalmente con me si sono comportati bene e come alleati si sono dimostrati fedeli ed efficienti. Temo che le recenti sommosse siano state causate da ragioni taciute dai dispacci ufficiali.
Le autorità di Washington, inerte sul da farsi, inviarono un ispettore ufficiale, Frank Armstrong, a indagare sui fatti. Dopo il suo arrivo, Armstrong iniziò a indagare sui recenti spostamenti della banda di Sword Bearer e dei suoi capi Crazy Head e Bear Wolf e non tardò a scoprire le loro frequenti, e spesso non autorizzate, visite alle agenzie Lakota e Cheyenne. Concluse quindi erroneamente che fosse in atto un’insurrezione generale di Crow, Lakota e Cheyenne e scrisse a Washington che “Toro Seduto e gli altri indiani che hanno visitato i Crow hanno causato parecchi guai con i loro consigli malevoli e le loro spacconate”. L’unica soluzione per evitare ulteriori problemi, secondo Armstrong, era “arrestare il prima possibile Sword Bearer e la sua banda” e attuare il suggerimento di un intervento militare come proposto dall’agente Williamson. Per la prima volta l’esercito degli Stati Uniti si preparava a entrare nelle terre degli Absaroka con propositi ostili. Ma cosa stavano facendo nel frattempo Sword Bearer e i suoi seguaci?
Un cavaliere Crow
Sword Bearer e il suo gruppo di guerrieri si erano allontanati dall’agenzia dopo aver tentato inutilmente di ottenere l’appoggio delle bande stanziate nelle immediate vicinanze, dirigendosi verso i monti Big Horn. I racconti sulle sue gesta e la sua presunta invulnerabilità (si diceva avesse potere sugli elementi naturali e che persino il grande cannone di Fort Custer si fosse inceppato di fronte alla potenza del guerriero sciamano) e più di un giovane Crow si sentì spinto ad abbandonare la propria famiglia per unirsi a lui. Ben presto si arrivò a stimare il numero dei seguaci di Sword Bearer a circa 300 guerrieri; le voci che parlavano di una rivolta generale mirata a cacciare definitivamente l’uomo bianco dalle terre degli Absaroka si fecero sempre più insistenti e l’agente Williamson, in preda al timore che l’ordine di inviare truppe atteso da Washington arrivasse troppo tardi, ancora una volta si appellò a Pretty Eagle perché richiamasse all’ordine il ventiquattrenne “profeta”, come ormai iniziavano a chiamarlo anche i giornali. Pretty Eagle, con un certo imbarazzo, ammise alla fine: I Crow non vogliono muover guerra ai bianchi, ma temono quello sciamano, perché egli dice che verremo tutti distrutti se non ci uniremo a lui. Ed egli è un grande uomo: tutto si piega di fronte a lui. Persino ora che le sue grandi opere non sono state ancora portate a termine, la terra trema sotto i suoi piedi.
L’agente Williamson pensò quindi di ricorrere a un altro mediatore, il trentanovenne capo delle bande stanziate a Pryor, Plenty Coups il quale neglio ultimi tempi era diventato una sorta di braccio destro di Pretty Eagle. Inviati dall’agenzia si affrettarono a raggiungere le bande di Pryor, ma quando arrivarono, fu detto loro che Plenty Coups non era nella sua tenda e non si sapeva quando avrebbe fatto ritorno: sua moglie era morta all’improvviso qualche giorno prima e il mistico capo di guerra si era ritirato sulle Pryor Mountains per piangerla e cercare una visione.
Penty Coups
Nel frattempo Sword Bearer non era rimasto inattivo. Il 17 ottobre fu avvistato nelle vicinanze di Fort Custer e i suoi seguaci sparsero la voce che il loro leader, durante il suo ritiro sui Monti Big Horn, aveva ottenuto una nuova, potente medicina e che la disfatta definitiva dei bianchi era ormai prossima. Il panico che ormai aveva invaso tutta l’agenzia sembrò essere giustificato da un telegramma che il 22 ottobre giunse dalla vicina agenzia dei Cheyenne Settentrionali: Sword Bearer, insieme a Deaf Bull (Toro Sordo), uno dei capi “ostili” più anziani, era arrivato all’agenzia dei Cheyenne a chiedere ai loro vecchi nemici di unirsi a loro nella lotta contro i bianchi e un gran numero di Cheyenne aveva iniziato a chiedere il permesso di lasciare la riserva per una “visita amichevole” ai Crow. La Billings Gazette iniziò a pubblicare editoriali su un’imminente rivolta dell’intera nazione indiana, ma l’agente Williamson sembrò, per una volta, abbastanza tranquillo e poco propenso a lasciarsi prendere dal terrore. La sua calma era d’altra parte giustificata da un ottimo motivo: due giorni prima dell’arrivo del telegramma dall’agenzia Cheyenne, il 20 ottobre, era arrivato l’ordine definitivo dal Dipartimento della Guerra di Washington con cui si autorizzava l’impiego massiccio dell’esercito per reprimere la rivolta di Sword Bearer.
Un guerriero Crow
Il generale Terry, nonostante la sua riluttanza a muovere una qualsiasi azione militare contro una tribù di indiani che egli continuava a considerare amichevoli, ricevette l’ordine di intraprendere ogni tipo di azione “ritenuta necessaria per impedire una rivolta”. Gli ultimi giorni d’ottobre, truppe da tutti gli avamposti militari più vicini (Fort Missoula, Fort McKinney, Fort Custer e Fort Keogh) si riversarono nella valle del Little Big Horn. Il 31 ottobre Pretty Eagle, su consiglio del generale Dudley, richiamò la maggior parte delle bande sotto la sua autorità nei pressi dell’agenzia e in pochi giorni un gran numero di Crow terrorizzati, che ritenevano imminente un attacco Piegan, arrivarono dagli insediamenti del Big Horn. Dall’area di Pryor ancora non arrivavano notizie di Plenty Coups, anche se il suo amico e alleato Bellrock (Roccia Sonora), grande guerriero e condottiero lui stesso, assicurò l’agente della lealtà delle loro bande. Mentre decine e decine di Crow continuavano ad arrivare e ad accamparsi nei dintorni dell’agenzia, un’apparizione improvvisa scatenò l’agitazione generale: Sword Bearer, assieme ad alcuni compagni, attraversò a un galoppo furioso l’accampamento improvvisato, gridando che la sua medicina avrebbe annientato i soldati dalle giubbe blu.
Deaf Bull
Tuttavia, anche tra i seguaci di Sword Bearer cresceva l’agitazione. Dall’agenzia dei Cheyenne, di cui avevano invocato l’aiuto, non era giunto neanche guerriero a unirsi a loro e dalla riserva Lakota di Standing Rock arrivarono notizie ancora più cupe: sembrava che anche Toro Seduto avesse ceduto alle lusinghe dei bianchi e stesse trattando con una commissione federale un accordo per le divisione e la vendita delle sue terre. Di tutti gli indiani a cui Sword Bearer aveva lanciato il suo appello, solo gli Atsina, vecchi avversari degli Absaroka, aveva risposto: venti dei loro guerrieri in assetto di guerra erano riusciti ad arrivare fino a Fort Custer, ma anche loro erano stati intercettati e rimandati nella loro riserva.
L’esercito intanto non perdeva tempo. All’alba del primo giorno di novembre sedici compagnie di cavalleria e fanteria si erano schierate intorno all’area dell’agenzia, chiudendo in cerchio gli indiani “amichevoli” per evitare che si unissero agli “ostili”. Due mitragliatrici Hotchkiss erano puntate minacciosamente in direzione dei monti Big Horn e la tensione, sia tra gli indiani che tra i militari si faceva sempre più acuta.
La mattina del 5 novembre il generale di brigata Thomas Ruger, incaricato delle operazioni militari intorno all’agenzia, convocò un consiglio con i capi Crow a cui parteciparono Pretty Eagle e alcuni dei comandanti ostili che si erano uniti a Sword Bearer, tra cui Crazy Head e Spotted Horse. Pretty Eagle, a nome di tutta la tribù, disse che nessuno dei Crow voleva scontri armati e inutili spargimenti di sangue. Ruger replicò bruscamente che l’unico modo di evitare una battaglia era consegnare alle autorità militari tutti coloro che avevano partecipato alle “dimostrazioni di ostilità” istigate da Sword Bearer.
Carries His Food
Pretty Eagle, dopo essersi consultato rapidamente con gli altri capi, ribattè che avrebbero potuto consegnare Sword Bearer, ma non gli altri. Ruger non si dimostrò assolutamente disposto ad accettare queste condizioni e diede a Pretty Eagle novanta minuti per obbedire ai suoi ordini.
I minuti trascorsero rapidamente: man mano che la scadenza dell’ultimatum di Ruger si avvicinava, gruppi di Crow atterriti iniziarono a ritirarsi verso nord per allontanarsi dallo scenario dell’imminente scontro. Le Hotchkiss furono approntate e i reparti di cavalleria schierati a protezione degli edifici dell’agenzia. Improvvisamente le sagome di Sword Bearer e dei suoi compagni apparvero tra i cespugli nella vallata; Sword Bearer, dipinto con i colori di guerra e rivestito dei suoi indumenti più belli, agitò la sua spada sacra, lanciando il segnale di carica.
La cavalleria rispose lanciando all’attacco le sue prime due linee e, nello scontro a fuoco che seguì, un soldato cadde a terra morto. I reparti di fanteria serrarono quindi i ranghi e cominciarono ad avenzare, facendo contemporaneamente fuoco verso i guerrieri indiani; nello stesso istante, il primo colpo della Hotchkiss esplose e una tenda, in cui si erano riparati un uomo e una donna, fu distrutta e i suoi occupanti uccisi.
Hail Stone “Grandine”
I colpi della micidiale arma e la morte dei due indiani ebbero un effetto sconvolgente sugli indiani ostili e sullo stesso Sword Bearer, tradito da quella che credeva la sua invincibile medicina. Mentre il grosso degli indiani posava le armi a terra e si arrendeva all’esercito, il “profeta” e alcuni fedelissimi fuggirono a sud, nel tentativo di trovare scampo sui monti Bighorn.
La loro fuga fu breve. Feriti e demoralizzati, i guerrieri sconfitti ad uno ad uno si staccarono dal gruppo. Sword Bearer cercò di trovare scampo attraversando il fiume Little Big Horn, ma proprio mentre avanzava nel letto del corso d’acqua, il “profeta” incontrò la sua nemesi nella persona di un membro della polizia Crow: Fire Bear (Orso di Fuoco). Sword Bearer, disarmato e indifeso alzò le braccia: Fire Bear estrasse la sua pistola e, mirando alla testa, esplose il colpo fatale.
Pounded Meat (Carne Tritata), il padre di Sword Bearer che aveva assistito impotente all’uccisione del figlio, ne riportò il corpo all’agenzia. Oltre al profeta, erano rimasti uccisi tre Crow e un soldato, ma gli occhi di tutti gli Absaroka presenti erano rivolti al cadavere del guerriero, riparato da un pergolato improvvisato e ancora rivestito delle se insegne di guerra.


Prigionieri Crow subito dopo la cattura

Una lenta processione iniziò a sfilare di fronte al giovane ucciso per onorarlo e dargli l’ultimo saluto. Più di settant’anni dopo, una donna che da bambina era stata testimone di quei tragici eventi così ricordava la scena:
Piangevano tutti, uomini e donne…piangevano per lui, e mia nonna mi disse: “Su, piccola, andiamo e anch’io piangerò per lui”. Quindi andammo e rimanemmo lì, vicino al corpo. Lui giaceva lì, morto. La nonna mi spinse e mi disse “Ora vai, toccalo, toccalo e torna qui”…Io andai e lo toccai. La sua medicina era potente e lui era un essere sacro. Se lo avessi toccato, tutto sarebbe andato bene. Così lo feci e poi tornai dalla nonna. La nonna piangeva; poi tornammo a casa.
Otto dei leader principali dei seguaci di Sword Bearer, tra cui i capi Crazy Head e Deaf Bull, furono arrestati e, senza nemmeno un processo, incarcerati a Fort Snelling, lo stesso posto in cui più di vent’anni prima 38 Dakota ribelli avevano atteso la loro esecuzione.


Fire Bear, il poliziotto che uccise Sword Bearer

Rimasero lì per oltre un anno, nonostante l’intera tribù e i capi più importanti avessero insistentemente richiesto la loro liberazione “per vedere di nuovo i loro volti”, come disse Pretty Eagle all’ispettore Armstrong. Anche Plenty Coups, tornato dal suo ritiro troppo tardi per impedire la carneficina, disse di desiderare che i suoi compagni prigionieri tornassero tra la loro gente “per ricominciare daccapo”, ma il suo appello cadde nel vuoto. Il primo ad esser liberato nel dicembre 1888 fu Crazy Head, ormai l’ombra del fiero guerriero che pochi anni prima aveva sfidato e svergognato Toro Seduto. L’ultimo a lasciare il carcere, nell’estate 1889, fu Deaf Bull, trattenuto più a lungo degli altri perché aveva assalito i suoi compagni di prigionia con un coltello.
Di quei tragici eventi rimase insoluto un piccolo, grande mistero: perché Fire Bear aveva ucciso Sword Bearer quando questi era ferito e disarmato? Molti pensarono che lo avesse fatto per ingraziarsi l’agente e i militari, ma quest’azione non gli portò alcun apparente vantaggio: schivato e disprezzato da tutti, ogni volta che lo si interrogava sui motivi di quell’azione spietata e inutile, si chiudeva in un mutismo ostinato.


Guerriero Crow

La silenziosa ostilità degli altri Crow era tale che alla fine l’agente Williamson ritenne opportuno non assegnargli compiti al di fuori dell’area dell’agenzia, temendo che qualcuno volesse vendicare Sword Bearer. Molti anni dopo tuttavia un’altra storia iniziò a circolare tra coloro che avevano assistito a quei tragici eventi: il profeta, deluso e disperato, aveva volontariamente cercato la morte per non cadere nelle mani dei soldati bianchi e tra tutti, Fire Bear era stato l’unico ad avere il coraggio di esaudirlo.

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