Curley era con Custer? Sì, ma non fino alla fine…

A cura di Sergio Mura

Curley, scout Crow
L’immagine più nota è quella che ci ha tramandato un film del 1909, On The Little Big Horn, con Curley in piedi a fianco di Custer mentre lotta sulla Last Stand Hill. Fino alla fine.
In quell’occasione ad interpretare Curley era stato chiamato proprio… Curley! Ormai prossimo alla cinquantina, l’ex scout di Custer aveva provato a fissare con la recitazione un concetto che sembrava abbastanza scontato: lui aveva combattuto con Custer, lo aveva difeso fino a che lo stesso generale lo aveva mandato via coprendolo con una coperta di pelliccia di bisonte.
Così si confermava la leggenda che Curley fosse stata l’ultima faccia amica vista da Custer prima dell’oblio della morte sul campo di battaglia.
Il regista del film, William Selig, non aveva certo la pretesa di impartire una lezione di storia, anche perchè qualcuno si è preso la briga di dimostrare a più riprese che le cose non andarono proprio come appariva nel film.
Il vero Curley (conosciuto anche come Curly) non era un buffone come potrebbe pensare chi, oggi, è al corrente della verità. Era, piuttosto, un giovanotto che ebbe il merito di scansare la morte e di far conoscere a tutti la catastrofe a cui era andato incontro il reggimento di Custer. Si era allontanato dal campo di battaglia, aveva raggiunto il fiume Big Horn e da lì si era spostato all’interno di un bosco di salici fino a raggiungere, non visto dai Sioux, il battello a vapore “Far West”.


Da sinistra: White-Man-Runs-Him, Hairy-Moccasin, Curley e Goes-Ahead

Ci arrivò con l’affanno, in groppa al suo pony e stringendo forte il suo fucile. Ben sapendo che ai bianchi poteva anche apparire come un nemico, ebbe cura di fermarsi a distanza di sicurezza dal battello, sollevare entrambe le braccia, tenendo i palmi della mani rivolti verso l’alto e gridando a gran voce “Absaroka, Absaroka!” Era il nome con cui i Crow chiamavano se stessi e con cui erano ben noti lungo tutta la frontiera.
Il primo approccio con i bianchi del battello “Far West” non fu un racconto dei fatti, dato che non sapeva parlare l’Inglese… No! Curley preferì fare un ampio resoconto attraverso una pantomima di balli e canti. Ad onor del vero i testimoni del giorno ricordarono chiaramente di avergli sentito dire in Inglese “Heap Sioux!”, ossia “Tantissimi Sioux!” Seguì ancora una sorta di recita della Danza dello Scalpo, corredata da un’ampia gestualità che voleva significare che moltissimi erano stati scalpati e che erano morti tutti.
Un bel ritratto
I bianchi che erano presenti sul molo compresero con difficoltà di cosa voleva parlargli Curley, ma alla fine in tutti si fece strada il concetto che Custer e tutto il suo comando erano stati spazzati via dai Sioux. E la storia era, purtroppo per loro, terribilmente vera.
Il resoconto di Curley, tradotto e ampiamente reinterpretato, si diffuse in tutto il West e grazie ai giornali, dal 15 luglio 1876, raggiunse rapidamente anche gli stati dell’Est: “Curley è l’unico sopravvissuto… l’unico resoconto della grande battaglia e del massacro… il racconto di chi ha combattuto ed ha salvato la pelle… la sparatoria era intensa come non è possibile immaginare; gli spari ricordavano un tessuto che si strappa… Curley è riuscito a scappare solo camuffandosi da Sioux…”
Walter Mason Camp, un infaticabile collezionista di racconti sul Little Big Horn ebbe occasione di parlare con Curley per ben tre volte, sempre in presenza di un interprete, per comprendere al meglio cosa ci fosse di vero dietro la versione cinematografica del 1909. Nell’incontro del 1908 la versione fornita da Curley è la seguente: “Eravamo in battaglia quando Mitch Bouyer [il capo degli scout Crow al servizio di Custer] mi disse di abbandonare il reggimento assediato e di cercare aiuto. Vidi un Sioux che era stato appena ucciso da una fucilata e che giaceva in prossimità del suo cavallo; mi appropriai del cavallo e del winchester dell’indiano e riuscii a filar via…”


Ancora Curley, con abiti tradizionali Crow

Nella versione del 1909, invece, il buon Curley ricordò che riuscì “a scappare indossando una coperta come se fosse un poncho.” E aggiunse: “Corsi attraverso i Sioux che nella confusione generale e in mezzo ad un gran polverone mi scambiarono per uno di loro. Presi un fucile ed un cavallo ad un guerriero morto e fuggii via.”
Ma le differenze tra questa versione e quella cinematografica di Selig erano ancora piuttosto marcate, per cui Camp insistette a chiedere spiegazioni. A quel punto Curley disse: “La versione narrata nel film è falsa. Non sono mai andato da Custer per convincerlo a ritirarsi dalla battaglia poco prima che venisse ucciso… Il fatto stesso che io non parlassi Inglese e che Custer non conoscesse il Crow testimonia quanto ridicola sia questa ricostruzione.”
Curley riconobbe a Camp il merito di essere la prima persona ad aver mostrato un interesse storico a ricostruire in maniera veritiera cosa era accaduto il 25 giugno 1876.
La versione del 1910 era ancora diversa, sia pure leggermente. “Fuggii indossando una mantellina e tenendo stretto in mano il mio winchester, finchè non riuscii a raggiungere il colonnello John Gibbon il quale mi autorizzò a rientrare al mio accampamento visto che avevo già rischiato di perdere la vita con Custer.”
Lo sguardo fiero
Il rientro di Curley al suo accampamento non fu dei migliori, giacchè altri tre scout di Custer, White-Man-Runs-Him, Goes-Ahead e Hairy-Moccasin, avevano fatto ritorno prima di lui e lo avevano dato per morto. Il loro ragionamento era semplice: se erano riusciti ad andar via appena in tempo, subito dopo nessun altro avrebbe potuto trovare la via di fuga in mezzo a quel mare di Sioux e Cheyenne. Già questo gettava un alone di dubbio sul racconto di Curley…
Come se non bastasse, appena 10 anni dopo, in occasione del decennale della battaglia di Little Big Horn, quando i veterani di entrambe le parti parteciparono ad una cerimonia comune, Gall volle parlare con Curley e con un sorriso gli disse: “Dove hai messo le ali?” “Ali, quali ali? Di cosa stai parlando?” gli rispose Curley. E Gall: “Voglio dire che quel giorno solo un uccello sarebbe potuto scappare dopo che avevamo circondato i soldati!” E poichè Gall aveva una grossa reputazione, Curley preferì tacere.
Nel 1894 si aggiunse la testimonianza di Rain-In-The-Face, altro noto guerriero Sioux. “Ugh! – disse – Conosco molto bene Curley e posso dire che è un bugiardo. Non ha mai preso parte alla battaglia. Il suo pony è inciampato e si è rotto una zampa e lui è rimasto lontano per cercare di sistemarlo. Quando ha sentito gli spari si è ben guardato dall’avvicinarsi e se ne è scappato come un cane bastonato.”
Alla fine, fu lo stesso Curley a preferire chiudere la porta ad ogni precedente versione, fornendone un’ultima nel maggio del 1923, poco prima della sua morte (dovuta ad una polmonite).
Curley e il suo fucile
In quell’occasione fece una chiacchierata con Russell-White-Bear. “Lasciai la colonna di Custer su precise disposizioni di Mitch Bouyer – disse Curley – mentre Custer era impegnato a scrivere un messaggio che avrebbe consegnato ad un giovane soldato in sella ad un cavallo roano.” Si trattava certamente del sergente Daniel Kanipe, il penultimo messaggero mandato in cerca di aiuto da Custer. L’ultimo fu il trombettiere John Martin (che era in sella ad un cavallo bianco). A questo punto siamo in gradi di dire che Curley fu probabilmente il terzultimo a lasciare il gruppo di Custer prima della battaglia finale. E questa sembra essere la ricostruzione più credibile, anche se è giunta dopo troppi anni in cui lo stesso Curley potrebbe benissimo aver mischiato cose viste direttamente con cose sentite dire in giro.
Suzie-Yellowtail, una Crow, ebbe a sostenere che “Curley non scese mai a valle con i soldati Custer; non era così stupido! Era giovane ed amava troppo la vita per avere desiderio di morire in quel modo… Comunque ha avuto un sacco di tempo per pentirsi della sua scelta. Ricordo, ad esempio, che quando io e mio marito eravamo ragazzini partecipavamo alle feste della nostra riserva. Spesso partecipavano anche i vecchi scout di Custer e Curley tra loro; ma stava in disparte e non si divertiva mai; era imbarazzato.” La stessa Suzie-Yellowtail ricordava anche di aver visto Curley dondolare leggermente la testa e bisbigliare: “Glielo avevo detto a Custer di non andare laggiù nella valle. Glielo avevo detto!”

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