Drummond Stewart ed il primo rendezvous “moderno”

A cura di Gualtiero Fabbri e di Giuseppe Santini

William Drummond Stewart
I rendezvous dei cacciatori presenti sul suolo nordamericano nella prima metà del secolo XIX furono degli appuntamenti, delle “chiamate a raccolta”, concordate poiché avessero luogo in ben precise località e in un momento stabilito. Furono una serie di 16 riunioni per scambi commerciali, avvenute nel periodo che va dal 1825 al 1840, tra i mercanti ed i cacciatori di pellicce nella zona delle Montagne Rocciose, un vasto territorio a quei tempi ancora sconosciuto, indicato nelle mappe di allora come “il grande deserto americano”. I rendezvous terminarono in conseguenza della quasi totale scomparsa dei castori dai bacini delle Rocky Mountains e del crollo del prezzo di queste pellicce sia all’Est che in Europa.
In seguito, la raccolta delle pellicce e gli approvvigionamenti per i cacciatori, avvennero per lo più tramite punti di scambio fortificati, allestiti accompagnando lo spostarsi dei margini della “civiltà”. Preferibilmente sulle sponde dei grandi fiumi, dove i cacciatori potevano recarsi alla spicciolata in qualsiasi periodo dell’anno.
Pochi anni dopo l’ultimo rendezvous, avvenuto come già accennato nel 1840, un nobile europeo organizzò e finanziò una spedizione che, nelle sue intenzioni, doveva far rivivere l’epopea e l’anima dei mitici appuntamenti estivi dei trapper.
Non fu una spedizione organizzata per scopi commerciali o di esplorazione, e neppure ebbe lo scopo di cacciare in proprio, sebbene avesse al seguito mercanzie, cacciatori e scuoiatori. Tutto questo, nella mente dell’ideatore, doveva far parte di una specie di “liturgia” che, mediante una ricostruzione dettagliata dell’insieme, fosse finalizzata a consentirgli di rivivere le emozioni che quel genere di vita gli aveva procurato fino a pochissimi anni prima.
La coniazione del termine “primo rendezvous moderno” è alquanto arbitraria, (non c’è comunque conoscenza che ve ne siano stati altri, magari diversamente chiamati) ma risponde con buona efficacia alla necessità descrittiva. Dalla certezza che il patrocinatore della spedizione, quando la organizzò, pensava certamente ad un “rendezvous” simile a quelli passati solo nella forma ma non nell’obiettivo finale, avremmo potuto serenamente definirlo “turismo itinerante ante litteram”, oppure “trekking” inteso nel senso “moderno” del termine.
Drummond Stewart e la sua esperienza americana.
Sir William Drummond Stewart (Scozia 1795-1871) settimo baronetto di Blair, alla sua nascita, in quanto secondogenito nella linea di successione, non aveva diritto né al titolo nobiliare né di aspirare al patrimonio della casata. Poté comunque godere di un discreto vitalizio.
All’età di 17 anni si fece comprare dal padre un brevetto da ufficiale ed entrò nel 15° Rgt degli Ussari, coi quali fu spedito nella Penisola Iberica per partecipare alle azioni militari della Coalizione contro la Francia.
In seguito combatté nella battaglia di Waterloo, venne promosso Capitano e, nel 1820 quando il Reggimento venne sciolto, si congedò disponendosi quindi a svolgere l’unico “impegno” dignitoso cui potesse applicarsi un nobile senza titolo e con limitate risorse finanziarie: il turista. Prima attraverso l’Europa e poi in giro per il mondo.


Sir William Drummond Stewart in viaggio

Ben presto venne attratto dal mito della Frontiera americana e dalla promessa di avventura che ispirava. Già a quei tempi i racconti di una vita avventurosa e libera faceva “presa” tanto sui borghesi europei, quanto sui cittadini americani della Costa Est.
Nel 1832 sbarcò negli USA portandosi dietro una cassa di abiti da sera e due fucili Manton.
A New York conobbe l’editore Watson Webb che gli fornì lettere di presentazione che lo avrebbero introdotto presso le più note personalità di quei tempi. Tra queste lettere ce n’era una per William Ashley, un tempo proprietario della Compagnia di pellicce che operava sulle Rocky Mountain. Egli era stato l’inventore e primo utilizzatore dei rendezvous per il commercio delle pelli di castoro, ma dopo avere organizzato i primi due si ritirò dall’impresa rivendendo tutto ai suoi ex dipendenti.
Stewart fu vivamente sconsigliato da Webb di intraprendere un viaggio verso St. Louis, poiché in quei giorni vi imperversava una grave epidemia di colera. Il giovane però dimostrò immediatamente la sua personalità caparbia, la passione per il rischio e l’avventura ignorando l’avvertimento. Spedì i bagagli via fiume, mentre lui, evitando il comodo mezzo del battello fluviale decise di compiere il viaggio a cavallo. Per recarsi a quello che a quei tempi era ancora un avamposto della frontiera, attraversò l’Ohio, l’Indiana e l’Illinois, giungendo infine a St. Louis (Missouri) verso la fine dell’anno, in una data imprecisata.
Qui strinse amicizia con due dei più famosi “mountain men” di quei tempi, William Soublette e Robert Campbell, ed anche con William Clark (quello della ben nota spedizione Lewis e Clark).
Attraverso queste amicizie e le lettere di presentazione, riuscì a prendere parte al rendezvous del 1833 (il nono in ordine cronologico). Tra i partecipanti c’era Benjamin Harrison, figlio del nono Presidente degli USA William Henry Harrison.
Per poter entrare a far parte della carovana, Stewart pagò la ragguardevole somma di 500 dollari, Harrison addirittura 1.000.
Anche il Principe tedesco Massimiliano di Wied-Neuwied con il suo gruppo, del quale faceva parte il pittore Karl Bodmer, prese contatti per aggregarsi alla carovana diretta verso Ovest, ma dopo alcune valutazioni sulle difficoltà logistiche e pratiche, optò invece per l’utilizzo della via fluviale.
Durante il viaggio Harrison si comportò da ospite pagante (quale in realtà era), a cui nei bivacchi veniva montata la tenda per la notte e c’era qualcuno sempre pronto ad accudirgli la cavalcatura quando smontava di sella.
Drummond, invece entrò da subito nello spirito del viaggio, accudiva da sé le proprie cavalcature e aiutava la brigata (ogni uomo aveva tre muli, uno da cavalcare e due per il carico) tanto che il capo-carovana Robert Campbell, ad un certo punto lo nominò a capo del servizio di guardia notturno.
Charles Lamperteur ricorda nel suo diario che Stewart, il giorno in cui giunsero sul luogo dove si svolgeva il rendezvous, si vestì in gran galà indossando una giacca da cacciatore di pelle bianca e un paio di corti trews scozzesi con i colori della sua Casata, verde, blu royal, rosso e giallo.
Finito il rendezvous del 1833, Fitzpatrick ed una ventina di trapper invece di rientrare si inoltrarono nel paese dei Crow per cacciare e “trappolare”, a loro si unì anche Stewart.
La spedizione di caccia non si rivelò fruttuosa poiché i Crow quella volta non si mostrarono amichevoli e i cacciatori dovettero battere in ritirata perdendo quasi tutte le pelli, parte del materiale e molte cavalcature.
Dopo questa avventura per qualche tempo non si ebbero più notizie di Stewart. Per tutto l’inverno e la primavera seguente non venne più visto né a St Louis né a New Orleans.
Rispuntò in pubblico al rendezvous del 1834, quando il 25 Giugno arrivò sul Ham’s Fork insieme a Jim Bridger.


Trapper

Sempre a caccia di avventure, Stewart seguì Nathaniel Wyeth quando questo si allontanò in anticipo dal rendezvous portandosi dietro la merce invenduta. Durante il viaggio Wyeth si fermò il tempo occorrente per allestire l’area e realizzare Fort Hall, poi proseguirono verso il nord-ovest in accompagnamento di due naturalisti, Thomas Nutall e Kirk Townsend. Giunti a Fort Walla Walla, sul Columbia, vendettero tutto l’equipaggiamento e, a bordo di piroghe, navigarono fino a Fort Vancouver (Washington) sede della Hudson Bay Co. che raggiunsero il 16 Settembre.
Anche nell’inverno che seguì si persero le tracce di Steward, molto probabilmente visitò l’Oregon dove stavano nascendo i primi insediamenti missionari.
Riapparve l’11 Febbraio 1835 quando salpò carico di mercanzie trasportate da una flottiglia di grosse piroghe, il gruppo era sotto la guida e il comando di Francis Ermatinger.
Arrivarono a Fort Hall il 10 Giugno, da cui ripartirono a cavallo il 20 Giugno per giungere (in anticipo) sul luogo dell’undicesimo rendezvous.
Il 27 Agosto Stewart si aggregò alla carovana di Fitzpatrick e con questa rientrò a St Louis. Era stato lontano dalla “civiltà” per quasi tre anni.
Però la febbre della montagna e degli ampi spazi lo aveva ormai contagiato, quindi partecipò anche al rendezvous del 1836. Questa volta però, grazie alla riscossione delle rendite, poté godersi il viaggio nel lusso. Aveva al suo seguito due carri colmi di scorte, tre servitori, due cani e alcuni cavalli. Inoltre gli si erano associati alcuni amici desiderosi di provare l’ebbrezza della “vita selvaggia”.
A metà del rendezvous scomparve e non vi fece più ritorno, pare che si fosse allontanato per una battuta di caccia ed abbia invece poi fatto “campo” per conto suo sul Wind River, ma non ci sono cronache precise in merito.
La cosa certa è che incontrò il gruppo di caccia di Jim Bridger, perché ritornarono insieme a Fort William. Al forte trovarono la carovana di Fitzpatrick di ritorno dal rendezvous e si accodarono a questa per il rientro a St Louis.
Stewart trascorse l’inverno 1836-1837 alternandosi tra St. Louis e New Orleans. In un intervallo del tempo dedicato ai suoi impegni ed affari, ebbe l’occasione di stringere amicizia con il pittore Alfred Jacob Miller. Tra i due nacque un forte sodalizio destinato a durare diversi anni. Stewart convinse Miller ad accompagnarlo nel West per seguire dappresso i suoi avventurosi itinerari. Durante questi giorni colmi d’imprevisti l’artista fisserà su carta, mediante degli schizzi provvisori, la vita della frontiera. Da questi abbozzi nasceranno in seguito altrettanti quadri famosi.
Stewart si recò al rendezvous del 1837 con una sua spedizione privata composta da dieci persone. Con lui c’era Miller, cinque trappers tra cui F. Lajeunesse e Clement Antoine, un cuoco e due “imballatori di pellicce” (packers). La presenza di questi due evidenzia il fatto che anche loro si dedicarono senz’altro alla caccia dei castori.
Prima della fine del rendezvous Stewart tirò fuori dal suo bagaglio un elmo e una corazza del corpo d’Elite inglese delle “Life Guards” e li regalò a Jim Bridger costringendolo ad indossarli all’istante. Fu in quell’occasione che Miller eseguì i due famosi schizzi raffiguranti Bridger con addosso elmo e corazza.
Al termine del rendezvous Stewart, come ormai sua abitudine consolidata, invece di rientrare organizzò una battuta di caccia e si avviò verso il Wind River portandosi appresso la squadra composta da una dozzina di uomini. Quando si accamparono per qualche giorno sulle rive di un grande lago dal nome sconosciuto, decisero di battezzarlo Stewart Lake.
Lo stesso lago fu ri-scoperto anni dopo da John Fremont che lo ri-battezzò Fremont Lake.
Rientrato nella “civiltà” per l’inverno, lo passò come al solito alternandosi tra St Louis e New Orleans, e nella primavera ripartì per il rendezvous del 1838. La spedizione era guidata da Andrew Drips ed il luogo dell’appuntamento fu il Wind River. Pur viaggiando portandosi appresso un carro nel quale disponeva di agiatezze e cibo di lusso, Sir Drummond Stewart risultava, assieme a Clements, tra gli aiutanti di Drips per la guida della carovana.


Un’esplorazione

Come suo solito modo di fare alla fine dei rendezvous, anche questa volta Stewart raccolse un piccolo manipolo di uomini coi quali intraprendere una battuta di caccia. In Agosto rientrò attraverso il Platte River, poi giù lungo il Missouri. Durante questo tragitto lo raggiunse la notizia dell’avvenuta morte del fratello maggiore, il quale, non avendo avuto figli, lasciava lui unico erede di titolo e beni della Casata.
William Stewart diventò così Lord di Grandtully, settimo Baronetto di Murthly e Blair.
Dovendo tornare in patria per assumere il titolo e prendere possesso della sostanziosa eredità, raccolse tutti i ricordi della sua vita avventurosa per portarli in Scozia. Volle con se anche l’amico Antoine Clement e due pellerossa. Il suo più che ragguardevole bagaglio appresso consisteva in manufatti, animali impagliati e semi di piante, nonché due bisonti e un orso grizzly. Jacob Miller lo raggiungerà in Scozia l’anno seguente, nel 1839. Salutando William Soublette gli assicurò che sarebbe tornato per il rendezvous del 1840.
Stewart salpò per l’Europa il 25 Maggio 1838.
La sistemazione degli affari di famiglia però richiese più tempo del previsto, poiché riuscì a tornare negli USA solo nel 1842. Sbarcò a New York il 07 Settembre sempre accompagnato da Antoine Clement e dai due pellerossa.
Tornò sul Missouri verso Novembre e cominciò subito a darsi da fare per organizzare un rendezvous da tenersi l’anno dopo, nel 1843.
Ormai il castoro si cacciava sempre più lontano e sempre più a nord, i grandi rendezvous commerciali erano finiti già tre anni prima.
Però Stewart non era attratto né dal commercio né dal desiderio di essere un pioniere del progresso, gli interessava unicamente immergersi nei luoghi che lo avevano stregato, per assaporare la vita dei boschi e l’appagante senso di libertà che gli donavano.
Quindi il suo rendezvous non avrebbe avuto carattere commerciale, lo aveva ideato fin dall’inizio come occasione di puro svago.
Decise che l’avvenimento si sarebbe svolto nella zona del Wind River, un luogo che amava particolarmente. L’accampamento sarebbe stato allestito sulla riva del lago che portava il suo nome, Stewart Lake.
La spedizione si avviò verso la meta l’ultima settimana di Maggio.
Alla folta carovana presero parte i “vecchi” compagni d’avventura, William Soublette e Antoine Clement. La guida “ufficiale” fu affidata a Baptiste Charbonneau, un veterano della spedizione Lewis e Clark. Per accudire carri e bestiame furono assunti trenta uomini.
C’erano anche quattro botanici europei, Mersch, Friederich Luders, Charles Geyer, Alexander Gordon e un medico americano, il Dott. Steadman Tilghman.
Un gruppo di missionari cattolici fu autorizzato ad unirsi alla carovana fino alle falde delle Montagne Rocciose, da dove avrebbe poi proseguito verso l’Oregon.
L’entusiasmo di Steward per questo viaggio lo spinse ad allargare l’invito a molti (forse troppi) conoscenti, desideroso di far provare ad altri la “vita dei boschi”. Fu così che una trentina di turisti assolutamente ignari dei disagi si aggregarono alla comitiva, alcuni con servitù al seguito, molti vollero portarsi appresso ogni comodità possibile.


Il campo

Soublette annotò:
“… abbiamo qualche militare, alcuni gentiluomini, taluni viaggiano per piacere, altri per la salute, così abbiamo medici, avvocati, botanici, cacciatori e uomini rappresentanti quasi tutte le professioni…”
Le spedizioni, per attraversare quelle zone selvagge, erano organizzate e condotte come azioni militari. Poiché era una questione di sopravvivenza, ad ognuno veniva assegnato un ben preciso compito da svolgere, soprattutto dovevano regnare obbedienza e disciplina.
Questo mise quasi immediatamente in urto Stewart con diversi partecipanti, in modo particolare con i più giovani, che pensavano di essersi iscritti ad una specie di gita “fuori porta”.
Ancora dalle annotazioni di Soublette: “Il normale disagio che un vecchio conduttore di muli (mule skinner) riusciva a sopportare in una sola mezza giornata risultò una reale difficoltà per molti di loro”
Pur tra mugugni e malumori la carovana raggiunse finalmente il Wind River agli inizi di Agosto.
Ovviamente non c’erano più i cacciatori che negli anni precedenti giungevano per commerciare, probabilmente qualche “lupo solitario” sarà anche passato, ma il diario di Soublette non lo registra. Arrivarono però una quarantina di indiani Shoshone che si aggregarono al gruppo.
Il rendezvous durò un paio di settimane trascorse a cacciare, festeggiare e giocare d’azzardo. Anche i nativi presenti parteciparono con entusiasmo ad ognuna di queste attività.
Il convegno si sciolse il 16 Agosto e il gruppo iniziò il viaggio di ritorno.
Strada facendo gli attriti dell’andata si accentuarono ancor più, perciò la compagnia decise di dividersi in due gruppi, i “separatisti” con la scusa della fretta si avviarono per primi, seguiti a non molta distanza da Stewart e i suoi uomini. I due gruppi comunque rientrarono quasi simultaneamente a St. Louis verso la fine di Settembre. Tutti gli screzi parevano dimenticati e appianati, perciò i componenti della Compagnia si salutarono da “buoni amici”.
Alcune settimane dopo si concluse il capitolo “americano” di William Stewart con il suo definitivo rientro in Scozia.

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