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Trasporti e comunicazioni nel west

A cura di Omar Vicari

Un battelloFin dai primi anni del secolo diciassettesimo migliaia di europei, sull’esempio dei Padri Pellegrini, cominciarono a sbarcare sul suolo americano. I nuovi arrivati dovettero fare i conti con la nuova realtà e i primi tempi furono molto duri. Parecchi morirono per gli stenti e le privazioni, ma molti riuscirono a sopravvivere nutrendosi di cacciagione e granoturco ottenuto dagli indiani.
Col tempo questi pionieri tentarono di creare un modello di vita simile a quello che avevano lasciato in Europa.
Essi organizzarono una struttura sociale che si concretizzò con la realizzazione delle colonie.
Ottenuta l’indipendenza dall’Inghilterra, il nuovo stato americano nel 1803 acquisì da Napoleone Bonaparte per sessanta milioni di franchi la Louisiana, un vasto territorio a ovest del Mississippi.
Il molo di S. Louis nel 1850
Nel 1819 venne comprata la Florida dalla Spagna e con la guerra del 1848 contro il Messico, gli Stati Uniti divennero padroni di una immensa regione comprendente i territori del New Mexico, dello Utah e della California.
Già nel 1846 il Texas era stato accettato nell’Unione, mentre all’estremo nord l’Inghilterra aveva rinunciato al territorio dell’Oregon. Dalla costa atlantica al pacifico, quelle terre inesplorate erano abitate per lo più da trapper, da mountain men e naturalmente dalle numerose tribù dei nativi.
C’era una nazione da colonizzare e la migrazione dei pionieri, dapprima timida, divenne col tempo una inondazione. Uomini come Jedediah Smith, Jim Bridger o John C. Fremono aprirono le strade e i coloni le percorsero fermandosi nei territori che oggi si chiamano Wyoming, Colorado, California, Kansas, Arizona e cosi via.
Carovana di pionieri diretti ad Ovest
La promulgazione nel 1862 del “Homestead Act” da parte di Lincoln garantiva a ciascun capofamiglia un pezzo di terra nei territori dell’ovest al prezzo nominale di un dollaro e venticinque centesimi l’acro, per cui intere carovane di pionieri si spinsero nel west in territori ancora inesplorati. Quei pionieri, tra mille difficoltà, fondarono città che oggi sono unite da moderne autostrade, ma solo centocinquanta anni fa le stesse città, costituite soltanto da poche case di legno, erano praticamente isolate o nella miglior delle ipotesi collegate da piste difficilmente percorribili. Comunicare era quindi difficile. Una lettera da Boston per San Francisco doveva passare per nave lo stretto di Panama e questo valeva anche per le persone.
I tempi di percorrenza erano enormi e questo incideva pesantemente sull’economia del paese.
Una economia certamente limitata visto che i primi mezzi di trasporto erano costituiti dai barconi e dai battelli a vapore che percorrevano il Mississippi.
Il grande fiume bagnava però le terre americane da nord a sud, ragion per cui le modalità del trasporto su fiume delle merci, della posta e delle persone poco servivano alla spinta migratoria verso ovest. Per di più bisognava considerare le frequenti piene dei fiumi. Il Missouri e il Mississippi poi, trasportavano centinaia di tronchi d’albero che il pilota doveva evitare e che impedivano la navigazione notturna. Gli stop frequenti dei battelli influivano notevolmente sui costi del trasporto delle merci e della posta. Frequenti erano anche le esplosioni di caldaie, gli incendi e le collisioni con la conseguenza che il carico delle merci finiva in fondo al fiume.
Nel 1848 gli Stati Uniti avevano ormai raggiunto le loro frontiere attuali e negli anni che seguirono l’insediamento dell’uomo bianco si consolidò su tutto il continente.
Gli abitanti della California lanciavano appelli pressanti affinché si apprestassero mezzi di comunicazione più efficienti. Il trasporto delle merci su carri organizzato nel 1855 da William H. Russell, Alexander Majors e Waddell, che da St. Joseph nel Missouri raggiungeva San Francisco in California, era un ottimo sistema di lavoro, ma ancora troppo lento per coprire le distanze di quei territori troppo vasti.

Le diligenze

La Ben Holladay company
Arrivò così l’era della diligenza. Questo mezzo di trasporto immortalato in numerosi film western è sicuramente, assieme alla colt, l’icona dell’epopea del west. Già attiva negli stati dell’est sin dal 1813, della diligenza vennero approntati diversi modelli sino a quando nel 1820 la ditta J. S. Abbott lanciò la “Concord Coach”, un veicolo perfettamente adeguato alle condizioni del paese.
Le diligenze riuscivano a percorrere le piste dissestate del west grazie al basso baricentro del veicolo. La differenza di diametro tra le ruote anteriori e le posteriori accresceva ancora di più l’equilibrio dello “chassis”. Il cassone era appoggiato su spesse corregge di cuoio, fissate a loro volta alle molle degli assi. La distanza tra le ruote anteriori e posteriori era calcolata in modo da evitare il rullio.
Era dipinta con colori vivaci e la portiera spesso recava disegni di paesaggi. Dietro il cassone si trovava un cofano in cui venivano sistemati i bagagli con la posta e le merci. A dare il via all’epoca della diligenza nel west fu il Congresso degli Stati Uniti quando nel 1856 circa ottantamila cittadini della California firmarono una petizione per ottenere un collegamento transcontinentale. Una volta presa la decisione il Congresso si trovò ad affrontare il problema dell’itinerario.
Diligenza presso una stazione di posta
A Washington la fazione nordista spingeva per il tragitto diretto da St. Joseph (Missouri) a San Francisco passando per Salt Lake City, mentre la fazione sudista insisteva sul percorso che partiva da St. Louis e che raggiungeva la California passando per El Paso (Texas) e Fort Yuma (Arizona).
A risolvere la questione ci pensò il ministro delle poste Aaron V. Brown, un uomo che aveva fortemente sposato la causa sudista. Il finanziamento dell’intera operazione, seicentomila dollari, venne assegnato a John Butterfield suo amico personale e a sua volta fervente sudista.
Stazione delle diligenze a Rock Creek
Il percorso scelto, quello cioè che raggiungeva San Francisco da sud, era comunque poco razionale. Anche se meno soggetto alle nevicate invernali, il percorso si snodava per 4800 Km. attraverso terribili deserti. Butterfield non si lasciò abbattere dalle difficoltà e si mise sistematicamente al lavoro. Negli oltre 4000 km. di percorso, Butterfield fece costruire circa duecento stazioni, in ognuna delle quali stavano quattro o cinque uomini armati. Nei territori indiani gli effettivi erano raddoppiati.
Le stazioni offrivano ben poca cosa, cibo sempre a base di fagioli, pane e pancetta. Il contratto stabiliva che il viaggio non dovesse superare i venticinque giorni e per tale periodo si consigliava a ciascun passeggero il seguente equipaggiamento:

– un fucile Sharp e 100 cartucce.
– una pistola Colt Navy con ½ kg di polvere nera.
– un kg di pallottole di piombo e 500 capsule.
– un coltello Bowie.
– un impermeabile, un cappotto, un cappello, guanti e una certa quantità di biancheria in maglie, camicie ecc.

Alla vigilia del 16 settembre 1858 Butterfield disponeva di una flotta di 250 diligenze e a quella data partirono le prime due vetture, una da Tipton in direzione ovest e l’altra da San Francisco in direzione est.
Il presidente Buchanan inviò un messaggio a Butterfield paragonando l’impresa a un “glorioso trionfo per l’Unione”. Tutto era andato per il verso giusto a parte l’attacco nelle Dragon Mountains da parte degli Apache di Cochise a una delle stazioni di posta.
Il successo dell’impresa aveva però incoraggiato altri a tentare la via dell’ovest e quando col tempo la concorrenza si fece spietata, Butterfield preferì abbandonare l’impresa.
Il suo posto venne preso dal trio Majors, Russell e Waddell. Gli affari non andarono a un certo momento per il verso giusto, ragion per cui Russell decise di inaugurare per proprio conto una linea di diligenze tra il Missouri e Denver nel Colorado.
Anche la nuova compagnia si trovò presto in cattive acque, ma Russell venne salvato dall’intervento di Majors e Waddell che col vecchio socio inaugurarono nel 1859 la “Central Overland California and Pike’s Peak Express”. La compagnia funzionava, ma i tempi di percorrenza erano ancora lunghi, per cui Russell ebbe l’idea di istituire contemporaneamente un nuovo servizio che collegasse il Missouri al Pacifico in un tempo ancora minore: la “Overland Pony Express”.

Il Pony-Express

Richard Egan, Pony Express
Eccolo che arriva! “In fondo alla piatta e sterminata distesa della prateria si materializza contro il cielo un puntino che avanza verso di noi ad andatura travolgente. Si levano grida, acclamazioni e poi cavallo e cavaliere sfrecciano davanti ai nostri volti eccitati e si allontanano come una sorta di uragano in miniatura”. Così lo scrittore Mark Twain, in viaggio nel West, descrive il passaggio di un corriere del Pony Express. E cosi oggi se lo immaginano tutti, ventre a terra, Ia tesa del cappello rialzata all’indietro dal vento, lanciato a briglia sciolta verso l’orizzonte.
Dal Missouri alla California, passando per il Kansas, il Wyoming, un pezzetto del Colorado, il Nebraska, lo Utah e il Nevada, in dieci giorni (indiani, banditi, bufere e altri incidenti di percorso permettendo), lungo 3.050 chilometri e 157 stazioni di posta. Dura poco più di 18 mesi, il servizio postale a cavallo del West, poi diventa leggenda.
L’avventura inizia il tre aprile 1860, alle cinque della sera, a St. Joseph, al confine tra Missouri e Kansas. Un cannone piazzato accanto all’ufficio della compagnia del Pony Express spara una salva dando il via al corriere in camicia rossa, pantaloni blu e stivali, che inizia Ia sua galoppata verso la California.
Johnny Fry, Pony Express
Secondo alcune versioni si chiamava Billy Richardson, secondo altre Johnny Fry, il primo Pony Express diretto verso l’Ovest. E uno degli 80 giovani scelti tra i candidati che hanno risposto all’annuncio pubblicato dagli organizzatori della Compagnia su tutti i giornali della frontiera: “Cerchiamo giovani magri e resistenti, al massimo diciottenni. Devono saper cavalcare benissimo ed essere disposti a rischiare la vita ogni giorno. Preferiamo orfani”.
Non c’é che dire: l’inserzione non nasconde affatto la pericolosità di quel lavoro. Tra gli 80 prescelti c’è un ragazzo quindicenne orfano di padre, William Frederick Cody, che pochi anni dopo diventerà il famoso Buffalo Bill. C’é chi dice che anche James Butler Hickok, il futuro pistolero Wild Bill Hickok, abbia fatto il corriere, ma in realtà lui si deve accontentare di fare l’impiegato in una delle stazioni di posta perché supera il peso limite di 55 chili.
0gni corriere deve giurare di non bestemmiare, non ubriacarsi, non giocare d’azzardo, non maltrattare i cavalli non violare i diritti dei cittadini e degli indiani (bontà loro). Alla Compagnia dovevano avere a cuore l’integrità morale e religiosa dei cavalieri perché ognuno di loro riceve in dono una Bibbia “per difendersi dall’immoralità”. Senz’altro più graditi un paio di pistole Colt e un fucile “per difendersi dagli indiani bellicosi”. Ma i fucili sono poco maneggevoli, ingombrano sui veloci ponies e alla fine vengono messi da parte.
A organizzare il servizio postale del Pony Express è un intraprendente uomo d’affari, William Hepburn Russell. E’ della stessa razza di uomini come John Butterfield che con le sue diligenze trasporta passeggeri e posta dall’est alla California e viceversa. 0 come Henry Wells e William Fargo che hanno fatto soldi a palate con i servizi postali espressi e che nel 1850 hanno fuso le loro società con quella di Butterfield dando vita all’American Express Company. Assieme ai suoi soci, Alexander Majors e William Waddel, William Russell cerca da anni di ampliare il suo campo d’azione con il trasporto di posta e passeggeri, dopo essersi arricchito con quello di merci per il West. Il debutto, però, non è dei più felici. Mette in piedi una Compagnia di cinquanta diligenze Concord, che diventerà poi la Central Overland California & Pike’s Peak Express Company, per soddisfare le esigenze dei cercatori affluiti nel Colorado dopo la scoperta di giacimenti d’oro e d’argento. Ma s’indebita fino al collo. Da buon affarista qual è mette gli occhi su un altro affare. Nel 1860 vive a occidente delle Montagne Rocciose quasi mezzo milione di americani, in gran parte in California. Da tempo i californiani chiedono un servizio postale, soprattutto perché mancano notizie dall’Est. Una nave da New York o da Boston impiega sei settimane per arrivare a San Francisco mentre le diligenze di Butterfield, via El Paso (Texas), New Mexico e Arizona, ce ne mettono tre. Russell va a Washington, vuole ottenere un contratto per un servizio postale rapido. Nella capitale trova un alleato nel senatore William Gwin della California.
Nel gennaio 1860 l’accordo è fatto e il senatore promette finanziamenti per il progetto. Di sicuro il ministro della guerra, John Floyd, firma per Russell fidi bancari: alla luce dei fatti successivi niente altro che promesse di pagare in base a eventuali contratti tra il ministero della guerra e le società di Russell.
In tre mesi il progetto diviene realtà. In meno di 60 giorni vengono acquistati oltre 400 cavalli di razza, sono allestite 157 stazioni di posta distanti da otto a 40 chilometri l’una dall’altra. Sono reclutati corrieri e gli uomini addetti alle stazioni.
Nella prima corsa per l’Ovest vengono impiegati 75 cavalli. In quell’occasione il corriere trasporta 25 lettere, tariffa di cinque dollari ogni mezza oncia.
All’inizio le partenze da e per la California avvengono una volta alla settimana poi diventano bisettimanali. Quando si sparge la notizia della regolarità e della speditezza del servizio, le lettere aumentano. Per risparmiare, la gente comincia a scrivere le proprie missive su fogli di carta velina. I giornali pubblicano edizioni speciali con carta più sottile e più leggera del solito.
La posta viene messa nella mochila messicana, una borsa di pelle con quattro sacche distinte. Un foro al centro permette di assicurarla al perno della sella in modo che quando il corriere è a cavallo ha una tasca davanti e una dietro per ogni gamba. Quando si effettua il cambio dei cavalli bastano pochi secondi per trasferire la mochila da una sella all’altra. Tre delle tasche sono generalmente chiuse ai punti di partenza e soltanto in cinque stazioni lungo il percorso possono venire aperte per aggiungere o togliere lettere. Nella quarta tasca c’é posta locale e può essere aperta da ogni capostazione.
E’ possibile inviare a St. Joseph, che già è stata raggiunta da una linea telegrafica, messaggi provenienti da qualsiasi città degli stati orientali che poi saranno portati a destinazione dal Pony Express.
Nel maggio 1860 i Paiute scendono sul sentiero di guerra contro gli uomini bianchi che hanno invaso le loro terre. Un vasto territorio che comprende parte del Nevada e una fetta dello Utah diventa insicuro per i corrieri che lì hanno le loro stazioni, da Spring Valley (nello Utah) a Carson City (Nevada), vicino al Lago Tahoe. Molte stazioni sono assalite, assediate, alcune vengono bruciate e 20 impiegati e stallieri sono uccisi.
E’ in questa poco rassicurante cornice che nel maggio del 1860 si svolge la famosa cavalcata di Pony Bob Haslam. Partito dalla Friday’s station, nei pressi del Lago Tahoe, arriva a Carson City e scopre che non ci sono cavalli freschi. Haslam prosegue, allora, fino a Buckland, dove finisce il tratto di percorso che gli è stato assegnato. Ma qui il collega che deve dargli il cambio si rifiuta di partire a causa delle scorrerie indiane. Per 50 dollari di premio, Pony Bob accetta di fare anche il percorso del suo compagno e, dopo una sosta di dieci minuti, è di nuovo in sella, percorrendo 305 chilometri in 18 ore e stabilendo un primato. Ma l’avventura di Pony Bob non è finita. Ritornando con la posta per l’Ovest scopre che una delle stazioni in cui deve cambiare il cavallo, Cold Springs, è stata assalita dagli indiani e bruciata, il gestore ucciso e i cavalli razziati. Haslam fa quindi tappa per Sand Springs, malgrado il suo pony sia ormai stanco, e poi prosegue per Buckland. Qui non c’è nessuno che può sostituirlo e allora, spinto da un ulteriore premio, raggiunge Friday’s station, dove la sua cavalcata termina. Haslam ha galoppato per 610 chilometri e il ritardo sull’orario previsto è solo di qualche ora.
La storia del Pony Express si sviluppa tra mito e realtà e spesso le vicende acquistano il sapore della leggenda. E’ un fatto, comunque, che adesso le notizie dall’Est giungono in dieci giorni a Sacramento e da lì arrivano a San Francisco, sette ore dopo con un battello a vapore. I californiani si sentono più vicini alla nazione.
Ma per il Pony Express i giorni sono contati. Il cavaliere più resistente e audace, il cavallo più veloce e forte possono fare ben poco con il nuovo rivale entrato in lizza. Qualche mese dopo la nascita della creatura di Russell, infatti, squadre di operai cominciano a piantare i pali della prima linea telegrafica transcontinentale.
Il Congresso degli Stati Uniti ha deciso la costruzione di una linea telegrafica attraverso il West. Il 16 giugno 1860 sono stanziati i fondi per il completamento della linea tra Omaha e la California. Il 22 settembre è stipulato il contratto con due compagnie concorrenti che, in una specie di gara per accaparrarsi introiti più cospicui, avanzeranno rispettivamente a Est dalla California e a Ovest dal Missouri.
William Russell è nei guai. Ha investito 700 mila dollari nell’impresa. Sa perfettamente che il suo servizio postale non può competere con il telegrafo. E’ indebitato fino al collo, si profila la bancarotta. Corre a Washington perché le cambiali del suo amico Floyd, il ministro della guerra, stanno per andare in protesto e si profila un grande scandalo. Tanto briga e complotta che alla fine trova un funzionario del ministero degli Interni, Godard Bailey, parente di Floyd, che gli cede un cospicuo pacchetto di azioni dell’lndian Trust Fund (le annualità non pagate agli indiani). Con quelle azioni Russell paga in extremis le cambiali di Floyd, ma è di nuovo con l’acqua alla gola e ricorre nuovamente a Bailey. II giochetto dura fino a dicembre: complessivamente i due malversatori si appropriano di azioni dell’Indian Trust Fund per un milione di dollari destinati alle tribù indiane, una cifra da capogiro, nel 1860. Russell è arrestato, il ministro Floyd si dimette e la primavera successiva diventerà generale dell’esercito confederato. Quanto a Bailey, sparisce dalla circolazione.
Intanto i lavori per il telegrafo vanno avanti speditamente. Il 18 ottobre 1861 Ia squadra proveniente dall’Est arriva con il suo cavo alla i Città dei Santi, Salt Lake City (Utah), la capitale dei Mormoni, e si aggiudica così il denaro del premio. Sei giorni dopo giunge la squadra della California.
E’ il 24 ottobre: il tasto ticchettante del telegrafo invia dalla California il messaggio del governatore, dall’altra parte risponde il presidente Abraham Lincoln. Pochi istanti per arrivare a destinazione, percorrendo lo spazio che i cavalieri del Pony Express impiegano giorni per coprire.
Il 26 ottobre compaiono brevi articoli sui giornali: “Da oggi cessa il servizio del Pony Express”. C’é la guerra civile in corso, ci sono notizie più importanti. Il Pony Express ha finito le sue corse, ucciso dall’invenzione di Samuel Morse.

Il telegrafo

Operatore del telegrafoUn operatore del telegrafo
Dal punto di vista commerciale il pony express risultò un fallimento, rovinato prematuramente da un nuovo e più veloce sistema di spedire messaggi attraverso spazi immensi e potenzialmente illimitati e ad un costo certamente contenuto ed allettante: il telegrafo.
La prima linea telegrafica transcontinentale venne insediata nel 1861. Il risultato fu spettacolare perché col nuovo sistema si riuscivano a spedire messaggi nell’arco di pochi secondi.
Il 24 ottobre 1861 Abraham Lincoln ricevette il primo messaggio da parte di Stephen Field, presidente della Corte della California, che gli esprimeva le congratulazioni del popolo di quello stato per il compimento di quella grande opera.
Le attività di Majors, Weddell e Russell vennero rilevate da Ben Holladay, un altro trasportatore che nel Marzo del 1862 acquistò per mezzo milione di dollari “l’Overland” dai tre soci.
Per alcuni anni Halladay divenne il re delle diligenze per il west, ma quando costui si rese conto che la ferrovia, stava soppiantando il trasporto trainato da cavalli, cedette nel 1866 le sue attività alla “Wells-Fargo Company”.
La compagnia, fondata nel 1852 da Henry Wells e William G. Fargo, rilevò una ad una tutte le sue concorrenti nel west detenendo in tal modo sino al 1885 il monopolio assoluto prima di essere battuta dalla concorrenza della ferrovia.
Nell’arco di una quindicina di anni, dal 1870 al 1885, la Wells-Fargo registrò lungo le piste polverose del west oltre trecento assalti alle sue diligenze con una perdita di circa mezzo milione di dollari.
Macchinario per la trasmissione dei messaggi
Negli anni ’90, una ad una le “Concord” sparirono dalla scena della frontiera e con esse scomparve tutto un periodo della vita del west.
La ferrovia era dietro l’angolo, ma prima che l’ultimo bullone dorato venisse piantato a Promontory Point nello Utah, vale la pena ricordare un esperimento singolare col quale, vista la resistenza ai climi torridi, si utilizzarono dei dromedari allo scopo di stabilire più rapidi collegamenti nei deserti californiani.
Il segretario della guerra, Jefferson Davis, futuro presidente degli Stati Confederati, dette il suo benestare alla realizzazione del progetto.
I dromedari sbarcarono sul suolo americano nel gennaio del 1856 accompagnati da guide arabe le quali, a differenza degli animali, morirono una ad una, colpite da un male mai diagnosticato.
Gli animali vennero consegnati all’esercito, ma gli ufficiali, che non avevano nessuna dimestichezza con essi, pensarono bene di rispedire indietro i dromedari che furono in parte venduti all’asta e in parte lasciati liberi nel deserto californiano dove nell’arco di qualche anno se ne persero le tracce.

Il treno

Theodore D. Judah, fondatore della Central Pacific
E veniamo finalmente a quello che giustamente viene considerato il conquistatore dei grandi spazi americani, il mezzo che ha unito la sponda atlantica a quella del pacifico in un’unica nazione: il treno.
Effettivamente la ferrovia è la vera protagonista della rivoluzione dei trasporti nel diciannovesimo secolo. Le prime due linee ferroviarie già esistenti negli Stati Uniti nel 1830 e lunghe poco più di qualche chilometro, si trovavano naturalmente negli stati dell’est.
Nel 1850 la nazione contava già quasi 10.000 miglia di strada ferrata e appena dieci anni dopo ce ne sarebbero stati quasi quarantamila.
Man mano che la ferrovia avanzava verso ovest sorgevano nuove città e gli abitanti del middle west passarono dai due milioni ai quattro milioni di abitanti.
Da quelle terre alla costa del pacifico, comunque, c’era ancora un immenso territorio in cui la posta e le persone arrivavano solo col pony express oppure con le diligenze.
I tempi di percorrenza erano ancora lunghi, per cui, sia dalla California che da Washington si cominciò ad accarezzare un progetto che per quei tempi poteva sembrare una utopia: la Transcontinentale, la costruzione cioè di una lunga strada ferrata che avrebbe unito la capitale a San Francisco.
Generale Grenville Dodge, della Union Pacific
L’idea, all’inizio, venne fortemente avversata negli ambienti di Washington e la stampa rincarò la dose definendo il progetto una cosa pazzesca.
Alcuni ingegneri, però, tra cui Theodore Judah, Grenville Dodge e Peter Dey che credevano fortemente nell’impresa, cominciarono a presentare i primi progetti.
Judah passò molto del suo tempo ad elaborare carte, compiere rilievi geologici e a percorrere la Sierra Nevada per individuare i punti dove poter far passare la ferrovia.
Contattò con insistenza banchieri e industriali californiani. Dalla lungimiranza di quattro di questi uomini – Collin Huntington, Mark Hopkins, Charles Crocker e Leland Stanford -, nascerà nel 1861 la “Central Pacific Railroad Company”.
Tornato all’est, Theodore Judah ottenne direttamente da Lincoln nel 1862 la promulgazione del “Railroad Act”, in altre parole l’atto di nascita ufficiale della Transcontinentale.
La realizzazione dell’impresa venne affidata a due compagnie: la “Central Pacific” appena costituita e la “Union Pacific” già operante nei territori dell’est.
La prima compagnia, partendo da San Francisco, avrebbe dovuto dirigersi ad ovest attraverso le montagne rocciose.
Sterratori mormoni all’opera nell’Echo Canyon
La seconda, avrebbe dovuto andarle incontro partendo da Omaha nel Nebraska. L’appuntamento era stato fissato presso Salt Lake City nello Utah.
Le due compagnie dovevano impegnarsi nella costruzione della Transcontinentale nell’arco di quattordici anni, pena la confisca dei materiali e delle concessioni delle terre.
Bisognava attraversare sei stati: il Nebraska, il Wyoming, il Colorado, lo Utah, il Nevada e la California. Bisognava affrontare montagne di tremila metri, deserti, fiumi, canyon e, non ultimo, le incursioni degli indiani.
Operai al lavoro lungo la ferroviaPiù di quindicimila uomini, per la maggior parte cinesi, vennero impiegati per la realizzazione dell’opera. Provetti cacciatori vennero ingaggiati per procurare carne agli operai.
Il solo Buffalo Bill in quegli anni si vantò di aver ucciso da solo circa 4.000 bisonti.
Fu la “Central Pacific” ad iniziare i lavori a Sacramento (California) l’8 gennaio 1863 con la benedizione di Charles Crocker e del presidente della compagnia Leland Stanford.
Le operazioni andarono avanti tra mille difficoltà. Ci furono molti operai che abbandonarono il loro posto di lavoro attratti dall’oro segnalato a Virginia City, senza contare che le riserve finanziarie si esaurirono rapidamente.
Migliaia di cinesi, i coolies, sostituirono gli operai mancanti. Molti di essi morirono sottoposti a turni massacranti, esposti alle tormente di neve e alle valanghe che a più riprese spazzarono via interi accampamenti.
Con le loro mani, i cinesi, scavarono sulla Sierra Nevada gallerie come il “Summit Tunnel” che a prima vista sembrava inattaccabile.
Per quanto riguarda la “Union Pacific”, bisognò attendere la fine del 1863 affinché gli operai cominciassero i primi lavori sotto la direzione di Grenville Dodge, un ingegnere ex generale dell’esercito dell’unione.
Dodge, con la benedizione del presidente della società Thomas Durant e la collaborazione di Jack e Dan Casement, individuò i terreni, i fiumi e le alture da attraversare. Miglio dopo miglio vennero posate le rotaie, una operazione effettuata a gran velocità, spesso però rallentata dall’intervento di bande isolate di cheyenne, Arapahos, Pawnee e Sioux.
Altre cause responsabili delle frequenti interruzioni delle operazioni, oltre agli indiani, erano le continue risse che scoppiavano nei saloon che sorgevano come funghi lungo le rotaie.
Migliaia di avventurieri e prostitute alleggerivano le tasche degli operai e spesso nelle liti ci scappava il morto.
Faticosamente la ferrovia, dopo aver attraversato il Nebraska e il Wyoming, arrivò alla piana di Salt Lake City nello Utah. Tra la “Central Pacific” e la “Union Pacific” si concordò che Promontory Point, una località vicino Ogden, dovesse essere il punto d’incontro.
Il 10 maggio 1869, in una fredda mattina, due locomotive, la “Roger 119” della “Central Pacific” e la “Jupiter 60” della “Union Pacific”, si incontrarono in quel punto e un chiodo d’oro conficcato in una traversina sancì l’unione della nazione.
Dopo quella data il treno cominciò a comparire dovunque sul continente americano. Uno dopo l’altro, gli stati del Colorado, del Texas, del New Mexico, dell’Arizona e dell’Oregon costruirono le loro ferrovie. La conquista del west, anzi di una nazione, era alfine una realtà.