Gli Athabaska del Grande Nord

A cura di Giampaolo Galli
Pochi ambienti naturali dell’America Settentrionale presentano delle condizioni di vita così proibitive come la regione che dalla Baia di Hudson si estende fino al corso sinuoso del Mackenzie. Lunghi , terribili inverni e brevi, tiepide estati caratterizzano quest’area immensa tra la taiga e la tundra. Durante la stagione fredda, tempeste di neve, temperature inferiori ai 40 gradi sottozero e luce limitata, rendevano la fame e l’esposizione alle intemperie, un pericolo costante. Durante i gradevoli e luminosi mesi estivi, gli onnipresenti sciami di mosche nere e zanzare costituivano un flagello ancor più terribile del freddo, e costringevano gli abitanti a coprirsi completamente da capo a piedi.
Così scriveva David Thompson sulla Baia di Hudson occidentale nel 1784. “Non appena giunge l’estate, l’aria si riempie di miriadi di fastidiosissime zanzare, ed è un tormento continuo senza un minimo di pace, né di giorno né di notte… alla fine siamo contenti che arrivi il freddo, solo per mettere fine alle nostre indicibili sofferenze.”
Sebbene il territorio abbondasse di pesci e di immense mandrie di ungulati – caribù della tundra e della foresta – queste risorse non erano sempre prevedibili. Il fallimento di una battuta di caccia o una pesca sfortunata, potevano rappresentare il disastro per l’intera tribù.

Gli Athabaska dello Scudo Canadese

Gli Athabaska dello scudo canadese e dei bassopiani del Mackenzie, erano società semplici e nomadi. L’unità base era costituita dal nucleo familiare, composto da un uomo e una donna ( o più), i loro figli, e alcuni parenti anziani. La maggior parte dei gruppi praticava la poliginia, ma solo i migliori cacciatori potevano permettersi due o più mogli. Mattonabbee, il leader dei Chipewyan descritto da Hearne durante la sua spedizione nel 1771, aveva ben 7 mogli.


Una bella mappa su cui osservare gli insediamenti

Quando la pesca o la caccia alle grandi mandrie di caribù richiedeva la cooperazione di diverse persone, le varie bande si riunivano in villaggi di grosse dimensioni, e si accampavano lungo le sponde dei laghi, soprattutto in occasione della bella stagione. Hearne aveva incontrato un campo estivo di Chipewyan di quasi 70 tende con una popolazione stimata di oltre 600 anime.
Presso gli Athabaska settentrionali non vi erano leader assoluti, semmai personaggi più influenti, che grazie alla riconosciuta esperienza venatoria esercitavano maggior rispetto ed autorità di altri. Ad ogni modo, presso i Dogrib e i Chipewyan che cacciavano in maniera sistematica ed organizzata il caribù della tundra, questi leader erano molto più influenti di quanto lo fossero quelli degli Slavey, per i quali la caccia era un’attività individuale. Il potere dei leader era in ogni caso di tipo temporaneo, e veniva esercitato solo in occasione della caccia o della guerra.
Sebbene gli Athabaska settentrionali non fossero indiani particolarmente bellicosi, non mancavano le occasioni di attrito con le popolazioni limitrofe. Le razzie tra i vari gruppi per procurarsi donne, bottino , o per regolare vecchi conti rimasti in sospeso, erano piuttosto comuni.
Il tipo di abitazione più frequente tra queste popolazioni era il tepee ricoperto con pelli di caribù o alce, che poteva essere rapidamente eretto o smontato.


Un lupo ulula nel freddo gelido del Nord

Le canoe di legno di betulla erano molto usate per spostarsi lungo i fiumi e i laghi d’estate, mentre d’inverno, sulla neve, venivano impiegati i toboggan sospinti dalle donne. Solo dopo la metà del XIX secolo vennero usati i cani da slitta. Per lo spostamento individuale durante i mesi più freddi si faceva uso esclusivo delle racchette da neve per non sprofondare nella coltre che raggiungeva spesso il metro e mezzo di spessore.
Il vestiario comprendeva perlopiù abiti in pelle di alce o caribù, ma alcuni gruppi più settentrionali come gli Hare usavano le pelli conciate della lepre artica. I mocassini erano spesso un tutt’uno con i gambali ed erano decorati con motivi floreali . Durante l’inverno gli athabaska del Mackenzie indossavano cappotti di pelliccia con il cappuccio per ripararsi dal freddo intenso, ma questa prerogativa sembra sia di derivazione Inuit. La maggior parte degli abiti era abbellita da frange, peli di alce e aculei d’istrice. Alcune tribù si tatuavano il viso con linee parallele lungo le guance, molti altri si perforavano il setto nasale per inserirvi un osso, un anello o altri ornamenti.


Estensione della foresta boreale canadese

I primi esploratori europei – Hearne, Thompson e Mackenzie – notarono presso queste popolazioni una mancanza quasi assoluta di cerimonie e pratiche religiose. In realtà, la vita spirituale di questi indiani era piuttosto ricca, ma veniva vissuta attraverso esperienze individuali. Molte tribù mandavano i giovani cacciatori ancora adolescenti nel fitto della foresta alla ricerca di sogni e visioni, un po’ come usavano fare gli indiani delle praterie.


Foresta di transizione nell’Alberta settentrionale

Nella solitudine della taiga, il giovane cacciatore stabiliva un legame particolare con un determinato animale che da lì in avanti avrebbe costituito il suo spirito guida. Questo legame totemico, profondo e segreto, non doveva essere divulgato al resto della comunità e tutte le successive manifestazioni religiose erano filtrate attraverso l’esperienza personale e il rapporto con l’animale prescelto, da cui si ottenevano assistenza, potere e conoscenza.
I giovani cacciatori che entravano a far parte del mondo degli adulti, non avevano particolari restrizioni sessuali, mentre le ragazze dovevano sottostare a tutta una serie di divieti. Queste infatti, all’entrata nella pubertà, venivano allontanate dal villaggio e rinchiuse in una piccola capanna dove venivano istruite dalle donne più anziane della loro famiglia. In quell’occasione potevano cibarsi esclusivamente di carne essiccata e potevano bere attraverso un osso cavo. Non dovevano assolutamente toccare il proprio corpo, e in caso di necessità si potevano grattare usando un bastone.



Grizzly e alci

Durante il resto della loro esistenza, le donne andavano incontro ad una serie periodica di divieti e restrizioni ogni qualvolta avevano il ciclo mestruale, fenomeno che veniva giudicato estremamente dannoso ed offensivo verso gli spiriti animali e che quindi poteva compromettere seriamente le battute di caccia.
Durante questo periodo, le donne evitavano accuratamente di incrociare le piste degli animali nella foresta o le rive dei laghi mentre gli uomini erano a pesca. Inoltre era loro vietato toccare qualsiasi arma o trappola dei cacciatori per evitare di contaminarle. In alcuni casi estremi, le donne durante il ciclo mestruale non potevano nemmeno camminare nel retro della capanna per non interferire tra il cacciatore e il suo spirito guida.
In un ambiente così severo, la vecchiaia rappresentava un serio ostacolo per la tribù che era costretta a spostarsi di continuo per seguire le migrazioni e le piste degli animali.


Le tribù del Nord

Coloro che non riuscivano più a tenere il passo con il resto del gruppo, venivano semplicemente lasciati indietro a morire. Presso i Chipewyan, i morti venivano abbandonati sul terreno alla mercè degli elementi e degli animali selvatici, ma altre popolazioni usavano seppellirli o elevarli su apposite strutture. I beni personali del defunto erano in genere bruciati o abbandonati.
Le credenze nel soprannaturale permeavano la dura esistenza degli athabaska settentrionali e condizionavano molti aspetti della loro cultura a partire dalla caccia. Gli sciamani evocavano il loro spirito guida per localizzare la selvaggina o per sopraffare i nemici.
La malattia era quasi sempre considerata una colpa da espiare per aver infranto un tabù o offeso qualcuno. Gli uomini di medicina intervenivano sul malato soffiando sopra la parte lesa e cercavano di creare un ponte medianico tra il mondo materiale e il soprannaturale.
Gli Athabaska dello scudo canadese e del delta del Mackenzie comprendevano diversi gruppi che parlavano lingue molto simili e che digradavano l’una nell’altra.


Distribuzione dei popoli di lingua Athabaska nel Nord America

Tra le varie tribù, un posto di rilievo spetta ai Chipewyan, probabilmente il gruppo athabaska più numeroso della regione, e che oggi conta quasi 11000 persone sparse su un territorio immenso che va dalla baia di Hudson al Manitoba, al Saskatchewan e all’Alberta settentrionali , includendo anche gran parte dei territori del Nordovest e la regione meridionale del Nunavut.
Anticamente erano un popolo che abitava la zona di transizione tra la taiga e la tundra e seguiva le grandi mandrie di caribù. Per i Chipewyan, il caribù rappresentava l’equivalente del bisonte degli indiani delle praterie. Non veniva utilizzata solo la carne, ma le pelli, le ossa e i tendini fornivano la materia prima per una moltitudine di utensili e manufatti.
Durante l’estate, quando le grandi mandrie di ungulati si spostavano a nord, i Chipewyan le seguivano nelle spoglie terre della tundra. Durante l’autunno invece, rientravano più a sud nella zona delle foreste. La carne di caribù veniva macellata e mangiata fresca, ma la gran parte veniva fatta essiccare e ridotta a pemmican per i fabbisogni invernali. Uno dei sistemi di caccia più usati era quello di costruire delle trappole a forma di recinto sulle vie migratorie di questi animali che venivano quindi rinchiusi ed abbattuti con arco e frecce. Questo metodo era impiegato durante la primavera o l’autunno, mentre durante l’estate, nella tundra, si preferiva colpire i caribù dalle canoe durante l’attraversamento dei fiumi. Nella bella stagione, una preda secondaria che forniva una grande quantità di carne era costituita anche dai buoi muschiati che abitavano le regioni più settentrionali al limitare del mar Glaciale Artico.


Un campo estivo dei Chippewa

Anche la pesca rivestiva un ruolo importantissimo presso queste popolazioni, che utilizzavano reti e lenze con ami d’osso.
Tra tutti gli indiani del subartico, i Chipewyan furono tra coloro che meno degli altri abbracciarono il commercio delle pellicce sponsorizzato dai bianchi. Nel loro territorio i caribù erano molto abbondanti e coprivano gran parte del fabbisogno . Alcuni gruppi tuttavia, collaborarono attivamente con la Hudson Bay Company e iniziarono a spostarsi più a sud in cerca di animali da pelliccia quali castori, martore e visoni, e andarono ad occupare l’Alberta e il Saskatchewan settentrionali. Gli altri che invece rimasero negli antichi territori ad ovest della Baia di Hudson e continuarono lo stile di vita tradizionale vennero chiamati “caribou-eater” Chipewyan.
Il termine “chipewyan” è di origine cree e deriva dal modo di conciare le pelli di questi indiani.
Verso la metà del ‘700, i Cree che abitavano le sponde sudoccidentali della Baia di Hudson, ottennero per primi le armi da fuoco dai commercianti europei. Ciò assicurò loro un temporaneo vantaggio sulle popolazioni limitrofe, in particolare verso i Chipewyan, che sotto la spinta dei Cree dovettero ripiegare a nord del fiume Churchill abbandonando le terre d’origine attorno al lago Athabaska. I Chipewyan , che normalmente tenevano testa alle incursioni dei Cree si sentirono di colpo vulnerabili e alla mercè dei loro bellicosi vicini.
Grazie agli scambi commerciali con i bianchi, anche i Chipewyan alla fine ottennero i primi fucili e ciò permise loro di vendicarsi dei torti subiti dai Cree. In breve tempo rioccuparono gli antichi territori di caccia a sud del lago Athabaska.


Un campo di commercianti indiani

Attorno al 1775, una sorta di “terra di nessuno” separava le terre dei Cree del Manitoba e Saskatchewan da quelle dei Chipewyan poste a settentrione.
Presso i Chipewyan, la guerra non rivestiva un ruolo importante, come del resto non lo costituiva per quasi tutti gli Athabaska settentrionali. Nonostante ciò, non mancavano dispute e conflitti con le genti limitrofe, soprattutto dopo il contatto con i bianchi. Se a sud la minaccia principale era costituita dai Cree, a nord le ostilità erano rivolte verso gli Inuit.


Un tepee di pelle di alce ed un travois particolarissimo

Nel luglio del 1771, Samuel Hearne, durante la sua spedizione che lo condusse dalla Baia di Hudson all’Artico, fu testimone di uno di questi scontri con gli Inuit.
“ Durante la nostra permanenza a Clowey ( un lago ad est del Gran lago degli Schiavi ), un grande numero di indiani volle accompagnarci nel viaggio a nord verso la foce del Coppermine River. Il loro unico intento era quello di massacrare gli Eskimo ed altri indiani, e prima della partenza prepararono le armi per la spedizione.
Giunti sulle sponde del Coppermine, avvistarono un accampamento di cinque tende eschimesi. Li sorpresero nel sonno e li uccisero tutti, erano circa una ventina. Il giorno dopo, lungo una rapida del fiume assalirono una vecchia inuit che stava pulendo dei salmoni. La fecero a pezzi con una ferocia incredibile. Dopo averle cavato gli occhi, la trafissero innumerevoli volte senza mai colpirla nelle parti vitali per prolungare all’estremo la sua agonia.


Le canoe erano di leggero legno di betulla

Un giorno avvistammo sette tende eschimesi sulla riva opposta, gli indiani uscirono allo scoperto e massacrarono un vecchio al di qua del fiume. Gli altri abitanti del villaggio si diedero rapidamente alla fuga sulle loro veloci canoe.
Eravamo ormai giunti in prossimità dell’Oceano Glaciale Artico.”
Il contatto con i bianchi, se da una parte aveva assicurato ai Chipewyan una relativa ricchezza e una momentanea supremazia verso le tribù vicine, dall’altra causò loro una delle peggiori disgrazie.
Casacca e gambali in pelle di caribù
Nel 1781, un’epidemia di vaiolo flagellò l’intero Canada giungendo sino alle terre dei Cree e dei Chipewyan. Morirono a migliaia, la tribù ne fu letteralmente decimata, e i pochi superstiti si rifugiarono nelle regioni più deserte e inospitali della tundra.
Nel 1788, fu eretto sul fiume Slave, Fort Chipewyan. Questo importante emporio commerciale, rappresentava la destinazione finale di tutto il traffico degli animali da pelliccia. Canoe cariche di pelli giungevano dal lago Winnipeg e Cumberland, dal fiume Churchill, Isle a’ la Crosse, Portage la Loche, e Athabaska River, spesso dopo un viaggio lungo due mesi. Molto spesso il commercio che faceva capo a Fort Chipewyan toccava avamposti lontani come il Gran Lago degli Schiavi e le pendici delle stesse Montagne Rocciose.
Fu da qui che nel 1789, che Alexander Mc Kenzie intraprese il suo avventuroso viaggio di esplorazione verso l’Artico.
Tra le altre tribù dello scudo canadese, ricordiamo gli Yellownife, i Dogrib, gli Hare, gli Slavey e i Beaver.

Gli Athabaska delle cordigliere

La parte più settentrionale della lunga cordigliera nordamericana, s’insinua profondamente nei territori della British Columbia e dello Yukon per poi piegare decisamente ad ovest nella penisola dell’Alaska. In queste zone dalla tormentata morfologia, le foreste boreali lambiscono le pendici delle montagne per poi lasciare spazio ai prati alpini e alla tundra. Non mancano gli ambienti misti caratterizzati da pianure alluvionali, altipiani e larghe valli modellate dall’esarazione glaciale e ricoperte da macereti di frana e da imponenti coltri moreniche.


Un lupo

Nella parte più occidentale, l’Oceano Pacifico penetra all’interno della cordigliera con una serie impressionante di fiordi e contribuisce ad alleviare i rigori del clima invernale. Verso sud, in prossimità della regione del Cariboo-Chilcotin, le due principali catene delle Montagne Rocciose divergono fino a formare due cordigliere distinte al cui interno racchiudono un vasto altopiano che successivamente confluisce nei plateau del Fraser e del Columbia.
Quest’immensa e variegata regione, regno incontrastato della lontra e del castoro, è anche il territorio di caccia di numerose tribù athabaska come i Gwich’in, gli Han, i Tutchone, i Kaska, i Tahltan, i Tagish, i Sekani e i Carrier.
A differenza delle popolazioni dello scudo canadese e dei bassopiani del Mackenzie, gli Athabaska della cordigliera risentono per la maggior parte degli influssi culturali dell’area pacifica. L’abbondanza dei salmoni ad ovest del grande spartiacque continentale, condiziona infatti le abitudini alimentari e lo stile di vita di queste tribù.


La vita delle donne era durissima

I Gwich’in costituiscono il gruppo atahabaska più settentrionale. Le loro terre, comprese tra lo Yukon e l’Alaska, confinano direttamente con quelle degli Inuit.
Anticamente conosciuti dai francesi col termine di Locheaux, i Gwich’in erano suddivisi in numerose bande . Dal punto di vista linguistico, ognuno di questi gruppi parlava un dialetto distinto, ma genericamente si preferiva suddividerli in Gwich’in orientali ( Yukon ) e occidentali ( Alaska). Oggi i Gwich’in sono circa 5500, ma meno di 400 persone parlano ancora la lingua tribale.
Una donna col suo bambino
Al loro interno vi erano tre clan. Ai primi due, “ Nantsaii” e “” Chits yaa”, appartenevano i membri originari della tribù, del terzo invece, “ Tenjeraatsaii “facevano parte le persone nate da rapporti incestuosi, i criminali che erano stati banditi dalla tribù e i prigionieri di guerra. L’organizzazione sociale dei Gwich’in era in pratica un sistema di caste chiuse.
Tra tutte le tribù athabaska settentrionali, i Gwich’in erano forse la più guerriera, e le loro vittime predestinate erano le popolazioni Inuit con le quali confinavano. Scontri con gli Inuit ed altri indiani della regione, erano una realtà piuttosto comune, anche se si hanno ben pochi resoconti di tali scorrerie. Le cronache del 1850 segnalano da parte dei Gwich’in l’uccisione di 6 inuit sul basso Mackenzie in primavera, ed in autunno il massacro di diversi indiani Coyukon e lo sterminio e l’incendio di un intero villaggio di indiani Nulato.
La causa di queste scorrerie tra le genti del Grande Nord non era certo determinata da velleità territoriali, quanto piuttosto da antiche faide e torti reciproci mai sanati. In molti altri casi, la guerra era semplicemente il pretesto per appropriarsi delle donne altrui.
Resta il fatto che un odio profondo correva tra gli athabaska e gli Inuit, un odio che affondava le proprie radici nella negazione dell’altro come essere umano. Entrambi i contendenti tendevano a disumanizzare il nemico facendolo letteralmente a pezzi, quando veniva catturato, e dandolo in pasto agli animali. In diversi casi si arrivava al cannibalismo.
L’antropologo Leechman descrive un episodio tratto dalla tradizione orale degli Inuit.
“Gli Eschimesi avevano catturato Atsunve, una ragazza Gwich’in dell’ Arctic Red River e l’avevano condotta al loro accampamento. Qui la diedero in moglie a due fratelli che si accoppiarono con lei. Da quelle unioni nacque un bimbo.


Un indiano Chipewyan

Al sopraggiungere dell’estate, gli Eschimesi partirono per una nuova spedizione di guerra contro i Gwich’in. Dopo un mese fecero ritorno al campo con le canoe stracolme di crani dei nemici uccisi, tra i quali vi erano anche le teste dei fratelli di Atsunve. Nonostante la rabbia e il profondo dolore, la giovane donna non tradì alcuna emozione, e al contrario, suggerì agli eschimesi di organizzare una grande festa per celebrare l’evento. Quella notte stessa, nel mezzo della festa, Atsunve rifocillò entrambi i mariti e li riempì a tal punto da farli crollare dal sonno. Una volta addormentati, tagliò loro la gola con un coltello.


Una donna Chipewyan

Slegò quindi tutti i kayak che furono portati a valle dalla corrente, e montò sul più veloce pagaiando in direzione opposta verso sud lasciandosi indietro anche il bambino. Ritornata presso la sua gente, Atsunve si offrì in moglie a due giovani uomini in cambio di assistenza e protezione. Quello stesso autunno, la giovane donna organizzò una spedizione di guerra contro gli eschimesi, e mentre si avvicinavano al loro accampamento, trovarono il corpicino del figlio di Atsunve penzolare impiccato dai rami di un albero. A quella vista, la madre si gettò impazzita in mezzo all’accampamento nemico e uccise tutti quelli che incontrava mentre alle sue spalle sopraggiungeva il resto dei guerrieri indiani che fecero piazza pulita dei sopravvissuti. “
I Gwich’in, come molti altri popoli athabaska, depredavano gli accampamenti nemici non tanto per servirsi degli utensili, quanto per dimostrare ed accrescere il proprio prestigio. Possedere un coltello inuit o un paio di gambali in pelle di foca, non costituiva un vantaggio di per sé, ma rappresentava un trofeo ed un riconoscimento tangibile del proprio valore agli occhi di tutti.


Un indiano Gwich’in

Descritti come un popolo di bell’aspetto, i Gwich’in erano in media più alti degli altri athabaska, ed indossavano ricercatissime casacche di pelle ornate con frange ed aculei di porcospino. L’estremità della casacca finiva a punta, sia davanti che dietro, e una volta ripiegata, serviva per sedersi sulla neve o sul ghiaccio. Portavano i capelli molto lunghi, sciolti o raccolti in una coda di cavallo. Gli uomini usavano tatuarsi il viso, soprattutto le guance, la fronte e il mento, ed era un marchio di riconoscimento per i guerrieri più valorosi.


Alcuni cacciatori Gwich’in

Come tutti i popoli athabaska, anche i Gwich’in traevano il maggior sostentamento dalla caccia, rivolta soprattutto alle mandrie di caribù della tundra. La tecnica venatoria più frequente consisteva nel sospingere la mandria lungo percorsi prestabiliti fino a raccoglierla all’interno di un grande corral dove veniva circondata ed abbattuta con lance e frecce.
Oggi i Gwich’in costituiscono uno dei maggiori gruppi indigeni del Nord e sono distribuiti in piccole comunità dello Yukon e dell’Alaska settentrionali.

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